Le catastrofi introducono sempre variabili e nuovi modelli nell’ambiente. Quando avviene un cambiamento e poi si ritorna al passato, nulla è come prima
di Giuseppe Siano
La Teoria delle Catastrofi in generale ha un programma che è facile da esporre in modo sintetico: si tratta di spiegare l’azione delle forme naturali. Fin da quando posiamo il nostro sguardo razionale sul mondo, costatiamo che l’universo non è un caos, che è diviso in forme relativamente distinte, ben separate le une dalle altre. Queste forme però all’improvviso possono precipitare da un Cosmo ordinato a un Caos.
Da questo punto di vista, ciò che una Teoria delle Catastrofi tenta di fare è di mettere in evidenza sia la stabilità e sia l’instabilità delle forme naturali, così come le percepiamo e le osserviamo nell’ambiente degli organismi viventi.
Le Teorie delle Catastrofi hanno introdotto un punto di vista abbastanza nuovo; nel senso che esse si propongono di edificare una teoria che spieghi la genesi delle forme indipendentemente dal substrato materiale che le compongono. Permettono, infatti, di analizzare come le forze, le direzioni e i modelli si organizzano in una struttura relazionale, secondo le scelte degli osservatori, e da quale luogo questi decidono di osservare l’evento nello spazio-tempo.
Qualsiasi Teoria delle Catastrofi, inoltre, permette di adottare un punto di vista risolutamente indipendente dal substrato delle conoscenze. In altre parole, è l’osservatore che decide secondo quale modello analizzare una energia-informazione che pervade lo spazio-tempo. Questa energia-informazione è allo stesso tempo struttura materiale che si aggrega, ma è anche sottomessa alle sollecitazioni delle altre forze presenti nell’ambiente, per cui soggiace a delle regole di modifica; rimane, pertanto, all’osservatore adottare questo o quell’altro tipo di struttura da valutare nell’analisi: rappresentazione di strutture organizzate secondo energie che tendono verso gli equilibri, o secondo forze dinamiche che vettorialmente tendono all’instabilità.
Una Teoria delle Catastrofi (CT) è, pertanto, una sorta di trattamento matematico di un’azione continua che produce un risultato discontinuo. Essa è correlata alla Teoria del Caos. Anche se negli anni ’60 del secolo scorso è stata sviluppata separatamente, essa viene da alcuni filosofi argomentata ancora come se fosse una parte della Teoria del Caos; nonostante sia stata presentata abbastanza indipendentemente nel 1972 dal matematico René Thom nel suo libro: “Structural Stability and Morphogenesis: An Outline of a General Theory of Models ”.
La dimostrazione principale per cui è stata comprovata la Teoria delle Catastrofi è di natura altamente matematica; mentre assume una importante valenza per la filosofia quando la si adotta per comprendere come avviene il cambiamento e la discontinuità nei sistemi.
I sistemi sono soggetti a forze che tentano di rompere gli equilibri. Se un sistema è “a riposo” (cioè non subisce nessun cambiamento), allora tenderà ad occupare una condizione stabile preferita, o almeno una gamma definita di condizioni (Bacino di Risultato). Se un sistema è sottoposto a forze di cambiamento il sistema inizialmente proverà a reagire in modo tale da assorbire gli stress; ancora, se gli viene data la chance, il sistema tenterà di riguadagnare la sua condizione stabile preferita. Se, tuttavia, le forze del cambiamento sono così forti che non possono essere assorbite, può accadere un “Cambiamento Catastrofico”. Quando si verifica questo cambiamento di stato, viene stabilita — col modello — anche una nuova condizione o una gamma di condizioni stabili preferite. Non c’è un modo di ritorno continuo alla vecchia condizione di stabilità. Le catastrofi introducono sempre variabili e nuovi modelli nell’ambiente. Quando avviene un cambiamento e poi si ritorna al passato, nulla è come prima.
Un’analogia dimostra questo principio. S’immagini che una bottiglia sia posta su uno scrittorio. Noi, osservatori, la consideriamo in una condizione stabile, che non cambia, e che denominiamo «d’equilibrio». Ora immaginiamo di allontanare il collo della bottiglia lentamente con il dito, non troppo lontano. Nel procedere in questa azione, si percepisce che sta avvenendo un cambiamento; che la bottiglia sta assorbendo il cambiamento in maniera lento ma continuo. Essa è passata da una situazione di stabilità a un equilibrio sempre più instabile. Se poi riduciamo la nostra pressione, la bottiglia ritornerà lentamente alla sua stabile e preferita posizione. Se, invece, continuiamo a spingere il collo della bottiglia, ad un certo punto cadrà. Si verificherà una nuova condizione stabile di equilibrio, in quanto affermiamo che un «cambiamento catastrofico» è accaduto. Diciamo che un «cambiamento discontinuo» è accaduto: una volta che la bottiglia ha cominciato a cadere, non c’era condizione stabile intermedia disponibile fino a che la bottiglia non ha colpito lo scrittorio.
Le idee filosofico-matematiche di Thom vogliono dire che i «sistemi» possono modificarsi con una combinazione di modelli continui e discontinui di cambiamento. Ciò è correlato alla Teoria del Caos perché la bottiglia o sta in piedi o sta a terra. Queste posizioni intermedie descrivono i possibili Bacini di Risultato (Teoria del Caos). Ci sono posizioni in cui non ci si starà mai, perché sono posizioni di instabilità intrinseca. Thom ha sperato di potere predire il comportamento dei sistemi “caotici complessi”, ma i calcoli da fare erano quasi proibitivi. In seguito questa teoria è stata sviluppata ad un livello più pragmatico da E. C. Zeeman negli anni 70. È comunque una teoria in continua rivisitazione.
Reportage di Antonio Gasbarrini
Si annoverano sette modelli di catastrofi elementari: piega, cuspide, a coda di rondine, farfalla, ombelico iperbolico (o portafoglio), ombelico ellittico (o piramide) e ombelico parabolico (o fungo). Le sotto-specializzazioni della Teoria della Catastrofe includono: Teoria della Biforcazione, Disequilibrio Termodinamico, Teoria di Singolarità, Dinamiche Sinergiche e Topologiche.
Il metodo di analisi proposto dalla Teoria delle Catastrofi può essere usato per capire e predire il comportamento dei sistemi complessi, come ad esempio: la borsa valori, le infestazioni di locuste, il cambiamento biologico, il comportamento dei ponti.
Molti sono stati i tentativi di applicare le teorie di Thom alle organizzazioni; finora hanno avuto poco successo, più per il grande numero di variabili coinvolte che dovrebbero essere calcolate. Con le future generazioni di computer, come quelli quantistici, presto potremo iniziare a fare delle previsioni anche in questi campi caotici.
Quello che la Teoria delle Catastrofi ha introdotto sono gli schemi generali, che permettono di spiegare il momento della precipitazione degli equilibri delle forme.
Per questo motivo diciamo che nella Teoria delle Catastrofi è coinvolta anche la nostra forma di uomo che sente, pensa e organizza il proprio ambiente vitale; specie quando passiamo da uno stato di organizzazione in espansione-evoluzione di un ambiente relazionale ad un altro.
Nulla è rappresentabile stabilmente anche nel nuovo universo dell’informazione, ma è possibile configurare dei modelli in espansione-evoluzione. Succede più volte di quanto possiamo immaginare che il nostro sistema organico-sensitivo possa precipitare e configurare un altro ambiente relazionale; cioè trovarsi nell’emergenza di una “catastrofe”. In questo caso siamo chiamati a ri-organizzare gli eventi secondo altri modelli relazionali.
D’altra parte per la Teoria delle Catastrofi alcune organizzazioni stabili si dissolvono per la emergenza di un nuovo ambiente sensitivo e cognitivo che modifica la precedente organizzazione o modello strutturale. Il nostro ambiente cognitivo e sensitivo, del resto, grazie agli stimoli delle energie informative, varia moltissime volte in una giornata.
Le Teorie delle Catastrofi, in sintesi, hanno introdotto l’umano in un universo in perenne divenire e in continua riorganizzazione dell’ambiente percettivo-cognitivo. L’osservazione dei modelli energetici e informazionali in continua evoluzione-espansione negli ambienti con i nuovi strumenti e dispositivi elettronici ha soppiantato l’osservazione delle rappresentazioni e delle immagini attraverso calcoli di matematiche euclidee e di logiche aristoteliche. Questo nuovo modo di raccontare gli eventi ha segnato il passaggio dalla filosofia tradizionale fondata sulla parola e sull’immagine o della comunicazione, alla nuova filosofia ed estetica fondata sugli stimoli elettro-sensibili di una filosofia ed estetica dell’informazione.
La filosofia e l’estetica dell’informazione hanno introdotto anche nel mondo artistico una divaricazione ancora non del tutto ben recepita — nonostante siano trascorsi oltre cento anni —: «arte dinamica o energetico-configurativa in evoluzione espansione» o «arte statica rappresentativa attraverso immagini e parole»?
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