Sul versante di una sua inclinazione avanguardistica si rinvengono pure, frattanto, le tracce della sinestesia chiamata ad un lavoro sperimentale

di Marcello Carlino

Lungo A reazione poetica di Anna Maria Giancarli non sono pochi i testi che manifestano una spiccata vocazione metaletteraria. Segnale, vivace quant’altri mai, che il libro, quale organico contesto di apparati a funzione integrata, risponde qui ad una serie di potenti necessità e per questo è voluto, impaginato: necessità di compattezza strutturale che si incarica di dire con forza, necessità di diretta responsabilità testimoniale, necessità di legare in un tessuto che resiste le occasioni che schiudono i versi,

necessità di coerenza semantica che dispone in una piena e coordinata sorvegliatezza formale i temi e i motivi che l’ideologia letteraria d’autore chiama, ancora di necessità, al proscenio.

Necessità, insomma, di una poesia reattiva, indomita, più che resiliente.

L’autocertificazione della scrittura di Anna Maria Giancarli, tra dichiarazione di intenti ed esposizione di metodi e processi nell’officina dei lavori in corso, narra per sé e per le sue linee di tendenza, a me sembra, il programma esecutivo che segue.

Ascoltare le parole che urgono a frotte è quanto si richiede dapprima, con una convinta disposizione all’accoglienza critica, con una propensione acuta alla verifica intellettuale e alla ricerca; non tacere alla bisogna quelle che hanno la portanza di un’ecologia della cultura, avvolte – come accade che capiti tra le figure del poetare che remotamente fu – come in un’oasi verde che ristora, è per certo opportuno, anche perché da esse possono maturare, a contrasto, l’iscrizione a giudizio, la messa in causa e la deliberazione di condanna delle parole consumate in una società omologata o di quelle “stuprate” dal potere o di quelle salmodiate in sillabanti semitoni che fasciano fino ad ottunderlo il pensiero e sotterrano la verità; slegare le parole e sottrarle alla significazione in cui si trovano costrette e risvegliarle e rinnovarle, così che siano portate a rovistare sotto ed oltre la lingua del dominio per cercarvi ciò che inferno non è, e profilarvi possibili utopie, questo infine si deve.

E se il lavoro sulla lingua diviene siffattamente una priorità, assoluta e dirimente, la rivendicazione della specificità della letteratura è il collegato disposto. Forma del contenuto e forma dell’espressione, per la scrittura, sono campi obbligatori per i quali è doveroso sancire una sovranità di stato: non malgrado, ma con i cespiti della letterarietà di cui abbiamo fatto esperienza nella storia – letterarietà d’avanguardia e pure di una tradizione ripensata e ricontestualizzata – e con le stesse forme chiuse (in esse, per aseità conclamata e per anacronismo, è trattenuto qualcosa di un’ecologia della scrittura), sono ottenibili un rafforzamento espressivo e una riapertura del dire. La ballata e la sequenza versale battuta da anafore e il sistema rimico qua e là ne offrono conferma, usati spesso per sbalzare una pronuncia o indignata o di difesa, e di rilancio, di diritti conculcati; e la torsione strofica ovvero la scomposizione degli enunciati (più che quello lessicale, è questo il piano interessato dalla sperimentazione, che scava nelle crepe e ne snida le parole rimosse, le nascoste, le colpite da interdetto), così da andare in scia della lingua della luna come annuncio e come disegno di alterità, sono le evidenze e le emergenze testuali nelle quali l’inquietudine e la resistenza, l’antagonismo pervengono a reazione. Tra una tradizione dalle origini lontane, e dalla diatesi accosta alle pratiche non cultuali (lontanamente congruenti con l’oralità popolare, perciò anticonvenzionali) della scrittura, e una avanguardia fuoruscita dalle gabbie dell’autoreferenzialità e consapevole dell’impegno sociale e politico a cui specificamente è votata, sta la poesia di Anna Maria Giancarli.

In questo spazio di polarizzazione reattiva e di convergenze opera il dispiegarsi costruttivo di modificatori semantici (ecco il susseguirsi strutturante, in alcuni componimenti liminari, degli avverbi). Sul versante di una sua inclinazione avanguardistica si rinvengono pure, frattanto, le tracce della sinestesia chiamata ad un lavoro sperimentale. Si tratta dei colori invitati per reiterazione ad offrire la nota dominante e il tono; o si tratta del sonoro acceso dalle barre oblique che popolano densamente la compagine versale: avvertenze infortite di una scansione che si richiede marcata, corposa di materica densità, e indicatori di pause performative che trasferiscono in voce la grafica del testo.

Tra queste coordinate metaletterarie, ora nitidamente delineate ora rilevabili nella filigrana dei pezzi montati insieme, coordinate che definiscono nella sua interezza coesa il libro, Anna Maria Giancarli dispone i suoi temi.

Le occasioni intanto: A reazione poetica rinnova la consuetudine di una scrittura in versi che si lascia guidare dai singoli momenti del vissuto, dalle sue particolarità. È una scelta che intende suggerire una presenza, un desiderio di prossimità: negli atti e nei gesti della loro quotidianità, e negli appuntamenti cruciali della loro esistenza, è vicinanza agli uomini e alle donne, che sono nominati a dedicatari, ed è coinvolgimento, senza pretermissioni e senza renitenze, negli eventi capitali incontrati, stante la consapevolezza che la poesia non può essere spaiata dalla partecipazione. Anche in questa sua opzione il testo di Anna Maria Giancarli non manca di schierarsi, di prendere partito. Le occasioni sono opportunamente selezionate, infatti; e concernono i compagni di un percorso di vita e di cultura o i fatti la cui portata e il cui impatto sono tali da interpellare, spesso senza vera risposta, la coscienza collettiva. Per il che la testimonianza si rende notifica di una condivisione (condivisione di ideali, rilevazione di un sentire comune di pochi, non rassegnato al pensiero unico e dominante); mentre gli eventi sono interessati da una assimilazione profonda, toccati da una interiorizzazione che, nel conservare la loro puntualità storica, ne oltrepassa tuttavia il carattere circoscritto, contingente.

È il caso del terremoto de L’Aquila, che concentra su di sé inquadrature ravvicinate, ma che, contemporaneamente, diviene memoria, eco di un disastro annunciato, coscienza di una realtà di gruppo che si compatta, richiamo ad un impegno politico che non arretra, attenzione e vigilanza che regolano il tempo del giorno e della notte: dimensioni riverberate nello spazio dell’io, per cui tutto vi è irreversibilmente movimentato e mutato e nuove coordinate debbono essere pensate. Il terremoto lungo A reazione poetica diviene dunque motore di conoscenza; dal terremoto è sollecitata la poesia di riflessione e di pensiero che Anna Maria Giancarli imprende, conferendole un decorso accidentato, quasi di tipo ondulatorio.

E come nel pieno di uno sciame sismico si desidera che la terra non più tremi, e comunque si spera una tregua, così nella sostenuta autoanalisi in prima persona – che è componente nient’affatto succedanea del libro – si prevedono, si fingono, abbisognano pause (brevi interludi) di osservate serenità, che affacciano sulla natura e sul mito.

Portfolio (Opere di Ennio Di Vincenzo)

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Ma il più è denuncia, è polemica, è tensione che subito riaffiora e monta dettando il ritmo dei versi.

E demistificando la standardizzazione e il disvalore in atto. E mettendo in esponente la slabbratura e la sperequazione sociali con gli squilibri e le ingiustizie che s’aggravano massivamente. E incrudelendo sulla finanziarizzazione cannibale e sulla alienazione globalizzata. E ponendo in giudicato il furto generalizzato di identità e di cultura. E deplorando le emergenze che non cessano in una con i rinvii sine die della soluzione di non più rinviabili, annosi problemi. E contraddicendo l’universo orrendo che costringe la lingua a tacere per dare voce alla parola della mascheratura, della sopraffazione e del sopruso.

Il cammino per riappropriarsi del linguaggio e disporlo altrimenti segue pure le piste di una restituzione orientata al principio del piacere: pertanto Anna Maria Giancarli snuda cromatismi pieni tra i versi, e li accende di poussées visive, o batte percussivamente per volture sonore su schiuse isotopiche e assonanzate, come cercando la libertà aprente e rinnovante del gioco.

Epperò queste pratiche, dalla loro cultura ecologica applicata alla scrittura e dal loro circoscriversi sprizzante energia nel chiuso delle forme, non smettono di sortire effetti di rilancio della poesia quale discorso deliberato di conoscenza e di critica. Nella densità di un libro a contraggenio, che è cosa buona e giusta.

Nota redazionale

Oltre al testo critico di Marcello Carlino sul libro A reazione poetica della nostra collaboratrice Anna Maria Giancarli, si è ritenuto opportuno proporre anche la lettura di alcune delle poesie in esso pubblicate, su gentile concessione di Bertoni Editori. Inoltre, una diecina di slides che fanno da supporto multimediale, si riferiscono alle opere di Ennio Di Vincenzo, compagno di vita e d’arte dell’autrice, scomparso nel 2009.

***

Lingua di luna e di terra

La poesia sta dentro e fuori il reale
è una linfa che si gonfia, s’espande
pervade il tempo, si snoda improvvisa
tra metamorfosi di penombre e bagliori
irradia le parole altrimenti statiche
a volte si nasconde umile ma alternativa
agli indubbiosi paradigmi dominanti.
Sa e si rivela a chi l’ama
tra derive approdi e atavici riti
svela scenari di senso nell’ordito dei miti.

Un libro è oro

Un libro è sogno, forma perfetta
nutre col suo rigore estetico
canta col fruscio della carta
custodisce il miraggio delle memorie
incide sogni, indelebili storie
col suo laboratorio di pensieri
brilla, si dilata in eco:
vorticando le pagine favellano
il pericolo della dimenticanza.

Res et verba

pensa ora a un nero caffè caldo
scuro come i regimi del mondo
e all’insignificanza del male
alle storie grigio fumo dei popoli
al modo di comunicare tra muri
alle vergogne dell’indifferenza.
Ancora e nonostante tutto
aspira il suo aroma controvento
anche se il tuo caffè s’è gelato.

Terremoto 3:32

(I)
… mancavano la roccia bianca il verde acceso
e l’aria e l’acqua e i suoni della città.
Con l’occhio dei surrealisti scoprivamo
una realtà oscurata onirica ribaltata.
Un mare grigiastro-inquieto
metteva a nudo lo smarrimento
di una anziana primavera.

Terremoto 3:32

(II)
La lunga striscia di mare velata
era una treccia di donna sfollata.
Il volo delle lacrime bagnava
la pineta dannunziana depurandola
dall’involucro stantio dei significati.
Liquido amniotico mutante allagava
il ricordo della città ferita / amata.
Un passero andaluso cantava
la sfida estetica-poetica
per superare le colonne d’Ercole
in vista di rotte misteriose.

Filigrana dell’oggi

Basta premere un tasto!
Pentole smart richiamano all’ordine
casalinghe smemorate timorate concentrate
a cambiare il colore del glicine guardone.
Basta collegarsi con un click!
Scatole erudite raccontano
per filo e per segno il loro contenuto.
Basta farsene una ragione!
Subdole tecnologie corrono
nonostante noi / ormai dimentichi
della necessità dei sillogismi.

La verità è rivoluzionaria

brevi e lunghe rivolte con fragore
miseramente caddero
al suon dell’obbedienza.
I canterini tacquero e ovviamente
persero la strada in continuità
con l’antico schema di controcanto.

Sic est

la vergogna è il rovesciamento della verità
in atto / l’ipocrisia degli equidistanti benpensanti
di fronte alle rapine alle morti alle violenze
mirate, programmate in terra di Palestina occupata.
Un popolo resiste da decenni e muore
facendo meno d’una mosca rumore
tra raid notturni massacri soprusi.
Il silenzio del mondo (civile?) oscura l’orrore
dei settecento bambini ogni anno arrestati
di notte bendati, abusati.
Colonie illegali, campi profughi, checkpoint
non sono abbastanza per capire il torto.
Allora di quale memoria si blatera?
Con un genocidio in atto “la verità è nuda”.

Si scolora il cielo

A giorni alterni il bollettino delle morti/
donne nelle stanze della violenza
mostrano bocche cucite
all’angelo della verità.
Poi/con pazienza/dipanano il filo intriso
di sangue tra i fori aperti dall’ago acuminato.
Allora impallidiscono le rose rosse/gli uccelli
diventano muti/si scolora il cielo/
si ferma il respiro del tempo/
nel silenzio il suono di fiori di vita straziati.

Una sintassi rivelatoria

@ sparare a zero sull’immondo
del mondo.com
ridotti a zero tra rapporti sotto zero
… lo zero è indicibile…
una radiografia incomprensibile
un grafico incerto su carta bianca
un’autentica storia in giallo
un intrigo senza alibi
perché lo zero può essere il nulla
quando si spara sui profughi
zero assoluto con probabilità zero
di ripartire da zero

Una scatola elastica piena di miliardi di anni luce

la vita rivela la sua esistenza
anche quando materia oscura evidenzia
pullula irrequieta da artista
vibrando s’espande e resiste
tra stelle moribonde
infaticabile plasma energia
sprofonda in buchi neri affonda
per riesplodere ancora / incessante

A Ennio Di Vincenzo artista

∞ dettagli d’ombre / spicchi di cielo
nell’aria illunata
ti sei fatto stella di Planck
vento suono stella binaria
complice d’infinito e… d’universi paralleli.
Puro pensiero, in grani di spazio
semini silenti parole.
Qui scopro i segni dell’assenza
tra la vita che ricordi polverosi
sfarina e qui sfido
i volteggi inquietanti dell’oltre.
Con la luce disegnando
tessi ancora incantesimi
d’armonia tra le galassie
identica materia dei miei sogni.
Ti sei fatto raggio fluttuante
tra buchi neri e gluoni
nel cosmo irrequieto di suoni.
Nel mio giardino di lucciole
accendi codici e sillogismi
trasparenti fino allo stupore.