La sequenza del Dies irae ci mostra il giorno del giudizio finale come una grandiosa e stupefacente cerimonia, con l’ultima tromba che raccoglie tutte le anime davanti al trono di Dio
di Walter Tortoreto
Nella storia della musica, uno degli elenchi più corposi è quello dei compositori che hanno intonato il Dies irae, la celeberrima sequenza latina che molti studiosi attribuiscono – con documentate ragioni – a Tommaso da Celano. Autori come Mozart, Verdi, Berlioz, Donizetti, Pizzetti (Assassinio nella cattedrale), o anche cantanti di musica cosiddetta leggera, come Maria Carta (Dies irae in lingua sarda del 1974), e tantissimi altri artisti hanno messo in musica questo testo medievale che non ha mai cessato di impressionare per la profondità della sua ispirazione e la sua vivezza linguistica. Si tratta di un componimento poetico liturgico che si canta durante la Messa, prima del Vangelo, e che si utilizza anche nella cosiddetta Liturgia delle Ore.
Stilisticamente il Dies irae è una sequenza che – con il suo testo rimato – compie un vistoso salto di qualità rispetto a tanta produzione poetica del Medioevo. Notevole è il suo rilievo letterario sia perché in generale la sequenza è all’origine di tutte le forme poetiche moderne, sia perché in particolare essa ci mostra il giorno del giudizio finale come una grandiosa e stupefacente cerimonia, con l’ultima tromba che raccoglie tutte le anime davanti al trono di Dio, ma divise in due masse sterminate, con i buoni salvati alla destra del Redentore e i malvagi condannati al fuoco eterno.
Tra i testi liturgici, il Dies irae è inserito tra quelli della cosiddetta Vulgata, la traduzione latina della Bibbia fatta da san Girolamo e dichiarata autentica dal Concilio di Trento; è quindi un testo sacro di indubitabile autorevolezza sotto il doppio profilo liturgico e storico-letterario. Dal punto di vista funzionale, il suo rilievo speciale deriva dalla circostanza che si canta durante l’Uffizio dei morti.
Indubitabile è la paternità della sequenza, in tutti i codici attribuita a Tommaso da Celano, uno dei primi e più autorevoli seguaci di san Francesco. Ma non manca chi pensa diversamente; per esempio, si fa pure il nome di un cardinale nipote di papa Nicola III Orsini, Fra Latino Malabranche. L’attribuzione al grande religioso e scrittore celanese, tuttavia, rimane salda e consolida la convinzione che l’Abruzzo non ha mai cessato di concorrere – da Ovidio a d’Annunzio – al fertile sviluppo culturale e letterario del nostro paese intero.
NOTA REDAZIONALE
Il testo del musicologo Walter Tortoreto è stato scritto per ZRAlt! in concomitanza della mostra documentaria itinerante (Celano, Tagliacozzo, L’Aquila) “Frate Tommaso – una vita per Francesco “ allestita nel capoluogo abruzzese al MUNDA (Museo Nazionale d’Abruzzo), nella sala dove sono esposti pregevoli polittici, tavole e dipinti iconografici con soggetti francescani. Un doppio percorso storiografico, ma anche immaginifico quindi, con l’inedita esposizione degli scritti del primo biografo di S. Francesco che sono giunti fino a noi grazie alla trascrizione in preziosi codici manoscritti del XIII e XIV secolo e ad opere a stampa di epoche successive, messe a disposizione da importanti biblioteche italiane.
Meglio conosciuto in Italia e in Europa per l’attribuzione (oggi controversa) del Dies Irae, Fra’ Tommaso da Celano (1190 ca. / 1260 ca.) per la santificazione del quale è in corso un processo di beatificazione, in effetti è autore di una trilogia (Vita prima, Vita seconda e Trattato dei miracoli), “messa fuori legge” con la decisione del Capitolo generale di Parigi del 1266, che ordinò di distruggere tutte le precedenti biografie di Francesco dopo che Bonaventura da Bagnoregio, ministro generale, aveva “rivisitato”, con la stesura della sua Leggenda Maggiore (1263) i principali episodi della vita di Francesco narrati con ben più viva partecipazione e ben altra qualità letteraria da Fra’ Tommaso.
Una sorta di autodafé ante litteram, che non poco ha pesato sull’effettiva portata storica, letteraria e creativo-artistica del frate celanese, le cui spoglie riposano nel Convento di S. Francesco a Tagliacozzo, e, la cui figura a tutto tondo è stata rilanciata da questa più che lodevole iniziativa (con la Mostra curata da Flavia de Sanctis e Lucia Arbace, direttore del Polo Museale d’Abruzzo, con l’ organizzazione dall’Associazione Culturale Antiqua, il tutto documentato da un’apposita pubblicazione stampata per i tipi di Carsa Edizioni, recante i testi, oltre che delle due curatrici, di Felice Accrocca, Aleksander Horowski, Filippo Sedda, Marco Guida e Walter Tortoreto). Da considerare, in particolare, la definiva attribuzione all’agiografo celanese, della Legenda Sanctae Clarae Virginis, grazie al denso e probante saggio “Il Tommaso ritrovato. La Legenda di Santa Chiara d’Assisi” per la mano del succitato Guida).
Quanto al titolo Fra’ Tommaso da Celano & Francesco d’Assisi: il “Dies irae” sta bussando alle porte?, si è intenzionalmente voluta captare l’attenzione del lettore su una delle più contemporanee previsioni profetiche che tra calamità naturali, guerre e ingiustizie sociali stanno caratterizzando gli apocalittici scenari evocati nel Dies irae:
Dies irae, dies illa
solvet saeclum in favilla,
teste David cum Sybilla.
Quantus tremor est futurus,
quando judex est venturus,
cuncta stricte discussurus.
Giorno d’ira, quel giorno
distruggerà il mondo nel fuoco,
come affermano Davide e la Sibilla.
Quanto terrore ci sarà,
quando verrà il giudice,
per giudicare tutti severamente.
La videoproiezione delle slides a corredo dell’articolo, documenta infine, la bella e innovativa Mostra, nonché la conversazione sul valore iconografico, documentario e religioso tenuto al MUNDA dal direttore di ZRAlt! Antonio Gasbarrini insieme al giovane sacerdote Don Giulio Signora, nell’incontro culturale organizzato dall’Associazione Auser.
Slides
Per meglio apprezzare la qualità della scrittura tommasiana, si propone la lettura del Prologo.(Vita Prima, scritta da Fra’ Tommaso tra il 1228 e l’inizio del 1229) nella cura e traduzione dal latino effettuata da Abele Caluffetti e Feliciano Olgiati (Vita Prima integralmente scaricabile in PDF al link http://www.veniteadme.org/wp-content/uploads/1CelanoITA.pdf).
“Per ordine del glorioso signor papa Gregorio, mi sono accinto a narrare diligentemente gli atti e la vita del beatissimo padre nostro Francesco. Ho cercato di farlo con ordine e devozione, scegliendo sempre come maestra e guida la verità. Ma poiché nessuno può ritenere a memoria tutte le opere e gli insegnamenti di lui, mi sono limitato a trascrivere con fedeltà almeno quelle cose che io stesso ho raccolto dalla sua viva voce o appreso dal racconto di testimoni provati e sinceri, stendendole nel miglior modo che mi è stato possibile, sebbene tanto inferiore al merito del soggetto. Potessi davvero essere degno discepolo di colui che evitò costantemente il linguaggio difficile e gli ornamenti della retorica!
Ho diviso in tre parti e in vari capitoli il materiale raccolto, allo scopo di non creare confusione tra episodi di tempi diversi, né dubbio circa la loro verità.
La prima parte segue l’ordine cronologico, e tratta soprattutto della purezza della sua vita, delle sue virtù esemplari e dei suoi salutari insegnamenti. Ví sono inseriti anche alcuni miracoli, tra i tanti che Dio si degnò compiere per mezzo di lui in vita.
La seconda narra gli avvenimenti dal penultimo anno della sua vita fino alla sua beata morte.
La terza infine raccoglie molti miracoli operati in terra dal Santo, ma molti più ne tace, da quando egli regna glorioso con Cristo in cielo.
Descrive pure il culto di venerazione, di onore e di lode che papa Gregorio, felicemente regnante, e tutti i cardinali di santa Chiesa romana gli tributarono, quando decisero di iscriverlo nel catalogo dei Santi.
Sia ringraziato Dio onnipotente, che nei suoi santi si mostra sempre ammirabile e ama”.
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