Cella 8 – 64 stati di mutamento in 8 mq

di Marco Fioramanti

Io non spiego, non fornisco risposte, mi limito a descrivere.
Sta a voi cercare le connessioni.
Wittgenstein

Fuori dalla mia cella un cartello che dice: SI PREGA DI ENTRARE A PIEDI NUDI
Una mia tela dipinta, stretta e lunga (posta a mo’ di tappeto) – su cui ho cosparso invisibili granelli di polvere d’oro – accoglie i passi del visitatore fino a sedersi davanti a me.

Una grande foto posta lateralmente sulla parete mostra un mio profilo e l’ombra proiettata. In questo caso, invece di essere parallela, l’ombra è posta specularmente a me e mi osserva. Il recluso ha solo se stesso con cui dialogare e l’ombra si materializza come altro-da-me.

L’inquietudine di essere chiuso in cella, la difficoltà, l’oscuramento, l’adattamento forzato alla ripetizione di se stessi, il dialogo con la propria ombra mi trascinano nel vortice del doppio, dello yin&yang: la linea continua (il cielo e le nuvole che passano, lassù, oltre la grata) e la linea spezzata (la terra, i passi contati, i gesti frammentati, al di qua della grata). Il flusso dei pensieri prende lentamente forma nella molteplicità dei significati e l’accostamento al processo divinatorio de l’I-Ching è immediato.

La pratica quotidiana di scrivere degli haiku (poesie di 3 righe dall’apparente immediatezza, strutturate in 17 sillabe secondo la scadenza di 5/7/5), tracce immediate di riflessioni sul reale, mi ha stimolato l’idea di interagire in modo diretto con il visitatore secondo le regole della pratica oracolare de I-Ching.

64 haiku – come il numero degli esagrammi de I-Ching – sono arrotolati singolarmente e posti sul tavolo in una grande ciotola di legno davanti alla persona. In una seconda ciotola in ceramica, realizzata da me, brucerà della polvere d’incenso all’oppio.
Dopo una prima presentazione chiedo al visitatore se vuole approfittare della sincronicità del momento, dell’essere insieme entrambi reclusi, seppure per 10 minuti, in questo microcosmo per creare un’interazione, una connessione legata a una sua particolare situazione d’emergenza, turbamento, attenzione particolare.

Slides

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Fase uno

Senza che venga espresso verbalmente, il visitatore sceglie un argomento importante del momento visto come un enigma da risolvere e, contemporaneamente, coglie dalla grande ciotola uno dei fogli arrotolati contenente l’haiku e l’immagine corrispondente. Legge l’haiku a voce alta, fissando l’immagine che gli è apparsa davanti, e riflette sul suo enigma cercando una possibile interpretazione. All’haiku che viene scelto io do la mia descrizione corrispondente e nasce così un dialogo aperto.

Fase due

Come nel caso de l’I-Ching, è possibile esercitare una seconda scelta che darà una delle chiavi di mutamento, per completare l’interpretazione della risposta ottenuta. A fine seduta chiedo al visitatore la sua mail – per spedirgli gli haiku scelti (che torneranno ad essere 64, rimessi in gioco con il prossimo visitatore) – e un breve commento scritto sull’esperienza vissuta in cella da co-reclusa.
Al suono della campanella rivelo al visitatore l’importanza dell’essere entrati a piedi nudi, per portarsi via un po’ di polvere d’oro che spesso calpestiamo senza accorgercene.

Sinossi dei due video intratestuali

“The RebEARTH – La rinascita della Terra” *

Il tema è quello della rinascita. La danzatrice appare sulla scena immobile, a terra, su una sorta di stretto lettino di bambù trascinato dall’officiante/taumaturgo. La salma viene sovrapposta a un’identica sagoma sul pavimento ripiena di terra. Sarà l’energia stessa della Terra a ridare vita all’essere umano che inizia a muoversi in una sorta di giochi di equilibrio nell’attraversamento del percorso. Un tappeto virtuale simula una situazione orografica destabilizzante: picchi di montagna separate da burroni attraverso i quali i due tenteranno di valicare gli ostacoli e raggiungere il terreno stabile.
* Performance di Marco Fioramanti con Maria Borgese (coreografia e danza) e Theo Allegretti (piano live)

Roma, Sede F.A.O. – 2 maggio 2018

https://vimeo.com/401622948?fbclid=IwAR0y1n5ePzGZWkeJFzcH-D2HBmV-UEMLW7wRjAf9TtjSHrOMPlsb9OWNAQY

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“DE RELITTO” *

L’immagine a tutta parete presenta un grande relitto realizzato dall’artista in precedenza. Sulla parete di fronte, specularmente, lo stesso relitto viene ricostruisco con l’inserimento in scala dei naufraghi della “Zattera della Medusa” di Théodore Géricault.
La performance esprime il senso del tragico attraverso il sogno del naufrago che si stacca dalla Zattera/Relitto e interagisce con l’ambiente circostante espresso dalla danza e dalla musica, alla ricerca di una possibile salvezza.
* Performance di Marco Fioramanti con Maria Borgese (coreografia e danza) / Theo Allegretti  (piano live) / Claudio Marrucci (drammaturgia)

Roma, MACRO ASILO – MUSEO D’ARTE CONTEMPORANEA, 12 febbraio 2019

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IL QUARTO MAGO – Secondo tempo

L’Hai-K.O. di Marco Fioramanti è una super/forma di sintesi visiva e verbale che provoca sbandamento nel tempo sospeso della contemplazione nel quotidiano. […] L’Hai-K.O. è visione interiore generata attraverso uno Shock estetico, un Knock Out, un K.O. appunto. […] Si tratta di un’immagine im/mediata trasmessa con una tecnica riattualizzata di arti marziali psichiche in un corto circuito verbo-visivo.
Ugo Scoppetta

L’hai-K.O. è una pratica personale quotidiana, attraverso la quale mi soffermo e congelo un frammento di esistenza nelle continue trasformazioni del quotidiano.
I tempi di pandemia almeno servono a una cosa, a fare caso, finalmente, all’aria che respiriamo e a perdere l’abitudine di “essere respirati”. Questo ci fa acquistare consapevolezza (e preziosità) dell’attimo che stiamo vivendo. Finalmente prendiamo coscienza dell’aria che entra nei nostri polmoni, li riempie e li svuota, yin e yang, i principi complementari, il Tao, l’Oriente. Anche i Magi, si dice,  vennero da Oriente (ne parla solo Matteo 1,18-2,12), la leggenda poi è stata arricchita nei secoli dal folklore popolare e dalla tradizione orale fino ad essere universalmente accettata.

Borges nel suo racconto “Tre versioni di Giuda”, ci parla di un teologo svedese, Nils Runeberg, che nel suo libro “Kristus och Judas”, del 1904, ci propone una versione estrema ed eretica della figura di Giuda

[…] Affermare che fu uomo e che fu incapace di peccato, implica contraddizione: gli attributi di impeccabilitas e di humanitas non sono compatibili. Kemnitz ammette che il Redentore poté sentire fatica, freddo, turbamento, fame e sete; è anche lecito ammettere che poté peccare e perdersi. Il famoso passo: «Salirà come radice da terra arida; non v’è in lui forma, né bellezza alcuna… Disprezzato come l’ultimo degli uomini; uomo di dolori, esperto in afflizioni» (Isaia, LIII, 2-3), è per molti una profezia del crocifisso, nell’ora della sua morte; per alcuni (per Hans Lassen Martensen, ad esempio) una confutazione della bellezza che per volgare consenso s’attribuisce a Cristo; per Runeberg, la puntuale profezia non d’un momento solo, ma di tutto l’atroce avvenire, nel tempo e nell’eternità, del Verbo fatto carne. Dio interamente si fece uomo, ma uomo fino all’infamia, uomo fino alla dannazione e all’abisso. Per salvarci, avrebbe potuto scegliere uno qualunque dei suoi destini che tramano la perplessa rete della storia; avrebbe potuto essere Alessandro o Pitagora o Rurik o Gesù; scelse un destino infimo, fu Giuda. […]

Io ipotizzo l’esistenza di un quarto Mago, e lo definisco attraverso l’hai-K.O. del libero arbitrio, la cui oasi non è affatto predestinata, considera la vita come un dono da offrirsi al mondo, generosamente agli altri, “come fa la sponda col suo fiume”. Il punto di riferimento è solo dentro di noi. Se tu vivi solo per la tua vita, hai già scelto di morire, anzi sei già morto. Il tai chi, recupera l’energia dalla terra, la fa passare attraverso il corpo per ridarla al cielo, tutti gli esseri umani si alimentano di offerte.

Dalla nascita siamo inevitabilmente portati a credere alle cose che ci sono state dette e, a loro volta, tramandate dai nostri genitori, nonni, antenati circa il mondo della vita quotidiana secondo una logica percettiva legata ai cinque sensi. Il mondo viene descritto secondo abitudini, eppure i bambini ci insegnano che il loro mondo cambia istantaneamente, da momento a momento. Inutile negare l’esistenza di una realtà non-ordinaria, a partire dai sogni fino alle visioni a occhi aperti. Le idee che ci vengono, appartengono forse a un’altra realtà? Una sorta di quello che chiameremmo magia? Le idee abitano nell’aria (come le Nuvole di De André, vengono, vanno, qualche volta si fermano) e sono il nostro continuo nutrimento.

Così come l’Arca può essere considerata altro dalla visione biblica.

Il mito cosmogonico di un mondo originariamente acquatico vede la prima grande minaccia non nel diluvio, ma nella separazione degli oceani. Il fatto che il Monte Ararat, contrariamente a quanto racconta la Bibbia, emergesse dalle acque non sarebbe stato solo la salvezza, ma anche la catastrofe originaria; è senza dubbio solo più tardi che il modo di pensare “terrestre” ha rielaborato – deformandolo – il fatto. […] Ne danno la prova gli anfibi, le giovani rane respirano grazie alle branchie e, allo stato di girini, nuotano nell’acqua come pesci, gli individui adulti si adattano alla vita terrestre respirando con i polmoni. Così come il fragile embrione umano nuota e si muove nel liquido amniotico come un pesce nell’acqua.

(Sándor Ferenczi, Thalassa – Saggio sulla teoria della genialità)

Tutte le mattine, nessuna esclusa, poco prima di aprire gli occhi vivo un’altra esistenza cosciente, mi si para davanti alla palpebra socchiusa il film delle mie prossime azioni (…), ho imparato a guidare il flusso dei pensieri che navigano nell’aria e mi danno nuovo respiro, mi mostrano le infinite vite di questa vita e la certezza di riconoscere qual è quella legata al momento presente, reale, al sentiero che cambia di continuo, al mondo misterioso, agli spazi sacri. Questa è stata la spinta  ad approfondire  e seguire l’aspetto “sciamanico” del vivere quotidiano nel quale l’artista diventa luogo liberato, e imboccando la deriva temporale, guarda il futuro come se fosse il passato, perché il problema è il tempo, diverso da ciascuno di noi…

Portfolio (Gli HAI K.O. di Marco Fioramanti)

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Abituarsi a vivere nelle emergenze, inceppare definitivamente l’ingranaggio mortale dell’abitudine ed ecco che esce fuori l’aspetto magico. Per far questo è necessario uscire dal cerchio, “fermare il mondo”, ma quello che più conta è l’intenzione, la visualizzazione interna del cambiamento, il non dare nulla per scontato, restare vigili, attenti perché nulla è come è già stato, e soprattutto fidarsi del proprio istinto e accettare i cambiamenti, capire quando esporsi e quando sottrarsi, uscire dal vortice sfiorando il mondo con delicatezza, senza farsene accorgere.

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LA NOTA CRITICA

HAIKU: K.O. IMMEDIATO
di Claudio Marrucci

Chiunque si aspetti di leggere degli haiku tradizionali, rimarrà piacevolmente meravigliato, sorpreso e persino colpito dagli Hai-K.O. di Marco Fioramanti. Fioramanti, infatti, reinventa l’haiku secondo un personalissimo percorso.

Rimane la struttura metrica, certo; ma si aggiunge un titolo, come una didascalia all’immagine contemplata; e soprattutto si aggiungono, a volte, delle palpitazioni dello sguardo, delle vibrazioni dell’anima, dell’esitazioni dell’essere.

HAI-K.O. Delle Visioni

È visionario / l’istante surreale / dei rimpianti

L’haiku in Italia è un genere vivo, e come tutti i generi vivi, si inventa e si reinventa sollecitato da diversi stimoli e tendenze. L’haiku si contamina e si ibrida, come un mandorlo giapponese che attecchisce in un brolo italiano ed è nutrito dai venti, dai colori, dagli odori del mediterraneo. L’haiku per Marco Fioramanti smette di essere una mera copia di un modello da imitare, e si fa strumento, scintilla primigenia, griglia visiva e pittorica, che il poeta usa per arrivare a quella leggerezza essenziale tipica di molta Scuola Romana di Poesia, da Sandro Penna a Renzo Paris, passando per Pier Paolo Pasolini, Alberto Toni, Gino Scartaghiande. Tutti autori, o quasi, che Marco Fioramanti anche con la sua rivista Night ha incontrato e raccontato.

Prendi, prendi la mia mano, / è scivolata e non so più dove / potrò rifugiarmi. La mia mano, / potresti darmi un legno / di fortuna, / contenere la mia paura.(Alberto Toni)

Il senso più autentico dell’Hai-K.O. titolo concettuale che strizza l’occhio a quell’arte visiva tanto amata e frequentata da Fioramanti, è la sospensione del respiro che si dilata in una sinestesia sensoriale che dall’immagine passa all’emozione e viceversa, fin quasi a colpire e stordire il lettore, lasciandolo attonito, basito, meravigliato, sorpreso.

L’Hai-K.O. è un genere ibrido, infatti su una struttura metrica giapponese si innesca una scintilla poetica italiana. Questa, a sua volta, con la traduzione e la traslitterazione in giapponese – ad opera di Ilaria Ingrassia – rimanda e proietta, come in un gioco di specchi deformanti, la poesia al luogo d’ispirazione da dove era scaturita.

Ma l’Hai-K.O. è un genere ibrido, anche perché vede la contaminazione dell’arte visiva e quella verbale. Molte sono le foto del Relitto, che suggeriscono al lettore molteplici linee di fuga interpretative. Del resto, l’haiku stesso in origine era la contemplazione di un’immagine. Ma nell’Hai-K.O. l’artista visivo Marco Fioramanti inizia da un’immagine che lo ha particolarmente colpito, dà forma e suono di parola a questa emozione – che non è più meramente contemplativa come nell’haiku originale, infatti è mediata dall’Io del poeta, come nella Scuola Romana di Poesia – e ce la restituisce, in forma di verso.

HAI-K.O. Per Carmelo Bene

Grande nostalgia / di ciò che mai ebbe / cominciamento

Fioramanti scrive così una poesia che, a sua volta, fa leva sull’Io del lettore, lasciandolo spesso tramortito; una poesia che non ha più bisogno dell’immagine da cui il poeta era partito; una poesia che è essa stessa immagine, sogno, materia, corpo, sangue, cervello.

THE END