Il “Duende” è lo spirito sacro che assale i ventri dei poeti e degli artisti, è il soffio del Tango
di Antonio Picariello
Federico ebbe una premonizione della sua morte. Una volta, di ritorno da una tournée teatrale, mi chiamò (è Pablo Neruda che parla) per raccontarmi un fatto molto strano. Con la troupe de La Barraca, era giunto a un remoto paesino della Castiglia, nelle cui vicinanze aveva accampato per passare la notte. Non riuscendo a dormire, verso l’alba, uscì a fare un giro […]. Si fermò all’ingresso dell’ampio parco di una vecchia proprietà feudale, dove l’abbandono, l’ora e il freddo rendevano la solitudine ancor più penetrante. Federico si sentì, ad un tratto, oppresso per via di qualcosa di confuso che doveva accadere. Si sedette su un capitello caduto. Un agnellino venne a brucare fra i ruderi e la sua comparsa fu quella di un piccolo angelo di nebbia che, di colpo, rendeva umana la solitudine. All’improvviso apparve un branco di maiali. Erano quattro o cinque bestie scure, maiali neri, selvatici e affamati. Federico assistette allora a una scena raccapricciante: i maiali si avventarono sull’agnello, lo squartarono e divorarono. Questa scena, di sangue e solitudine, scosse Federico a tal punto che ordinò al suo teatro ambulante di proseguire subito il viaggio. Ancora stravolto dall’orrore, Federico mi raccontava questa storia terribile tre mesi prima della Guerra Civile. In seguito compresi, sempre più chiaramente, che quella scena era stata la rappresentazione anticipata della sua morte. […] L’assassinio di Federico fu per me l’avvenimento più doloroso di un lungo combattimento. La Spagna è sempre stata un campo di gladiatori; una terra con molto sangue. L’arena, con il suo sacrificio e la sua crudele eleganza, ripete l’antica lotta mortale fra l’ombra e la luce.
Tutte le volte la storia si ripete, quello che cambia sono le cellule delle nuove generazioni. Chiamano sacrifici lo scorrere delle nefandezze umane, lo strappo culturale che porta a vivere e comportarsi come maiali affamati che si avventano sull’innocenza degli agnelli. Quali agnelli e quale innocenza: bisogna che qualcuno riprenda in mano lo scettro della ri-formattazione sociale.
Il DUENDE è lo spirito sacro che assale i ventri dei poeti e degli artisti, è il soffio del Tango, l’atto che muove i corpi eterei del maschile e del femminile senza forzarne o accanirsi al possesso. Sono esistenze del suono magico che fanno vibrare i tessuti addormentati dei polmoni e del fegato, il pensiero diventa fluido, fluviale: sorge in un punto segreto della mente e comincia a scorrere, anzi no!, inizia a segnare il suo tracciato dentro cui agiranno le forze della creatività, le forze che sfidano la morte con il senso di amore che avvolge l’artista e lo rende cieco nel mondo e vedente nei regni dell’universo.
Avevo deciso di scrivere su Garcia Lorca e in qualche modo lo farò. Ma in questi giorni in cui anche Kounnelis ha scelto di viaggiare tra le onde sconosciute del cosmo, cercherò come mia abitudine di lasciarmi attraversare dalla scrittura sperando che un situazionismo magico indichi la strada del mio discorrere in Omaggio ai due artisti o, preferisco, in Omaggio a nessun corpo vivente se non al corpo “eteroplasmico” dell’arte. Arte che salva le nostre piccole esistenze inglobate dalle visioni dei poeti magici. Una levitante energia mi dà soffio di fede in qualcosa che gente “cattiva” cerca ogni giorno di ammantare sotto l’artiglio imponente del mondo a interesse personalizzato.
Slides (a cura di Antonio Picariello)
Che dovrei fare? Tracciare l’elogio di un artista? È morto. Chi lo dice ? I giornali non ne parlano; perché dovrebbero. Il ‘900 si è spento all’inizio degli anni ‘80. Nel Sessanta comincia l’ascesa nobiliare del produttore di performances, una personale alla galleria romana “La Tartaruga” in via del Babbuino, Kounellis espone i suoi baffi e la zazzera nera. Le definizioni servono ai direttori dei giornali per incassare notizie. K. Arte Povera; K. Il greco come in un film di Fellini, K. che mi lascia pietrificato davanti alla sua esposizione di sacchi di carbone.
Kounellis il carbonaio amante della fuliggine e del fuoco spento, i sacchi di juta ( amore di Burri) la materia dell’involucro, la materia che da consumo quotidiano si trasforma in contenuto di una visione santifica.
Aveva inzuppato l’anima nello sguardo del suo confessore preferito: Scialoja. Il poeta-maestro gli aveva insegnato a guardare Goya, il pazzo che sfida la ragion di Stato e l’inquisizione per dare misura astrale alla ieratica follia dei peccatori. Streghe e simboli cadono come pupazzi snodabili dentro un lenzuolo per dare senso all’accoglienza del gioco che resiste sotto ogni imposizione bancaria e amministrativa; fuori dalle dittature con l’evasione delle molecole povere, quelle che non hanno peso atomico elevato come l’oro.
Un cavallo vivo che si muove nella gabbia di una galleria producendo libertà di pensiero alle nuove generazioni dell’arte e della cultura. Germano Celant, il commissario ligure che gestisce il tempo nazionale prelevando giovani artisti provenienti dalle scuole della verità sbocciata negli elementi soavi, belli e armonici della natura. Che bella stagione gli anni Sessanta! Che buon artista Kounellis! Che pace mette nel fondo della coscienza collettiva!
Una bellezza fatta di elementi semplici, fibre di tessuto grezzo unite da un artificio poetico agli elementi di un minerale nero che tinge e lascia segni che il tempo può anche cancellare dalle anime pure dei collezionisti che amano l’oro e la brillantezza coniata nei softwares delle borse. Sentite questa: “La pubblicazione digitale per il trading e gli investimenti di breve e di medio periodo. Offre le indicazioni operative del giorno su tutti i titoli trattati alla borsa Italiana, sul Ftse Mib future, sui principali titoli e indici (future) dell’Eurozona e di Wall Street, sull’euro/dollaro, sul Bund future, sugli Etf, sui fondi comuni d’investimento e sul mercato obbligazionario italiano”.
E poi, sentite invece: “La formazione del carbone risale a circa 345 milioni di anni fa, quando un clima caldo e umido e un’elevata concentrazione di CO2 favorirono la crescita di alberi giganti: la loro morte (favorita da inondazioni) e la successiva degradazione, assistita da funghi e batteri, hanno portato a quelli che conosciamo come carboni fossili. Il carbone sono i nostri progenitori alberi che vivono nel cuore del pianeta”.
È morto Kounellis l’artista greco. A quanto è stato valutato il prezzo del carbone oggi? Nessuno ne parla; giornali e televisioni ne hanno paura. I mass media quando incontrano la verità dell’arte tremano….
Quando la musa vede giungere la morte chiude la porta o innalza un plinto o si porta in giro un’urna e scrive un epitaffio con mano di cera, ma subito torna a stracciare il suo lauro con un silenzio che vacilla tra due brezze. Sotto l’arco troncato dell’ode ella unisce con senso funebre i medesimi fiori che dipinsero gli italiani del Quattrocento e chiama l’impavido gallo di Lucrezio affinché spaventi ombre impreviste. Quando vede giungere la morte, l’angelo vola in cerchi lenti e tesse con lacrime di ghiaccio e narciso l’elegia che abbiamo visto tremare nelle mani di Keats, e in quelle di Villasandino, e in quelle di Herrera, e in quelle di Béquer e in quelle di Juan Ramón Jiménez. Ma che terrore prende l’angelo quando sente un ragno, per piccolo che sia, sul suo tenero piede rosato! Il DUENDE, invece, non giunge se non coglie possibilità di morte, se non sa che deve far la ronda alla sua casa, se non è sicuro di dover cullare quei rami che tutti portiamo e che non hanno, che non avranno consolazione.
È morto Kounellis l’artista greco, Garcia Lorca il redivivo gli dice in un orecchio per non farci ascoltare il segreto: Il DUENDE è qualcosa di intraducibile, è forse il carisma, l’energia o l’incantesimo che una persona possiede. È qualcosa che si suscita negli altri senza artificio o compiacimento, qualcosa che tutti percepiscono, riconoscono, è per dirla con lui, un’“energia che arriva da sotto i piedi come a certe ballerine, o dal fondo della gola come per certi cantanti”. “Quando un artista mostra il DUENDE non ha più rivali” e “non c’è mappa né esercizio” per impararlo, acquisirlo o capire dove sta. «Il DUENDE non sta nella gola; il DUENDE sale interiormente dalla pianta dei piedi». Vale a dire, non è questione di facoltà, bensì di autentico stile vivo; ovvero di sangue; cioè, di antichissima cultura, di creazione in atto. Il DUENDE bisogna svegliarlo nelle più recondite stanze del sangue. Il DUENDE vive nei viventi. Noi ci siamo.
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