Cultura come leva della ragione, del pensiero, dell’utopia e del cambiamento

di Anna Maria Giancarli

In questo passaggio storico in Italia la cultura appare una antica, luminosa parabola in discesa libera, tra processi politici e sociali degenerativi, tra azzeramenti del pensiero critico ed accettazione diffusa degli attuali assetti di regressione sociale e intellettuale.

Un’opposizione seria e lucida al decadimento dei diritti, delle garanzie e delle tutele fondamentali, contro i soprusi, le indifferenze, gli attacchi conservatori, i privilegi, dovrebbe essere prima di tutto “culturale”. Sarebbe, perciò, improrogabile costruire da parte di quel soggetto segmentato, consapevole, che pure esiste in questo singolare paese, ma che stenta a coagularsi, una rete connessa, di contrasto, che apra delle contraddizioni nella crisi che ci paralizza, per affermare l’importanza della reale crescita democratica e civile che soltanto i veri processi culturali possono consentire.

Purtroppo la conoscenza e la lettura senza paraocchi della realtà non permettono la prefigurazione di un futuro illuminato da positivi cambiamenti. Esistono esempi concreti che confermano il pessimismo della ragione. Non è un caso che, nel devastato scenario odierno, la mia città, L’Aquila, sia divenuta il simbolo della dissennata e intollerabile tendenza nazionale all’ignoranza, che porta alla liquidazione e allo sperpero (di quanto di più prestigioso esiste) del nostro ingente patrimonio artistico e culturale, prezioso anche per la crescita economica se tutelato e valorizzato adeguatamente. Appunto, L’Aquila, città monumentale, col suo enorme centro storico, con le sue ricchezze artistiche, con la sua secolare storia di civiltà, completamente devastata dal terremoto del 6 aprile 2009, dopo quattro anni e mezzo, è ancora una città ingabbiata, un buco nero al centro dell’Italia, che attende la sua doverosa ricostruzione materiale ed immateriale, che sarebbe ormai avvenuta in un paese civile. Nella tragedia aquilana è balzata fuori del tutto la mediocrità culturale dei nostri tempi, con i connotati dell’indifferenza, dell’incapacità progettuale, della speculazione, dei ripetuti tentativi di occultamento delle responsabilità anche precedenti al sisma. Non sono mancate nel panorama le risate notturne, le lacrime ipocrite, le passerelle dei politici, le false promesse (soprattutto del potente di turno), i tornaconti di ogni genere, il cinismo dei proclami.

Carlo Nannicola – Greetings from L’Aquila (Poladroid) – 2009 -> ?

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Ovviamente si possono fare altri esempi di degrado vergognoso nel nostro territorio nazionale, ma l’emblematica vicenda d’una popolazione senza città, che vede sbriciolarsi di giorno in giorno la sua ricchezza culturale, la sua memoria, la sua identità, la sua stessa sopravvivenza di comunità, costituisce senza dubbio la cartina di tornasole per svelare e identificare lo stato delle cose e comprenderlo fino in fondo per denunciarlo. E qui mancano le italiane e gli italiani. Le macerie, i puntellamenti, gli sbarramenti, le zone rosse fanno parte ormai per le abitanti e gli abitanti del panorama visivo e interiore, abituati come eravamo in passato a nutrirci di arte, mentre il silenzio surreale ed il buio hanno ingoiato la vita, ora cadenzata da assenze ed attese.

Va anche detto che, nel primo periodo, non sono mancate le solidarietà, anche generose, ma col passare del tempo le immagini del disastro si sono sbiadite o addirittura cancellate, e l’intero problema della ricostruzione è precipitato nel vortice onnivoro e smemorato di questa oscena società dello spettacolo.

La dimenticanza, infatti, è un altro dei connotati che ci distinguono. Ne sono degli esempi le stragi di stato, che mai hanno trovato un colpevole, e le tante tragedie sepolte nella nebbia delle nostre coscienze.

Eppure all’Aquila, in questa condizione profondamente mutata, in cui la vita ruota intorno a lacerazioni e dicotomie, anche le attività culturali si sono riorganizzate in siti periferici, favorendo il forte desiderio di ricomposizione collettiva. Paradossalmente la situazione di estrema difficoltà, anche economica per le incertezze ed i tagli dei finanziamenti pubblici, ha acceso e alimentato la determinazione alla resistenza, unita alla rabbia contro l’assenza delle istituzioni che dovrebbero garantire i diritti.

Mi rendo conto che queste riflessioni dipingono un affresco sconsolante, ma la verità dell’analisi, a mio parere, sottostà a qualsiasi strategia di cambiamento del reale.

E’ sotto gli occhi di tutti che l’ingente giacimento culturale italiano, come dicevo prima, viene colpevolmente trascurato invece che utilizzato come leva per lo sviluppo economico ed il progresso civile della nazione intera. Tutto ciò accade per l’indifferenza diffusa, anche perché il pensiero e la ragione sono stati messi al bando negli ultimi tre decenni in particolare, e il grimaldello della crisi globale pilotata dalla finanza internazionale ha fatto il resto.

La rinascita culturale e civile collettiva è la sola arma efficace di contrasto a tale degenerazione e deve incardinarsi alla qualità, alla ricerca, alle nuove tecnologie, alle forme estetiche innovative, alla varietà e alla commistione dei linguaggi specifici, in un clima di scambio anche con le culture altre.

Questa “forma cultura” non può rassegnarsi alla banalità dilagante, in primis della comunicazione, alla omologazione indotta, alla rinuncia dei processi critico-speculativi, alla sterile ritualità dello spettacolo delirante che ci viene propinato ogni giorno, che abbassa ulteriormente il livello intellettuale della società intera.

E se la situazione è questa non resta che affidarsi alla capacità di resistenza, anzi di resilienza, di quei soggetti tenaci che hanno combattuto e combattono contro il disimpegno perdurante di questo popolo italiano privo di senso civico. La resilienza, come tutte e tutti sappiamo, è la capacità di un sistema di autoripararsi, cioè di tornare alla stato iniziale, dopo aver subito un trauma più o meno esteso. Resalio è l’iterativo di salio ed indicava il gesto di risalire su una barca capovolta dalla furia del mare. Era, insomma, nell’etimo sinonimo di salvezza. La parola è usata soprattutto dagli ingegneri dopo che un geniale scienziato francese inventò a metà del ‘900 una macchina formidabile che da lui prese il nome: il cosiddetto “pendolo di Charpy”.

In questa difficilissima stagione bisogna senza dubbio favorire e studiare il modo di autorigenerarsi, come avviene nel delicato, violentato, ma resistente ecosistema, per ritrovare insieme l’àncora in grado di agganciare quanto prodotto da quel “sistema cultura”, che pure da pochi è stato difeso ed è circolante. La cultura per essere tale deve essere percorsa da una grande tensione etica, sociale e civile, così come conferma la teoria di Foucault, secondo il quale “l’arte non deve servire come abbellimento, ma come esplorazione, scavo, ricerca, irruzione del vero per rendere il mondo migliore”. In sostanza, nonostante la perdita delle illusioni e la visione lucida di una società attuale mercantile, arrivista, asservita, estraniata, bisogna ri-cercare nuove prospettive tra le tante giuste contraddizioni e sperimentare nuove forme di connessioni e divergenze, di percezioni e di percorsi.

Infine, colgo l’occasione per comunicarvi che L’Aquila ha avanzato la sua candidatura a città europea della cultura per il 2019. E’ un progetto ambizioso, una sfida molto sentita come fattore di riaggregazione sociale e di ricostruzione morale.

Lo slogan che viene proposto è “il futuro viene da lontano”, con chiaro riferimento alla sorte della città, più volte distrutta dai terremoti e sempre – e meglio finora – ricostruita.

Anche in questo caso, paradossalmente, se cultura vuol dire vivere a tutto tondo la condizione umana individuale e collettiva, preservare la memoria, ricostruire l’ingente patrimonio artistico, architettonico, naturale e scientifico, migliorandolo, allora L’Aquila ha davvero i titoli per competere.

Quella che va realizzata nella città è senza dubbio un’operazione culturale al massimo grado, che non trova confronto. Ecco perché l’indifferenza dei vari governo e di tanta parte della popolazione che vive in questo paese offende chiunque abbia un minimo senso civico ed abbia a cuore il bene comune.

(Relazione tenuta al Convegno “La cultura e gli italiani” promosso e organizzato dal Sindacato Nazionale Scrittori – Roma, 22 ottobre 2013).

P. S. La candidatura di “L’Aquila città europea della cultura 2019”, sostenuta tra gli altri anche dal Sindacato Nazionale Scrittori, non ha superato le forche caudine della giuria europea presieduta da Steve Green, composta da membri italiani e stranieri scelti e concordati con la Commissione Europea . I dossiers-progetto delle sei città preselezionate per la finale (Cagliari, Lecce, Matera, Perugia-Assisi, Ravenna e Siena), opportunamente integrati sulla base delle raccomandazioni effettuate, saranno riesaminati “nell’ultimo trimestre” del 2014, data in cui si deciderà quale sarà la città italiana designata come “Città europea della cultura 2019”. Tra le città bocciate, oltre L’Aquila figurano, tra le altre, Venezia-Nordest, Mantova, Palermo, Pisa, Urbino.