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Un workshop introduttivo sulle strutture reciproche nella Scienza del Design
di Biagio Di Carlo
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Un padiglione di cartone: la leggerezza delle idee
di Massimo Russo
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La Scienza del Design può essere considerata come il ponte geometrico esistente tra arte e scienza. La geometria diventa intermediaria tra armonia ed unità del mondo naturale. La geometria non è invenzione umana ma è creazione della natura: l’uomo l’ha appresa dalla natura stessa. Il termine ‘Design Science’ è stato introdotto da Fuller nel 1963, anche se in precedenza Leonardo Da Vinci ha continuamente trattato di arte nella scienza e scienza nell’arte nelle sue opere. Tutte le forme naturali, osserva Richard Buckminster Fuller tendono verso la forma curvilinea. La natura non utilizza il pi greco e neanche gli assi cartesiani, ma fa riferimento continuo al valore della sezione aurea. Per la loro efficienza strutturale e per la possibilità di essere facilmente costruite con materiali naturali e locali (bambù, legno, canne arundo donax) le strutture geodetiche, i poliedri , le strutture reciproche e le strutture tensegrali si prestano ad essere utilizzate all’interno di progetti di scienza del design.
La sfera e la cupola racchiudono il massimo spazio col minimo impiego di materiale e conservano bene il calore interno offrendo poca superficie alle difficoltà climatiche esterne. Le superfici curve sono molto più resistenti di quelle piane. La forma ellissoidica dell’uovo è sicuramente leggera ma anche molto resistente perché ottimizzata per l’uso.
Nonostante la sua leggerezza, la cupola può sopportare carichi molto elevati. Le strutture geodetiche configurano spazi autoportanti aperti e flessibili, senza travature o partizioni interne e sono facilmente trasportabili per via aerea.
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La persona che si trova all’interno di uno spazio sferico ha l’impressione di essere al centro delle cose e avverte chiaramente la presenza del rigore geometrico legato alla bellezza e alla perfezione presente nelle strutture a sezione aurea.
Nella ‘geometria sacra’ intesa come metafora di ordine universale, la nuova architettura simbolica ispirata agli edifici vernacolari, alla tradizione locale e all’uso dei materiali naturali, ci porta verso uno stato di alta consapevolezza spirituale: l’edificio diventa un analogo della creazione e il costruire è un atto di culto. Se si accetta che tutto nella vita è sacro e la terra stessa è divina, è impossibile abusare del nostro mondo come regolarmente accade. Tutte le azioni obbediscono a schemi precisi e distinti e la geometria sacra descrive queste leggi. Dietro al caos apparente della vita di tutti i giorni si cela un ordine rigoroso di schemi, forme e simmetrie, che configura in modo ordinato le infinite strutture del nostro universo.
La ‘geometria sacra’ è il linguaggio universale dell’armonia e della bellezza, della geometria e della proporzione, dell’ordine universale e del ritmo e si combina bene con la bioarchitettura, il rapporto arte/natura, la sezione aurea, la Scienza del Design, la sostenibilità ambientale.
Connessa allo studio del macrocosmo riflesso nel microcosmo, questa antica conoscenza da sempre appare e scompare. La cupola geodetica reciproca riflette in chiave tridimensionale il linguaggio della geometria sacra, ricordandoci ancora una volta le magiche suggestioni provenienti dagli antichi mandala.
Le ‘strutture reciproche’ (SR) sono strutture tridimensionali il cui modulo di partenza deve contenere almeno tre aste disposte in modo tale da formare un circuito chiuso. Ogni elemento supporta reciprocamente l’altro. Le SR riescono a sostenere carichi considerevoli e l’eventuale rottura di un solo elemento mette in crisi tutto il sistema.
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Impara prima la pazienza e poi la scienza che proviene da essa pazienza,
e poi l’arte che proviene da essa scienza e da essa pazienza
Leonardo Da Vinci
Workshop sulle strutture a giunzione reciproca
Facoltà di Ingegneria di Roio (L’Aquila 22 / 24 maggio 2014)
Organizzazione a cura del gruppo di lavoro VIVIAMOLAq
Cupola sezionata a 3/8 di ellissoide del diametro di 9,60 m.
Altezza al centro 2,40 m. Diametro delle canne di bambù (provenienti da un bambuseto italiano) della specie ‘phyllostachys viridiglaucescens’: 3/5cm. Con i materiali pronti, la struttura è stata realizzata in 2 giorni dai 40 partecipanti al workshop.
A differenza delle altre cupole basate sulla sfera, attualmente la cupola dell’Aquila è la seconda cupola ellissoidica di bambù di grosso formato utilizzante il giunto reciproco di Leonardo. La prima cupola con caratteristiche simili è stata realizzata al workshop di Tlamaya Grande in Messico nei giorni 27-28-29 marzo 2014, utilizzando aste di bambù guadua con un diametro di 8 cm. circa.
Si riporta una breve dichiarazione rilasciata da Mausike Ometeotl e Abelardo Cuellar Delgado, due dei principali organizzatori del progetto ‘Tlamaya’:
«Il progetto autofinanziato ‘Tlamaya’ è iniziato circa 10 anni fa ed è riferito ad un’area di 20 ettari. Tlamaya Grande è una località con 953 abitanti situata nello stato messicano di Puebla, ad un’ altezza di 740 m. Allo scopo di conservare e innovare il villaggio esistente, gli abitanti del posto danno continuamente seminari e laboratori riguardanti: carpenteria, autocostruzione, tecnologie alternative, bioarchitettura, cucina, lavoro a maglia, semina, piante medicinali […] ».
I valori più attendibili della cupola dell’Aquila (basata su un giunto suscettibile di spostamenti iniziali, prima di essere fissato definitivamente), sono stati desunti oltre che dal disegno al computer anche dal modello reale in scala 1:10. La struttura, completamente smontabile e autoportante poggia correttamente a terra e si presume che offra una buona resistenza alle sollecitazioni esterne.
Il Bambù in sintesi
- Il bambù detiene il record di crescita rapida nel regno vegetale. Un piccolo bambuseto si può ottenere nel giro di 4 anni
- può catturare CO2 in quantità fino a 40 volte superiore rispetto a quella di un albero
- riduce la temperatura dell’aria grazie all’evaporazione acquea delle foglie
- possiede un alto potere calorifico e non produce esalazioni nocive in quanto privo di impurità
- è un buon isolante termico
- rappresenta una soluzione possibile ai gravi problemi del deforestamento
- riduce l’erosione del suolo grazie al suo denso reticolo di radici
- è utilizzabile per fare la carta, salvando in questo modo miliardi di ettari di foresta
- possiede un’elevata resistenza alla rottura e alla trazione, molto vicina a quella dell’acciaio
- è molto più economico del legno e la sua crescita rapida permette di ridurre i tempi di importazione e di costruzione
- produce rapidamente una grande quantità di biomassa per ettaro
- regola il flusso idraulico perché conserva l’acqua nelle sue radici
È dotato di ottime proprietà meccaniche e presenta un’elevato modulo di elasticità. A differenza dei materiali usati nelle costruzioni tradizionali risponde in modo elastico alle sollecitazioni sismiche risultando particolarmente adatto nelle zone a rischio. La sua leggerezza e la sua resistenza lo rendono paragonabile alle prestazioni dell’acciaio, al punto che è stato felicemente definito come acciaio naturale.
Allo scopo di sperimentare altre soluzioni strutturali, oltre al bambù gli studenti dell’Aquila hanno utilizzato delle aste di legno a sezione rettangolare, ottenute riciclando dei vecchi bancali usati.
Ispirati dalla lezione di Leonardo Da Vinci nel suo famoso ‘ponte autoportante’ realizzato senza giunti, colla, chiodi o corde ma autosostenentesi solo per gravità, sono stati realizzati:
- un arco reciproco alto circa 1,30 m. e costituito da due archi identici collegati tra loro da aste della stessa misura
- un toroide di rotazione a maglia quadrata
- un grigliato reciproco a maglia triassiale
- un modulo ottagonale con rotazione destrogira e levogira considerato come esempio di copertura reciproca.
(Per approfondire gli argomenti trattati rimando alla lettura dei miei due recenti volumi: Biagio Di Carlo, Strutture reciproche e geometria sinergetica, 2010; Id,, Bambù, Arundo Donax e Scienza del Design, 2013. Sia l’esperienza di Tlamaya che quella dell’Aquila sono state riportate nel libro La cupola di Tlamaya disponibile presso amazon.com e lulu.com. Raccoglie tre progetti preliminari della cupola ellissoidica di Tlamaya in Messico, nonché il progetto simile per la Facoltà di Ingegneria dell’Aquila e va ricollegato al precedente libro del 2013 Strutture Geodetiche Ellissoidiche che lo completa. Inoltre vengono trattate altre cupole ellissoidiche in bambù, oblate e prolate, tutte utilizzanti il giunto reciproco di Leonardo).
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Non amo scrivere di architettura o comunque non è per me attività spontanea come disegnare e sviluppare algoritmi per l’architettura. Quando mi accingo a scrivere mi blocca l’intravedere le infinite possibili strutture che può avere un testo: spesso non so quale scegliere.
Amo invece leggere di critica di architettura e seguo con piacere chi si muove con agilità in questo mondo della scrittura critica. D’altro canto non scrivere di critica di architettura non vuol dire certo non avere un pensiero critico che come architetto coltivo e di cui ho da sempre naturalmente il desiderio di condividere. Poverini i malcapitati, ma ho sempre pensato che un eventuale seminario potesse essere l’ occasione di un confronto e di condivisione della mia attività di critica sull’ architettura parametrica.
I ragazzi dell’Aquila con la loro straordinaria energia mi hanno dato questa possibilità: alla loro proposta di tenere un workshop ho accettato con grande entusiasmo.
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Il workshop “Architettura Parametrica+Autocostruzione” si è strutturato in due parti. Nella prima ci siamo soffermati sullo studio di alcune architetture contemporanee (Villa NM di UNStudio, Taichung Opera House e Serpentine Gallery Pavilion di Toyo Ito, ecc, ) “svelando” ai ragazzi le costanti computazionali che sottendono alla loro concezione ed evidenziando il loro DNA matematico in comune. Contemporaneamente abbiamo affrontato i diversi approcci alla progettazione parametrica con una panoramica sulle le tecniche algoritmiche di Grasshopper, le tecniche parametriche e di modellazione esplicita.
Devo dire che per me è stato divertente, man mano che si procedeva nell’illustrazione di alcuni comandi, leggere sui volti dei ragazzi un’espressione di stupore, per come si materializzavano in pochi passi architetture molto complesse e ben conosciute.
Lo stupore è stato certamente funzionale a non far cadere l’attenzione dei ragazzi durante la trattazione di argomenti non proprio semplicissimi, e a tener vivo il loro interesse: capire come si disegnano opere matematicamente complesse è certamente di per sé interessante, ma vederlo fare in pochi passi ha una dimensione quasi “dissacrante” che ho volutamente perseguito per consegnare ai ragazzi una dimensione di lettura “critica” su molta (ma non su tutta ) architettura contemporanea.
È stata una mia precisa volontà fornire ai ragazzi elementi di critica dell’architettura, parallelamente alla descrizione di tecniche computazionali.
La seconda parte del workshop si è incentrato sul mondo dell’autocostruzione e della fabbricazione digitale. Volevamo costruire un “oggetto” parametrico entro i limiti dei costi e senza particolari complessità tecnologiche.
È stata questa un’altra piccola sfida nel capire come i limiti imposti dalle contingenze della fabbricazione reale dell’oggetto pensato al computer potessero trasformarsi e informare il processo progettuale e le tecniche computazionali divenendone occasione.
Abbiamo così disegnato il nostro padiglione e con il software controllato e scomposto in parti elementari la struttura: abbiamo reso semplice, controllato, possibile ciò che appartiene al mondo della complessità e del virtuale.
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Anche il padiglione costruito può essere pensato come “soggetto” critico. Questo padiglione di cartone è bello, intelligente ma fragile; di una fragilità in cui vivono oggi le idee e il pensiero in Italia. Racconta in un attimo la condizione di molta architettura giovane fatta dai giovani, che in Italia non ci sarà mai per una serie di motivi che sono troppo lunghi da illustrare in questo articolo. Un’architettura che si dovrà accontentare di esprimere le sue potenzialità in cartone, per pochi giorni o mesi mentre tutto intorno si continua a costruire in modo “pesante”, con idee e modi che appartengono a sistemi di potere vecchio e non alla leggerezza delle idee e dell’ innovazione .
Nota redazionale
“Parametrico Autocostruzione” è il workshop organizzato dall’Associazione Culturale VIVIAMOLAq nello scorso mese di maggio con la conduzione degli architetti Biagio Di Carlo (Strutture geodetiche e Scienza del Design) e Massimo Russo (Architettura parametrica. Autocostruzione Padiglione in cartone).
Questi i nomi dei partecipanti: Martina Antonini, Giuseppe Arquilla, Arianna Berardi, Krizia Berti, Jacopo Brunelli, Mattia Canonico, Ludovica Capanna, Marco Capobianco; Daniel Caramanico, Silvia Carissimi, Maurizio Chiaverini, Andrea Ciammetti, Cinzia Ciuffetelli, Nicoletta Colagrande, Nicolas D’Amico, Mauro D’Angelo, Serena De Feo, Matteo De Marco, Mariangela De Vita, Mattia Del Mastro, Patrizia Del Sole, Nicola Di Costanzo, Simona Di Domenicoantonio, Luca Di Muzio, Andrea Di Renzo, Dario D’Ovidio, Marco Esposito, Simone Esposito, Federico Eugeni, Alba Fagnani, Matteo Fasciolo, Alessandra Iezzi, Valentina Lolli, Lorenzo Marinelli, Mirko Martella, Federica Massidda, Marco Mastrogiuseppe, Francesco Miconi, Marianna Mincarelli, Francesca Molino, Marco Mont Girbes, Stefano Mont Girbes, Claudia Muzi, Francesca Palmerini, Chiara Pannella, Tullio Perinetti, Yulia Petrenko, Francesco Petrucci, Marta Pezzi, Simona Pupi, Serena Rapagnà, Simone Rea, Cristina Rocci, Sara Sababa, Sara Sacco, Martina Sciomenta, Chiara Secinaro, Federico Sorgi, Arianna Tanfoni, Davide Teti, Giordana Vittorini, Olimpia Castellano, Anastasia Celli, Gianmaria Cerchiara, Sara Cioffarelli, Manuela Menicucci, Luca Pantalone, Serena Pirani.
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