Queste sono nottate dove il fango gioca un ruolo importante… con l’erba fradicia e la merda e il cemento punteggiato di luci, e la luna abbandonata su ceneri e rifiuti… sì, è la notte giusta per andarsene…

di Marco Palladini

1 – Il Tempo del Viandante

Poeta >

Ecce homo… mi alzo alle quattro di mattina, senza aver chiuso occhio… preso da una irrefrenabile decisione brechtiana, mi infilo le mutande… Altrove, nel mondo, sono le dieci di notte, e, altrove ancora, le dieci di mattina… e un ragazzo viene ucciso, e forse altri mille: ma questo, per il momento, non è il caso che mi preoccupi… aspiro aria di mare…

Vai, uomo, vai… vai a mostrare quanta fatica hai fatto ad infilarti le mutande… Là fuori, nel gelo, ci sono vite anonime che conoscono bene il colore vitreo dell’aria… Ecco l’uomo: sono tutto qui. Che cosa vi aspettavate? … Sì, sì, ho la loro stessa faccia… la faccia, senza espressione, di un uomo con cui si piscia ai cessi, fianco a fianco, come con un fratello… E allora, idioti, che cosa aspettate ad ammazzarmi (o almeno a sputarmi in faccia)? …

Viandante >

La solitudine… ce l’avete presente? … Bigna esse’ molto forti pe’ ama’ la solitudine; bisogna ave’ bone gambe e ’na resistenza fori dar comune; nun se deve rischia’ er raffreddore, l’influenza o er mal de gola; nun se devono teme’ li rapinatori o l’assassini; se tocca cammina’ pe’ tutto er pomeriggio o magari pe’ tutta la sera, bigna sapello fa’ senza accorgersene… che da sedesse nun c’è; specie d’inverno; cor vento che tira sull’erba bagnata, e co li pietroni tra la monnezza, umidi e fangosi… nun c’è proprio nissun conforto, a parte er fatto de ave’ davanti tutto ’n giorno e ’na notte senza doveri o limiti de qualsiasi genere…

E er sesso è ’n pretesto.  Pe’ quanti siano l’incontri, in verità nun sono che momenti della solitudine… più caldo e vivo è er corpo gentile che unge de seme e se ne va, più freddo e mortale è intorno er diletto deserto… è er deserto che riempie de gioia, come ’n vento miracoloso, no er sorriso innocente o la torbida prepotenza di chi poi se ne va… egli se porta dietro ’na giovinezza enormemente giovane; e in questo è disumano, perché nun lascia tracce, o mejio, lascia ’na sola traccia che è, poi, ’gnisempre la stessa in tutte le stagioni…

Poeta >

Perché c’è sempre una doppia ispirazione brechtiana… e io seguo la mia ispirazione… le mutande, i calzini, il vestito nero… sono un poeta e pubblico profeta che Essi, i padroni della democrazia, non considerano un loro pari… mi considerano un inferiore… perciò mi disprezzano come un cane bastardo che non si sa dove sporchi di più… Ma cosa mi ha spinto poco prima dell’alba ad infilarmi ’ste mutande? … beh, c’è una grande Verità ed è la sua ansia che non mi ha fatto dormire, come un santo… La Verità, beh – lo sapete bene, ragazzi miei – la Verità non si può dire…

Viandante >

Sapete? Un regazzo ai suoi primi amori nun è altro che la fecondità der monno… È er monno che così arriva co’ lui… appare e scompare, come ’na forma che muta… Restano intatte tutte le cose, e tu potrai camminare pe’ mezza città, ma nun lo ritroverai mai più… l’atto è compiuto e la sua ripetizione è ’n rito… come ’n dovere, come ’n sacrificio da compie’ pe’ la generale vojia de morte…

Poeta >

Ecce homo… ecco perché taccio: e tutto ciò che mi viene alle labbra sono soltanto chiacchiere… è così che la Verità, quando è profondamente sentita, si esprime: divagando… Essi, i veri superiori, sono i soli che la possono proclamare… Io potrei dire che lo sfruttamento non è sfruttamento, che la guerra non è guerra, che un soldato morto non è un soldato morto, che c’è appunto qualcos’altro: e cioè… quella Verità… è la Verità che mi ha fatto alzare all’alba come un papa, e venire qua a tremare, a parlare… stampa e televisione domani lo comunicheranno a tutto il mondo… Perché io credo in tutto ciò che essi, i presunti superiori, coloro che sono nati nella Conoscenza, negano… e allora, idioti, che cosa aspettate ad ammazzarmi o almeno a sputarmi in faccia?  … perché io sono fuori di me… e attendo una verità che comprenda la mia Verità e la vostra Verità… perché siamo ugualmente ignoranti, io e voi… e ora parla in me la grande pietà della verità con la v minuscola: quella che ha parole e che io qui, cerco di fissare come un pazzo davanti a voi…

Viandante >

Invecchianno, però, la stanchezza, quanno si è sempre ’n giro, comincia a fasse senti’… allora per ’n soffio non urli o piagni… e ciò sarebbe traumatico se nun fosse appunto solo stanchezza, e forse un po’ de fame. Traumatico, perché vorrebbe di’ che er tuo desiderio de solitudine nun potrebbe esse’ più soddisfatto… Nun c’è cena o pranzo o soddisfazione der monno, che valga ’na camminata senza fine pe’ le strade povere, dove bigna esse’ disgraziati e forti, fratelli de li cani.

Poeta >

… E infatti balbettate anche voi… balbettiamo tutti, ragazzi… parliamo del più e del meno, perché non sappiamo dire altro… ecco, dunque ignoranza contro ignoranza, perché se così non fosse la vostra Parola adesso si alzerebbe come quella di un Profeta nel deserto e io cadrei per terra con questo mio corpo così umile, abietto, da cane… cadrei per terra, sui rifiuti, piangendo per chi è sfruttato e ucciso, e vedendo per la prima volta tutti i morti delle guerre di ieri e di oggi… e invece me ne torno a casa, e voi domattina parlerete alla televisione o scriverete sui computer… ma io parlo di una Verità che non ha parole… e allora, ragazzi, tenetevi la vostra innocenza, che io mi tengo la mia… davvero, non è colpa vostra se non sapete parlare come un profeta… e io, poeta pubblico, non cadrò per terra, e non dirò che non ci sono sfruttati, che non ci sono morti… l’Impero non è che un sogno, ma è anche la realtà che dobbiamo combattere per le ragioni che Essi, i superiori, sanno… e il loro sapere è la grazia o la disgrazia che è caduta sul mondo… e la sua storia è l’unica storia e ad essa non c’è mai vera alternativa, mai… e voi, voi non potete opporre altro che il vostro pianto, debole o rabbioso…

Viandante >

Nella mia solitudine de randagio ve vedo come ’n gregge de poveri intirizziti, striminziti… che valete perché ne avete tanti alti uguali alle spalle, e senza er gruppo morireste… ve ne annate pe’ strade che portano là da dove io so’ partito… e siete superbi pe’ er gran nummero che ve dà ragione e a cui date ragione, superbi de la vostra povertà, superbi de li stracci in cui ve arrotolate pe’ proteggerve dar gelo della notte… superbi de esse’ semplici cittadini giovani e anonimi: e attaccati anche voi, sì, anche voi a ’na Verità co’ la V maiuscola, che dà ansia, che ve tiene svegli, che nun esce da la strozza, che nun ha parole…

2 – Il Tempo del Padre

Padre >

Io sono un debole, ma non lo sa nessuno. C’è una Forza, che io eleggo a sola forza del mondo: Dio. La mia storia, la nostra storia, è soltanto un fumo. Per il nemico non posso avere amore… Democratico, tu sei un uomo debole, e, per mano mia, sarai sconfitto: in te dovrà tacere l’atroce istinto alla libertà. Forse avrai il perdono da Dio, ma da me no: io non convinco, uccido.

Poeta >

… Ah, padre ormai non più mio, padre nient’altro che padre, che vai e vieni nei miei sogni, quando vuoi, come un cinghiale appeso a un uncino… padre grigio di vino e di odio, che ti presenti a dire cose terribili, a ristabilire vecchie verità, col gusto di chi le ha sperimentate… e che poi muori nel vecchio letto matrimoniale da pochi soldi, vomitando il sangue delle viscere sui lenzuoli… e infine fai l’ultimo viaggio in una cassa da morto verso l’inospitale Friuli nel sole di un giorno d’inverno del 1959! …

Padre >

Io sono un mediocre, ma non c’è qualcuno che lo possa provare. Per questo è sublime la mia idea della Famiglia, l’umile epopea che mi giova ogni giorno. Ho disprezzo per chi crea. Tu sei un mediocre, democratico! Scribacchino! … Per questo, se mi danno l’ordine, ti ammazzo. Eh già! Io sono uno del plotone di esecuzione, uno del mazzo! … E la finirai di fare il fanatico idealista. Finalmente ti leverai dal cazzo!

Poeta >

… in questa grande normalità dei sogni e della vita, com’è commovente, il mio voler morire, nel sogno… dove io vengo da te e torno a te, col sentimento di un bimbo nato col caldo, battezzato quando il vagito era gioia… ma poi ho camminato nella storia e, sempre, il mio essere fu lontano dal tuo dominio, dal tuo pensiero… Maturava una volontà di luce nell’atroce sfiducia per la tua nera fiamma, per ogni atto di quella tua storia… e in quella luce la mia anima cercava una verifica e vi perdeva la vita per riaverla: e la vita era reale solo se era bella… E adesso, accusate pure ogni mia passione… chiamatemi informe, osceno, dilettante, spergiuro… tu padre che mi isoli, tu mi dai la certezza della vita…

Padre >

Io sono un fallito: ma posso ammetterlo? No, di certo! Perciò compio la vendetta con umiltà dialettica: sto col giusto Ideale, e detesto chi lo infetta… Quanto a te, democratico perverso, guarda che io, e non scherzo, so sparare: posso uccidere in te l’Anti-ideale… Isterico e ricattatore mi richiamo alla Norma… La tua diversità, democratico, è anormale… E io ti condanno alle zone buie della schizofrenia, nella mia funzione di Magistrato o Uomo d’Ordine: tremare devi, tremare! … tu, che sei scandalo e passione….

Poeta >

Torno a te, padre, come torna un emigrato al suo paese e lo riscopre, ma non lo ritrova più com’era un tempo… Ora mi cova nel petto una bruciante rabbia di poesia… come un’agitata, pazza vecchiaia di giovinetto… Un tempo la tua gioia era il mio terrore… ma adesso quest’altra gioia è livida, arida e la mia passione delusa… Adesso mi fai davvero paura, perché mi sei davvero vicino, sei come inglobato in questo mio stato di rabbia, di oscura fame, di ansia quasi di nuova creatura…

Padre >

Io sono un servo: ma dirmelo è reato. Nessuno può entrare nella mia coscienza… Un servo è un mistero: vive senza vita, fin da piccolo: si dedica all’Autorità, per antica obbedienza… Ma anche tu sei, democratico, un servo, un servo di altri idoli o illusioni… e non crederai che io te la perdoni! Un servo umile uccide quello superbo: aspetta solo un cenno dei padroni… Marcio democratico, col bisturi ti taglierò via come una cancrena… dolce è la pianta della vita serena e normale che tu vuoi negare… Sì, io ti schiaccerò…

Poeta >

Ho avuto tutto quello che volevo, ormai… anzi sono andato anche più in là di certe speranze… mi sento svuotato, e così eccoti qui, padre risognato, dentro di me, che riempi il mio tempo e i tempi… Sono stato razionale e sono stato irrazionale: sempre fino in fondo… e vorrei ancora cercare il deserto assordato dal vento, lo stupendo e immondo sole africano che illumina il mondo… A questa età di mezzo, io mi ritrovo ancora alla rabbia… sono paradossale come un giovane che non sa altro che lui è nuovo, e si accanisce contro il vecchio mondo dei padri… E, come un giovane, senza pietà o pudore, io non nascondo questo mio stato: non avrò pace, mai…

Padre >

Io sono un Professore e il Conformismo è la mia medicina… ma tu Democratico, illuso conformista di altre idee, tu sei un me stesso rovesciato, ma ugualmente ossesso. Perciò ti ucciderò, quasi per una mistica decisione… Io sono un immorale, e lo nascondo… Con questo vizio, sono venuto al mondo… ed è la Morale, così, che mi sostiene… Caro Democratico, che tu sia un immorale mi pare ovvio, dato che tu critichi la mia morale. Bisogna farti tacere, vai condannato al carcere a vita: che lì magari diventi immortale…

Poeta >

Una volta dissi: è per l’Istinto di Conservazione che sono comunista! … Ho avuto sempre occhi di padri su di me… Ma ora basta, basta con questa storia… I padri sono morti, accompagnati dalla mia maledizione, dalla mia indifferenza o dalla mia pietà… Così, padre che non sai che cosa sia la democrazia… sappi che i veri eroi della democrazia sono gli Infelici Molti! … Sono essi, infatti, la maggioranza… E la maggioranza, non c’è dubbio, è spregevole, ha sempre torto… e tuttavia è per la maggioranza che noi ‘lottiamo’ (non si dice così?)… sì, lottiamo sulla soglia di questo secolo nuovo e… e di nuovo vecchio…

Padre >

Io sono un Porco, ma privatamente. Sono un piccolo borghese, con una posizione discreta… Diciamo generone, ma con negozio al Tritone… Per frenare la gente occorre il Buon Costume… e allora porco democratico, sta attento! Che ’na cortellata in panza, ce vò poco a dartela, a zozzone, guarda che col fuoco nun se scherza…  Io sono un Capitalista, e lo so… I deboli, i nani, i mediocri, i falliti, i froci, i servi, i decadenti, gli immorali, i miseri maiali: io li dò al tuo Brecht, come pessime maschere politiche… Democratico classista, tu sai che loro non sanno ciò che sono, e sono ciò che non sanno, e dunque non avrai perdono… in qualche nuovo lager o gulag morirai… Lascerai fetide ossa, senza nome.

Poeta >

Per un processo mostruoso che forse potrebbe rivelare solo un sogno dentro un sogno… seppi infine che duemila miliardi avevano preso da Milano la via della Svizzera (donde rientrare quale capitale straniero)… Allora pensai, nella specifica mia incapacità di pensiero, a una trentina di facce, sì, molto familiari… Allora, no, no, no, il poeta non può fare nulla. Perché a lui sfugge, della realtà, una parte, la più considerevole, la realtà del male… perché lui frequenta solo i sogni del bene, quasi temendo che fare altro significhi perdere tempo, tradire la vita… lui ha l’ossessione del bene, e del fare il bene: ma non ha veri strumenti per percepire ciò che non è bene… così è stupidamente, è testardamente idillico, idealistico, un ladro buono, tutto perduto nel suo destino di eletto… Così, padre che non esisti, c’è da dire ancora una cosa, la più strana di tutte: nemmeno io esisto più… Per esistere… mi appello al dovere di ricordare…

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3 – Il Tempo della Madre

Madre >

È difficile dire con parole di madre ciò per cui nel cuore ben poco mi assomigli… Io però sono la sola al mondo che sa, del tuo animo, ciò che è sempre stato e prima di ogni altra cosa, amore…

Poeta >

Il mio masochismo si originò dalle liti tra i genitori – che mi gettavano in uno stato tale da cui poteva salvarmi soltanto il desiderio di essere ucciso… mentre il mio conformismo, certo, ambiguo, fu di origine esclusivamente materna…

Madre >

Per questo è orrendo venire a sapere ciò che sostieni che devi dirmi: che la tua angoscia nasce dentro la mia grazia… e insisti a dirmi che sono per te insostituibile, e per questo la vita che ti ho data è condannata alla solitudine…

Poeta >

Ho voluto la mia solitudine… E perciò, ora sono solo. Perduto nel passato… quel passato in cui cercai nel Partito l’Autorità temuta dalla madre, non l’Autorità, esercitata dal padre fascista…

Madre >

Ma tu non vuoi essere solo, io lo vedo… hai una fame infinita di amore, anche dell’amore di corpi senz’anima… perché l’anima la trovi in me, ma io sono tua madre e il mio amore tu lo senti come una schiavitù…

Poeta >

È molto dubbio che la Madre Maestra, la Capinera solitaria, avesse letto Hegel o Nietzsche: e tuttavia era un’anima bella… ma il mio conformismo che proveniva dal mondo, amato, della mite madre borghese, mi impedì, più a lungo del normale, di capire cosa siano libertà e ribellione… Perché libertà e ribellione sono stati il mio pane quotidiano…

Madre >

Mi ripeti che hai trascorso l’infanzia schiavo di questo senso alto, irrimediabile, sentito come un impegno immenso… era l’unico tuo modo di sentire la vita, l’unico colore, l’unica forma… ora, dici, è finita… ma io non lo posso credere…

Poeta >

Mi sentivo una povera creatura venuta al mondo solo per dare pena e per fare ancora più pena, e poi crepare, come di morte naturale, di delusione… Insomma, quel che si chiama destino – e che avvolge la madre e il figlio in una Cosa conclusa come una pietra… E adesso che questa pietra è rotolata nel burrone, non resta che farne un elogio funebre…

Madre >

Eppure sopravviviamo, in qualche modo sopravviviamo… ed è la confusione di una vita che rinasce fuori dalla ragione… e mi supplichi, mi supplichi di non voler morire… No, non voglio e sei qui solo, con me, in un tempo futuro, mascherato di ideali…

Poeta >

Cosa fare, madre, nella veglia, se non avere dignità? È giunta l’ora dell’esilio… e  tutto il mondo è il mio corpo insepolto…. Io sono stato uno di quei professori o scrittori, descritti da Cechov nei suoi Racconti, e che certamente Lenin conobbe… Strano, per un estremista: ma è così. L’umanesimo non fa distinzioni psicologiche: vale all’ingrosso. Così, pur vivendo da fuorilegge, io sono stato un umanista…

Madre >

Beati coloro che non vogliono sapere perché non sapranno… Beati i segnati e i diversi perché vivranno in sogno… Beati coloro che si nascondono non solo le tentazioni della carne, ma la carne stessa, perché vivono della vita degli altri… Beati i miti perché credono ogni uomo mite…

Poeta >

Ma che cosa comunico, mi chiedo, alla fine della mia carriera di poeta che, sotto sotto, si considerava indispensabile all’umanità? … Sfido pubblicamente qualcuno che voglia spiegare se, per caso, non consideri la mia vita “indegna di essere stata vissuta”… qualcuno che prevede che essa arriverà a cinquantatre anni, l’età di questa ipotetica morte… la morte di un umanista!

Madre >

Beati i timidi perché non osano credere nella cattiveria… Beati i mostri perché, dovendo dimenticare la propria mostruosità, che è della terra, passano sulla terra come spiriti…

Beati coloro che non sanno perché non sono tra coloro che contano e sono contati: e così non amano se stessi e fanno di se stessi un umile carico di Dio… Beati i diversi perché tacendo sul loro dolore conoscono il silenzio che è fuori da ogni norma…

Poeta >

… Ma allora, madre, chi fui? Che senso ha avuto la mia presenza in un tempo che è ormai così tristemente fuori tempo? … Troppo perduto nel brusio del mondo… Ti regalo una rosa e una poesia prima della resa… La poesia è un atto liberatorio, digestivo, come una secrezione necessaria… ecco è l’escremento oggettivato… Ricordo di aver letto in un libro di pedagogia psicanalitica che un bambino ha conservato gelosamente un pezzettino della sua “cacca” per donarla a un’infermiera a cui era particolarmente affezionato. Quel dono era divenuto per lui un “oggetto prezioso”… Ecco il senso della grandezza sui minimi atti di ogni nostro giorno… e ho riconoscenza per questo loro riapparire intatti a me che sono, anche fuori del tempo, solamente un sopravvissuto…

4 – Il Tempo del Figlio

Poeta >

Ero, allora, nel futuro di un ragazzo italiano che cacciava i padri da regni di ginestre… e che prendeva un treno moderno che si allungava povero fino in Europa… Ma con che cuore ero io in quel futuro? …

Figlio >

Lo sai? Hai incominciato a morire proprio in quel 1968, l’anno in cui hai avuto la prima crisi vera della tua vita… l’anno in cui, senza molto dispiacere, sei sperimentalmente spirato… e perché? Perché per la prima volta ti sei reso conto di essere un padre…

Poeta >

Cari ragazzi… cari ragazzini, sì, sì, non ho voluto essere padre, ma non mi rifiuto di essere nonno… E il nonno-scorpione ha il veleno nella coda… Voi nipotini veramente cari… della borghesia avete coscienza ma non conoscenza – coscienza ma non conoscenza – e vi siete affacciati in massa all’orizzonte… siete venuti a rappresentare il fronte in subbuglio della nuova opinione pubblica…

Figlio >

Così si fa, quando a vent’anni l’uomo decide, e si fa guerriero… e insorge contro l’Autorità del padre… forse aveva già rotto senza saperlo, ma adesso il gagliardo ventenne rompe sapendolo… e il suo atto ribelle non può più essere cancellato…

Poeta >

… la vostra, nuova Pubblica Opinione – mi dicono – sarà assai diversa da quella in cui siamo vissuti e siamo stati giudicati. È una consolazione? Ma sì, ma sì, che lo è… e però, ogni opinione pubblica è sede di Terrore… Il vostro pare essere un Terrore benigno: attraverso esso – dicono – i tabù capitoleranno e le riforme fioriranno …

Figlio >

I nostri corpi… come stracci bagnati, malamente caldi, euforici nel sogno delle notti metropolitane … i nostri corpi con le sciarpe, i giubbotti, i caschi che svoltano l’epoca e, ridendo, incendiano le strade… si caricano le nostre ambizioni, appaiono e scompaiono… leggeri e grati, teppistici e redentori, noi suoniamo il tam tam di una rivoluzione…

Poeta >

Ma l’immagine dell’insieme classista di voi figli-nipoti è per me un’immagine proprio insopportabile… tanto più che siete figli che io ho dovuto adottare per forza… Dio mio, dio mio queste migliaia di facce uguali a quella di mio Padre…

Figlio >

Sei come quel cane, fermo sul ciglio della via Prenestina, che si guarda di qua e di là prima di attraversare la strada… Non accetti nulla, ma non hai nulla veramente da ridire, dunque accetti tutto… Sembra che non hai dignità da difendere, a causa della tua bontà… Ecco, quello che chiami il tuo eroismo non ha niente da invidiare alla bieca rassegnazione…

Poeta >

La borghesia dalle cui viscere tu misteriosamente sei nato, l’ho vista coi miei occhi… i borghesi hanno visi bianchi come lapidi: non lasciarti ingannare dalla loro buona volontà, dalla loro tormentata sensibilità… I borghesi sono, al fondo, tutti terrorizzati, figlio-padre, mio capo… E i tuoi giovani coetanei, guarda, che vanno per la strada maestra, non per i sentieri alternativi…

Figlio >

La porta della storia è una Porta Stretta, infilarsi dentro costa una spaventosa fatica… c’è chi rinuncia e va a dare in giro il culo… c’è chi non ci rinuncia e tira fuori il cric dal portabagagli…  e c’è chi vuole entrarci a tutti i costi, a gomitate, ma con la  dignità della ragione… comunque sono o siamo tutti là, davanti a quella Porta…

Poeta >

… in verità mi hanno deluso tutti: sia chi ha torto e sia chi ha ragione… E tuttavia sto con chi ha ragione: ma senza illudermi… Come dice Euripide: “La democrazia consiste in queste semplici parole: chi ha qualche utile consiglio da dare alla sua patria?”… Così, i miei consigli, ti sembreranno quelli di un folle moderato… Dopo la mia morte, perciò, non sentirai la mia mancanza… l’ambiguità importa solo fin che è vivo l’Ambiguo…

Figlio >

La tua eresia era evangelica sì, era un ritorno alle origini, alla purezza perduta… ma ne nacquero un’infinità di colpevoli, di impuri, di intoccabili… l’analisi del loro comportamento e la loro condanna furono spietate… I tuoi ultimi sogni prima di morire,  questo silenzio della speranza, erano di chi non capiva la luce della nuova stagione…

Poeta >

… Ho visto strade disseminate di cadaveri e di feriti… nella nebbia delle idee e delle intenzioni… io sono a disagio nelle tane, tra i gruppi minoritari… e non sono fatto per le maggioranze, ancorché operaie… e mi sono trovato imbarazzato, come un ospite non desiderato, là dove il futuro aveva un futuro… perché il tono delle voci mi ricorda quello di uffici e sacrestie… e io vecchio laico non intendo farmi nessun segno della croce… sì, sono un corpo estraneo… dentro i vostri occhi sono un pesce fuor d’acqua… già, non si muore: si è morti… ma la rivelazione avviene sempre dopo, sempre a cose fatte… eppure guardando i vostri occhi furenti… vedo oggi sottocultura in lotta contro altra sottocultura…

Figlio >

I vecchi, la tua categoria, che vogliano o non vogliano, non possono sfuggire al destino di possedere il Potere… esso si mette da solo, lentamente e fatalmente, in mano ai vecchi… anche se essi hanno le mani bucate e sorridono umilmente come martiri o satiri…

Poeta >

Invecchiando vedevo le vostre teste piene di dolore, dove si agitava un’idea confusa e un’assoluta certezza, una presunzione di eroi destinati a… a non morire… Oh cari ragazzi sfortunati, che avevate visto a portata di mano una meravigliosa vittoria che… che non esisteva…

Figlio >

Noi accusiamo i vecchi come te di avere comunque vissuto, accusiamo i vecchi di avere accettato la vita (e non potevate non accettarla, ma non ci sono vittime innocenti)… la vita accumulandosi vi ha dato ciò che essa voleva… Noi accusiamo i vecchi di avere fatto la volontà della vita… di questa vita…

Poeta >

Va bene, ricominciamo… tutto è andato più o meno in questo modo: i burberi giovani hanno fatto le loro lotte risorgimentali, costituzionali, socialiste, fasciste, comuniste… e si assomigliavano… erano tutti gemelli… avevano tutti la stessa malattia… il modello che ogni volta rinasce in queste ribellioni è sempre quello religioso… In sostanza, le ribellioni sono state eventi di malati: con le loro maschere  – i baffi, i capelli lunghi, passo spavaldo, estremismo, ricatto morale, gioventù: tutti elementi per la fondazione di un nuovo potere… Come difatti, poi, è regolarmente avvenuto… Così, è stato in assoluto il popolo italiano dall’Ottocento al Novecento…

Figlio >

Ma i giovani, almeno, hanno gettato, il loro corpo nella lotta… e il corpo (ogni corpo), è coperto di croste, ed eternamente crocifisso… perché il corpo è col popolo… il corpo è col popolo… il corpo è col popolo…

Poeta >

La vostra droga è lo schifo, il disgusto, la rabbia, il suicidio che sono, con la religione, l’unica speranza rimasta… non approvo, ma capisco… contestazione pura e azione di bande che misurano l’enorme ingiustizia del mondo…

Figlio >

Caro poeta impuro, che non hai banda e stai da solo… Non ti rimproveriamo di aver avuto paura, ti rimproveriamo di averla giustificata… La tua oscura Musa, un po’ troppo italiana, ci ottenebra… è musa di sconfitta…

Poeta >

Non si poteva essere che provinciali e fascisti, con una piccola cultura e con un piccolo cazzo da esibire, ridotto al presente a uno straccio, ad un’umiliazione o a una ragione di falsa gloria… Insomma, tutto ristagnava a quel modo… Poi nel ’68 ci fu quel caos che buttò tutto all’aria… ma non appena tornò un po’ di calma, ricomparvero quei giovanotti coi baffi e con le teste ricce… Il caos rimescola quello che c’è… E davanti a noi ora c’è il nulla con le ultime speranze, senza sapore…




5 – Il Tempo della Morte

Dr. Morte >

Perché stasera siamo qui? Solo per giocarci un finale di partita? … Sembri uno spettro…

Poeta >

Non sembro uno spettro, lo sono… Io sono lo spettro di una storia che non sento più mia…

Dr. Morte >

La storia non esiste… ci sono le storie… e le storie di fantasmi fanno paura…

Poeta >

Se un poeta non fa più paura, allora è meglio che abbandoni il mondo…

Dr. Morte >

Forse il mondo non aspetta altro che tu esca di scena… che tu la smetta di provocare, di disturbare la scena del mondo…

Poeta >

Sono già stato condannato… per esempio, un tribunale mi ha condannato per essermi messo un cappello nero in testa, essermi infilato dei guanti neri nelle mani, aver caricato con una pallottola d’oro una pistola, e così aver rapinato un cristiano di duemila lire. In altre parole, sono stato condannato per un’azione accaduta nel sogno di un altro….

Dr. Morte >

La Ragione del potere era Buon Senso e la Non Ragione del poeta era Follia… Ma c’è mai stata una possibile alternativa a tutto ciò? … Non mi sembra…

Poeta >

Mi si stringe il cuore di fronte alla paura degli intellettuali di sinistra ad essere anche un poco, o solo idealmente, realmente disobbedienti al sistema… Mi guardano con uno spavento, misto di ammirazione e di odio, quando oso dire qualcosa di opposto all’opposizione istituita… Mi chiedo, davvero, che cosa temono… Si tratta dell’antica paura di essere lasciati fuori dal branco? O si tratta di umiltà? …

Dr. Morte >

Fa paura e genera totale incomprensione non la tua ideologia, ammesso che ci sia… ma la pericolosità della tua esperienza esistenziale, diretta, concreta, drammatica… esperienza corporea… del corpo gettato nella lotta che vive il cataclisma epocale…

Poeta >

E così, giustamente, anche tu mi guardi come un malato a cui non si vogliono togliere le illusioni… che del resto non ha… Va bene, negoziamo. Ma tu non chiedermi niente…

Dr. Morte >

Non c’è più nulla da negoziare… La tua Via Crucis è finita e con essa la vita… la Via Crucis poi ricomincia, ma la tua vita no…

Poeta >

Sai qual è la vera tragedia? È che non ci sono più esseri umani… ci sono strane macchine che sbattono l’una contro l’altra… come due treni che si scontrano e non si sa perché… non si sa se c’è un complotto… o un disegno criminale… Oggi ci odiamo, domani ci ammazzeremo… due mondi che sputano sangue, ma invero sono già finiti…

Dr. Morte >

Ecco, così ci capiamo… perché sai bene che sei in fondo alla fossa… che tutto quello che tocchi l’hai già toccato… che sei prigioniero di un indecente interesse a conservarti… ma lo sai che ogni convalescenza è una ricaduta…

Poeta >

Una volta se camminavo per le strade ero fratello del cane e dello scopino, poi un po’ di ricchezza acquisita mi ha, in parte, allontanato dalla strada… tuttavia l’odore dell’esperienza fatta non è andato perduto… L’Italia puzza di bellezza! … L’Italia puzza di gente disperata e orribilmente ignorante…

Dr. Morte >

Qui le acque sono stagnanti e tutto sa di vecchio… Qui anche l’umorismo fa parte del blocco inamovibile… Qui non si fa altro che ridurre il nuovo all’antico… qui il tuo discorso si ostina a non voler riconoscere quali sono le regole del gioco… e finisce che adori la luce soltanto se è senza speranza…

Poeta >

Il potere oggi omologa tutto: tutti vogliono le stesse cose e si comportano allo stesso modo… il potere è la violenza di chi governa un consiglio di amministrazione o fa una speculazione in Borsa… ma anche di chi usa una spranga per fare giustizia… perché gli hanno detto che è una virtù farlo… e così lui esercita tranquillo il suo diritto-virtù… è un assassino, sì, ma è buono…

Dr. Morte >

Stai dicendo, così, che non ci sono differenze? … che i fascisti e i non fascisti sono la medesima cosa? …

Poeta >

Sto dicendo che, ovviamente, bisogna stare con i deboli… ma in un certo senso, tutti sono i deboli, perché tutti sono vittime… e tutti sono i colpevoli, perché tutti sono pronti al gioco del massacro… pur di avere… perché l’educazione ricevuta è stata questa: avere, possedere, distruggere…

Dr. Morte >

Ti ho visto andare come un mendicante nei bassifondi (uscendo dal comodo ghetto dove stavano gli altri poeti)… E lì hai trovato, oltre le centinaia di fetidi prati dove hai fatto l’amore, molta comprensione… ma hai riportato anche messaggi di odio… e non era più un odio giusto, un odio povero, un odio pieno di gentilezza…

Poeta >

Con la vita che ho fatto, ho pagato molti prezzi… io sono uno che è sceso molte volte all’inferno… ma quando torno (se torno), ho visto cose che altri non hanno visto mai … e posso dire: state attenti, l’inferno sta salendo da voi… siete voi con le vostre scuole, i giornali, le case editrici, le tivù, i media e new media che eccitate tutto questo… e continuate a tenere in piedi quest’ordine criminale basato sul possesso e sulla distruzione…

Dr. Morte >

Queste sono nottate dove il fango gioca un ruolo importante… con l’erba fradicia e la merda e il cemento punteggiato di luci, e la luna abbandonata su ceneri e rifiuti… sì, è la notte giusta per andarsene…

Poeta >

Nella fredda notte di novembre annuso la tragedia… Ecco il teatro della morte, un casuale, perfetto luogo non-luogo… un luogo di ciechi silenzi estivi… immemore realtà su cui sono passati i millenni…

Dr. Morte >

La tua poesia per sopravvivere deve prendere atto della propria fine… Ora che sei finito, può essere qualsiasi cosa… Da dove ripartire? … Riparti dal cadavere del poeta… perché se la lingua è Dio… la poesia è il suo Profeta…

Poeta >

Ho aggredito il mondo, sapendo che era un modo per chiedere pietà… naturalmente non l’ho ottenuta… e ora il mio fantasma sente le tue bestemmie… Non posso urlare, e sputo sul ventre di mia madre che mi ha sgravato…

Dr. Morte >

La razza umana non è come tu la immagini… È molto inferiore… Ma in questa inferiorità è la realtà, cioè una vera grandezza che tu non sai concepire… Caro poeta morente, la sola poesia è la poesia da farsi …

Poeta >

Maledetta poesia! Essa impedisce alla mia vita di prendere altre strade… La professione di poeta in quanto poeta è sempre più insignificante… egli non sa dialogare con la realtà… ma allora perché non la contempla in silenzio? – Essere santo, e non letterato? … sì, le azioni della vita… saranno esse, la poesia, perché non c’è altra poesia che l’azione reale… E prima di morire… forse non pregherò nemmeno… ma nessuno potrà mai mettere la parola fine alla mia storia …

Dr. Morte >

Stanno arrivando… e non avranno pietà… inconsapevoli di altra vita più pura, gli inferiori diventano dei mitici superiori… eccoli i rognosi… i sottoproletari… i razzisti …

Poeta >

… ma ciò che conta è il corpo… la cui povertà è garanzia di ricchezza… egli infatti porta in dono la morte…

Dr. Morte >

Stanno arrivando… e non avranno pietà… hanno avuto l’ordine dai potenti nascosti e lo eseguiranno…

Poeta >

Lo sanno tutti che io le mie esperienze le pago di persona… forse sono io che sbaglio… ma io continuo a dire che… siete tutti in pericolo…

Dr. Morte >

Stanno arrivando… e non avranno pietà… hanno lo sguardo dei dominatori che hanno deciso che la tua vita non è più degna di essere vissuta…Scacco matto!

Poeta >

Ricominciamo… credetti in tutto quando non ho creduto più in nulla… Come tutte le persone non normali e quindi non sante, non lascerò rimpianto dietro di me… né scie di lacrime… Ricominciamo… c’è odore di naufragio… e il naufragar m’è dolce in questo mare…

* (Partitura scenico-filmica da P.P. Pasolini)