La forza della poesia ha avuto anche il merito di dar vita ad una sezione dedicata ai detenuti dei penitenziari italiani, unico caso in Italia e di aprire le porte del carcere aquilano “Le Costarelle”, nel quale i reclusi hanno potuto incontrare e dialogare con i poeti ospiti d’onore della manifestazione

di Anna Maria Giancarli

Fu un’autentica sfida, nel lontano 2002, istituire un premio di poesia all’Aquila con l’intento di dotare la città d’un evento significativo e, soprattutto, di onorare la più autorevole e nota scrittrice aquilana, Laudomia Bonanni, fra le più significative del secondo Novecento, ma quasi dimenticata, colpevolmente, dai suoi concittadini.

Da allora, sia il suo nome che la “poesia” si sono diffusi nel territorio nazionale ed all’estero. A quel tempo mi sostenne Maria Luisa Spaziani, grande poeta, amica di Laudomia, coinvolgendo nella giuria tecnica illustri nomi della critica e della scrittura a livello nazionale.

Con entusiasmo e convinzione aderirono al progetto Antonio Battaglia, allora  Presidente della Carispaq e Stefania Pezzopane, impegnata a supportare lo sviluppo della cultura in città.

Insieme, con atto notarile, fondammo il Premio letterario internazionale “Città dell’Aquila” intitolato a Laudomia Bonanni, evento che ha portato in città le voci poetiche più prestigiose del mondo, insieme a quelle di tanti poeti italiani, premiati nelle diverse edizioni.

Il consenso nei confronti del premio, sia per la levatura dei giurati che per la serietà degli organizzatori, è cresciuto di anno in anno, conquistando un posto di rilievo nel panorama nazionale. La forza della poesia ha avuto anche il merito di dar vita ad una sezione dedicata ai detenuti dei penitenziari italiani, unico caso in Italia e di aprire le porte del carcere aquilano “Le Costarelle”, nel quale i reclusi hanno potuto incontrare e dialogare con i poeti ospiti d’onore della manifestazione.  Da Evtusenko (Russia), a Derek Walcott (Nobel per la poesia), da Mahmud Darwish (eroe poetico del popolo Palestinese), a Joumana Haddad (Libano), da Adonis (Siria), a Tahar Ben Jelloun (Marocco), da Kikuo Takano (Giappone), a Yang Lian (Cina) e tanti altri, hanno sempre garantito la loro presenza fra i detenuti ed hanno diffuso la loro sapienza poetica nella città alla quale alcuni hanno dedicato esaltanti versi.

Slides (a cura di Anna Maria Giancarli)

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Hanno, inoltre, affascinato il pubblico aquilano le presenze e le voci di Piera Degli Esposti, Bartolomeo Giusti, Vanessa Gravina, Edoardo Siravo, Andrea Fusco, Eva Martelli, oltre ai veloci concerti offerti dalle Istituzioni Musicali aquilane.

Quindi, un bilancio molto positivo alla luce dei risultati raggiunti ma, come avviene nella vita anche di un premio, momenti difficili ne hanno segnato il percorso. Il catastrofico terremoto del 2009 ha distrutto la città ed il suo territorio. Nonostante la tragicità della situazione, per la convinta volontà degli organizzatori, il premio è andato avanti con la presenza del poeta greco Titos Patrikios. Purtroppo, nel tempo, sono venuti a mancare tanti componenti della giuria: Mila Marini, Maria Luisa Spaziani, Giorgio Barberi Squarotti, Franco Scaglia e, quest’anno, Sergio Zavoli e Marco Santagata. Enormi perdite, anche difficili da sostituire.

L’edizione diciannovesima (2020) del premio, poi, ha preteso una forte capacità di resilienza a causa della dilagante pandemia che ha colpito l’intero pianeta.

Ma ancora, malgrado il Covid 19, il bando del premio è stato inviato e come sempre le più autorevoli case editrici hanno risposto numerose, così come i poeti da tutta l’Italia. La giuria ha scelto i vincitori, che sicuramente non potranno essere presenti fisicamente alla loro premiazione (prevista per il 28 Novembre), che è sempre stata un’occasione di incontri, di scambi, di festa della poesia.

Tutto ciò, senza dubbio, evidenzia la strenua determinazione di proseguire il cammino, reso ancor più problematico dalla già sofferente socialità che permea la nostra provata comunità. Certamente il premio andrà rivitalizzato, con l’impegno di sempre e con la ferma motivazione del consenso ricevuto. La convinzione che la cultura sia, ancor più di prima, strumento prezioso di crescita, di convivenza umana, di civiltà, dovrà nutrire il nuovo cammino. E’ un compito, quello di mantenerlo in vita, che, in ogni caso, ci riguarda tutte e tutti nella nostra ferita città in “ricostruzione”, se vogliamo valorizzare il passato per progettare un futuro umanamente degno.

A seguire, un mio inedito contributo critico dal titolo

Laudomia Bonanni: la maternità, tra desiderio e rifiuto

Ricca d’ingegno, riservata e schiva come la sua gente d’Abruzzo, Laudomia Bonanni – è ormai noto – fa della scrittura il motivo fondante,  il baricentro della sua vita.

Spesso, nei suoi racconti o romanzi emergono figure di donne non convenzionali, attraverso una costruzione letteraria visionaria ed al tempo stesso vera come il fuoco, che si dipana tutta sullo stesso piano pur rivelando all’interno movimenti violenti e drammatici. Inesausta volontà di andare oltre ogni schema prestabilito sia sul piano stilistico che intellettuale, infatti, è il perno della sua ricerca artistica ed umana.

Certamente rispetto al suo essere “donna” compie delle scelte rigorose e forti che demarcano anche una separazione (conseguente e dolorosa) tra voce e corpo. Non v’è dubbio che, nella sua esistenza, la voce prenda il sopravvento e si nutra oltre che di un assiduo esercizio letterario, di un coraggio morale e di una chiarezza di analisi tali da assumere la dignità di un vero e proprio testamento nei confronti dell’universo femminile che, nelle sue pagine, viene sempre esaltato.

Uno dei temi centrali del suo mondo narrativo non può che essere quello della maternità, mai tranquillamente vissuta dalle sue protagoniste, forse proprio perché desiderio e rifiuto sono per lei i due poli che alimentano questo fantasma. Laudomia percepisce molto bene tale conflitto, con il suo sguardo libero, cosciente che l’evento, senza dubbio, sia tanto sconvolgente proprio in quanto costituisce l’atto creativo fondamentale per l’esistenza umana. Ma ella lo analizza senza alcuna retorica, anzi indagando al di là delle sovrastrutture e rivelandone gli effetti più profondi, anche negativi, che genera.

Non si può che restare stupiti anche oggi da una visione della maternità così autentica ed avanzata, se si riflette appena al fatto che essa, con la sua aura sacrale, ipocrita, ha da sempre condizionato intere generazioni di donne, sottomesse per secoli a questo ruolo tradizionale. Ruolo, senza dubbio, stretto e segregante per la scrittrice, che non ha mai concepito l’idea di “realizzarsi” mettendo al mondo dei figli.

È bene precisare che, in questo suo atteggiamento intellettuale – come in altri – Laudomia non fa riferimento ad alcuna corrente di pensiero, neanche dopo il travolgente movimento di liberazione e di emancipazione delle donne negli anni ’70. Si tratta in lei di una coscienza della superiorità naturale della donna, che oltrepassa il contingente. Queste convinzioni, fuori e al di sopra di qualsiasi coro, anzi a volte scandalose ed urticanti per i benpensanti in quanto mettono in discussione pericolosamente i princìpi conservatori dell’assetto sociale, hanno nuociuto molto alla nostra autrice, che sfugge comunque a qualsiasi tentativo di incasellamento anche da parte delle stesse donne.

La maternità, da sempre concepita come la realizzazione femminile per eccellenza, non poteva e non può, persino oggi, essere demistificata con leggerezza. Accettare che, proprio perché così totalizzante, pretenda una scelta consapevole da parte della donna che, attraverso di essa, mette in gioco tutto il suo corpo e la sua mente, irrita molte interessate “coscienze”. Quasi mai, inoltre, si considera che – proprio per l’importanza che ad essa viene attribuita – se non realizzata, possa costituire per l’identità femminile una menomazione, una privazione, un percorso doloroso che può arrivare a casi non inconsueti di nevrosi.

Laudomia Bonanni indaga sul problema raggiungendo il nucleo più segreto del rapporto delle donne con la maternità. Aspettare un figlio, sembra dire lei, è un fatto spesso altamente traumatico e drammatico. Il bambino pesa nel ventre di ogni madre che, di fronte ad un figlio, si pone angosciosi interrogativi e sente preoccupazioni, pericoli e smarrimenti.

Un capolavoro, su questo tema, è il suo incredibile romanzo Il bambino di pietra, con il sottotitolo Storia di una nevrosi femminile, che affronta il rifiuto della maternità attraverso la trattazione di un caso rarissimo di litopedio riportato dalla cronaca. Un libro emblematico, coraggioso, forse oltraggioso per la morale comune, che la dice lunga sulla straordinaria attualità della nostra scrittrice. Questo esserino di pietra, ritrovato nel ventre di una donna, calcificato come l’angiolino che viene apposto sulle tombe dei bambini, diventa per Laudomia il simbolo dei non nati, persino della violenza che la donna “per natura” è costretta a subire con la maternità.

Come altre, anche questa storia, da un punto di vista stilistico, non si allarga in sequenze ma va in profondità e ad essa ci possiamo avvicinare con cautela e rispetto, non  per scoprire “una” verità, ma per intravedere le “tante” molteplici verità che evoca.

V’è nella scrittura della Bonanni anche questo rigore morale, che la porta a raccontarci dei fatti esemplari senza giudizi sottesi o preconcetti moralistici. V’è una denuncia vera della condizione femminile, che impone una seria riflessione sulla negatività dei luoghi comuni che condizionano la vita e dei tabù che impediscono la conoscenza.

Dolente, giocato nello spazio sottile tra ragione e sentimento e nella trama dei ricordi, il romanzo vive d’una tensione tragica, che investe la società repressiva del tempo, sovrastata dall’inconsistenza del maschio – assente e muto – mentre fa intravedere una figura di donna consapevole, che non intende perpetuare quell’assetto sociale di solitudine e sofferenza.

NOTA REDAZIONALE

Il “Premio città dell’Aquila”, meglio conosciuto come “”Premio Laudomia Bonanni”, istituito nel 2002 e giunto senza alcuna soluzione di continuità alla sua 19ª edizione del 2020, è imperniato sulla figura e l’opera della scrittrice Laudomia Bonanni (L’Aquila, 8 dicembre 1907 – Roma 21 febbraio 2002). Per chi voglia approfondire la sua vasta quanto pregevole produzione letteraria, si rimanda alla consultazione del sito www.laudomiabonanni.it curato dall’ “Associazione Internazionale di Cultura Laudomia Bonanni”.