Il vivere la città significa ascoltarla e parlarle, sperimentarla vagando attraverso i suoi spazi in cui si compenetrano passato presente e futuro

di Enrica Cialone

Alle volte mi basta uno scorcio che s’apre nel bel mezzo d’un paesaggio incongruo, un affiorare di luci nella nebbia, il dialogo di due passanti che s’incontrano nel viavai, per pensare che partendo di lì  metterò assieme pezzo a pezzo la città perfetta, fatta di frammenti mescolati col resto, d’istanti separati da intervalli, di segnali che uno manda e non sa chi li raccoglie. Se ti dico che la città cui tende il mio viaggio è discontinua nello spazio e nel tempo, ora più rada ora più densa, tu non devi credere che si possa smettere di cercarla.

Una città che affiora per “frammenti”, ecco la città invisibile di Calvino ed ecco cos’è L’Aquila: una città diventata, dopo il sisma, una città-testo, che può essere letta anche e soprattutto attraverso l’arte contemporanea. In generale l’arte contemporanea non è catalogabile in rigidi schemi e «mai come oggi non soltanto ad un artista ma a chiunque svolga un’attività inventiva è richiesto di “slittare” tra competenze diverse, dando forma ad un pensiero piuttosto articolato».

La mia tesi di laurea si è concentrata su quella “creatività sismica” sviluppatasi soprattutto durante i prime tre anni dal sisma, dando vita ad una produzione artistica che, attraverso le opere d’arte contemporanea e la fotografia con i loro diversi linguaggi, si fa testimonianza di cosa vuol dire vivere in una città offesa che va ben oltre i confini dell’Aquila.

La maggior parte delle mostre collettive, prese in considerazione così come alcuni eventi, si sono svolte fuori città, mentre quei grandi contenitori che sono le Feste Democratiche della Cultura, all’interno delle quali hanno partecipato numerosi artisti, si sono tenute dentro le mura medioevali nelle tre edizioni del 2009, 2010 e 2011.

Le motivazioni degli artisti sono state le più varie: legami personali e affettivi dell’essere città natale, città d’adozione e/o città di formazione, città come banco di prova per elaborare un messaggio artistico e/o per misurarsi con il tema specifico del “terremoto” in arte. Comune alle ricerche artistiche è il considerare la città, secondo l’accezione che Gabriella Paolucci dà nel suo libro, Libri di pietra. Città e memorie «il serbatoio di memorie per eccellenza che il soggetto libera e fa proprie nell’esperienza urbana, oppure un agente mnemonico, capace di far scattare, grazie ad un suono, un’immagine o un odore, ricordi ed associazioni […]. Un libro di pietra capace tanto di contenere tutto il passato che di riproporlo come storia, a condizione che si sappia come consultarlo». Il vivere la città significa ascoltarla e parlarle, sperimentarla vagando attraverso i suoi spazi in cui si compenetrano passato presente e futuro.

Ripensare, dunque, all’arte contemporanea come una dimensione della vita sociale, culturale e immaginativa «proprio in quella città oggi sentita come “inabitabile” e nei cui aspetti negativi possono essere, sicuramente, anche ascritti quelli derivanti dalla perdita del contributo determinante dell’Arte nel processo di costruzione della città stessa». L’arte che interessando l’architettura e la scultura sappia dialogare con i luoghi e la loro storia «che sa creare il nuovo rileggendo l’antico». Educative le parole di Franco Summa. E civile è l’operare del “Tavolo della Ricostruzione Artistica”, nato all’interno dell’Assemblea Cittadina – organismo vitale di confronto democratico – alla cui base vi è l’idea per cui la ricostruzione, la rinascita della città e dei borghi non può avvenire senza l’apporto dell’Arte. L’Arte come capacità di dare senso, forma e bellezza a quanto si realizza; Arte capace di dare abitabilità spirituale ai luoghi. Se l’idea di città non passa attraverso le leggi ma «nelle coscienze: il che è cosa che appartiene alla cultura», è pur vero che mediante determinate leggi le coscienze e quindi la cultura trovino un terreno comune sul quale operare ed agire.

È attraverso l’arte pubblica nella sua dimensione relazionale che «l’arte contemporanea elabora delle strategie di intervento nel “reale”: l’artista si appropria della dimensione linguistica del reale nella sua totalità e ne utilizza indifferentemente tutti gli strumenti […] riflettendo su una dimensione soggettiva, intima e psicologica del rapporto con lo spazio circostante, promuovendo una disseminazione creativa in uno spazio che si fa organico e cresce secondo i principi di urgenza e necessità»[i].

È il caso dei progetti di arte pubblica: le due edizioni di RE_PLACE, AFTER: per un nuovo disegno di vita, Nove artisti per la Ricostruzione, Lo Spazio Urbano. Trasformazioni, In Albis, che hanno visto impegnati artisti, fotografi, critici e curatori, studenti, esponenti del mondo della cultura. L’operazione situazionista tentata da Antonio Gasbarrini in La Deriva alle 99 Cannelle con il suo gruppo di artisti vuole sottolineare l’importanza del linguaggio con la propria terra, recuperare il legame affettivo e filiale attraverso un percorso di guarigione dalle ferite inferte dal sisma e pone l’accento sulla dimensione storica, sociale e politica richiamandosi ai quattro quarti cittadini, alle radici contadine del territorio, all’importanza dell’architettura e alla consapevolezza del tempo presente.

Per molti artisti e cittadini aquilani si è tentato di interrogare l’abituale perché di solito «non lo interroghiamo, non ci interroga, non ci sembra costituire un problema, lo viviamo senza pensarci, come se non contenesse né domande né risposte, come se non trasportasse nessuna informazione […]». Non è così per quelli che sono stati definiti “happening” organizzati da gruppi di cittadini attivi, non-artisti, ma che attraverso quelle azioni hanno dato vita e hanno utilizzato linguaggi affini a forme artistiche, caratteristiche per lo più degli anni Sessanta e Settanta. Si tratta di indagare “l’endotico”, ciò che sta dentro la città, ciò che è vicino. A questo non sfuggono le azioni del Popolo delle carriole e dell’omonimo movimento che vede tra i suoi membri il “critico militante” Antonio Gasbarrini, oltre che cittadini ed esponenti del mondo della cultura in città, protagonisti anche della manifestazione de Le Mille chiavi. Su una linea parallela al movimento delle carriole si muove il Gruppo d’azione civica Jemo ‘nnanzi. Pratiche d’oltreoceano sono state seguite dall’Associazione Culturale Animmamersa con l’operazione di urban knitting dal titolo Mettiamoci una pezza. L’Aquila una città ai ferri corti e il messaggio di pace, fratellanza e del dialogo tra la gente è stato lanciato in città dal bianco lenzuolo di Ritendales.

L’excursus tra la produzione d’arte contemporanea vede le opere pittoriche caratterizzarsi per il ricorso alla polimatericità. La scelta di utilizzare la carta nelle loro opere siano esse riviste, quotidiani, carte, cartoni intelati, porta gli artisti a evidenziare il carattere di deperibilità del materiale: tutte sottolineano il carattere di “impermanenza” dell’opera. L’opera non ambisce all’eternità e al linguaggio aulico e al permanere si oppone la fragilità e le storie di vita quotidiana, specchio dell’uomo e della sua adattabilità. E così la tecnica del collage racconta del tema del disordine e di un ordine da ricomporre e ritrovare.

Richiami neo-dada si rinvengono per alcuni artisti nell’inserimento di parole, musica, poesia all’interno delle loro tele. Per altri il terremoto è frattura dell’io e non solo dell’architettura; evidente il simbolismo di alcune tele nella dimensione del sogno, del gioco del pensiero in cui evidenziare lo humour nero.

Nell’intervista il Maestro Marcello Mariani si racconta e si reinventa come uomo e come artista lontano dalla sua amata città, il suo Angelo d’ombra frutto del sapiente dosaggio di colori nel suo culinario cromatismo non ha forma ed «è vero che non ha né può assumere un significato definito, cioè farsi oggetto; ma proprio perché è e rimane problematica l’artista identifica in essa la propria problematicità, l’incertezza circa il proprio essere, la condizione di estraneità in cui la società lo pone».

La scultura non ha cessato di essere, di levare, di porre, ma convive con quella fatta di spazzatura e oggetti. È, nelle parole di Angela Vettese, una scultura amante delle periferie e della fuga dal centro. Non parla di una temporalità eterna: è spesso una scultura a perdere che si disfa nel tempo mentre Le parole sull’arte di Lea Vergine definiscono l’artista come colui che porta l’utopia, il desiderio, il sogno, il gioco, la beffa. Frequentare i rifiuti non permette di uscirne intatti e immuni, né si resta come si era prima. I rifiuti sono rischio e fascinazione, catastrofe annunciata e seduzione, “bellezza” del “brutto” e memoria dell’umano.

Una parentesi è l’omaggio a Massimina Pesce, omaggio che si condensa relativamente a cicli di opere, quale lascito ideale alla città, dal ruolo di Prometeo assunto negli anni ’80 nell’operazione di citazionismo delle Fratture dedicate alla sua amata città, all’ultima produzione di Presenze, sculture ultraterrene, ai cicli pittorici degli Angeli quali messaggeri tra umano e divino.

La pratica installativa a cui ricorrono molti artisti è definita nel Post monument di Massimiliano Gioni come «una forma di scultura esplosa, ciclopica nelle dimensioni: vastissima e frattale. È ancora un monumento anche se eretto a celebrare un tempo fondato sull’immediatezza, sull’accumulo dell’istante».

Le installazioni ambientali denunciano quelle “false voci” veicolate dai media, pongono l’accento sulla lenta e difficoltosa ricostruzione anche in quelle forme di arte povera laddove la metafora naturale delle radici parla di altre radici, quelle identitarie, per poi tornare ad una dimensione più intima, fatta di silenzio e rispetto per le 309 vittime, evocate attraverso gli oggetti.

La riflessione artistica sul terremoto investe, così, la sfera politica in cui l’attenzione dell’artista è rivolta verso quelle forme di speculazione che in nome di una falsa verità controllano e manipolano chi ne rimane coinvolto attraverso quei meccanismi paradossali che trovano spazio soprattutto nella comunicazione mediatica. E da un punto di vista “sociale”, attraverso quello sguardo antropologico e la contestuale azione dadaista, l’artista vuole mettere in gioco tutta una serie di valori e recuperare la creatività che non può prescindere dalla realtà che si vive.

L’attenzione al mondo dell’infanzia o la dimensione fiabesca, permette di metabolizzare attraverso il tessuto, l’uso di fili e garze molte lacerazioni memoriali con questa costante poetica nella produzione di Lea Contestabile.

La cura palliativa per la città viene, nel terzo anniversario dal sisma, da Arnica di Giacomo Nicola Manenti. Installazioni che vedono biblioteche personali private diventare simbolo di una pura estetica della decadenza della cultura, della crisi della società, dell’incapacità di lettura attraverso l’azione di congelamento creativo da parte dell’artista.

Nei lavori di arte relazionale gli spettatori diventano performers essi stessi e da parte dell’artista «si evidenzia la rinuncia al controllo totale sull’opera, che si accentua all’ampliarsi delle variabili che si lasciano agire. Prima fra tutte, il tessuto sociale» ed altri in cui l’opera d’arte è frutto di un lavoro di equipe. Ricreato concettualmente è uno dei simboli del patrimonio artistico aquilano: la “Fontana delle 99 cannelle”. L’installazione spesso convive con il video d’arte.  Poiché ciò che è importante è il messaggio e non il metodo, ogni videoartista si è espresso con il linguaggio che gli è più consono: c’è chi adotta una modalità poetica, chi sociale e politica, chi di commemorazione, di fiaba impegnata. Sull’utilizzo di nuove tecnologie si affidano, poi, un progetto di web art, elaborazioni digitali e una forma di mail art in internet. Tra le performance artistiche è da segnalare 99 kg di sale sulla faglia dell’artista e performer teramano Pietro Pisano; un lavoro inedito, in questa sede citato per la prima volta e un progetto, non realizzato, sulla città è anche The Slowly Project di Liuba.

Slides

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Quella che sembra l’attività artistica classica (quale il disegno) veste l’informazione giornalistica nel progetto-blog di Graphic journalism-Una carriola di disegni degli Urban Sketchers.

Un progetto sviluppato nella torrida estate del 2009, al quale hanno partecipato diversi artisti abruzzesi, è AquilAbruzzo TendAtelier da cui sono nate le due tele monumentali di Soqquadri e GlobalAquilart 332 e, in questa sede, se ne ribadisce la loro mancata collocazione, anche per carenza di adeguati spazi espositivi.

La fotografia è associata ad una narrazione sulla città articolata in vari livelli, non solo paesaggistici e architettonici, ma anche sociali e artistici. Si focalizza l’attenzione sui fotografi che hanno lavorato sul versante del reportage sociale e documentaristico e su coloro che lavorano nell’ambito della fotografia d’arte, su cross-media artist che utilizzano la fotografia come altra espressione artistica, nonché la fotografia come documentazione di pratiche relative alla Land art in città.

Nato in seno ad una scuola, Polvere negli occhi nel cuore sogni, con la conseguente creazione di una Collezione permanente d’arte contemporanea del Liceo Scientifico “Andrea Bafile”, il progetto ideato e curato dall’artista e docente presso il liceo aquilano Licia Galizia, ha visto coinvolti artisti di fama nazionale lavorare insieme con gli studenti, producendo opere e fruendone all’interno di un luogo, di norma non deputato all’esposizione. La fame di luoghi espositivi, ancestrale a L’Aquila, vede nel post sisma l’unica presenza del MUSPAC, che continua la trentennale attività culturale nella sua nuova sede in Piazza d’Arti. E della difficile ricerca di studi d’artista, ne parlano coloro che sono rimasti orfani di spazi, eppure innegabile è l’importanza di questa figura nella nostra società. Oreste Casalini, citato in dedica alla tesi, scrive:

[…] Per questo è necessario il lavoro di un artista, c’è bisogno di coraggio per attraversare una frattura, c’è bisogno di pazienza per lenire una sofferenza, sostituire un’assenza, colmare un vuoto o al contrario svuotare un troppo pieno, aprire una ferita. Il motivo segreto che in tempi normali quasi si nasconde, in tempi difficili rivela tutto il suo valore di materia viva, comunicabile, capace di rianimare un corpo ferito, rimettere in circolazione il sangue.

[i] [i] Bartolomeo Pietromarchi, Lo spazio pubblico dell’arte, in Ferri, Patrizia; Fonti, Daniela; Crescentini, Manuela (a cura di), Io arte noi città: natura e cultura dello spazio urbano, Atti del Convegno Macro, Roma  23-24-25 novembre 2004, Roma, Gangemi, 2006, pp. 199-200.

Estratto e adattamento testuale dalla tesi Magistrale di Enrica Cialone  “L’Aquila post sisma. I contributi degli artisti contemporanei e i luoghi dell’esposizione”.

Links Videoarte

  • Vincenzo Bonanni, VENTIDUE-22”, video art, 2009, durata 2’36”, Dresda, World Heritage Day, riproposto all’interno della personale Kyrie Eleison, L’Aquila, Palazzo dell’Emiciclo Regione Abruzzo, 6 ottobre-6 novembre 2009.
  • Viola Di Massimo, Favola per un Silenzio d’aprile, performance multimediale, aprile 2010, durata video 3’36”.
  • Emidio Sciannella, Ѐ passato il Terremoto, 2009, durata 0:58, Premio Economia al Cubo nell’ambito della XVI Edizione di Videominuto, Rassegna Internazionale di Video – Centro per L’Arte Contemporanea Luigi Pecci, Prato.
  • Loretta D’Orsogna, Public/Re-public, 2010, durata 2’52”, Città Sant’Angelo-Pescara, Museo Laboratorio ex Manifattura Tabacchi, Annotazioni contemporanee, 2010.
  • Virginia Zanetti, Piccola sfera, 2010, durata 1’30”, E-ArtQuake, a cura di Magnitudo ex carcere Borbonico, Avellino, 23-27 novembre 2010 e Sala Ovale della Provincia di Prato, Palazzo Buonamici; L’Aquila muore nelle macerie di democrazia, a cura di  Fulvio Batacchi e Andrea Abati, Dryphoto artecontemporanea, 26-30 novembre 2010.
  • Virginia Zanetti, Quasi Bianco, 2010, durata 1’30”, E-ArtQuake, a cura di Magnitudo ex carcere Borbonico, Avellino, 23-27 novembre 2010 e Sala Ovale della Provincia di Prato, Palazzo Buonamici; L’Aquila muore nelle macerie di democrazia, a cura di  Fulvio Batacchi e Andrea Abati, Dryphoto arte contemporanea, 26-30 novembre 2010.
  • Luca Cococcetta, I 99, video dell’installazione di Donatella Giagnacovo, 2011, durata 4’14”, L’Aquila, Corso Federico II.
  • Luca Cococcetta, Dolor et Spes di Donatella Giagnacovo, 2010, durata 6’09”, L’Aquila, Chiesa di Santa Maria Paganica.