Le stratificazioni dei suoi “Paesaggi memoriali” dedicati alle diverse ere geologiche evocate anche con la tecnica dell’affresco (su tela) ampliano e di molto lo stesso concetto tematico di “Paesaggio” (pittorico o grafico), così com’è venuto a con/figurarsi nel corso del carsico fiume della storia dell’arte moderna
di Antonio Gasbarrini
Tra gli artisti italiani che più si distingueranno per la loro ricerca neo-avanguardistica nei primi due decenni della seconda metà del Novecento, va senz’altro inserito il nome di Nino Gagliardi, artista marsicano di nascita, ma di formazione visiva e letteraria europea (Francia ed Inghilterra, si legga nella Nota biografica).
Non fosse altro che per questa e molte altre ragioni connesse alla persistente qualità estetica dei suoi dipinti, grafiche, disegni e sculture-oggetto in perspex, sarebbe spettato ad un Ente istituzionale (il Comune di Avezzano in primis, beneficiario del suo apporto ideativo-organizzativo per l’ascesa, in campo nazionale, del prestigioso “Premio Avezzano”) farsi promotore di questa mostra retrospettiva a circa 30 anni dal suo congedo terreno. Ma così non è stato.
Si deve pertanto unicamente alla figlia Patricia e alla nipote Alessia, se una buona parte della disponibilità di sue opere, approderà a L’Aquila con una storicizzante ricognizione documentante oltre tre decenni della sua incessante attività. Retrospettiva sostenuta, a livello museografico, dal Centro Documentazione Artepoesia Contemporanea “Angelus Novus” (da me co-fondato e diretto sin dal 1988 e tuttora attivo), con la sincronica sua mostra personale “Spaccati geologici”.
Dopo le prime mostre personali e di gruppo connesse stilisticamente agli insegnamenti ricevuti dal pittore esule spagnolo Pablo Figueroa docente all’Ecole d’Art Février di Montpellier, con dipinti ove le deformazioni espressionisteggianti delle figure e la spigolosa resa formale di paesaggi e nature morte avranno la meglio (anni 1938-1949), sarà, nel decennio successivo, il vissuto con la temperie artistico-culturale romana, a far attestare inizialmente le sue “sperimentazioni formali e linguistiche in progress”, sul versante stilistico d’una avanguardia storica qual è stata il Futurismo o la dechirichina Metafisica.
In questa fase, una nuova concezione dell’impaginato pittorico, in cui movimento e stasi dei soggetti rappresentati sono dialetticamente sollecitati da un cromatismo ridotto ai minimi termini con la prevalenza di bianchi su bianchi (neo-metafisica) e di rossi in fuga dall’attrazione materica gravitazionale (neo-futurismo), prepara il terreno per la successiva ed originalissima svolta “Neo-barocca”.
Inaugurante, nel decennio 1958-1968, un’effervescente stagione creativa. Sarà adesso la contemporanea fioritura di una magmatica materia cromatica strettamente avvinghiata ad un segno ovoidale all’interno di una nuova organizzazione texturale dello spazio e di una rinnovata visione della vita e del mondo, ad esaltare il fuoco pirotecnico di un colore magmatico quanto lussurioso e sensuale.
Seguiranno, a distanza ravvicinata, i “raffreddati” cicli pittorici e pitto-scultorei delle “Strutture semantiche” e dei “Pre-oggetti in perspex”, che gli varranno ampi riconoscimenti, a cominciare dalla più che storicizzata rassegna sanmarinese “Oltre l’Informale” del 1963 voluta e teorizzata in primis da Giulio Carlo Argan all’insegna dei coevi dettami europei neo-gestaltici.
Il repentino spegnimento dell’incendiaria tavolozza neo-barocca in favore di un ossificato segno che rifiuta la gestualità esistenziale dell’hic et nunc – il qui e ora tanto caro all’ “Informale” – viene risolto da Gagliardi con una spinta astrazione basica. Ottenuta con la reiterazione di un ellittico seme emergente da un’iconografia ovoidale vagante sul sottostante sfondo monocromatico alla stregua di frastagliati continenti alla deriva. Movimento che, negli scultorizzati “Pre-oggetti” in perspex, sarà affidato otticamente al gioco di luci ottenuto con acuminate superfici trasparenti a forma di losanga variamente assemblate.
Complice la rivolta culturale e sociale sessantottina abbinata temporalmente al coincidente suo rientro da Roma in Abruzzo con l’apertura dell’atelier a L’Aquila, sarà poi l’arco temporale di circa un quarto di secolo, a registrare un innovativo quanto intrigante approccio con una Natura ri/trovata. Ma, non sarà il grandioso paesaggio montano dell’aquilano a catturare la sua attenzione, quanto gli ancestrali “silenzi marini” di quelle vette emerse dagli abissi. Congelando vite zoomorfe e fitomorfe, la cui forma originaria resterà incisa per sempre su rocce su rocce.
Ed ecco allora che tutto il suo magistero inventivo è stato questa volta rinverdito da un sasso capitatogli casualmente tra le mani, con le impronte del fossile impresso.
Nello sfiorare quelle cicatrici svuotate di vita e di movimento, è stato quasi subitaneo – per un artista che del segno guizzante da un colore materico ne aveva fatto la cifra stilistica – riandare, con la sua indomita quanto fertile immaginazione, alle origini di un segno vitale imbevuto di sangue, linfa, ossigeno, acqua e luce.
Portfolio opere (1958-1994) di Nino Gagliardi
Riemergono così, dalla notte dei tempi ed in tutta la loro immanenza corporale e tridimensionale Fossili e Ammoniti riproposti in gruppo alla stregua di “Nature vive”o singole specie quali Trilobite, Mesosauro, Chelone…,alcune volte effigiati in varie versioni.
Il suo approccio non è comunque quello di un realistico d’àpres del reperto fossile ripreso in questo o quel museo di scienze naturali. Piuttosto siamo in presenza di una trasfigurazione immaginifica di esseri scomparsi riportati a nuova vita con la mediazione di pennelli, spatole, colori, e, non già come stanno tentando di fare gli scienziati resuscitandoli nei laboratori con l’utilizzazione di frammenti del loro DNA.
Le stratificazioni dei suoi “Paesaggi memoriali” dedicati alle diverse ere geologiche evocate anche con la tecnica dell’affresco (su tela) ampliano e di molto lo stesso concetto tematico di “Paesaggio” (pittorico o grafico), così com’è venuto a con/figurarsi nel corso del carsico fiume della storia dell’arte moderna. A partire dagli impressionisti o da un Van Gogh, della cui lezione “cromaticamente libertaria” Gagliardi aveva sempre tenuto conto allorché, tra una pausa e l’altra della sua insaziabile ricerca, riprende fiato espressivo concedendosi una sorta di “vacanza”, come avviene nei suoi rari quadri figurativi (nel senso tradizionale) esposti, quali La féerie des Collines – Paysage de Provence e La Promenade des Anglais et l’archaïsme.
Del tutto inedite sono le ultime sue opere realizzate (‘90-’92) nello studio aperto a Nizza, in cui si farà strada la parola d’ordine “evoluzione”, nuova pietra di paragone stilistica con il passaggio formale da un concezione euclidea dello spazio tridimensionale ad una più complessa, anche concettualmente, del quadridimensionale spazio-tempo einsteniano.
Sono gli stessi titoli dati in questa nuova fase espressiva (Evoluzioni geometriche dell’ammonite, Geometrie de l’espace, Espace cosmique…) a certificare la sua attenzione su un più ampio spettro esistenziale con cui raccordare quei rammemoranti “negativi” dei fossili al nascere e perire sia delle singole specie secondo le modalità fissate dal Darwin, che delle altre intoccabili, ma venerabili creature quali sono le singole stelle o gli ammassi di galassie.
Due sono le principali configurazioni di aggregazione geometrica d’una palpitante materia cromatica ad avere, in questo ultimo ciclo, decisamente la meglio. Una è risolta con una mosaicizzante tassellatura di concatenati mini rettangoli per lo più arcuati e variamente colorati assemblati in scultorizzate forme ora aperte, ora conchiuse; l’altro in un dirompente, vertiginoso vorticare di ellittiche e spiraliche masse su masse emergenti come assolate isole dal marginalizzato sfondo variamente trattato.
Nell’arte di Nino Gagliardi, in ultima analisi, più che questa o quella forma dinamizzata dall’uso sapiente del suo impaginato pittorico, è il magmatico, poetizzato colore materico, a trionfare in tutta la sua enigmatica e rappacificante Bellezza.
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NINO GAGLIARDI
Notizie biografiche
Nino Gagliardi nasce in Avezzano il 9 febbraio 1918. Studi classici e Istituto Universitario Orientale di Lingue a Napoli.
In Francia dove soggiorna vari anni frequenta l’Ecole d’Art Février di Montpellier e sotto la guida del pittore spagnolo Pablo Figueroa subisce il fascino della pittura. A Saint Géniez d’Olt espone le sue prime tele nel 1938 nel locale Café Verlaguet. Guerra e prigionia. Nel 1946 affronta la prima vera personale alla Eston House di Monxton in Inghilterra ed ivi trova il tempo di diplomarsi in lingua inglese presso l’Università di Cambridge.
Nel 1949 ad Avezzano dà inizio ad una intensa attività pittorica. Negli anni ’50-’53 partecipa a mostre di gruppo ed espone in varie personali.
Nel 1954 si trasferisce a Roma dove prende attivo contatto con i pittori C. Savelli, Vangelli, Monachesi, Samonà, Caraceni ed altri partecipando alle principali rassegne tenute in città. In questo periodo approfondisce l’indagine sul colore e perfeziona la sua sintassi approdando ad una sintesi figurale di particolare efficacia.
Nel 1957 la ricerca figurativa attinge direttamente alla lezione delle avanguardie storiche (Futurismo) e Metafisica, sfociando più tardi nella scoperta della materia e del segno indagati nelle loro relazioni dinamiche.
Con la poetica informale raggiunge risultati significativi nelle soluzioni neo-barocche degli anni 1959-1961. Insoddisfatto e sempre più immerso nello sperimentalismo è attirato dal richiamo degli emblemi iconologici che rafforzano la sua attrazione verso il segno.
II passo che lo porterà di lì a poco a misurarsi con la poetica neo-gestaltica, trova il punto di massima maturazione nella IV Biennale Internazionale di San Marino “Oltre l’Informale” del 1963. Qui, tra gli artisti italiani, è segnalato, per l’opera “Rencontre”, insieme a Dorazio e Turcato. È in questa fase che lo si nota tra i principali protagonisti del movimento neo-gestaltico sostenuto teoricamente in primis da Giulio Carlo Argan. Insieme agli artisti Cannilla, Carchietti, Orci, Guerrieri, Martinez, Pace ed altri partecipa alla mostra itinerante Roma/Firenze/Napoli/Terni/ Cosenza,“ Strutture Visive”.
I suoi oggetti in perspex ricevono consensi al Premio Termoli del 1969 dove, per l’olio su tela “Proposta di spazio concreto, n° 3” (facente ora parte della collezione del MACTE Museo d’Arte Contemporanea Termoli, inaugurato nel 2019) gli viene assegnato il primo premio ex aequo con Remotti.
È tra i più attivi organizzatori delle varie edizioni del Premio Avezzano sino al 1967 che con “Strutture di Visione”, “Proposte UNO” e “XVII Premio Avezzano” raggiunge uno dei momenti più qualificanti delle rassegne visive non solo nazionali.
Esaurita la ricerca avanguardistica, nel 1968 lascia Roma e torna in Abruzzo dove si stabilisce, assumendo la docenza di lingua inglese presso l’Istituto Universitario di Medicina e Chirurgia dell’Aquila.
Portfolio opere (1958-1994) di Nino Gagliardi
Sono questi gli anni del ripensamento e dell’approfondimento delle fruttuose esperienze precedenti che lo portano poi ad un ritorno neo-figurativo di particolare pregnanza modernizzante, in cui risente il forte richiamo della natura, e, in particolare, del paesaggio della sua terra natia.
Nel 1977 è tra i fondatori – insieme ad altri artisti operanti a L’Aquila ed al critico Antonio Gasbarrini – di “Officina Culturale ‘77”, attiva nella tipografia di Claudio Del Romano – che, con le sue iniziative nel campo delle arti visive e letterarie, animerà la vita culturale della città dell’Aquila sino al finire degli anni Ottanta.
Sempre nel 1977 riprende la sua indagine sulla materia e sul segno che troverà nei nuovi cicli dei “Fossili” e degli “Spaccati geologici” originali e innovativi esiti espressivi.
L’anno successivo è tra gli iniziatori dell’Accademia di Belle Arti “L. da Viterbo” in Viterbo ove insegnerà nel “Corso di pittura” per un triennio.
Con gli artisti laziali instaura un nuovo e fecondo sodalizio che negli anni Ottanta promuove una serie di iniziative fra cui farà spicco la rassegna “Ventura e morte di Sir Arrigo di Cornovaglia” dedicata all’illustre personaggio storico, dove sarà presente con una sua istallazione sculto-pittorica.
Numerose, inoltre, le sue partecipazioni nei vari Premi abruzzesi (Michetti, Vasto, ecc.) o in Rassegne di qualità come Alternative Attuali Abruzzo ’87.
Nel 1982 esce l’esaustiva monografia L’Immagine corrotta firmata da Antonio Gasbarrini (Marcello Ferri Editore, L’Aquila) dedicata alla sua incessante ricerca indagata anche, nella sezione “Testimonianze”, dai critici Giorgio Tempesti, Giuseppe Gatt, Italo Tomassoni (qui un ampio estratto):
https://www.angelus-novus.it/blog/1982/05/21/antonio-gasbarrini-nino-gagliardi-limmagine-corrotta/
Agli inizi degli anni Novanta apre lo studio a Nizza. Qui compone molte delle poesie confluite – insieme ad una serie di disegni effettuati anche mentre era degente in un ospedale a Teramo dove si spegnerà nel febbraio del 1994, non senza aver avuto l’amicale conforto dell’artista Silvestro Cutuli e di Antonio Gasbarrini, propugnatori d’una progettata pubblicazione – nel volume “Il Volo” stampato postumo sul finire dello stesso anno (Prefazione Anna Ventura, Postfazione Antonio Gasbarrini, Angelus Novus Edizioni, L’Aquila).
Sempre sul versante letterario, possono ricordarsi, in qualità di autore, la pubblicazione della raccolta di poesie “Le gambe del diavolo” (uscita nel 1987 per i tipi di Firenze Libri) ed il racconto autobiografico “Lo schiaffo”(inserito nel volume “Questamarsica” curato da Romolo Liberale, Roma 1981). Ha inoltre tradotto dall’inglese ed in inglese numerosi volumi di Arte e Letteratura.
Sue opere sono presenti in vari musei e collezioni pubbliche e private quali, tra gli altri, il Museo Nazionale d’Abruzzo (Munda) L’Aquila, Pinacoteca civica di Avezzano, Museo delle Arti Castello di Nocciano, Museo Pinacoteca Enrico Mattei Civitella Roveto, Collezione ex Cassa di Risparmio L’Aquila.
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