Il valore di un segno deriva dalla sua posizione: nella nostra poesia la spazializzazione delle parole risulta rigorosamente strutturata, multipercettiva, interazionale e virtualmente dinamica

di Matteo D’Ambrosio

La percezione dell’influenza del Futurismo italiano sulla poesia d’avanguardia del secondo Novecento è tuttora alquanto lacunosa. La Poesia concreta, di cui ci occuperemo,  sembra sorta – anche in ragione di un lavoro di efficace

auto-storicizzazione, portato avanti dai suoi principali esponenti[i] –   dai due contesti culturali che ne ospitarono le prime esperienze, in Brasile e in Germania[ii]. I contributi storiografici disponibili prendono raramente in considerazione gli eventuali rapporti con la prima  avanguardia.

Di solito si preferisce rimandare alla plurisecolare tradizione delle ricerche poetico-visuali – accorpandone le diverse ma distinguibili specificazioni –  e soffermarsi su soluzioni espressive paradigmatiche come quelle proposte dai Calligrammes di Guillaume Apollinaire[iii].

Obiettivo di questo intervento è la verifica dell’influenza sulla Poesia concreta di una particolare tipologia testuale individuata da F. T. Marinetti, il “poema preciso”, nonché delle prime prove poetiche (risalenti agli anni 1943-44) del giovane futurista Carlo Belloli, il quale sarà, nel dopoguerra,  tra i principali protagonisti della Poesia visuale e concreta[iv] internazionale.

Nella tradizione delle avanguardie, tra i molteplici sviluppi della scrittura poetica, appare di non secondaria importanza la diffusione delle ricerche che, dopo l’abbandono della terminazione rimica e l’adozione del verso libero, hanno fatto registrare – e qui il riferimento è alla sperimentazione futurista – prima la scelta del paroliberismo (e della sua fenomenologia di iconizzazione del segno verbale) e poi il suo superamento, con le post-alfabetiche e trans-linguistiche tavole parolibere, che richiedono una logica analitica ed ermeneutica orientata  ad una teoria del discorso più che una metodologia concentrata sui codici della poesia[v].

L’aspirazione alla sintesi non è solo uno dei principi fondamentali dell’estetica futurista; più in generale, è ascrivibile alle logiche della modernità e, in particolare, dei suoi sistemi di comunicazione. Di certo, la ricerca avanzata di tutto il Novecento ha sottoposto la parola poetica ad un processo di ridimensionamento quantitativo del materiale linguistico. Nei suoi esiti più radicali tale progressiva destrutturazione ha affidato l’ordine del discorso al sintagma, al singolo lessema, al segno, attribuendo un’importanza  sempre maggiore alla sintassi spaziale.

Non a caso Eugen Gomringer, uno degli iniziatori della Poesia concreta, pose in esergo di una raccolta delle sue “costellazioni”[vi] il seguente brano, ricavato da un noto saggio:

It is interesting to observe that as technical applications have increased in complexity with the passage of time, languages have increased in simplicity, until today we are considering the ultimate compression of information in the simplest possible forms[vii].

  1. Precisione e sensibilità numerica

La precisione efficace è un principio più volte ed esplicitamente rivendicato e suggerito da F. T. Marinetti, già in alcuni scritti risalenti ai primi anni di vita del movimento futurista. In una lettera al poeta belga Henry Maasens, della fine del  1909, il leader della prima avanguardia esplicita i suoi criteri di elaborazione di quella particolare tipologia testuale che è il Manifesto e conclude: «Il faut donc de la violence et de la précision»[viii]. In un altro Manifesto, intitolato Lo splendore geometrico e meccanico e la sensibilità numerica (marzo 1914), lo stesso Marinetti scrive:

L’amore della precisione e della brevità essenziale[ix] mi ha dato naturalmente il gusto dei numeri, che vivono e respirano sulla carta come esseri vivi nella nostra nuova sensibilità numerica. […]  Sempre intuitivamente, io introduco tra le parole in libertà dei numeri che non hanno significato nè valore diretto, ma che (indirizzandosi fonicamente e otticamente alla sensibilità numerica) esprimono le varie intensità trascendentali della materia e le rispondenze incrollabili della sensibilità[x].

1.1. Una poesia di numeri?

Per quanto riguarda l’utilizzazione dei numeri in poesia, occorre ricordare che le relative possibilità espressive furono percepite anche da Roman Jakobson, il quale, nel suo periodo giovanile di militanza futurista, così scrive in una lettera del 1914 a Velimir Chlebnikov, assecondandone gli interessi numerologici[xi]:

Dei versi fatti di numeri mi sembrano realizzabili. Ma il numero è un’arma a doppio taglio: sommamente concreto e sommamente astratto, arbitrario e fatalmente preciso, logico e assurdo, limitato e infinito. […] A lei i numeri sono familiari, e se dunque riconosce nella poesia del numero un paradosso tutto sommato inaccettabile, ma nondimeno solleticante, cerchi, la prego, di fornirmi un esempio, anche minimo, d’un tal genere di versi[xii].

La lettera di Jakobson precede solo di un mese il lancio del citato Manifesto di Marinetti,  probabilmente autore, proprio nello stesso periodo, di una poesia quasi del tutto di soli numeri[xiii]. Seguiranno quelle del dadaista Kurt Schwitters come Gedicht 60 e 62 (apparse su “De Stijl” nel ’21[xiv]) e Gedicht 25, pubblicata nel 1922 dalla rivista viennese “Ma”[xv]. La Poesia “numerale” può essere considerata come uno dei tanti sottogeneri della ricerca sperimentale contemporanea[xvi].

Slides (a cura di Matteo D’Ambrosio)

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Il Poema preciso di F. T. Marinetti

Marinetti è altresì autore di un testo dal titolo Poema preciso, che ritroviamo per la prima volta, in italiano e in francese, nell’antologia I nuovi poeti futuristi[xvii], del 1925[xviii];  verrà riproposto sulla prima pagina della rivista milanese “L’Antenna”, nella primavera del 1926[xix] e, nel 1929, nel fascicolo, in gran parte dedicato al Futurismo, di “ReD”, la rivista dell’avanguardia praghese[xx]. Nel 1927 “La Fiera letteraria” ospita un intervento del leader della prima avanguardia  intitolato proprio I poemi precisi, in cui viene semplicemente riproposto l’ultimo punto (il n. 9) del già citato Manifesto Lo splendore geometrico e meccanico e la sensibilità numerica.

Secondo una consuetudine strategica abbastanza consolidata, Marinetti ha più volte allegato, alle indicazioni programmatiche di alcuni Manifesti, dei suoi testi creativi, cui evidentemente attribuiva il valore paradigmatico di un modello utile per successive elaborazioni. Il “poema preciso” Velocità nel caos delle lave spente, che segue l’articolo-citazione della “Fiera letteraria”, è in effetti un testo già nell’antologia del 1925, che ora viene così presentato:

Nel poema preciso che pubblico qui sotto, io innalzo certe parole importanti a una potenza determinata da me intuitivamente. Fisso così liricamente quanto è intenso il valore uomo di un uomo o quanto è intenso il valore biondo di una bionda[xxi].

Marinetti lo riproporrà nel suo primo libro metallico, Parole in libertà futuriste tattili termiche olfattive, del 1932[xxii], che di ogni testo propone due redazioni. La prima redazione riferisce di una coppia che fa una giro in auto del vulcano Etna, la seconda è costituita da due semplici operazioni di calcolo. La prima, esclusivamente verbale, manifesta un cospicuo numero di fenomeni di iconizzazione, che documentano una conversione costruttivistica del paroliberismo: uso della maiuscola e del neretto, limitata occupazione della superficie della pagina, isolamento di sintagmi e singoli lessemi, diversificazione di corpi e caratteri, marche di oralità come i prolungamenti vocalici … Tutti questi fenomeni vengono inseriti in configurazioni compatte, modulari, geometricamente strutturate. La seconda redazione è caratterizzata da un radicale ridimensionamento quantitativo della materia verbale; ne derivano modelli testuali che nel dopoguerra entreranno a far parte del corpus della Poesia concreta: opposizione contrastiva di due soli termini; effetti di stratificazione affidati a sfondi, sovrapposizioni e partizioni cromatiche definite da gradazioni tonali;  progressivo aumento della grandezza dei caratteri tipografici; decise opposizioni diagrammatiche (in alto a sinistra vs in basso a destra, ad esempio); abbandono dell’orizzontalità e dello standard sequenziale …

In queste soluzioni compositive si possono riconoscere valori dell’estetica meccanica come la funzionalità, la precisione e la sintesi espressiva; adottate da Tullio d’Albisola[xxiii], che le definì “tavole plastiche”, esse furono certamente  indicate e condivise da Marinetti. La critica le ha  collegate «alla lezione costruttivistica che d’Albisola aveva assimilato da Nicolay Diulgheroff»[xxiv], un artista membro del gruppo futurista torinese, reduce da esperienze come il Bauhaus di Weimar e fautore di quella sensibilità plastica che circola nell’astrazione “concreta” di molta avanguardia europea della prima metà degli anni Venti[xxv].

  1. Carlo Belloli dal paroliberismo alla Poesia visuale e concreta

Carlo Belloli, nato nel 1922, aderì al Futurismo nel 1943. Portano la data del 28 ottobre di quell’anno quattro suoi “tipogrammi”, tutti dal titolo marinetti multidirezionale[xxvi]. Nel primo il cognome si può leggere verso il basso e in orizzontale, ma in entrambe le direzioni, alle estremità, perde progressivamente una lettera; nel secondo l’orientamento è sia verso il basso, con progressione regolare, che lungo una iperbole, chiusa dalla ripetizione dell’ultima lettera; nel terzo il cognome, completo in alto a destra, viene privato di una lettera, ogni volta collocata verso il basso, fino a completarsi in basso a sinistra. Il percorso diagonale può essere seguito anche dal basso verso l’alto, con un progressivo aumento quantitativo, ogni volta di un segno alfabetico, delle nove lettere; nel quarto la prima configurazione viene completata, in alto a destra,  con una struttura triangolare che diviene una freccia.

Nel marzo del 1944 Marinetti pubblicò nel numero unico Futuristi in Armi[xxvii] dieci testi paroliberi di Belloli. Presto verranno raccolti in una oggi rara edizione,  col titolo Parole per la guerra [xxviii]. I testi che hanno sinora suscitato maggiore attenzione sono:  “guerra terra”, «composizione basata sulla permutazione della consonante iniziale  delle parole “guerra”, “terra”, “serra”, la cui successione spaziale è scandita dai due diversi tipi di  caratteri tipografici adottati alternativamente»[xxix], letta anche come «An ideogram in which typography has been made organic to meaning»[xxx];  “bimba / bomba”[xxxi], che uno dei maggiori poeti sudamericani d’avanguardia, Clemente Padin, ha considerato  «Uno de los antecedentes del concretismo literario», notando «cómo adopta los principios del constructivismo, la organización geométrica y la simetría»[xxxii]. Seguiranno, sempre nel 1944, dieci Testi-poemi murali[xxxiii], stampati in un  portfolio di grande formato. Nel loro “collaudo” Marinetti scrive:

Si tratta di una scelta … di poesia da parete, di tavole destinate a collocazione murale[xxxiv] […]
le generazioni di domani vi si ispireranno […]
con belloli la poesia diventa visiva […]
belloli ha intuito il futuro del futurismo […]
belloli anticipa quel linguaggio di parole-segnali collocate nella rete comunicante di una civiltà matematica[xxxv].

In particolare Marinetti segnala il testo dal titolo “treni / iiiii”: «I “treni” di belloli sono dinamicissimi segnali verbali ridotti in sillabe allineate. / si lanciano sul futuro precisi diretti impietosi»[xxxvi]. Se ne era già ricordato nel suo Manifesto futurista della Patriarte, del febbraio 1944: «Ne I treni/iii e con Parole per la guerra crea zone‑rumori costruiti otticamente nella pagina‑spaziototale»[xxxvii].

L’edizione dei Testi-poemi murali comprende anche una “nota teorica” – dal titolo poesia visuale – dello stesso Belloli[xxxviii], che scrive:

vedere diverrà più necessario che ascoltare […]
architettura verbale[xxxix], dinamica nella sua inedita distribuzione spaziale, totalmente ottica nel suo decorso strutturale-tipografico. […]
basterà una parola per scrivere un libro[xl].

Secondo Mary Ellen Solt,

this most significant statement anticipates much that was said later in the manifestos for concrete poetry, but, of course, neither Gomringer nor the Noigandres group knew about  Belloli’s work[xli].

Lúcia Machado de Almeida riferisce però che nel 1953 Belloli espose, al Clube Ipiritanga di San Paolo del Brasile, sia le “parole per la guerra” che i “testi-poemi murali”, insieme con i risultati delle sue successive ricerche[xlii] (vale a dire le “tavole visuali”[xliii] e i “corpi di poesia”[xliv]). Questo farebbe pensare ad un’influenza di Belloli – preceduta nel 1954 dalla pubblicazione a Rio de Janeiro di una raccolta del poeta Ferreira Gullar – sui poeti del gruppo Noigandres (fondato nel 1952[xlv]), di cui non ci sono però tracce presenti negli scritti di questi ultimi.

Le interpretazioni dei rapporti tra le ricerche di Belloli e la Poesia concreta divergono, spesso in maniera alquanto significativa[xlvi]. Secondo Andreas Hopkemeyer,

 Un ruolo importante come elemento di collegamento tra futurismo e poeti concreti degli anni cinquanta è … svolto da Carlo Belloli, che già negli anni quaranta realizza importanti testi preconcreti derivanti dalla tradizione futurista, come achtung, un sorriso[xlvii].

Liesbeth Crommelin preferisce invece parlare di «transizione», piuttosto che di «collegamento»:

The somewhat isolated figure of Carlo Belloli, disciple of Marinetti, … constitutes  in a way a transition from the futurist ideas to the “concrete” thinking[xlviii].

Come Mario Verdone, che nel 1984 scrisse che Belloli «tiene conto delle “tavole di latta” di Marinetti, e supera … il concetto visivo delle tavole parolibere»[xlix], anche Arrigo Lora Totino, un poeta d’avanguardia la cui produzione presenta non poche affinità con quella di Belloli, ha decisamente richiamato i “poemi precisi” marinettiani, ricordandone l’inserimento nella edizione in litolatta:

[Belloli] fu il primo autore ad aprire la via verso la poesia concreta nei primi anni ’50, partendo da alcune intuizioni di Marinetti specialmente nella “litolatta” Parole in libertà futuriste olfattive tattili termiche …, soprattutto in 5 tavole: a sinistra rosa – viole a destralibertà – correre; freddo caldo brividi; sì no sì no sì; 1+1=2 – 1+1=0; sono testi che Marinetti chiamò “poemi precisi”[l].

Nell’antologia di Poesia concreta ospitata nel 1966 dal primo e unico fascicolo della rivista genovese “Modulo”, Lora Totino affermò che Belloli è l’autore del «primo esperimento di poesia concreta attuato da un italiano»[li], vale a dire la raccolta text poème poème texte[lii].

Lo stesso Belloli ha fornito interpretazioni diverse dei rapporti tra Futurismo e Poesia concreta. In una nota del 1959 – un vero e proprio Manifesto, in cui prende definitivamente le distanze dal Concretismo, disapprovando tra l’altro la proposta di Gomringer di assumere come riferimento preliminare il concretismo plastico di Max Bill –, Belloli allontana le sue ricerche dalla Poesia concreta:

La poesia concreta, alla quale si è spesso tentato di coinvolgere la nostra ricerca, dopo aver mal capito il concetto che la forma poteva diventare il solo contenuto di una nuova espressione poetica, sta cercando di aritmeticizzare il procedimento delle combinazioni fonetiche, trasformandolo nel vizio dei calembours verbali. / alla nostra matematica delle strutture semantico-morfologiche, in unità di correlazione con quelle semeiotico-tipografiche, la poesia concreta sta sostituendo una aritmetica della costruzione di parole-chiave monotone, anche allucinanti, senza alcun rapporto necessario di strutturazione tipografico-visuale, che invece trascura[liii].

A quest’ultima caratteristica negativa Belloli contrappone la precisione della disposizione tipografica; la qual cosa giustifica una sua successiva affermazione («noi respingiamo la valorizzazione espressionistica dello spazio, … come perseguivano mallarmé, marinetti, apollinaire»)[liv], che gli permette di distinguere il proprio “audiovisualismo” dalle modalità della sintassi spaziale tipiche non solo della Poesia concreta, ma anche di gran parte della tradizione poetico-visuale:

Nella nostra ricerca la parola diventa materia verbale pura, strutturata otticamente e visualmente inventata, secondo disposizioni tipografiche precise[lv] che derivano dai valori semantici scelti.

Belloli non mancò di fornire alcune precisazioni, presenti nel saggio nel 1963 La componente visuale-tipografica nella poesia d’avanguardia, che J. J. White giudicò un «excellent historical study»[lvi]:

Una disposizione tipografica espressionistico-analitica delle parole … traviserà la funzione sintetica dell’immagine semantica perseguita dalla poetica futurista inaugurando … un frammentismo semeiotico-tipografico psicologicamente drammatico, spesso anche tragico, denso di vibrazioni ottiche confusamente evocative. La “forza espressiva delle parole”[lvii] che Marinetti pensava di raddoppiare degenera nell’espressionismo della loro traduzione visuale[lviii].

Belloli torna così ad auspicare quella precisione configurativa rispetto alla quale il paroliberismo del primo periodo – tavole parolibere marinettiane comprese – aveva invece preferito una connotazione espressionistica. Ecco così emergere i presupposti di una nuova fase, superamento anche dell’“aeropoesia”:

La problematica visuale nasce negli anni della seconda guerra mondiale, nel periodo in cui alcuni poeti futuristi credettero utile superare le posizioni delle “parole in libertà” e dell’“aeropoesia”[lix].

In seguito Belloli ribadirà il suo punto di vista:

il valore di un segno deriva dalla sua posizione: nella nostra poesia la spazializzazione delle parole risulta rigorosamente strutturata, multipercettiva, interazionale e virtualmente dinamica[lx];

 L’organizzazione tipografica dei testi visuali non si ricollegava alle esperienze futuriste e dadaiste, … ma costituiva l’elemento di necessaria correlazione strutturale in cui veniva a otticamente tradursi la presentazionalità semantica dell’area poematica[lxi].

In un articolo del 1985 egli dichiara ancora una volta che l’introduzione da parte sua del «concetto di visualità poetica nella poesia di ricerca … niente doveva al futurismo»[lxii]. E in una intervista del 1992:

La différence entre le futurisme et la poésie visuelle et concrète, c’est que pour les futuristes la typographie était un élément expressionniste. La typographie était une explosion sur la page[lxiii].

Secondo Giovanni Lista, le ricerche sviluppate nel secondo dopoguerra da Belloli, Pino Masnata e Bruno Munari rappresentano un vero e proprio “Neofuturismo”, che continua le ricerche nella tradizione delle “parole in libertà”[lxiv]. Glauco Viazzi proponeva invece di ridimensionare tale legame:

Proprio nel mentre l’esperienza futurista pare stabilizzata nei modi dell’aeropoesia e della poesia dei tecnicismi, cioè in forme prevalentemente risintattizzate, disposte in strofe o lasse libere, oppure versi liberi (ormai) tradizionali, ed il paroliberismo ortodosso pare confinato a ben pochi esempi, con la sua prima sperimentazione … Belloli compie una svolta decisiva ed apre direzioni di lavoro affatto differenti. […] L’operazione del Belloli … non si presenta neppure come variante del paroliberismo o della grafizzazione; nei testi poemi-murali il tratto verbale, non più considerato parola soltanto ma invece anche, se non soprattutto, segno in senso proprio ed assoluto. Riaffermato come concretamente esistente, realtà decontestualizzata, viene usato, senza intermediazioni, come materiale del montaggio della costruzione visuale[lxv].

Alcune interpretazioni considerano Belloli un precursore della Poesia concreta[lxvi], altre come l’iniziatore della tendenza[lxvii]. Col dadaista Hans Arp[lxviii], l’artista svedese Öyvind Fahlström[lxix], il lettrista francese Isidore Isou, i futuristi russi Vasilij Kamenskij[lxx] e Kandinskij (ben noto come pittore, ma anch’egli poeta sperimentale), Nicholas Zurbrugg cita  Belloli tra gli «assorted isolated precursors» della Poesia concreta[lxxi]. Nel 1967 Emmett Williams, poeta statunitense d’avanguardia in seguito divenuto internazionalmente noto come artista Fluxus, inserì nella sua Anthology of Concrete Poetry[lxxii] – una delle prime e più note – dei testi recuperati da parole per la guerra (vale a dire “troppo silenzio” e  “anzio”) e dai testi-poemi murali (“treni / iiiii” e “achtung / un sorriso”). Belloli, ha scritto ancora la Solt, «in 1943, was making what would sixteen years later come to be called concrete poetry»[lxxiii]. Nel catalogo della mostra dedicata nel 1969 dalla Biennale di Venezia alla Poesia concreta, Franz Mon – altro esponente di primo piano del Concretismo internazionale – apre la sua introduzione affermando perentoriamente: «Belloli nel 1943 scrisse la prima poesia “concreta”»[lxxiv]; in catalogo, la “sintesi bio-bibliografica” dedicata a quest’ultimo  ricorda che «la critica internazionale è concorde nel considerare» “achtung”, uno dei testi-poemi murali, «il primo poema concreto pubblicato nel mondo»[lxxv].

Il già citato “treni / iiiii” è stato spesso inserito tra gli esempi di Poesia concreta; ad esempio, dal semiologo Walter A. Koch[lxxvi] e dall’antropologo  Dennis Tedlock, che convalidando il progetto belloliano di “audiovisualismo” scrive: «Concrete poems can be ideophonic and ideographic at the same time, as in the case of the poem by Carlo Belloli»[lxxvii]. Secondo Stephen Bann, Belloli, che nel 1959 aveva apoditticamente dichiarato «noi siamo … costruttori di parole»[lxxviii], è stato, con H. N. Werkman,  grande innovatore tedesco dell’arte tipografica, un artefice del rinnovamento della tradizione del costruttivismo[lxxix]: il giovane poeta milanese sarebbe riuscito a individuare «une forme poétique notablement différente[lxxx] de celle qu’avait adoptée le futuriste dans les parole in libertà»[lxxxi]. Ancora una volta, il testo che maggiormente attira l’attenzione del critico inglese[lxxxii] è “treni / iiiii”, che anche per la vistosa presenza della data «rappelle les idéogrammes socio-politiques que l’on trouvera plus tard au Brésil»[lxxxiii].

“Poemi precisi”, “parole per la guerra”, “testi-poemi murali” e Poesia concreta: modelli testuali a confronto

Quando, negli anni Settanta, il corpus testuale della Poesia concreta apparirà ormai sedimentato e i suoi modelli testuali distinguibili e classificabili, due tra i principali protagonisti di questa tendenza proveranno a segnalarli. Nel catalogo di una mostra curata nel 1972[lxxxiv], Eugen Gomringer ne indicherà sei: 1. ideogramma; 2. costellazione; 3. poesia dialettale; 4. palindromo; 5. tipogramma (come nel caso dei quattro “tipogrammi” di Belloli in precedenza segnalati); 6. pittogramma[lxxxv].
Franz Mon ne individuerà invece nove: 1. presenza di un singolo segno sulla pagina; 2. disseminazione di diversi segni sulla pagina; 3. presenza sulla pagina di diversi segni senza relazioni sintattiche e a volte ripetuti; 4. moltiplicazione degli stessi elementi verbali.  Mon (il quale, come abbiamo visto, apre questo suo scritto affermando che Belloli è stato l’autore della prima poesia concreta), ne cita come esempio “achtung / un sorriso”; 5. profusione segnica, con fenomeni di diversificata distribuzione; 6.  permutazione. 7. contaminazione tra elementi verbali; 8. variazione fonetica; 9. configurazione schematica (definita come “tipogramma” da Gomringer). Per fornire un esempio di questa tipologia sia Gomringer che Mon rimandano a Rundscheibe XIV (1964), un’opera  del poeta tedesco d’avanguardia Ferdinand Kriwet[lxxxvi]. In seguito Belloli rivendicherà il proprio ricorso alla permutazione:

È noto e verificabile come la tecnica permutazionale della parola-chiave in susseguenza seriale, … sia stata usata per la prima volta in alcune mie Parole per la guerra del 1943 e Testi-poemi murali del 1944 (“bimba / bomba”; “guerra / terra”; “mito / meta”; “cerchio / circo”; “achtung”; “uomini soli”)[lxxxvii].

Alla base della tipologia proposta da Mon si può individuare una fenomenologia testuale maggiormente orientata nella direzione della poetica di Belloli. Non vi compaiono, ad esempio, i riferimenti di Gomringer a testi appartenenti alla “dialektgedichte” o classificabili come “pittogrammi” (che meglio andrebbero ricondotti alla tradizione della “poesia figurata”[lxxxviii]).
Gomringer, il quale aveva comunque provveduto ad inserire quattro testi di Belloli nell’antologia internazionale di Poesia concreta curata nel 1958[lxxxix], dichiarerà nel 1992 che, a suo parere, Belloli «avait écrit une espèce de manierisme du futurisme, très bien mais pas concrète, à notre sens»[xc].
Finché la tendenza non è stata investita da una eterogeneità onnicomprensiva, tassonomie dei testi concreti diversamente orientate hanno fornito ulteriori indicazioni metodologiche. Tra le più significative, le proposte di Aaron Marcus  (che privilegiano la sintassi visiva[xci]), di Peter Mayer[xcii] e Lora Totino. Marcus ricorre ad un testo molto noto e molto riprodotto di Belloli – di solito col titolo “acqua”[xciii] –, che egli considera «an example of strong vertical emphasis»[xciv]. Lora Totino, che non manca di ricordare Gomringer e i Noigandres,  ha scritto nel 2010:

 [Nella] “Poesia Concreta” … un primo discrimine si può collocare tra tendenze costruttiviste oppure espressioniste. La tendenza espressionista fa capo alla teoria e alla pratica del testo-superficie (text-flache) del tedesco Franz Mon, quelle costruttiviste comprendono … la poesia visuale di Carlo Belloli, la costellazione verbale dello svizzero Eugen Gomringer, l’ideografia del gruppo brasiliano “Noigandres”.
In particolare la poesia visuale di Carlo Belloli è stata influenzata da Marinetti. Nel 1932 Marinetti pubblica presso Tullio D’Albisola la ‘litolatta’ “Parole in libertà olfattive tattili termiche” […]. Alcune pagine precorrono il concretismo e sono quelle che l’autore chiama “Poemi precisi” […] dall’anarchia ditirambica delle prime parole in libertà Marinetti passa ad un calcolato equilibrio verbo-visuale. E non a caso è proprio Marinetti a ‘collaudare’ i “testi-poemi murali” (1944) di Carlo Belloli […]. Tali asserzioni sono già quasi un programma concretista[xcv].

Sulla base della documentazione utilizzata, vengono favorevolmente accolte le interpretazioni di Lora Totino, di Bann e  del futurista Pino Masnata, che nel 1984, nel suo trattato dal titolo Poesia visiva ha precisato:

Anche se (non ne fa mistero) l’idea è sorta in lui dall’osservazione delle tavole di latta della poesia precisa di Marinetti. Belloli supera il concetto visivo delle tavole parolibere e inventa una nuova sensibilità formale di poesia[xcvi].

Pur non escludendo che tra i modelli testuali del paroliberismo – alquanto diversificati – sia possibile individuare un numero, magari esiguo, di testi segnati dalla logica strutturale che il costruttivismo seppe proporre in tutte le arti e in tutta Europa, i riferimenti iniziali delle ricerche di Belloli sono dunque da riconoscere nei  “poemi precisi” di Marinetti e nei criteri della loro mise en page adottati nel libro metallico del 1932. Come abbiamo visto, nei “tipogrammi” del 1943 e in alcuni testi presenti nelle raccolte intitolate parole per la guerra e testi-poemi murali sono stati individuati da Belloli modelli testuali poi ampiamente presenti nella fenomenologia compositiva della Poesia Concreta, i cui rapporti con l’estetica del Costruttivismo restano storiograficamente da precisare


[i]  Uno di essi, Eugen Gomringer, ha più volte denunciato una «almost total absence of careful criticism» (Poetry as a Means for the Structuring of a Social Environment, “Visible Language”, X, n. 3, Summer 1976, p. 235).
[ii] Cfr. B. Cobbing e P. Mayer, Some Myths Of Concrete Poetry, “Stereo Headphones”, V, n. 5, Suffolk, Winter 1972 (pp. 28-29) e il dibattito ospitato nel fascicolo successivo (n. 6, Summer 1974, pp. 65-68), con interventi del poeta sonoro Henri Chopin e di Stephen Bann e le conclusioni  dei due autori. «I primi esempi di poesi concreta sono stati realizzati quasi simultaneamente in Brasile, Svizzera e Italia – … dal Gruppo Noigandres, da Eugen Gomringer e da Carlo Belloli {…] Il retroterra dell’avanguardia storica spiega soltanto parzialmente questa coincidenza […] i poeti sperimentali lavorano in tutto il mondo con alle spalle tradizioni culturali diversissime quando non opposte, in direzioni esemplarmente coincidenti» (A. Spatola, Verso la poesia totale, Torino, Paravia, 1978, p. 13).
[iii] Cfr. ad esempio M. d’Ors, El caligrama, de Simmias a Apollinaire. Historia y antología de una tradición clásica, Pamplona, Ediciones Universidad de Navarra, 1977.
[iv] La distinzione tra le due tendenze, introdotta da Carlo Belloli, è motivata, come riassume Arrigo Lora Totino, «dall’esigenza … di far corrispondere al valore semantico del poema visuale una precisa scelta semeiotica della veste tipografica: scelta dei tipi, dei corpi e delle intensità dei caratteri di stampa» (Nota del curatore, in Poesia concreta, a cura di A. Lora-Totino, Mantova, editoriale sometti, 2002, p. 35).
[v] «Le parole in libertà realizzano … la ricomposizione del linguaggio in un forma visiva […]; si attua insomma il passaggio da una concezione ancora tipicamente letteraria della poesia a una concezione aperta» (A. Spatola, op. cit., p. 75).
[vi] E. Gomringer, die konstellationen  les constellations the constellations las constelaciones, Frauenfeld, Eugen Gomringer Press, s.d. ma 1962.
[vii] E. Colin Cherry,  A History of  the Theory of Information,  in Proceedings of the IEE – Part III: Radio and  Communication Engineering,  IC, n. 58, September 1952, pp. 37-44.
[viii] Cit. in G. Lista, Futurisme. Manifestes documents proclamations, Lausanne, L’Age d’Homme, 1973, pp. 18-19; idem, F. T. Marinetti. L’anarchiste du futurisme,  Paris, Nouvelles Editions Séguier, 1995,  pp. 220-221.
[ix] Nostro corsivo.
[x] F. T. Marinetti, Lo splendore geometrico e meccanico e la sensibilità numerica. Manifesto futurista, Milano, Direzione del Movimento Futurista, 18 marzo 1914, p. 4. Volantino. Ora in  Manifesti programmatici, teorici, tecnici, polemici, a cura di M. D’Ambrosio, Roma, De Luca editori d’Arte, 2019, pp. 150-151.
[xi] «La partie la plus étrange des doctrines de Khlebnikov est sans doute celle qui est consacrée aux nombre», ha scritto Tz. Todorov (Le nombre, la lettre, le mot, “Poétique”, I, n. 1, janvier-mars 1970, p. 103).
[xii] R. Jakobson, lettera a V. Chlebnikov, [febbraio 1914]; trascritta per la prima volta in Majakovskij. Materialy i issledovanija, par V. O. Percov et M. I. Serebrjanskij, Moskva, 1940, pp. 385-386; poi nel  volume antologico N. Xardzhiev, K. Malevich, M. Matiouchine, K istorii russkogo avangarda [The Russian Avant-Garde], Stockholm, 1976. Tr. it.: “il verri”, XXVIII, n. 31/32, novembre 1983, p. 71. Cfr. M. D’Ambrosio, Roman Jakobson e il Futurismo italiano, Napoli, Liguori, 2009, p. 92.
[xiii] Una riproduzione nei cataloghi delle mostre The Futurist Imagination. Word + Image in Italian Painting, Drawing, Collage and Free-Word Poetry (exhibition  organized and catalogue edited by A. Coffin Hanson, New Haven, Yale University Art Gallery, 1983, p. 28) e F. T. Marinetti = Futurismo, a cura di L. Sansone (Milano, Federico Motta Editore, 2009, p. 166) e in M. D’Ambrosio, Roman Jakobson e il Futurismo italiano, cit., p. 93.
[xiv] “De Stijl”, IV, n. 7, juli 1921.
[xv] “Ma”, VIII, n. 1, oktober 1922, p. 5. Gedicht 25 è stata considerata da J. C. Middleton «a model of patterning and unpredictability in poetic art […] a set of signs which suppress the poetry of lexical and oral values entirely» (Pattern without Predictability, or: Pythagoras Saved. A Comment on Kurt Schwitters’ “Gedicht 25”, “German Life & Letters”, XXII, n. 4, July 1969, p. 348). Cfr. anche M. McClain, Kurt Schwitters’s “Gedicht 25”: a musical addendum, “German Life and Letters”, XXIII, n. 3, April 1970, pp. 268-270.
[xvi] Cfr. almeno Against Infinity. An Anthology of Mathematical Poetry, edited by E. Robson and J. Wimp, Parker Ford (PA), Primary Press, 1979; J. Donguy, Poésies expérimentales. Zone numérique (1953-2007), Dijon, les presses du réel, 2007; Ch. T. Funkhouser, Prehistoric Digital Poetry. An Archaeology of forms, 1959-1995,  Tuscaloosa, The University of Alabama Press, 2007; Poètica i crítica de la Computer Poetry. Dels orígens als finals dels anys Seixanta, in Under Construction. Literatures digitals i aproximacions teòriques, L. Borràs (Ed.), Palma (Illes Balears), tecsed, 2012, pp. 366-384; M. D’Ambrosio, Numbers, in Futurism: a Microhistory, edited by S. Bru, L. Somigli, B. Van Den Bossche, Cambridge, Legenda, 2017, pp. 116-129; The Early Computer Poetry and Concrete Poetry,  in “MATLIT / Materialities of Literature”, VI, n. 1, August 1918, pp. 51-72.
[xvii]  Marinetti presenta i nuovi poeti futuristi, Roma, Edizioni futuriste di “Poesia”, 1925, pp. 293 (in italiano) e 314 (in francese).
[xviii] Ovviamente, questo testo potrebbe essere stato prodotto in anni precedenti.
[xix] “L’Antenna”, I, n. 1, 25 marzo-9 aprile 1926, p. 1.
[xx] “ReD”, II, n. 6, únor [febbraio] 1929, p. 175.
[xxi] F. T. Marinetti, I poemi precisi,  “La Fiera letteraria”, III, 27, 3 luglio 1927, p. 3; poi in “L’Osservatore politico letterario”, XX, n.  6, giugno 1974, pp. 32-33.
[xxii] F. T. Marinetti, Parole in libertà futuriste olfattive tattili termiche, Roma, Edizioni futuriste di Poesia, 1932 (veste grafica di Tullio d’Albisola e realizzazione della ditta di Vincenzo Nosenzo di Zinola (Savona), su lamine di ferro stagno litografato a colori). L’opera – capitale, sia detto per inciso, nella storia di quella particolare tendenza sperimentale che è il libro-oggetto – è riprodotta in G. Lista, Le livre futuriste. De la libération du mot au poème tactile, Modena, Editions Panini, 1984, pp. 110-112. In uno Manifesto del 1910, La guerra elettrica (poi nel suo La guerra sola igiene del mondo (Milano, Edizioni futuriste di “Poesia”, 1915, p. 128) e ora in Manifesti programmatici, teorici, tecnici, polemici, cit., pp. 83-85 (in francese) e 176-177 (in italiano)) Marinetti aveva previsto per gli uomini del futuro la lettura di «libri di nickel». Esperienze precedenti – tra cui il libro imbullonato Depero futurista, Milano, Edizione italiana  Dinamo Azari, 1927 – sono segnalate nella scheda dedicata alla litolatta nel volume La rivoluzione tipografica, introduzione di C. Salaris, Milano, Edizioni Sylvestre Bonnard, 2001, p. 91. Cfr. anche  F. T. Marinetti, Un libro stampato su metallo, “L’Impero”, Roma, 3 gennaio 1933, p. 3.
[xxiii] Cfr. le sue testimonianze L’edizione di latta delle liriche di F. T. Marinetti, “Futurismo”, II, n. 20, Roma, 22 gennaio 1933, p. 4; I libri metallici, “Stile futurista”, II, n. 11/12, Torino, settembre 1935, p. 40.
[xxiv] G. Lista, Le livre futuriste. De la libération du mot au poème tactile, Modena, Editions Panini, 1984, p. 103.
[xxv] Belloli (che nei suoi scritti eviterà sistematicamente l’uso della maiuscola, un criterio qui rispettato), in alcuni contributi critici collocherà la produzione di Diulgheroff tra Futurismo e Costruttivismo: Accertamento del colore intermaterico: nicolay diulgheroff, Torino, Edizioni dello Studio di Informazione Estetica, 1972; Inerenza espressiva dell’anticipatore Diulgheroff, in M. Pinottini, Diulgheroff futurista. Collages e polimaterici 1927/1977, prefazione di A. Sartoris, Milano, All’insegna del Pesce d’oro, 1977, p. 27-37.
[xxvi] C. Belloli, Tipogrammi per Marinetti, Milano, edizioni circolo culturale mare nostrum, 1943 (cartella, cm. 30×21).
[xxvii] C. Belloli,  parole per la guerra, in Futuristi in Armi, numero unico diretto da f. t. marinetti, Milano, edizioni erre, [marzo] 1944, 16 pp.. I testi di Belloli sono alle pp. 2-3.
[xxviii]  Ecco i titoli dei testi non citati: “troppo silenzio” (ora nel catalogo della mostra Alfabeto in sogno. Dal carme figurato alla poesia concreta, a cura di C. Parmiggiani, Milano, Mazzotta, 2002, p. 407); “guerra / il / solo / nome”; “anzio”; “cassinomacerie”; “anche / gli insetti”; “tutto domani”; “gentile”; “rumore nero” (ora nel catalogo omaggio a carlo belloli (Milano, Studio Santandrea, ottobre 1977, p. 11) e in  G. Fontana, La voce in movimento. Vocalità, scritture e strutture intermediali nella sperimentazione poetico-sonora, Monza, Harta Perf orming & Momo, 2003, p. 274); J. A. Sarmiento, Las palabras en libertad. Antología de la poesía futurista italiana, Madrid, Ediciones Hiperión, 1986, p. 182; W. Bohn, Italian futurist poetry, Toronto University Press, 2005, pp. 302-303 (in italiano e in inglese).
[xxix] L. Pignotti e S. Stefanelli, La scrittura verbo-visiva. Le avanguardie del Novecento tra parola e immagine, Milano, Espresso Strumenti, 1980, p. 124.
[xxx] M. E. Solt, A World Look at Concrete Poetry, “Artes Hispanicas / Hispanic Arts”, I, n. 3/4, Winter-Spring 1968, p. 37. Riprodotto in J. A. Sarmiento, op. cit., p. 183.
[xxxi] Riprodotto nel catalogo omaggio a carlo belloli, cit., p. 18; in Tavole parolibere futuriste (1912-1944). Antologia a cura di L. Caruso e S. M. Martini, II, con una “Postfazione a commento” di Ch. Wagstaff, Napoli, Liguori editore, 1977, p. 302; J. A. Sarmiento, op. cit., p. 181.
[xxxii] C. Padin, A 50 años del nacimiento de la poesía concreta, “Escáner Cultural”, VIII, n. 89, noviembre 2006 (testo della relazione presentata al convegno internazionale di studi Konkretismus, Stoccarda, novembre 2006).
[xxxiii] C. Belloli, testi-poemi murali, con un collaudo di f. t. marinetti e una nota teorica dell’autore, milano, edizioni erre, 1944, 12 pp.. Ecco i titoli: “s / slip”; “treni / iiiii”; “achtung / un sorriso”; “vivere / è”; “vita / domani”; “grigio / bianco”; “pianura / un albero”; “soldati e canzoni”; “fiori / pane”; “v1 + v2”.  Tre poesie (“s / slip”; “v1 + v2”; “treni / iiiii”) sono riprodotte in J. A. Sarmiento, op. cit., pp. 184-186. “v1 + v2” è stata riprodotta anche in Tavole parolibere futuriste (1912-1944), II, cit., p. 303.
[xxxiv] Nel Manifesto sulla poesia murale del futurista Sebastiano Carta, pubblicato in “Alfabeta”, X, n. 109 (giugno 1988, p. 39), in  precedenza inedito (e ora in Manifesti programmatici, teorici, tecnici, polemici, cit., p. 293 CD), non compaiono indicazioni in proposito.
[xxxv] f. t. marinetti aeropoeta futurista, collaudo i “testi – poemi murali”  di carlo belloli, in C. Belloli, testi-poemi murali, cit., p. 3. Ora nella raccolta dei suoi Collaudi futuristi (a cura di G. Viazzi, Napoli, Guida Editori, 1977, pp. 279-280), nel  catalogo della mostra omaggio a carlo belloli (cit., p. [10]), e in Manifesti programmatici, teorici, tecnici, polemici, cit., p. 580.
[xxxvi] Riprodotto, in precedenza, in Tavole parolibere futuriste. Antologia a cura di L. Caruso e S. M. Martini, I, Napoli,  Liguori editore, 1975, p. 237.
[xxxvii] F. T. Marinetti, Manifesto futurista della Patriarte, datato Venezia 11 febbraio 1944. Inedito fino a Manifesti futuristi savonesi, a cura di A. Farris,  Savona, Sabatelli Editore, 1981, pp. 78-83; ora in Manifesti programmatici, teorici, tecnici, polemici, cit., pp. 317-318 CD.
[xxxviii] C. Belloli, poesia visuale, nel suo testi-poemi murali, cit., p. 5; ora in Manifesti programmatici, teorici, tecnici, polemici, cit., p. 580.
[xxxix] Nel 1973 Arrigo Lora Totino denominerà le sue “architetture di parole” ricorrendo al neologismo “verbotetture” (cfr. il catalogo della mostra Alfabeto in sogno. Dal carme figurato alla poesia concreta, cit., p. 412).
[xl] Luigi Ballerini (La piramide capovolta, Venezia, Marsilio Editori, 1975, p. 77) avverte che Belloli «si adopera … per ottenere un massimo di concentrazione lirica con un minimo di elementi verbali».
[xli] M. E. Solt, op. cit., p. 37.
[xlii] Cfr. L. Machado de Almeida, attualità di carlo belloli precursore della poesia visuale e concreta, in omaggio a carlo belloli, cit., p. [2].
[xliii] C. Belloli, tavole visuali, Roma, Edizioni Gala, 1948.
[xliv] C. Belloli, corpi di poesia, Roma-New York, Mediterranean Publishing Company, 1951.
[xlv] Cfr. Sinopse do movimento de poesia concreta, in A. de Campos, D. Pignatari, H. de Campos, Teoria da poesia concreta. Textos críticos e manifestos (1950-1960), São Paulo, Livraria Duas Cidades, 1975, p. 193.
[xlvi] Cfr. D. Kessler, Untersuchungen zur Konkreten Dichtung. Vorformen – Theorien – Texte, Meisenheim am Glan, Verlag Anton Hain, 1976, pp. 93-99.
[xlvii] A. Hapkemeyer, Poesia concreta, nel catalogo della mostra La parola nell’arte. Ricerche d’avanguardia nel ‘900. Dal futurismo a oggi attraverso le collezioni del Mart, Ginevra-Milano, Skira, 2007, p. 235 [il testo considerato, del 1944,  è a p. 239].
[xlviii] L. Crommelin, Some notes on the exhibition, nel catalogo della mostra sound texts concrete poetry visual texts, Amsterdam, Stedelijk Museum, 1971, p. [5].
[xlix] M. Verdone, Presentazione, in P. Masnata, Poesia visiva. Storia e teoria, Roma, Bulzoni, 1984, p. 10.

[l] A. Lora Totino, Poesia concreta, cit., pp. 157-158.
[li] A. Lora Totino, Ragioni di una scelta per un’antologia della poesia concreta, “Modulo”, n. 1, marzo 1966, p. 23.
[lii] C. Belloli, texte poème poème texte, Frauenfeld, Gomringer Press, 1961.
[liii] C. Belloli, Poesia audiovisuale: note per un’estetica dell’audiovisualismo, Basilea, agosto 1959 (prima edizione nel suo textes audiovisuels, Paris, Editions Matérial, 1959); riprodotto  in P. Masnata, Poesia visiva. Storia e teoria. Con un percorso iconografico, presentazione di M.  Verdone, Roma, Bulzoni, 1984, pp. 206-207.
[liv] Nel Manifesto di fondazione del Concretismo brasiliano, il Plano-piloto para poesia concreta del 1958, si legge: «contra uma poesia de expressão, subjetiva e  edonística».
[lv] Nostro corsivo.
[lvi] J. J. White, The Argument for a Semiotic Approach to Shaped Writing: the Case of Italian Futurist Typography, “Visible Language”, X, n. 1, Winter 1976, p. 53.
[lvii] F. T. Marinetti, Dopo il verso libero le parole in libertà, “Lacerba”, I, n.  22, 15 novembre 1913, p. 253; ora in Manifesti programmatici, teorici, tecnici, polemici, cit., p. 133.
[lviii] C. Belloli, La componente visuale-tipografica nella poesia d’avanguardia. I: I pionieri: dal simbolismo agli anni venti [impaginato da Bruno Munari], “Pagina”, n. 3, October 1963, p. 19; i due successivi capitoli non furono pubblicati.
[lix] C. Belloli, poesia visuale, oggi, nel catalogo della mostra Segni nello spazio [Trieste, Castello di San Giusto, luglio 1967], Trieste, Azienda Autonoma di Soggiorno, 1967, p. 10.
[lx] C. Belloli, Poesia visuale fra scrittura e nuova scrittura, “L’Immaginazione”, II, n. 10, ottobre 1985, p. 2.
[lxi] C. Belloli, Poesia visuale: affermazione di una tendenza, nel catalogo della mostra Poesia concreta. Indirizzi concreti, visuali e fonetici,  a cura di D. Mahlow e A. Lora-Totino [La Biennale di Venezia, settembre-ottobre 1969], Venezia, 1969, p. 13; poi nel catalogo della mostra Scrittura visuale in Italia 1912-1972, a cura di L. Ballerini, Torino, Galleria Civica d’Arte Moderna, 1973, pp. 23-25; “La Martinella di Milano”, XXX, n. 6/7, luglio-agosto 1976, pp. 265-267 (col titolo Poesia concreta: origini, posizioni, sviluppi; scritto per una mostra mai reaalizarta dalla Biblioteca Nazionale di Firenze nel marzo 1975).
[lxii] C. Belloli, La poesia visuale e concreta ha quarant’anni, “Rassegna clinico-scientifica”, LXI, n. 7/8, luglio-agosto 1985, p. 44.
[lxiii] Nel corso dell’intervista a Jacques Donguy rilasciata il 26 maggio del ’92 (ora nel cit. catalogo della mostra Poésure et Peintrie, Musées de Marseille – Réunion des Musées Nationaux, 1993, pp. 337-342) Belloli si dice più volte convinto di aver anticipato la poesia visuale e concreta del secondo dopoguerra, ricordando  che alcuni  suoi “testi-poemi murali” «peuvent être considerés comme anticipateurs de la poésie concrète. Mais c’est Bimba Bomba que la critique internationale a considéré comme l’incunable de la poésie concrète».
[lxiv] G. Lista, L’eredità del futurismo, nel catalogo della mostra Futurismo 1909-2009. Velocità+Arte+Azione [Milano, Palazzo Reale, febbraio-giugno 2009], a cura di G. Lista e A. Masoero, Ginevra-Milano, Skira, 2009, p. 275.
[lxv] Carlo Belloli, in I poeti del Futurismo 1909-1944. Scelta e apparato critico a cura di G. Viazzi, Milano, Longanesi, 1978, p. 713.
[lxvi] Secondo Adriano Spatola (op. cit., p. 84), «nel caso di Carlo Belloli si può parlare di una poesia “pre-concreta”»; Vincenzo Accame lo considera un «indubbio “precursore”» (Il segno poetico. Materiali e riferimenti per una storia della ricerca poetico-visuale e interdisciplinare, Milano, Edizioni d’Arte Zarathustra – Spirali Edizioni, 1981, p. 82).
[lxvii] Cfr. ad esempio L. Machado de Almeida, op. cit., p. [1].
[lxviii] In ragione di uno scritto di Arp del 1944, Concrete art, e di un secondo consacrato nel 1951 alla poesia di Kandinskij.
[lxix] Per il suo Manifesto della poesia concreta (“odyssée”, 2/3, 1954); ora, in inglese nel catalogo della sua mostra monografica al Museu d’Art Contemporani di Barcellona [ottobre 2000-gennaio 2001], pp. 51-59.
[lxx] Per i suoi Železobetonnyje poemy [Poèmes en béton armé], Mosca, 1914.
[lxxi] N. Zurbrugg, The great advance backwards: from Dada to Concrete to Dada via the new poetries of Japan, “Stereo Headphones”, V, n. 5, cit., p. 24.
[lxxii] Emmett Williams, Anthology of Concrete Poetry, New York – Villefranche – Frankfurt, Something Else Press, 1967, s.i.p.
[lxxiii] M. E. Solt, op. cit., p. 37.
[lxxiv] F. Mon, Sulla poesia concreta, nel catalogo della mostra Poesia concreta. Indirizzi concreti, visuali e fonetici, cit., p. 7; poi col titolo Concrete Poetry in “Stereo Headphones”, IX, n. 7, Spring 1976, p. 46.
[lxxv] Carlo Belloli, nel catalogo della mostra Poesia concreta. Indirizzi concreti, visuali e fonetici, cit., p. 142. Il testo è richiamato anche da Noemi Blumenkranz-Onimus: «le seul mot achtung inscrit obliquement est répété d’une manière monotone et obsédante et ressortit davantage à l’art minimal qu’à la poésie. Les mots répartis sur la surface de la page, et qui ne renvoient pas au signifié, assument, suivant leurs combinaisons, leur disposition, une fonction autonome»: La poésie futuriste italienne, Paris, Klincksieck, 1984, p. 160. Curiosamente la poesia non è riprodotta nel catalogo, ma la si trova nel cit. fascicolo di “Stereo Headphones” (n. 7, p. 47), dove viene segnalata come esempio di «multiplication of the same elements in order to intensity, extend, contrast, etc. a unit of information. The possibilities of redudance are apparent».
[lxxvi]  W. Koch, Concrete poetry, nel suo Varia semiotica, Olms, Hildesheim, 1971, p. 449.
[lxxvii] D. Tedlock, Ideophone, “Journal of Linguistic Anthropology”, IX, n. 1/2, 2000, p. 120.
[lxxviii] C. Belloli, Poesia audiovisuale: note per un’estetica dell’audiovisualismo, cit., p. 204.
[lxxix] Non ha caso ne costituisce un episodio la Gestaltung “elementarista” del già citato Schwitters, che scrisse:  «Les éléments de l’art poétique sont les lettres, les syllabes, les mots, les phrases. De l’épanouissement réciproque de ces éléments naît la poésie. Le  sens n’est important que mis en valeur au même titre que chacun des  facteurs» (K. Schwitters, Merz [1920], cit. nel suo Merz. Ecrits choisis et présentés par M. Dachy, Paris, Editions Gérard Lebovici, 1990, p. 11). Del Gruppo costruttivista di Trieste, di cui August Černigoj firmò il Manifesto (apparso nel catalogo della Prima esposizione del Sindacato delle Belle Arti e del Circolo Artistico di Trieste, Trieste, Padiglione del Giardino Pubblico, ottobre-dicembre 1927), faceva parte anche Giorgio Carmelich, reduce da esperienze futuriste. Cfr. Manifesti programmatici, teorici, tecnici, polemici, cit., p. 215 CD.
[lxxx] Nostro corsivo.
[lxxxi] S. Bann, Constructivisme, in J. Weisgerber, Les Avant-gardes littéraires au XXe siècle, II, Théorie, Budapest, Akadémiai Kiadó, 1986,  p. 1021.
[lxxxii] Cfr. Concrete Poetry. An International Anthology compiled by S. Bann, London, London Magazine, 1967.
[lxxxiii] S. Bann, Constructivisme, cit., p. 1021.
[lxxxiv] Belloli non figurava tra i partecipanti. Un suo testo (“cerchio / sfera”) era stato invece inserito dal curatore Peter Weiermair nel catalogo di una mostra tenutasi a Salisburgo nella primavera del 1969: Visuelle poesie, Salzburg, Gesellschaft für Moderne Kunst, märz-april. Il fatto che mostre dedicate alla “Poesia visuale” propongano dei testi concreti, dimostra che le due denominazioni divennero nel tempo praticamente intercambiabili.
[lxxxv] E. Gomringer, Visuelle poesie, nel catalogo della mostra con lo stesso titolo, Hamburg, januar-februar 1972; poi in “Art International”, XVI, n. 3, March 1972, pp. 40-41.
[lxxxvi] Riprodotta nel cit. catalogo della mostra sound texts concrete poetry visual texts, p. 70.
[lxxxvii] C. Belloli, Poesia concreta: origini, posizioni, sviluppi, cit., p. 265.
[lxxxviii] Tra le antologie che documentano il relativo canone cfr. almeno K. P. Dencker, Text-Bilder. Visuelle Poesie International. Von der Antike bis zur Gegenwart, Köln, Verlag M. DuMont Schauberg, 1972; J. Adler e U. Ernst, Text als figur. Visuelle Poesie von der Antike bis zur Moderne, Wupperthal University, 1987.
[lxxxix] L’antologia occupa il fascicolo n. 8 della rivista “Spiral” di Berna. Nel  catalogo della Mostra internazionale di poesia concreta e musica elettronica organizzata nel 1967 dallo Studio 2B di Bergamo, Belloli scriveva: «Pur avendolo accettato …, non ci è mai stato congeniale venire evidenziati con il predicato di “concretisti”, che riteniamo inadatto e filologicamente insufficiente a definire il senso e la problematica della nostra ricerca».
[xc] Intervista rilasciata da E. Gomringer a J. Donguy il 9 maggio 1992, nel cit. catalogo della mostra Poésure et Peintrie, cit., p. 401.
[xci] Cfr. A. Marcus, An Introduction to the Visual Syntax of Concrete Poetry, “Visible Language”, VIII, n. 4, Autumn 1974, pp. 333-360. Cfr. M.  D’Ambrosio, Sémiotique de la poésie concrète, “Canadian Journal of Research in Semiotics”, vol. VI,  3 / vol. VII, 1, 1979, p. 249-261; idem, L’aspetto iconico della poesia concreta, “Intergruppo”, XII, n. 19, novembre 1985, pp. 59-69.
[xcii] Cfr. P. Mayer,  Some Remarks Concerning the Classification of the Visual in Literature, “Dada/Surrealism”, XII, n. 1, 1983, pp. 5-13.
[xciii] C. Belloli, texte poème poème texte, cit., p. 35.
[xciv] A. Marcus, An Introduction to the Visual Syntax of Concrete Poetry, cit., p. 352.
[xcv] A. Lora Totino, Marinetti ingegnere della parola, Genova, Liberodiscrivere, 2010.
[xcvi] P. Masnata,  op. cit., p. 208.