La Poesia sonora fa parte di un sistema di pratiche artistiche che hanno proposto una nuova politica del corpo, creativa e critica insieme
di Matteo D’Ambrosio
«I suoni della poesia non hanno la sola
funzione di accudire ai significati»
Sklovskij[1]
La Poesia sonora, una declinazione della ricerca artistica d’avanguardia del Novecento, ha fatto registrare una notevole espansione negli ultimi decenni e appare passibile di ulteriori sviluppi[2]. Le profonde differenze esistenti tra una prima tendenza, che fa un uso consapevole delle possibilità espressive offerte dalle nuove tecnologie,
ed una seconda, che preferisce affidarsi esclusivamente alla voce umana senza sottoporla ad alcuna modificazione artificiale, ci permettono di utilizzare la distinzione proposta da Ihab Hassan,in un saggio sulla letteratura postmoderna, tra artisti “tecnofili” e artisti “arcadici”[3].
Nella sua ricerca di una nuova definizione della natura della poesia e della letterarietà, la Poesia sonora oscilla tra i– la metaforizzazione utopica di un’espressività che sia prodotto della creatività di un soggetto la cui cultura ignora la scrittura e ii– l’accoglimento della sfida portata alla stessa dai modelli di produzione e comunicazione linguistica predisposti dai media elettronici.
Utilizzando il modello teorico di Michel Benamou, che ha descritto le relazioni tra i principali discorsi contemporanei sulla tecnologia (abitualmente definiti technocriticism)[4], le due tendenze (la prima legata al neo-primitivismo, la seconda all’ordine linguistico dei new media) possono essere messe in relazione dalla categoria dell’indeterminatezza – nozione fondamentale dell’estetica postmoderna – che riunisce tutte le caratteristiche principali del corpus testuale della Poesia sonora: discontinuità, eterodossia, pluralità, casualità, rivolta, deformazione …
Mentre i poeti “tecnofobi” o “arcadici”
tend to justify their work in deliberately primitivistic terms, speaking of it as a return to earlier, more basic poetic forms, such as the chant[5],
quelli “tecnofili” aspirano a trascendere i limiti del corpo umano:
The tape machine, considered as an extension of human vocality allowed the poet to move beyond his own expressivity. The body is no longer the ultimate parameter, and voice becomes a point of departure rather than the point of arrival[6].
Tra neo-primitivismo e immaginazione tecnologica, la Poesia sonora prospetta dunque un universo di comunicazione estetica e di pensiero non sia soltanto una variabile del sapere “letterato”.
Nel primo caso, i testi degli artisti strategicamente tecnofobi sono caratteristicamente “aggregativi”, “partecipabili”, “rituali” e “situazionali”, “ridondanti” e “conservativi”(e quindi più vicini al mondo dell’esperienza e dell’esistenza quotidiana), piuttosto che “analitici”, “distanzianti” e “astratti”[7]. Secondo alcuni teorici il neo-primitivismo sarebbe espressione di quell’irrazionalismo nel privato e nella comunicazione non strettamente informativa che l’uomo contemporaneo contrappone alla super-razionalità cui è costretto ad affidarsi nel lavoro. Il sociologo Gustav Kahn definì questo “nuovo tipo di uomo” come efficient sensualist[8].
Nel secondo caso predominano dispositivi plurilinguistici e multimediali, in cui i linguaggi di arti e generi non più separabili e ormai difficilmente distinguibili concorrono alla determinazione della significazione.
I contrasti e le relazioni tra i sistemi di comunicazione elettronica della società postindustriale e la precedente civiltà della stampa hanno permesso di comprendere, retrospettivamente, i contrasti e le relazioni esistenti tra il sapere delle culture fondate sulla tecnologia della scrittura e quello delle culture orali a loro precedenti.
Considerando la tradizione che dalla poesia epica porta fino alla Poesia sonora, si riesce ad individuare i rapporti dialettici che intercorrono tra l’evoluzione dei generi letterari e le diverse fasi della tecnologizzazione della parola, dalle culture orali primarie fino all’oralità “secondaria” dell’epoca postindustriale, passando attraverso le culture chirografiche e quelle tipografiche.
Nella sua variabile neo-primitivistica, la Poesia sonora fa parte di un sistema di pratiche artistiche che hanno proposto una nuova politica del corpo, creativa e critica insieme; nel caso in questione, si (ri)scoprono e si investigano le correlazioni della gestualità con la voce, con gli schemi ritmici orali e la respirazione; il suono è il principio unificatore, in ragione del suo rapporto privilegiato con l’interiorità. Questo progetto creativo rimanda alle culture che Jousse definì “verbomotorie”[9], il cui sapere era orientato alla parola più che agli oggetti – al contrario di quanto avviene invece in epoca postindustriale – e spesso esprime un’acuta nostalgia per il loro antropocentrismo.
Da una parte, entrambe le strategie creative derivano dall’aspirazione (prodotta dall’introduzione della scrittura e accresciuta, nei secoli, dal suo perfezionamento e dalle sue trasformazioni) ad un’espressività soggettiva e idiolettica, auspicabilmente (ma nei fatti impossibile) esente dagli effetti delle tecnologie della scrittura e dalla ristrutturazione della coscienza umana da essa operata; dall’altra, deriverebbero dal desiderio (e dalla necessità, per l’artista) di reagire al sostanziale isolamento in cui la stampa ha relegato sia la pratica di scrittura manuale che la sua ricezione. In questo senso le poetiche della Poesia sonora rimandano a quella tradizione “biblioclastica” di cui ebbe ad occuparsi Jean-François Lyotard in Rudiment spaïens[10].
Se si riconoscono, nell’oralità “secondaria”:
i– una percezione quasi mistica della partecipazione e della spontaneità; ii– l’aspirazione ad un senso comune e insieme non- e trans-linguistico (come nell’uso della vocalizzazione pre-verbale e sopra-segmentale); iii– la tendenza alla concentrazione dell’energia comunicativa del testo in tempo reale, nell’evento della sua spettacolarizzazione; iv– l’uso (e l’abuso) di set expressions, di schemi come la ripetizione, la ridondanza, l’autoriflessività; v– la diffusa tendenza alla polifonia; vi– le pratiche ricorrenti di manipolazioni successive; vii– la predisposizione di effetti di casualità,
appare molto stretta la relazione di congruenza tra l’immaginazione tecnologica e la ricerca, che fu già dei poeti simbolisti, di una poesia “pura”.
Come già l’oralità primaria, la nuova oralità ha generato un forte senso del gruppo: è l’ascolto che fornisce agli astanti l’identità comunitaria, mentre la lettura privata di testi scritti o stampati non fa che ripiegare il soggetto su se stesso.
Questa nuova oralità, benché maggiormente auto-consapevole, rimane permanentemente (e inevitabilmente) basata sull’uso, almeno indiretto e di riferimento, della scrittura e della stampa, che nella nuova fase della tecnologizzazione della parola restano essenziali alla produzione dell’oggetto testuale e all’uso dei mezzi adatti alla sua trasmissione.
Da un’altra prospettiva le due tendenze appaiono però quasi irriducibili l’una all’altra: la poetica della prima rientra infatti in una tradizione di pensiero che trova in Occidente un punto di riferimento nelle obiezioni mosse da Platone (soprattutto nel Fedro e nella Settima Lettera) contro la scrittura, considerata come una tecnologia artificiale, aliena ed esterna all’esperienza umana, come un’operazione solipsistica che indebolisce la mente e ha effetti negativi sulla memoria, come un modo meccanico e disumano di registrare il sapere, con forte valore dieretico. Ancora oggi queste preoccupazioni vengono spesso riformulate e rivolte, in prospettiva tardo-umanistica, contro l’ormai avvenuta penetrazione del Personal Computer e delle nuove tecnologie nelle pratiche estetiche (oltre che nel quotidiano individuale e comunitario).
Del resto, a voler descrivere in termini molto generali il rapporto tra oralità e scrittura, bisogna innanzitutto considerare che, mentre l’espressione orale esiste ed è soprattutto esistita prescindendo da qualsiasi ricorso alla scrittura, quest’ultima è impensabile senza l’oralità, che ne costituisce l’implicita premessa.
Ancora oggi l’oralità di base del linguaggio umano resta preminente, se si pensa che, delle circa tremila lingue parlate nella nostra epoca, solo settantotto pare possiedano una vera e propria letteratura.
2. Come già rilevato per l’aspetto iconico-plastico della scrittura[11], anche per quanto riguarda il suo aspetto sonoro si può individuare, nella cultura occidentale, una mancata considerazione dello specifico encodage; ne assicurano il ripristino consapevole le pratiche testuali di particolari settori della ricerca d’avanguardia, assumibili come esempi, caratterizzati da una programmatica indistinzione linguistica, di riunificazione estetica di sistemi linguistici, codici e generi.
Una nota distinzione di Emile Benveniste oppone un regime di significazione di tipo semiotico (la lingua è l’ordine dei segni articolati, ognuno dei quali ha un senso) a uno di tipo semantico[12]. La musica, ad esempio, è l’ordine di un discorso di cui nessuna unità è in sé significante, sebbene l’insieme (il testo) sia dotato di significanza[13]: i suoni non sono segni, nessuno di loro possiede senso in sé.
Si può forse in questo modo descrivere il passaggio dal sistema linguistico verbale ai testi in cui l’aspetto sonoro diviene una modalità linguistica prioritaria di un sistema non-verbale di comunicazione estetica.
Il corpus testuale prodotto dalla Poesia sonora permette di individuare questo passaggio anche nelle differenze tra la cosiddetta Poesia fonetica e i testi sonori contemporanei.
La Poesia fonetica, a partire dalle avanguardie storiche, intraprende una sistematica decomposizione dell’unità letteraria, in una prospettiva di emancipazione dei parametri operativi; fondamentali sono l’impiego della voce maggiore – quella dell’apparato fonetico-articolatorio – e l’interesse per gli elementi semplici (i fonemi) della struttura della parola. La dizione fonetica impegna la voce nelle tattiche espressive del parlato: declamazione, onomatopea e relative indagini sui rapporti tra le parole e le cose … Ma proprio il parlato, fornito di senso perché partecipa al processo di valorizzazione della lingua, assumendone tutte le qualità mistificatrici, è da considerare l’antitesi della voce, che esso intende costringere a farsi lingua[14]. Nella Poesia fonetica persistono tecniche di correlazione regolata tra strutture di senso e strutture di espressione[15]; essa può essere considerata come un insieme di testi contrassegnati da effetti di tipo ritmico, allitterativi e anagrammatici, tendenti a liberarsi dalle leggi prosodiche subordinate al sistema linguistico. Rimane così possibile riconoscere la sintagmatica degli atti linguistici e si evidenzia soprattutto la centralità dei toni, malgrado la scomparsa di alcuni livelli della struttura.
Diversi processi di condensazione e spostamento[16] generano, in questo tipo di testi, dispositivi semiotici che, benché utilizzino il sistema linguistico verbale, testimoniano continui sforzi di sottrazione alle sue regole, collocandosi in oscillazione sulla soglia della pertinenza. La Poesia fonetica non si allontana definitivamente dalla scrittura: può essere e viene solitamente trascritta.
Il modo, lo stile del dire è in effetti un atto di comunicazione pre-verbale, con i suoi rumori e i suoi ritmi, dunque il suo aspetto sonoro; tuttavia viene generalmente integrato alla comunicazione linguistica propriamente detta, considerata e vissuta come messaggio unico e unitario, cui l’interlocutore deve esclusivamente prestare la sua attenzione.
In questo modo «il ‘corpo’ fenomenologico del significante sembra cancellarsi nel momento stesso in cui è prodotto»[17], anche se indubbiamente il significato rimane animato dal respiro e dall’intenzionalità di significazione del soggetto; perciò «la scrittura è il divenire arbitrario di ogni discorso»[18].
Ainsi la gesticulation expressive, prosodique et symbolique et qui exprime des contenus mentaux préconceptuels et inconscients passe complétement aperçue, malgré qu’elle se trouve à la surface ou plu tot qu’elle costitue la surface, la substance sonore qui véhicule le message conscient[19].
Insomma la parola è approssimativa e non esprime abbastanza; la separazione tra il mondo delle parole e il mondo delle sensazioni attraversa il linguaggio quotidiano e ne costituisce un decisivo coefficiente d’alienazione.
L’aspetto sonoro della comunicazione a viva voce conserva i suoi margini segreti di inconoscibilità. La voce è un oggetto introvabile, un luogo privilegiato della differenza che riesce a sfuggire a ogni scienza, visto che nessuna di esse riesce a esaurirla; per questo appare oltremodo difficile definirla, o almeno tracciarne i confini teorici, se non per riscontri sparsi, per tentativi e slittamenti analitici[20].
Se una prima definizione della voce è quella relativa al parlato, una seconda la considera negli inter-linguaggi verbo-musicali; ma la vera definizione della voce è certamente oltre il linguaggio fonetico, oltre la rassicurazione del verbum, nella dimensione dei suoni sconosciuti e non codificabili. Non esistono due voci uguali: la voce è personale come le impronte digitali. La sua definizione che qui ci interessa coglie la voce mentre abbandona il linguaggio e il suo ordine della Generalità e passa nell’ordine della Differenza e del Corporeo:
La voce umana è il luogo privilegiato (eidetico) della differenza: un luogo che sfugge a ogni scienza […] ci sarà sempre un Resto, un supplemento, un Lapsus, un Non-detto che si designa da solo: La Voce. Questo oggetto sempre diverso, la Psicanalisi lo pone nel rango degli oggetti del desiderio … non esiste al mondo voce umana che non sia oggetto di desiderio … non esiste una voce neutra[21].
Al di là dell’informazione estetica trasmessa dai mezzi paralinguistici (qualità vocale del testo e aspetti ritmico-prosodici non verbali della comunicazione, che presiedono all’articolazione e alla vocalizzazione), nella Poesia sonora si realizza compiutamente un secondo encodage, che presiede invece all’«investissement libidinal des organes de la parole»[22].
Le poetiche di questa tendenza hanno sottolineato il dispiegarsi delle tattiche di una nuova sensibilità, ribelle alle costrizioni della logica del linguaggio, alle sue leggi, alle regole dello scambio, alla necessità, per farsi comprendere, del pensare, e non solo del fare qualcosa del (col) linguaggio.
Con la scomparsa del discorso e della prosodia, la disarticolazione della verbalità impedisce la ricostruzione del senso, e spiazza l’ordine del simbolico. Liberata da tante oppressioni, la voce porta fuori le cose di dentro, una realtà prelinguistica che le permette di liberare i propri automatismi, oltre gli artifici del linguaggio socializzato e l’apparente indispensabilità del sostegno sillabico alfabetico. Un testo esemplare da questo punto di vista è certamente Le corps di Henri Chopin, del 1966, in cui i suoni infinitesimali, le micro-particelle sonore degli accidenti della fonazione, componenti informi del fonema, divengono materia della costruzione poetica, e massima è l’evidenziazione del supporto articolatorio[23].
3. Nella performance di Poesia sonora le qualità acustiche dei suoni della voce si coniugano con le sensazioni muscolari e tattili; il fare del corpo, consapevolmente attivato come medium estetico, è costitutivo dell’atto del voler-dire.
Così come l’opera visiva ha lasciato la parete, il testo poetico lascia lo spazio della pagina e il gesto, sua primaria modalità di compilazione, riacquista l’originaria intensità rituale.
Il corpo coinvolto non è definibile altrimenti che come corpo pulsionale, corpo che irrompe e dispiega la sua attività di critica e di messa in crisi del discorso (del suo procedere per argomentazioni[24]) e in particolare della comunicazione poetica, fino ad ora condotta al di sopra e senza di esso. Il corpo divaga, parla ma non dice, si enuncia per accumulo delle trame della sua cinestesia differenziata. La sua cifra è una sorta di pluri-scrittura a raggiera, più vicina, dal punto di vista dello statuto linguistico, allo spazio della pittura che alle sintagmatiche della catena parlata. Dal corpo, ricettacolo di sensi e di suoni spessi inudibili, nasce un linguaggio che affonda nell’organico e ne assorbe la vita. Ritenendo che la lingua sia inerte deposito di parole e che la traduzione linguistica delle sensazioni non basti, ma occorra esprimerle, la Poesia sonora passa dall’uso ordinato dei fonemi all’espressività libera dal segno e dal senso. La rottura della parola come unità fittizia della phonè e del senso restituisce alla voce il potere dell’espressione originaria, al di là dei limiti della ragione del secolo:
Il ne s’agit de rien moins dans des états-là que d’oublier le contenu intellectuel de l’esprit, d’avoir rompu le contact avec toutes les évidences qui sont à la base de la pensée[25].
Il progetto è di disattivare il circuito tra il soggetto e la parola, tra il soggetto e la scrittura, per smemorizzarlo e permettergli di accettare compiutamente le leggi del corpo, in una trasmissione d’impulsi senza dispersione. Per questo la Poesia sonora comunica spesso il fastidio e il senso di oppressione drammaticamente prodotti dallo sforzo del venir fuori e dell’andare oltre.
Il poema sonoro appartiene alla significanza di un ordine semantico “musicale” (proprio la significanza musicale, più della significazione linguistica, è penetrata di desiderio): la parola non è più linguistica ma corporale, il corpo tutto intero è in stato di parole, ritrova le sue funzioni espressive dimenticate, il mot-corps della sua poésie physique; è la trama delle figure del corpo che forma la significanza: quando diventa irriconoscibile, la voce è più che mai se stessa.
Anche la lacerazione dell’oggetto sonoro è atto sintomatico della volontà dell’artista (dell’uomo) di trasformare la voce da forma di comunicazione dell’apparato fonatorio a espressione del corpo e della materia pulsionale. Infatti «nella musica, campo di significanza e non sistema di segni, il referente non può essere dimenticato: è il corpo. Il corpo passa nella musica senza altro collegamento che il significante»[26].
Nell’aspetto paralinguistico il ritmo e la tonalità si sforzano di codificare: la voce dice la battuta, scandisce il metro che le permette di esistere, di venir fuori come significante; la differenza instaurata istituisce l’impossibilità del modello: anche il soggetto che parla (che si scrive) si frammenta per rompere il senso e va alla deriva dentro l’intensità prodotta e garantita da questa cancellazione; nello stesso tempo, è presente con tutte le sue facoltà. La realizzazione espressiva del soggetto avviene dunque grazie ai linguaggi dell’idioletto corporale. Mentre si realizza il ritorno alle origini, al rito poetico arcaico e, insieme, di massima complessità, la tecnologia provvede a fissare il contingente, l’irripetibile, il causale, l’eventuale insomma;
L’électronique peut être un instrument propre à énoncer les particules aussi bien corporelles, que celles du verbe sans passer par le vieil alphabétisme, qui en fait n’est que le son naturel capté … Mais à l’oreille, et non au physique[27].
Per registrare e conservare (non trascrivere) il flusso dei dati percettivi emanati (espressi) dalla presenza del soggetto performante, occorre ricorrere ai media elettronici – disco, videoregistrazione – assecondando la trasformazione linguistica della produzione testuale, dalla sintagmatica della verbalità alla scrittura a raggiera della semiosi multimediale. Ciò comporta la trasformazione della definizione dello specifico poetico: passando dalla dimensione segnica della relazione tra significato e significante (propria della significazione) alla significanza, il dispositivo testuale è percorso da sforzi di convergenza contemporanea di tutti i sensi, in cui, come ha scritto Roland Barthes,
divenendo qualità, ciò che è promosso nel linguaggio è ciò che esso non dice, che non articola. Nel non detto vengono a prender posto la gioia, la tenerezza, la delicatezza, la pienezza, tutti i valori dell’immaginario[28]:
la tensione plurilinguistica si sostituisce alla dispersione della comunicazione convenzionale senza escludere l’irruzione del non mentale, del gioco e dell’eccesso.
Nel poema sonoro può non essere più codificata la proiezione, su un supporto significante, dei dati relativi alla presenza attiva del corpo. Nei modelli tradizionali di composizione poetica, i loro valori vengono semplicemente suggeriti attraverso tecniche metaforiche di equivalenza e strategie di simbolizzazione.
La Poesia sonora permette al fruitore la percezione dei vissuti psichici esteriorizzati nel testo, attribuendogli il compito di produrre una sintesi strutturale di completamento del messaggio; a questo “atto di concrezione” è demandato il coefficiente d’arte dell’oggetto estetico interlinguistico. La fruizione va quindi definita come esperienze promossa in primo luogo dalla sensibilità, e non dai codici di comprensione del soggetto coinvolto.
La Poesia sonora produce forme di straziamento della scrittura, che la delegittimano e si proiettano al di là del suo trasformismo. Prescindendo dalle possibilità del laboratorio sperimentale di operare rotture del linguaggio non ancora espletate, la Poesia sonora istituisce un suo linguaggio della rottura, appartenente a contesti estranei alla comunicazione regolata. Il suo esito estremo appare dunque l’emergenza, lucidamente auspicata, di un soggetto di identità differente, di intelligenza desiderante, di estraneità creativa. Il gioco frenetico e de-generato prodotto dalla sua intelligenza, irritata dai codici, ne declina le tensioni; le sue tendenze alla liberazione si riconoscono dentro le pieghe dell’eccesso materialistico, nei passaggi dal sensato al sensuale.
Questa poesia dei linguaggi illeggibili, intraducibili al di fuori di un immaginario translinguistico, vuole inceppare i congegni di dissuasione dalle pratiche di ricerca e di realizzazione del nuovo inaccettabile. Così poesia è una rovinografia del sapere, una forma di sospensione della sua trasmissione, che rivendicando un ruolo di critica delle forme della sensibilità impedisce al dominio di riprodursi.
4. Furono i formalisti russi, all’inizio del secolo, a prospettare per primi una storia delle arti che si occupasse in particolare dei procedimenti linguistici e delle tecniche di costruzione dei testi. Veniva così resa esplicita una percezione della letterarietà condivisa da teorici della letteratura e artisti d’avanguardia.
Vilem Flusser ha proposto di segmentare l’evoluzione della comunicazione umana sulla base delle trasformazioni introdotte dai mezzi, dai veicoli e dai supporti utilizzati[29]. In questo senso, la storia di un campo espressivo può essere riscritta come storia dei materiali disponibili nelle varie epoche, della loro selezione e della loro utilizzazione.
Queste osservazioni permettono di considerare in una prospettiva diversa non solo la tradizione delle avanguardie, ma anche alcune tendenze individuabili nella letteratura postmoderna.
Per quanto riguarda la poesia, in questo contesto si segnalano tra l’altro due distinti settori di ricerca, uno visuale e uno acustico, entrambi caratterizzati da un’identica strategia, che può essere definita “ipercodificazione”. In entrambi i casi l’equilibrio dinamico tra i tre principali aspetti del segno poetico viene infatti abbandonato per privilegiare – “ipercodificare” – le potenzialità di uno solo: nel primo caso l’aspetto iconico, nel secondo l’aspetto acustico[30].
Sul versante acustico, le premesse assunte inducono a distinguere tra due tendenze: quella fonetica, di cui si è detto, riscontrabile nelle pratiche creative delle avanguardie storiche (Futurismo, Dada e Lettrismo in particolare) e quella sonora[31], caratterizzata prima dall’uso delle nuove tecnologie di registrazione, riproduzione e trattamento del suono (a cominciare dall’introduzione del magnetofono, messo in vendita in Europa nel 1955) e successivamente delle macchine logiche.
Per la variante tecnofoba, il corpo e il recupero del suo ascolto, mortificato dalle forme tecnologiche della comunicazione, sono il punto di arrivo delle diverse strategie testuali; in quella tecnofila, le potenzialità del corpo sono solo il punto di partenza di una inedita interpretazione dell’intenzionalità espressiva, di quel “voler dire” investigato dalla fenomenologia husserliana[32]. Se l’arte è insieme un sapere e una abilità, secondo la definizione kantiana, i limiti dei procedimenti virtualmente realizzabili corrispondono a quelli del dispositivo adottato e alle sue funzioni, definite in senso morfologico.
La soglia fisica umana dell’espressività può divenire dunque il punto di partenza di strategie creative particolari, alle quali i linguaggi delle macchine logiche forniscono procedimenti che l’atto linguistico non può produrre.
Il corpo, in queste esperienze, è il dispositivo primario e insieme il loro limite. Le macchine del suono servono a trattenerne le emissioni e, in certi casi, a rendere possibile la percezione di quanto non percepibile ad orecchio nudo.
5. Lansky, Dodge e la tendenza “tecnofila”
La tendenza tecnofila viene qui esemplificata da due testi di natura derivativa[33].
5.1 Consideriamo come primo esempio un’opera di Paul Lansky dal titolo Sixfantasies, registrata nel 1978-79 al Computer Center dell’Università di Princeton[34]. Il testo di base è di Thomas Campion, poeta della fine del Cinquecento inglese, letto dall’attrice Hannah Mac Kay:
Rose-cheekt Lawra / Sing thou smoothly with the beawties / Silent musick, either other / Sweetely gracing. / Lovely formes do flowe / From concent devinely framed; /Heav’n is musick, and thy beawties / Birth is heavenly. / These dull notes we sing /Discords neede for helps to grace them; / Only beawty purely loving / Knowes no discord; / But still mooves delight, / Like cleare springs renu’d by flowing, / Ever perfect, ever in them / selves eternall. //
Lansky ha considerato la consistenza materiale del testo registrato come uno spettro di potenzialità musicali, ai cui limiti estremi ha collocato il parlato piano della voce standard e il canto[35].
L’opera si articola in sei variazioni; ognuna corrisponde ad un punto di passaggio lungo il percorso tra i due poli, evidenziando un particolare aspetto musicale dell’esecuzione registrata. Questa è analizzata in piccoli frames, in minuscole unità, ognuna corrispondente a 1/112 di secondo. Le informazioni ricavate dalla definizione microscopica del tracciato sonoro sono state successivamente sintetizzate, operando sui diversi parametri (altezza, durata, ritmo – cioè velocità – e timbro). A ciò si è aggiunto l’uso di filtri ed effetti speciali.
Slides
5.2 Un particolare settore di ricerca è caratterizzato dall’utilizzazione del computer per il trattamento a fini espressivi della voce. In questo secondo esempio si riscontra un dispositivo testuale più complesso e tecnologicamente più avanzato.
L’opera, prodotta nel 1972 nei laboratori della Bell Telephone della Columbia University di New York[36], è stata prodotta da un autore statunitense, Charles Dodge, il quale ha perlustrato in profondità le radicali possibilità espressive della voce computerizzata. Le sue pionieristiche ricerche hanno raggiunto risultati esemplari, che lo rendono, secondo Richard Kostelanetz «technologically the most sophisticated text-sound artist»[37]:
His technique of computer-assisted voice-synthesis-by-analysis offers all kinds of incredible possibilities for vocalization, because he is able to change any aspect of speech (e.g., pith, speed, loudness, timbre) without necessarily disturbing the others[38].
Dodge utilizza delle registrazioni come materiale di partenza, secondo un metodo che definisce “speech-synthesis-by-analysis”:
The major advantage of computer voice synthesis … is the possibility to alter the time base of the speech independently of its frequency content. […] With computer speech synthesis it is possible to change the speed of the speech by great amounts but to retain the frequency content of the speech at the original level. […] It is also possible to replace the recorded pitch contour of the speech without changing the speech speed. […] The interesting thing about computer speech synthesis is that it has the tone quality and acoustics of speech, but it has the pitch and the rhythm of music[39].
Il materiale di partenza è costituito da un alquanto convenzionale testo poetico, In celebration di Mark Strand, un autore statunitense abbastanza noto almeno tra gli addetti ai lavori, che era anch’egli docente alla School of Arts della Columbia University. Il testo ha una struttura bipartita, segnata dalla ripetizione del sintagma di apertura “Yousit in a chair”:
You sit in a chair, touched by nothing, feeling
the old self become the older self, imagining
only the patience of water, the boredom of stone.
You think that silence is the extra page.
You think that nothing is good or bad, not even
the darkness that fills the house while you sit watching
it happen. You’ve seen it happen before. Your friends
move past the window, their faces soiled with regret.
You want to wave but cannot raise your hand.
You sit in a chair. You turn to the nightshade spreading
a poisonous net around the house. You taste
the honey of absence. It is the same wherever
you are, the same if the voice rots before
the body, or the body rots before the voice.
You know that desire leads only to sorrow, that sorrow
leads to achievement which leads to emptiness.
You know that this is different, that this
is the celebration, the only celebration,
that by giving yourself over to nothing,
you shall be healed. You know there is joy in feeling
your lungs prepare themselves for an ashen future,
so you wait, you stare and you wait, and the dust settles
and the miraculous hours of childhood wander in darkness.
Affidandosi ad una tecnologia in precedenza utilizzata esclusivamente in ingegneria telefonica, Dodge ha lavorato con un computer Honeywell sulla registrazione di una esecuzione vocale del testo poetico in questione, andando a riscontrarvi i procedimenti e i vari tipi di articolazione vocale utilizzati – comprese frasi parlate e sussurrate –, le variazioni di altezza e una varietà di concatenazioni che vanno dal solo al corale. Prevale già nella lettura primaria la compresenza di più tipi di articolazione.
La registrazione è stata in una prima fase analizzata numericamente; un convertitore ha assicurato la successiva sintesi delle unità individuate, micro-segmenti corrispondenti a 0,01 secondi. L’analisi del materiale sonoro acquisito è avvenuta in tre fasi: nel corso della prima, una volta digitalizzata la registrazione, il parlato è stato analizzato con un programma in grado di individuarne i parametri; nella seconda i parametri sono stati alterati sulla base di esigenze espressive; nella terza il parlato è stato sinteticamente ricomposto. L’ascolto in alcuni passaggi di una pluralità di voci è dovuto a procedimenti di missaggio.
Il metodo di Dodge riesce a trasformare ogni singolo aspetto del parlato, lasciando nello stesso tempo inalterati tutti gli altri. Come è noto, ciò non può mai avvenire nella performance umana. Nell’apparato laringo-farigeo umano qualsiasi modificazione dei parametri di un atto di parola (altezza, volume, velocità o ritmo, intensità o timbro) implica, inevitabilmente, una modificazione di tutti gli altri.
La voce della macchina di Dodge è umana, visto che il materiale di base è una semplice esecuzione orale di un testo poetico scritto, e insieme post-umana, visto che assicura possibilità di controllo, elaborazione e composizione estranee all’apparato fisiologico umano.
La fenomenologia dell’espressione, nella performance, da una parte è idioletticamente libera, perché diretta ed incisa nella materialità del segno, dall’altra è limitata alle potenzialità del dispositivo e alla volatile irripetibilità del qui ed ora dell’atto linguistico. La traccia vocale, come la scrittura manuale, è come già detto irripetibile per il soggetto protagonista della singola esecuzione. Anche quando la sua mise en scènè appannaggio del suo autore “empirico”, il senso compiuto di un dispositivo testuale è insomma ogni volta diverso, da una esecuzione all’altra. La pragmatica della significazione corrisponde infatti ad un uso della materialità del dispositivo che è diverso ogni volta in senso qualitativo[40].
Le radicali trasformazioni istituite nell’opera di Dodge si possono così riassumere: i- la sintesi rende possibili modificazioni di singoli parametri senza alterare gli altri; la maggior parte di quelle realizzate da Dodge riguardano l’altezza e la durata. I limiti di tale praticabilità corrispondono sostanzialmente a quelli dell’immaginazione linguistica dell’autore, verificabile in senso tecnico-formale; ii– il corpo, inteso come dispositivo pulsionale, irrimediabilmente idiolettico (produttore ogni volta di un unicum testuale), viene così sostituito da una gestione controllata del flusso discorsivo, che ne definisce sia la morfologia che i percorsi della significazione; iii– il controllo generativo cambia le inferenze interpretative e lo statuto delle definizioni possibili del senso; iv– il processo ermeneutico viene a sua volta modificato: percezione, conoscenza e comprensione dei procedimenti utilizzati – con l’obiettivo di una intensificazione complessa dell’espressione – entrano in inedita relazione con i codici culturali e artistici, nell’ambito di una ermeneutica inevitabilmente semiotica e tecno-logica.
In celebration è nel LP di Dodge Synthesized voices[41], in cui troviamo anche altri quattro “speech songs” del 1972[42]: A man sitting in the cafeteria; The days are ahead; When I am with you; He destroyed her image[43].
6. Con Aural Literature Criticism[44]Richard Kostelanetz ha offerto un importante contributo agli studi dedicati alla Poesia sonora. L’antologia, che raccoglie saggi, dichiarazioni di poetica ed altri materiali alquanto diversi tra di loro[45], si affianca a pieno titolo ad altri due volumi dedicati allo stesso argomento: Poésie sonore internationale di Henri Chopin[46] e Text-Sound Texts[47], un’antologia di testi creativi di autori nord-americani curata anch’essa da Kostelanetz.
“Text-Sound” o “Sound Poetry”?
“Text-Sound”, secondo Kostelanetz, è «una distinta forma d’arte, con proprie, particolari caratteristiche e tradizioni»[48].
Kostelanetz preferisce la sigla “Text-Sound” a quella non meno frequentemente utilizzata, in lingua inglese, di “Sound Poetry”, perché in “Text-Sound” il termine “testo”permette di rimandare sia alla poesia che alla prosa. Diventa in questo modo possibile non escludere numerose opere di Gertrude Stein, di Jack Kerouac[49] e dello stesso Kostelanetz – e l’elenco potrebbe continuare –, che effettivamente esplicitano modelli linguistici da attribuire alla prosa piuttosto che alla poesia. Ma l’elemento caratteristico e sempre ricorrente, resta la preminenza dell’aspetto sonoro sulle altre componenti: «By ‘text-sound’ I mean language that is enhanced primarily in terms of sound rather than syntax or semantics»[50].
“Mixed Medium” o “Intermedium”?
Un oggetto estetico, secondo Dick Higgins, è un mixed medium finché il fruitore è in grado di operare delle distinzioni tra i suoi aspetti: visivo, verbale, musicale, ecc.[51], di cui un intermedium realizza invece una effettiva integrazione.
È proprio questo il caso, secondo Kostelanetz, dei “text-sound texts”, «because in genuine text-sound the language and music cannot be perceived apart from each other»[52]. L’intermedium, egli aggiunge, «is the greatest idea of the late twentieth century, much as collage was the principal idea … of the early twentiethcentury»[53]. Anche Sten Hanson considera la “text-sound composition”[54] come un autentico intermedium, come un particolare settore della produzione estetica contemporanea a cavallo tra poesia e musica, non più tradizionalmente intese.
Per una tassonomia dei testi sonori
Nel saggio Points Towards a Taxonomy of Sound Poetry[55] Dick Higgins ha sottolineato che, per quanto riguarda la Poesia sonora, è possibile rinvenire «its close analogues» in periodi più o meno lontani. Questo rimando ad una sedimentata tradizione, che ha sviluppato una tipologia testuale alquanto differenziata, permette di considerare la Poesia sonora «as, generally, poetry in which the sound is the focus, more than anyother aspect of the work»[56]. Ciò non impedisce di riconoscere che, tra i testi sonori, alcuni non hanno nessun precedente formale, il che porta molti critici a considerare questa tendenza come un fenomeno esclusivamente contemporaneo.
Tre sono, secondo Higgins, i tipi di Poesia sonora già presenti in passato: «folk varieties, onomatopoetic or mimetic types and nonsense poetries»[57], rappresentati da opere come le Horse Songs (di cui si è occupato Jerome Rothenberg[58]), Le rane di Aristofane, alcuni testi del poeta vittoriano inglese Edward Lear, Jaberwocky di Lewis Carroll e alcuni Galgenlieder [Canzoni della forca] di Christian Morgenstern[59].
Nella Poesia sonora Higgins distingue invece tra: i– testi prodotti in un linguaggio inesistente, completamente inventato o artificiale, come era avvenuto per le Poesie astratte del dadaista Hugo Ball[60] e la Zaumdel russo lliazd[61]; ii– testi la cui significazione risiede nell’interplay tra elementi «semantically meaningful»[62] ed altri che rientrano più propriamente nell’ambito del nonsense; iii– Phatic poems,
in which semantic meaning, if any, is subordinate to expression of intonation, thus yielding a new emotional meaning which is relatively remote from any semiotic significance on the part of words which happen to be included[63].
L’esempio adottato in proposito da Higgins è Pour en finir avec le jugement de Dieu di Antonin Artaud[64]:
Here Artaud uses more or less conventional words, but they are …essentially allusions or perhaps illusions, since so few can be understood anyway. Instead Artaud’s emphasis is on high sighing breathing, wheezing, chanting, exclaiming, exploding, howling, whispering and avoiding[65].
iv– testi che non prevedono alcuna notazione né rimandano ad altri testi verbali e/o visivi, come i Crirythmes di François Dufrêne[66], gli Audiopoems di Henri Chopin[67] e le opere degli autori svedesi che hanno lavorato negli studi di Fylkingen:
For almost a decade, Fylkingen has organized annual festivals of “sound poetry” and “text-sound composition”, broadcasting works of recorded literature, permitting poets, writers and composers to use its studios to create new works and recording such works on L. P. records in order to make them permanently accessible[68].
v– testi che possiedono degli equivalenti costituiti da scritture di notazione di vario tipo, più o meno elaborate secondo i criteri normativi di solito adottati per i testi musicali veri e propri. Gli esempi sono da individuare in alcuni poemi lettristi[69].
In questo ambito Higgins sottolinea la relazione di intertestualità riscontrabile tra Poesia sonora e ricerche poetico-visuali (che spesso ne ispirano i criteri di notazione), soprattutto quando gli autori interessati sono attivi in entrambi i settori.
In conclusione, Higgins sottolinea che la Poesia sonora non è attribuibile ad un ambito di produzione linguistica di tipo musicale, anche se vi prevale l’aspetto sonoro.
Nel suo intervento, dal titolo On Text-Sound Composition[70], Sten Hanson cerca di risolvere alcuni problemi terminologici e di individuare alcuni parametri utili per considerare le text-sound works come un vero e proprio genere, distinguendole dagli altri tipi di lavoro poetico. Per questo, «in the domain of nonprinted poetry»[71], divide le opere in tre categorie: Poesia fonetica, Action poetry e Texts-sound composition. Le prime due affondano le loro radici nella produzione poetica delle avanguardie storiche, in particolare dei futuristi e dei dadaisti. Mentre, comunque
a recording of a phonetic poem should always be considered a documentation of an action and not the work itself, … text-sound composition or … poésie sonore[72] was created by people who did not regard themselves as followers of the futurist-dadaist tradition but as users of a new different tool – the tape recorder instead of the typewriter. […] The possibility of text-sound composition was not at hand before the Fifties when tape recorders became available for the poet’s use[73].
Nei migliori esempi di “Text-sound compositions” Hanson ha individuato tre strategie di composizione; due rimandano al linguaggio musicale, la terza a quello verbale: i– l’uso di informazioni derivate da un linguaggio orale non-semantico, cioè da micro-particelle linguistiche e suoni prelinguistici (come avviene ad esempio in molte opere di Henri Chopin)[74]; ii– la manipolazione del tempo; iii– la polifonia. Queste ultime due categorie rappresentano elementi formali caratteristicamente distintivi del linguaggio musicale. Ne consegue, scrive Hanson, che
text-sound compostion, at its best, brings together the exactness of written language with the time manipulation and complexity of music[75].
Astrazione, produzione di senso, referenzialità, autoriflessività
La musica, secondo quanto ha scritto Stephen Scobie, «does not refer to objects, or concepts, or fictional worlds»[76]; per questo l’astrazione, vale a dire «this self-contained, self-reflexive quality has always been clearest in music»[77]:
Abstract art declares its own materials sound, harmony and rhythm in music; shape, line and colour in painting to be sufficient, without any need to support themselves by external reference, or to justify themselves in terms of their fidelity to some preconceived standard for the ‘real’[78].
Molto diversa la situazione del linguaggio verbale:
A word, however, is always significant. Language is inherently referential. As a medium, it resists abstraction much more strongly than painting did: the difference is not simply one of degree, but of kind[79].
Dal Romanticismo ad oggi, in ambienti della ricerca letteraria sperimentale, l’ipotesi della produzione possibile di testi appartenenti al sistema linguistico verbale ma estranei ai processi di significazione, insomma di dispositivi testuali privi di senso, è continuamente rivendicata da manifesti e dichiarazioni di poetica. Avversate dalle discipline linguistico-semiologiche, queste affermazioni ricorrono tuttora, a dimostrazione della parziale credibilità attribuibile a posizioni simili, che hanno raggiunto la massima espansione con le avanguardie storiche: «Manifestoes are never the best pieces to look for precise discrimination»[80]. Secondo Scobie «the inherent referentiality of language» può essere però «circumvented or subverted»:
If the word is to be retained as a compositional unit, then is must be placed in a context which will drastically qualify, undercut, or cancel altogether its function as signifier. If the word is not retained, the poet must work with sub-vocal elements of speech: individual letter-sound, phonemes, or the whole range of preverbal vocalisation: grunts, groans, yells, whistles, passionate gurgling, heavy breathing[81].
Mentre il primo modello testuale è esplicitato dagli scioglilingua, gli effetti del secondo consistono nel fatto che «the words are discontented, reduced to patterns of sounds»[82], sulla base di scelte stilistiche appartenenti alla Poesia sonora: il canto, la ripetizione, la performance polifonica, le manipolazioni rese possibili da apparati di registrazione a più piste.
Un altro accorgimento che produce una riduzione dei significati del materiale verbale consiste nell’organizzarlo non sulla base delle relazioni sintattiche o semantiche, ma sulla base del principio di casualità, come avviene ad esempio in diverse opere di Jackson Mac Low[83] e John Cage[84]:
‘Pure’ abstraction then … is possible only when the word is abandoned altogether, and the performer moves into the area of non-verbal vocal sounds[85].
Anche in questi casi – precisa opportunamente Scobie – bisogna però riconoscere che sopravvivono comunque delle tracce di significato:
Many of Ball’s seemingly abstract `words` are in fact onomatopoetic in quite obvious ways, and his poems often have titles identifying their `subjects`. Non-verbal gestures like a laugh, or a yell, do convey a kind of meaning. The performer`s physical presence – his body posture, his facial expression signify something to an audience. One should bear in mind that most text-sound includes, as the name suggests, the presence of a text[86].
Bisogna quindi riconoscere che
the presence of text, whatever its form, continues to imply a relationship to meaning. Even individual letter sounds … convey, if not meaning, at least an awareness of their potentiality to combine into meaning[87].
Ritornando ai problemi di definizione delle relazioni esistenti tra Poesia sonora e musica e alle particolarità della prima, Scobie ritiene che proprio la caratteristica appena descritta
ultimately distinguishes text-sound from music. […] Text-sound … always deals not with sound per se (music), but with sound as an aspect of language; and even when that aspect is isolated from all other aspects, isolated even from meaning, its ground is still in language, and its practitioners are called, properly, poets[88].
Scobie recupera così il concetto di autoriflessività, frequentemente richiamato proprio per suffragare l’ipotesi di una produzione testuale priva di significazione:
Text-sound is another manifestation of one of the most important general tendencies of 20th century art and culture: self-reflexiveness, the urge in all the arts to examine their own means of expression, to find their subject-matter in the exploration of their own ontology and structure[89].
Infatti, «text-sound is analytical, and often highly theoretical, in its approach to language»[90]. Una radicale dimostrazione è data dall’opera del poeta-compositore statunitense Kenneth Gaburo, ispirata alle teorie linguistiche chomskiane[91].
La ripetizione. Una poetica della ridondanza?
La ripetizione è in primis una caratteristica della musica: in generale, «repetition works better as a form of insistence on meaning than as a form of cancelling it»[92].
Nel suo saggioJoseph F. Keppler[93] si occupa in particolare dell’opera di John Giorno, di Charles Amirkhanian e di Anthony Gnazzo, tre poeti statunitensi che si affidano alla ripetizione come accorgimento compositivo, come «significant time-proven artistic tool»[94].
L`opera di Giorno, che da tempo si esibisce abitualmente in azioni performative, ha subito l’influenza di William Burroughs[95], ed è, secondo Keppler, solo in parte attribuibile alla Poesia sonora. Giorno «satirizes practically everything about modern culture that comes in his mind. […] Giorno mocks the culture with his own repetitions»[96], una forma di espressione caratteristicamente ridondante.
A modern mimesis, this recording advertises and parodies a mind filled with obsessions drugs, media hype, self consciousness, boredom and hate. He is vulgar, absolutely gross at times, but also common. […] This repulsive garbage is the condensed garbage of the culture clattering and cluttering modern consciousness. If part of electronic culture’s power lies in incessant repetition, then repetition sound artists can not only mirror that culture, but also effectively parody that culture’s pervasive pernicious influence by using the same proven tool – namely, repetition. […] Giorno’s repetitions seem to execrate the cultural wasteland[97].
Diversamente, «Gnazzo’s repetitious poetry satirizes only humorously and indirectly»[98], mentre un testo esemplare come Just del poeta-compositore statunitense Charles Amirkhanian «consists of the repetition of four words. […] The technical virtuosity produces rhythm and counterpoint with the text of these four words»[99]
Neoprimitivismo o “secondaryorality”?
Scobie sottolinea le profonde differenze esistenti tra i poeti che fanno un uso consapevole delle opportunità espressive offerte dalle nuove tecnologie e quelli che invece preferiscono affidarsi esclusivamente ai suoni che possono essere prodotti dalla voce umana, senza sottoporla ad alcuna modificazione artificiale. Ne consegue la fondamentale distinzione, qui già sottolineata, tra una oralità “primitiva” e la “secondary orality” delle ricerche artistiche plurilinguistiche e multimediali, rese possibili dall`uso delle nuove tecnologie. Come già si è detto, i poeti non-tecnologici
tend to justify their work in deliberately primitivistic terms, speaking of it as a return to earlier, more basic poetic forms, such as the chant[100].
Scobie cita in proposito alcune importanti dichiarazioni. La prima è di Sten Hanson:
The sound poem appears to me as a homecoming for poetry, a return to its source close to the spoken word, the rhythm and atmosphere of language and body, their rites and sorcery, everything that centuries of written verse have replaced with metaphors and advanced constructions[101].
Un’altra è di Jerome Rothemberg:
What is involved here is the search for a primal ground: a desire to bypass a civilization that has become problematic & to return, briefly, often by proxy, to the origins of our humanity[102].
I poeti tecnologici aspirano dunque a trascendere i limiti del corpo umano. Ad esse si può infatti aggiungere la seguente affermazione di Bob Cobbing, secondo il quale la Poesia sonora
is a recapturing of a more primitive form of language, … when the voice was richer in vibration, more mightily physical[103].
Phonetic Music
Come scrive il suo principale esponente, Ernest Robson, la “Phonetic music” è un particolare settore della Poesia sonora, anzi «the tone domain of sound poetry, … based on acoustic analysis of speech»[104]. Robson prima precisa:
the acoustic dimensions of sound poetry are the apparent levels of frequency, amplitude, time and silence. The apparency of these levels poses the problem of perception and recognition[105];
poi passa ad occuparsi della dimensione tonale:
The tones of phonetic music are produced by the resonances in the chambers of the mouth and throath with scalar, melodious and dissonant values. Consonants render these values more perceptible and contribute to vowel timbre[106].
Ma l’elemento decisivo sono le “formanti”, vale a dire
the tongue-shape and volume altered resonances tract. Although neither you or I can speak a single formant in isolation we can hear their complex tones in vowels; and we can compose formant music in different ways by selections and arrangements of vowels[107].
Nella composizione delle opere di Phonetic music un particolare interesse viene dedicato alle vibrazioni delle corde vocali: «Vibrations in the larynx create fundamental pitch, the lowest and most powerful frequency of the voice»[108].
La Phonetic music può dunque essere definita come «the pitch patterns of sound poetry generated in the mouth and/or the vocal chords»[109], la cui dimensione dominante è la frequenza, dinamicamente modulata dalle altre: durata, intensità, silenzio (riferito alle pause). Queste ricerche intendono innanzitutto trovare delle alternative ai fenomeni di ridondanza caratteristici dei linguaggi naturali; Robson indica sei modi per combatterne la convenzionalità: i– «A writer of phonetic music may destroy contextual meaning with such excessive repetition that attention to grammar or meaning is eliminated by exhaustion of all its information»[110]; ii– «A second strategy to make tonal patterns of speech more audible is to drastically increase the occurrence of vowels that share either high, middle or low pitch levels»[111]. Diventa in questo modo possibile produrre dei particolari testi sonori, i Tone poems, per i quali Robson ha elaborato uno specifico sistema di notazione:
a prosodic notation which expresses durations of phonemes by lenghts of letters; intensity by darkness or faintness of letters; pitch by raising or lowering of vowels; pauses by lengths of blank space. Shadowings of vowels indicate modulation of pitch which adds another pitch level to the three level code»[112].
iii– La terza strategia utile per esaltare la percezione dei toni «is to write short non-contextual English. […] The classic exemple of how short poetry can successfully reduce the redundancy of natural language is the 17 syllables Haiku»[113]. Si consideri in proposito che
Titles can create frames of reference for fitting invented words or nonsense syllables into themes, themes that guide reader/listener towards recognizing the acoustic story of the composition[114].
iv– Per rendere i suoni del linguaggio comune più chiaramente percepibili occorre provvedere all’invenzione di nuove parole, che abbiano un loro caratteristico valore acustico;
v– Un’altra strategia per prevenire e combattere la de-liricizzazione della poesia (causata dai fenomeni di ridondanza) consiste nel produrre delle composizioni costituite da successioni di vocali isolate, scelte sia per i loro valori di altezza sulla scala vocalica e che per i loro toni, melodiosi o perfino dissonanti, visto il particolare valore che la dissonanza ha nel linguaggio musicale;
vi– Ultimo accorgimento, l’adozione di un sistema di notazione «to cuereaders to speak the patterns of fundamental pitch the composer wishest hem to speak»[115]. Le sue caratteristiche visive agevolano il riconoscimento del significato musicale dei testi, che così «look likethey sound»[116].
Word Music
Tutto quello che la voce umana intona, ha scritto Toby Lurie, costituisce una forma di musica: il ritmo, la pulsazione, il battito del cuore del linguaggio. Anche il linguaggio parlato è in qualche modo una forma di musica; la voce umana, dal canto suo, è anche uno strumento di infinita bellezza e di straordinaria versatilità[117].
Partendo da queste premesse Lurie ricorda alcune sue opere come Sound Composition for Six; Serial Number Four; Serial Weavings[118]. Nella seconda Lurie ha impiegato una particolare tecnica, che chiama serial-music, concetto corrispondente ad una forma di atonalità secondo le teorie di Schoenberg, il quale «destroyed the syntax of the traditional musical scale form which reinforces tonality, by creating an equal relationship between all tones or pitches»[119].
Le ricerche di Luriehanno proposto diversi procedimenti di combinazione tra forme musicali e linguaggio verbale, lasciando ad altri la soluzione dei problemi di definizione delle proprie opere, che egli si dichiara indifferentemente disposto a chiamare «poems, compositions, pieces of spoken-music, or what ever you might call them»[120].
Materiali per una storia della “Recorded Literature”
Although it is difficult to evaluate the Dada poets’ unrecorded experiments with sounds, their experimental aspirations prefigure many of the formal characteristics of contemporary recorded literature[121].
Nel suo articolo Regarding Recorder Literature[122] Nicholas Zurbrugg ha osservato che
The Dada poets manifest the two main tendencies of all twentieth century creativity – the impulse towards abstraction and the impulse towards expressive simultaneity. While the impulse towards abstraction reduced language to elementary sounds … the impulse towards simultaneity attempted to communicate several sonic statements at the same time[123].
Le opere contemporanee appartenenti alla Recorded Literature
seem to offer successful technologically elaborated variants of the mixtures of words and sounds that the Dadaists attempted to produce with their ‘simultaneous’ poems[124].
Gli incunaboli della “Recorded Literature” dovrebbero dunque essere rinvenuti proprio nella sperimentazione dada[125]; ma la sua espansione si è ovviamente registrata nel nostro dopoguerra. Come scrive Zurbrugg, essa «forms a new composite genre»[126], di cui fanno parte i radiodrammi di Samuel Beckett[127], i poemi permutazionali di Brion Gysin[128], diverse opere di Amirkhanian[129] e le numerose registrazioni fatte da Burroughs, che lesse le sue opere in prosa «in a memorable manner»[130]:
Burroughs has not simply used recording techniques to document the sound of his voice reading his printed work; he has also explored recording techniques as a means of creation composing works for and with recording tape[131].
Ancora, gli Audiopoems di Chopin[132], alcune opere lettriste come Lances Rompues pour la Dame Gothique di Isidore Isou[133], diverse collane di dischi (come quelli pubblicati dalla rivista “OU”)[134] e di audiocassette (per esempio quelle delle edizioni tedesche S-Press), nonché le riviste che sono circolate esclusivamente in cassetta (come l’americana “Black Box”[135] e l’inglese “Supranormal”); infine, il servizio di poesia telefonica Dial-A-Poem attivato a New York da John Giorno[136].
Tutte queste operazioni creative, ha scritto Zurbrugg, «treat recording techniques not merely as a way of documenting the sound of preexisting written work, but as a means of creating new works which trascend the written word, existing as recorded literature»[137], in cui le apparecchiature di registrazione costituiscono un nuovo medium letterario.
[1] Cit. in M. Pagnini, Struttura letteraria e metodo critico, Messina-Firenze, D’Anna, 1967, p. 25.
[2] Una “Antologia internazionale di ricerche fonetiche”, a cura di Maurizio Nannucci, è Poesia sonora (Milano, CBS / Sugar, 1975), ancora oggi di utile ascolto.
[3] Cfr. I. Hassan, Postface 1982: Toward a Concept of Postmodernism, nel suo The Dismemberment of Orpheus, Madison, The University of Wisconsin Press, 1982, pp. 259-271.
[4] Cfr. M. Benamou, Notes on the Technological Imagination, in The Technological Imagination: Theories and Fictions, edited by T. De Laurentis, A. Huyssens e K. Woodward, Madison, Coda Press, 1980, pp. 65-75.
[5] S. Scobie, Realism and its Discontents: the Question of Abstraction in Literature, in Aa.Vv., Aural Literature Criticism (di seguito abbreviato in ALC), edited by R. Kostelanetz, New York & Edmonton, Precisely: 10-11-12, 1981, p. 57.
[6] Questa posizione viene così esplicitata da S. McCaffery in Sound Poetry: A Catalogue, a cura dello stesso McCaffere di bp Nichol, Toronto, Underwhich Editions, 1978, p. 10. La cit. in ALC, p. 45.
[7] Si riprende qui la tipologia dei discorsi orali primari proposta da W. J. Ong nel suo Orality and Literacy. The Technologizing of the Word, London & New York, Methuen, 1982 (tr. it.: Oralità e scrittura. Le tecnologie della parola, Bologna, il Mulino, 1986).
[8] Cfr. H. Kahn e A. J. Wiener, The Year 2000: A Framework for Speculation on the Next Thirty-Three Years, London & Toronto, Macmillan, 1967 (tr. it.: L’anno 2000. La scienza di oggi presenta il mondo di domani, a cura di G. Fiori e R. Jannaccone, pref. di G. Martinoli, Milano, Il Saggiatore, 1968).
[9] Cfr. M. Jousse, Le style oral rhythmique et mnémotechnique chez les Verbomoteurs, Paris, G. Beauchesne, 1925.
[10] Cfr. J.-F. Lyotard, Rudiments païens, Paris, 10/18, 1977, pp. 81-114.
[11] Cfr. M. D’Ambrosio, Sémiotique de la poésie concrète, “The Canadian Journal in Semiotics”, VI n. 3 / VII n. 1, Edmonton, University of Alberta, Spring-Fall 1979, pp. 249-261.
[12] E. Benveniste, Problèmes de linguistique gènèrale, II, Paris, Gallimard, 1966, pp. 43-66: cit. in R. Barthes, Rasch, in Aa. Vv., Lingua discorso società, Parma, Pratiche Editrice, 1979, p. 273.
[13] Cfr. M. Riffaterre, Semiotica della poesia [1978], Bologna, il Mulino, 1983; in particolare il primo capitolo, La significanza di una poesia, pp. 23-53.
[14] Cfr. G. E. Simonetti, La voce e la forma voce, nel suo Hyde Park, Milano, CrampsRecords, 1978, pp. 5-12.
[15] Cfr. ad esempio la combinatoria sillabica privilegiata in alcune opere di Mimmo Rotella e di Arrigo Lora Totino. Per il primo cfr. il LP 33 Poemi fonetici 1949-75, Milano, Plura Records, 1975; per il secondo il LP 33 n. 7 (side one) in Futura. Antologia storico-critica della poesia sonora, Milano, Cramps Records, 1978.
[16] Cfr. ad esempio alcune opere di Paul De Vree Poemi audio-visuali, Brescia, Edizioni Amodulo, 1972; musicassetta.
[17] J. Derrida, La voce e il fenomeno, Milano, Jaca Book, 1968, p. 112.
[18] G. Dalmasso, Nota di edizione, ivi, p. VII.
[19] I. Fonagy, Analyses sémiotiques de la voix humaine, “Semiotica”, n. 13, Mouton Publishers, 1975, p. 97.
[20] Cfr. P. Paioni, La voce e la scrittura, in Atti del Convegno internazionale di studi su Giuseppe Ungaretti [Università di Urbino, ottobre 1979], Urbino, Edizioni 4 venti, 1981, pp. 191-197.
[21] R. Barthes, La musica, la voce, il linguaggio, “Nuova rivista musicale Italiana”, XII, n. 3, Roma, E.R.I., luglio-settembre 1978, p. 363.
[22] I. Fonagy, op. cit., p. 104.
[23] Una registrazione nel 33 giri London, Balsam Flex Production, 1979.
[24] Cfr. M. D’Ambrosio, Against Argumentation: On Sound Poetry, New York, 1979,pp. 72-77 (tr. it. in “Anterem”, n. 13, Verona, aprile 1980, pp. 40-41).
[25] A. Artaud, cit. in L. Caruso,Une profusion obsedante des signes, presentazione di Poesia sonora II, Incontri culturali de La Nuova Italia, Napoli, maggio 1973.
[26] R. Barthes, Rasch, cit., p. 273.
[27] H. Chopin, La “Poésie sonore” sert à quoi?, in Poesia sonora, a cura di L. Caruso e L. Marcheschi, Napoli, Schettini Editore, 1975, p. 66.
[28] R. Barthes, La musica, la voce, il linguaggio, cit., p. 366.
[29] Cfr. W. Flusser, Testo-immagine, riassunto della conferenza tenuta il 3 febbraio 1984 presso l’Institut Français di Napoli, dattiloscritto; per gentile concessione dell’Istituto Italiano per li Studi Filosofici di Napoli, p. 7.
[30] Cfr. M. D’Ambrosio, La voce e la corpoesia, “Carte Segrete”, XV, n. 48/49, Roma, aprile-giugno 1981, pp. 18-25.
[31] Cfr. almeno H. Chopin, Poésie sonore internationale, Paris, Jean-Michel Place éditeur, 1979; Poésies sonores, sous la direction de V. Barras et N. Zurbrugg, Annecy, Editions Contrechamps, 1992.
[32] Cfr. J. Derrida, op. cit..
[33] I primi testi creativi computerizzati, basati sul sistema linguistico verbale, sono stati generalmente distinti in formulari e derivativi; i primi prevedono le restrizioni dell’uso di un linguaggio mediante un programma, i secondi un testo compiuto come materiale di partenza
[34] P. Lansky, Six Fantasies on a Poem by Thomas Campion, New York, Composers Recordings, 1982.
[35] «Speech and song are commonly thought of as different and distinct … It is my feeling, however, that they are more usefully thought of as occupying opposite ends of a wide spectrum of musical potential» (P. Lansky, [Presentazione], in Six Fantasies on a Poem by Thomas Campion, cit.).
[36] Il computer utilizzato è un DDP224; il sistema di sintesi della voce una creazione di Joseph Olive.
[37] R. Kostelanetz, Text-Sound in North America since 1976: further notes, in ALC, p. 31-
[38] Ibidem.
[39] Ch. Dodge, [intervento], in A Symposium on Text-Sound, in ALC, p. 151-152.
[40] In Italia, Piero A. Olmeda ha prodotto, presso il Centro di Sonologia Computazionale dell’Università di Padova, dei testi poetici prima elaborati al computer. La voce dell’autore è stata preliminarmente digitalizzata dal vivo e poi sintetizzata, in modo da poter liberamente variare il segnale originale e attivare una serie di effetti estranei all’apparato laringo-faringeo. Cfr., di Olmeda, Computer poetry (“Testuale”, II, n. 3, Milano, giugno 1985, pp. 47-55) e “L’allegro Faust” ovvero la scienza e la poesia contemporanea, in Poesia &, a cura di M. Mori, Firenze, ArciPoesia, 1986, pp. 21-28.
[41] Ch. Dodge, Synthesized voices, New York, Composer Recordings, 1976. La partitura nell’antologia Text-Sound Texts, edited by R. Kostelanetz, New York, William Morrow and Company, Inc., 1980, pp. 362-364.
[42] Cfr. Ch. Dodge, On speech songs, in Current Directions in Computer Music Research, edited by M. V. Mathews and J. R. Pierce, Cambridge/MA, MIT Press, 1989, pp. 9-17.
[43] Le registrazioni sono state poi inserite nel CD Any Resemblance is Purely Coincidental, San Francisco, New Albion Records, 1992. I testi provengono da The Sargeantville Notebook di Mark Strand. Le ultime due erano già nel LP, curato da Charles Amirkhanian, 10+2:12 American Text Sound Pieces, Berkeley/CA, 1750 ArchRecords, 1974.
[44] Cfr. la recensione di chi scrive a Aural Literature Criticism, edited by R. Kostelanetz (Precisely: 10 11 12, New York & Edmonton, 1981): “Dismisura”, XIII, n. 67/73, dicembre 1984, pp. 112-116.
[45] Scrive Kostelanetz: «Since neither aural literature or its criticism has a prescriptive tradition of appropriates procedures, the following essays are no less various in style and approach than the works they describe» (ALC, pp. 7-8).
[46] H. Chopin, Poésie sonore internationale, cit.. Rimandiamo in proposito alla recensione di chi scrive La battaglia contro la parola, “Tam Tam”, n. 26, luglio 1981, pp. 12-13. Due articoli ospitati da ALC sono dedicati al libro di Chopin: The Chopin Phenomenon, di Nicholas Zurbrugg (pp. 161-168) e Henri Chopin: The French Connection, di Claudia Reeder (pp. 169-182). Zurbrugg considera il libro di Chopin «an instant classic» (p. 162) che sottolinea compiutamente la «fascinating diversity of contemporary sound poetry» (p. 163). Si tratta del documento più importante tra quelli prodotti in prospettiva storico-critica sull’argomento, un’introduzione indispensabile per gli studi successivi. La Reeder rimprovera a Chopin di aver eccessivamente enfatizzato il contributo offerto dagli autori francesi alla nascita e allo sviluppo della Poesia sonora, accusandolo di esprimere un punto di vista strettamente personale (p. 177). Inoltre, deplora che la ricerca sia stata impostata sulla base di criteri alquanto eterogenei, da quello cronologico a quello geografico a quello stilistico. Ancora, la Reeder afferma che «Chopin does not elaborate a conceptual framework within which to analyze these and other artistic practices but instead uses his points of reference as ‘models’. A wide variety of post 1950 artistic practices are described in terms of only these points of reference or presented in relation to them» (ibidem). In conclusione la Reeder non può però non riconoscere il grande valore dell’opera e in particolare che essa «suggests many directions for future research» (p. 179).
[47]Text-Sound Texts, cit.. Cfr. la recensione di chi scrive apparsa in “Tam Tam” n. 29, giugno 1982, pp. 21-24.
[48] «A distinct art form with characteristics and traditions of its own» (R. Kostelanetz, Text-Sound: Further Notes, in ALC, p. 18). In questo intervento il curatore aggiorna al 1980 alcuni suoi scritti precedenti sulla Poesia sonora, registrando nuove opere e nuovi autori e in particolare fornendo una rassegna delle opere presentate al Twelfth International Sound Poetry Festival, svoltosi a New York nell’aprile di quell’anno. Sulla manifestazione cfr. la recensione di R. Ratner apparsa in “SoHo Weekly News” il 30 aprile 1980.
[49] Cfr. il cofanetto con tre CD: Burbank, RhinoRecords, 1990.
[50] R. Kostelanetz, A Symposium on Text-Sound. Charles Dodge, Bliem Kern, & Jackson Mac Low, moderated by Richard Kostelanetz, in ALC, p. 145. Kostelanetz abitualmente sorvola sui problemi relativi alla sintassi e alla semantica del linguaggio musicale, investigati in una letteratura critico-teorica che non trova riscontri nei suoi scritti. Ma in proposito cfr. almeno J. J. Nattiez, Fondements d’une sémiologie de la musique, Paris, 10/18, 1975 (in particolare il capitolo Les méthodes de la sémantique musicale, pp. 157-193); Problemi di semantica musicale, numero monografico di “VS”, n. 13, Milano, Bompiani, 1976 (contiene anche, alle pp. 97-113, un’utile bibliografa sulla semiotica musicale, a cura di J. J. Nattiez); I. Stoianova, Geste Texte Musique, Paris, 10/18, 1978.
[51] Cit. da R. Kostelanetz in ALC, p. 17.
[52] Ibidem.
[53] Ivi, p. 18.
[54] Ivi, p. 13.
[55] Ivi, pp. 49-60.
[56] Ivi, p. 49.
[57] Ibidem.
[58] J. Rothemberg, Horse Songs, New York, New Wilderness Foundation, 1977 (audiocassetta).
[59] Ch. Morgenstern, Galgenlieder, Audio Media Digital, 1914.
[60] CFr. i testi in L. Forte, La poesia dadaista tedesca, Torino, Giulio Einaudi editore, 1976, pp. 142-151.
[61] Cfr. almeno l’edizione francese di LidantiuHaram, Paris, Allia, 1995.
[62] ALC, p. 52.
[63] Ibidem.
[64] L’opera di Artaud, registrata nel quarto disco di Futura. Antologia storico-critica della poesia sonora (a cura di Lora Totino, Milano, Cramps Records, 1978), è anche su 33 giri: La Manifacture et I.N.A., 1986.
[65] ALC, p. 53.
[66] N. Zurbrugg considera i Crirhythmes di Dufene una sorta di «abstract ‘action poetry’ offering the sonic equivalent of Jackson Pollock’s painting» (ALC, p. 65).
[67] Cfr. almeno le due edizioni degli Audiopoems: London, Tangent, 1971;Verona-Napoli, Edizioni Lotta Poetica & Studio Morra, s.d..
[68] ALC, p. 69. Tra i poeti sonori svedesi ricordiamo almeno Lars-Gunnar Bodin, Sten Hanson, AkeHodell, BengtEmil Johnson ellmarLaaban.Cfr. ancheil LP 33 giri antologicoText–Sound Festivals – 10 Years, Stockholm, Fylkingen records, 1977.
[69] Sull’argomento resta insuperato il volume di J. P. Curtay La poésie lettriste, Paris, Seghers, 1974. Ma cfr. anche i più recenti M. Bandini, Per una storia del Lettrismo, Gavorrano, Traccedizioni, 2005; B. Girard, Lettrisme – L’ultime avant-garde, Lassay-les-Châteaux, les presses du réel, 2010; A. Scuro, Il Lettrismo, Bolsena, Massari editore, 2014.
[70] ALC, pp. 13-14.
[71] Ivi, p. 13.
[72] Secondo Hanson esse sono, evidentemente, la stessa cosa.
[73] ALC, p. 13.
[74] Cfr. almeno le opere di Chopin raccolte nei 4 CD del cofanetto OU Sound poetry. An anthology (Alga Marghen, 2002): Sol Air; Chant du Corps; Le ventre de Bertini; Vibrespace; L’energie du sommeil; Indicatif 1 e La Fusée interplanétaire (Audiopoèmes); Le Rire est Debout; Le soleil est mécanique; Les Manibulesdu “Déjeuner sur l’Herbe”; Mes Bronches; 2500, les Grenouilles d’Aristophane.
[75] ALC, p. 14.
[76] S. Scobie, Realism and its Discontents: The Question of Abstraction in Literature, ivi, p. 39.
[77] Ibidem.
[78] Ibidem.
[79] Ivi, p. 41.
[80] Ibidem.
[81] Ibidem.
[82] Ivi, p. 42.
[83] Cfr. la sua raccolta Asymmetries 1-260 (New York, Printed Editions, 1980) e, in particolare, l’introduzione: Methods for Reading and Performing Asymmetries 1-260, pp. xiii-ixx (ma xix).
[84] Cfr. almeno Mureau Tonband Dusseldorf-Munchen, S Press, 1972; audiocassetta) e la raccolta Empty Words, Middletown, Wesleyan University Press, 1981.
[85] ALC, p. 43.
[86] Ibidem.
[87] Ivi,p. 44.
[88] Ibidem.
[89] Ibidem.
[90] Ibidem.
[91] Cfr. K. Gaburo, Lingua II: Maledetto, New York, Composers Recordings, 1974.
[92] ALC, p. 42.
[93] J. F. Keppler, Repetition in Aural Literature, ivi, pp. 81-86.
[94] Ivi, p. 86.
[95] È questa l’opinione espressa anche da Kostelanetz; cfr. ALC, p. 24.
[96] Ivi, p. 81.
[97] Ivi, p. 82.
[98] Ibidem.
[99] Ibidem. Just di Amirkhanian (1972) è nel disco antologico 10+2:12. American Text Sound Pieces, cit..
[100] ALC, p. 45.
[101] Ibidem.
[102] Ibidem.
[103] Ivi, p. 5.
[104] Ivi, p. 123.
[105] Ivi, p. 111.
[106] Ibidem.
[107] Ibidem.
[108] Ibidem.
[109] Ibidem.
[110] Ivi, p. 113.
[111] Ibidem.
[112] Ivi, p. 114.
[113] Ivi, p. 115.
[114] Ivi, p. 116.
[115] Ivi, p. 119.
[116] lvi, p. 114.
[117] Cfr. Il suo LP 33 giri Word Music!, New York, CMS Records, 1971.
[118] T. Lurie, Word Music, in ALC, pp. 127-141.
[119] Ivi, p. 133.
[120] Ivi, p. 141.
[121] Ivi, p. 62.
[122] Ivi, pp. 61-74.
[123] Ivi, pp. 62-63.
[124] Ivi, p. 68.
[125] Esistono alcune registrazioni di testi dadaisti letti dagli autori; cfr. ad esempio, di Raoul Hausmann, Bbbb (in “OU”, n. 26/27, 1966) Soundrel e Conversation imagé avec les lettristes (in Futura, cit., disco n. 3).
[126] ALC, p. 70.
[127] S. Beckett, All That Fall; Embers (entrambi London, 1959) e Lessness (London, 1969). Beckett ha definito la prima opera «a specifically radio play or rather radio text for voices, not bodies», aggiungendo: «I have already refused to have it staged and I cannot think of it in such terms» (cit. in ALC, p. 61).
[128] Per le ricerche di Brion Gysin cfr. I suoi dischi Steve Lacy / Brion Gysin: Songs e Brion Gysin: Orgy Boys, rispettivamente New York e Therwil, Hat Hut Records, 1981 e 1982, nonché la cassetta The Brion Gysin Show – “Where Is That Word?”, Düsseldorf-Munchen, S Press Tonbandverlag, 1975.
[129]Cfr. almeno i suoi 33 giri Lexical Music (Berkeley, 1750 Arch Records, 1979) e Mental Radio, New York, Composers Recordings, 1985.
[130] ALC, p. 67.
[131] Ibidem. Zurbrugg si riferisce evidentemente alle ricerche di Burroughs raccolte nel disco Nothing Here Now but the Recordings, Industrial Records, 1981.
[132] Gli Audiopoems di Henri Chopin, che possiedono «superimposing several levels of … fragmented words, and vocalic and nonvocalic noises into dense sonic textures with much in common with electronic music» (ALC, p. 69), sono stati raccolti nel secondo disco cit..
[133] Questo testo,del 1945, è stato riprodotto in I. Isou, Introduction une nouvelle poésie et une nouvelle musique, Paris, Gallimard, 1947. Cfr. Dello stesso autore il 33 giri Poèmes Lettristes 1944-1999, Alga Marghen, 1999.
[134] Tra il 1964 e il 1973 i fascicoli di “OU”, rivista diretta da H. Chopin, dal nn. 20/21 al 42/44 sono stati accompagnati da un disco antologico.
[135] Di “Black Box” cfr. almeno l’antologia di Poesia sonora dal titolo Breathingspace/77, curata da John Wellman (n. 15, 1978).
[136] Cfr. il 33 giri Disconnected: The Dial–A–Poem Poets, New York, Giorno Poetry Systems, 1974.
[137] ALC, p. 71.
Scrivi un commento