La regione spaziale intorno al buco nero, muove l’idea che psicologicamente porta l’osservatore a viaggiare verso la catastrofe
di Luciano Romoli
E tu non provi nessun turbamento,
quando l’intero equilibrio del mondo
vacilla come una cosa malferma?
W. Shakespeare
Durante l’avventura della propria vita ognuno si trova ad attraversare periodi in cui le situazioni evolvono con dinamiche lente, controllabili, prevedibili, assimilabili, ricorrendo ad una metafora geometrica, a spazi euclidei che si succedono a fasi convulse, in cui piccoli mutamenti o eventi improvvisi determinano profonde modificazioni dello stato generale delle cose. Come trovarsi a camminare su delle superfici che improvvisamente presentano salti e ribaltamenti che modificano il percorso, al punto da far scomparire i riferimenti e le mete prefissate.
Nel 1972 il matematico francese René Thom formulò una teoria che modellava in sette tipologie rappresentative le catastrofi elementari e che, per rimanere nella metafora esistenziale-geometrica, ben descriveva le condizioni caratterizzate da punti di crisi e da repentini cambiamenti.
La variazione improvvisa delle condizioni di realtà, determina tipicamente uno stato psichico di angoscia, di smarrimento, di “senso della catastrofe” ma che, negli spiriti forti, innesca la spinta emotiva a ricercare nuove vie, mai prima esperite, per affrontare l’ignoto; condizione ideale questa nella quale può esprimersi una delle forme della creatività.
Analogamente al mondo interiore, così il percorso della conoscenza scientifica, quando ha allargato i propri orizzonti al macrocosmo e al microcosmo, si è imbattuto in catastrofi in cui il tempo e lo spazio si sono combinati e confusi. Nell’universo sono state osservate zone in cui grandi addensamenti di massa, buchi neri e singolarità gravitazionali, fanno collassare lo spazio e il tempo e con essi i modelli scientifici consolidati; nell’infinitamente piccolo si sono evidenziati i comportamenti quantistici delle particelle elementari costituenti la materia, che annullano la freccia del tempo e l’univocità delle traiettorie spaziali. I tradizionali modi di concepire la realtà sono stati messi in dubbio, sono stati accantonati, anche se non eliminati del tutto.
Il senso di disorientamento e la conseguente sfida intellettuale per l’elaborazione di nuove visioni del mondo, da cui derivare nuove leggi scientifiche, è stata così sintetizzata da Leonard Susskind, fisico teorico fra i padri della teoria delle stringhe e di modelli matematici relativi ai buchi neri: “La confusione e il disorientamento regnano sovrani: causa ed effetto si confondono; la certezza svanisce; tutte le vecchie regole decadono. Ecco ciò che accade quando crolla il paradigma vincolante. Ma poi emergono nuovi schemi, nuove regolarità. Che fare? Prenderle e classificarle, quantificarle, codificarle con una nuova matematica e perfino una nuova logica, se necessario. Sostituire il vecchio cablaggio con uno nuovo, e prenderci confidenza. La confidenza toglie la riverenza, o se non altro aiuta ad accettare. Molto probabilmente noi siamo ancora principianti molto confusi con rappresentazioni mentali profondamente sbagliate, e la comprensione della realtà ultima continua a essere fuori dalla nostra portata… Più scopriamo meno sappiamo”.
Una tipica regione “monstre” dello spazio è quella dove si trova localizzato un buco nero, che rappresenta lo stato verso cui evolve una stella di “grande massa” quando ha consumato tutto il proprio combustibile nucleare. Nella regione del buco nero sia i modelli della fisica newtoniana, che quelli matematicamente più sofisticati e concettualmente rivoluzionari di Albert Einstein non funzionano; il tempo e lo spazio, per effetto della gravità, tendono a deformarsi fino ad impedire sia alla materia, sia all’energia e con essa all’informazione, di uscire (per quanto le ultime teorie non siano più così categoriche).
Luciano Romoli: alcune opere digitali
La regione spaziale intorno al buco nero, muove l’idea che psicologicamente porta l’osservatore a viaggiare verso la catastrofe. Un qualsiasi osservatore materiale, infatti, non potrebbe superare quell’orizzonte degli eventi, il limite spaziale oltre il quale nulla può sfuggire all’attrazione esercitata dalla massa della stella degenere. Se l’osservatore volesse invertire la propria direzione si troverebbe, come Alice nel paese delle meraviglie, a dover percorrere distanze che si allungano sempre più e tempi che tendono a diventare infiniti. Il superamento inconsapevole di questo limite, chiamato in cosmologia raggio di Schwarzschild, compie irreversibilmente il destino dei corpi materiali e delle forme di energia, come i raggi luminosi che lo oltrepassano. Lo stesso destino, verso la catastrofe, per chi percorresse la spiaggia verso il mare prima dell’arrivo di uno tsunami. Così ogni entità precipita verso la catastrofe, fino alla completa dissoluzione, alla scomparsa dall’universo.
Queste regioni dello spazio hanno suscitato l’interesse di letterati oltreché di scienziati; Primo Levi così ha tracciato una sua riflessione etica nella poesia “Le stelle nere”:
Nessuno canti più d’amore o di guerra.
L’ordine donde il cosmo traeva nome è sciolto;
Le legioni celesti sono un groviglio di mostri,
L’universo ci assedia cieco, violento e strano.
Il sereno è cosparso d’orribili soli morti,
Sedimenti densissimi d’atomi stritolati.
Da loro non emana che disperata gravezza,
Non energia, non messaggi, non particelle, non luce;
La luce stessa ricade, rotta dal proprio peso,
E tutti noi seme umano viviamo e moriamo per nulla,
E i cieli si convolgono perpetuamente invano.
In ambito scientifico, la catastrofe ha costituito in passato e costituisce tutt’ora, l’elemento primario per la ricerca di nuovi modelli di rappresentazione, per immaginare e creare nuove forme e teorie matematiche che si combinino, anche in modo “eretico”, al fine di proporre nuove visioni del mondo. E in questo processo è da sottolineare quanto la componente estetica abbia avuto un ruolo importante, se non decisivo. J. C .Maxwell elaborò la teoria dei campi elettrici e magnetici osservando il profilo di colline, le cui ondulazioni armoniche gli suggerirono forme matematiche associabili a quanto rappresentato dai fenomeni elettrici e luminosi. Albert Einstein affermò di avere concepito molte delle sue teorie basandosi su un “puro gioco inventivo” e, Friedrich Nietzsche, scrisse che “la nostra verità è un esercito mobile di metafore”.
Luciano Romoli: Dal macro al micro
La catastrofe, quindi, ha rappresentato quasi sempre un punto fondamentale che ha sollecitato la nascita di nuove idee, un punto dal quale hanno preso il via le più importanti rivoluzioni e, spesso, la soluzione è scaturita da un puro atto immaginativo.
E proprio sulla costruzione estetica di immagini metaforiche si basa la mia ricerca, che si avvale di quelle immagini mentali che riescono a prendere forma attingendo, con gli strumenti della creatività e della conoscenza, all’inesauribile serbatoio della scienza.
Nel web, all’indirizzo: http://www.lucianoromoli.it/arte-scienza/, sono raccolte, oltre ai testi, immagini statiche e dinamiche; il risultato di un modo “eretico” di far interagire gli elementi dell’arte con quelli della scienza. Un modo né ortodosso, né dogmatico, un modo per evitare l’esaurimento delle idee e la perdita dei loro significati e far dialogare l’equazione con la poesia, la verità con la bellezza. L’unico modo che da sempre ha consentito di incontrare quelle “isole d’ordine”, per dirlo con Ilya Prigogine, quelle zone dove l’entropia diminuisce invece che aumentare e dove si possono cogliere i frutti della creatività e della bellezza, prima che un sistema di conoscenze entri in uno stato di crisi e vada verso la catastrofe.
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