Cardini, pertanto, è da considerarsi nelle performance un artista cibernetico, alla ricerca di un nuovo spazio-tempo che sembrerebbe senza luogo, o u-topico, se non ci fosse un osservatore

di Giuseppe Siano

Il racconto artistico delle performance presentate da Marco Cardini è di carattere topologico; con questo termine faccio riferimento a tutti gli studiosi che procedono lungo il percorso inaugurato dalla teoria della forma della Gestalt.

L’artista, infatti, propone un racconto che ha le sue radici in quello che si definisce “sentire logico delle strutture”.

L’immagine-tropo, che si costruisce sullo schermo del computer, è una organizzazione inconsueta che si evolve nello spazio-tempo ed è costituita da due unità, o interfacce: dallo sfondo, che è determinato dall’ambiente logico che permette la traduzione dei messaggi sul computer, e dalla figura, che è l’immagine-tropo che indica l’evoluzione dei nessi che si tracciano nello “spazio logico” (o ambiente, a cui fa riferimento anche “la logistique de la perception” di Paul Virilio) di un territorio.

Cardini con le sue opere performative investe lo spettatore aggiungendo un insolito elemento: la percezione dello spazio-tempo nel racconto “dinamico” dell’arte.

A partire dalla quarta dimensione di Salvador Dalí — il tempo — si è potuto introdurre nel racconto artistico, ma con questo artista quel “sentire” statico emerso come rappresentazione diventa elemento dinamico.

L’evento temporale può perciò essere configurato, sia come fenomeno reversibile (se si assumono gli assiomi della teoria dei quanti) e sia come fenomeno irreversibile (se si assumono gli assiomi della teoria della relatività).

All’immagine-tropo si può accostare così l’aggettivo sincretico.

Un aggettivo, questo, che nella storia del letterario, ha determinato nessi principalmente tra concetti acustici e concetti visivi, e viceversa.

Il sincretismo linguistico contemporaneo riferibile a qualsiasi produzione artistica, dopo la “polverizzazione fonetica” e di tutto ciò che è rappresentabile, è diventato oggetto di analisi logica o di riflessione procedurale specie quando emerge in un percorso indicante un “sentire” di un osservatore che sente e racconta.

Ogni procedura di senso di solito oggi è ridotta ad un insieme di segni e di codici da decriptare, ed è soggetta alle leggi della probabilità.

Nel secolo trascorso le avanguardie storico-artistiche misero in crisi i fondamenti della identità, o di un soggetto o di un oggetto; pertanto, ciò che viene esibito oggi  con Cardini è l’esistenza di una sagoma mossa da energia. Le sue sagome emergono in un osservatore e nelle loro circonvoluzione producono una configurazione emotiva. Esse tracciano una mappa in uno spazio logico.

Queste configurazioni vanno analizzate nello spazio-tempo prendendo in esame gli attraversamenti continui di ambienti e di contro-ambienti per determinare territori, confini, nodi di relazione, ecc., senza circoscrivere (o definire) più alcuno spazio assoluto ma solo relativo a un “sentire”.

Si può dire, pertanto, che solo nello spazio del digitale emerge con maggiore chiarezza il nuovo racconto del “sentire” artistico.

Il racconto appare, laddove si producono le immagini di sintesi. E Cardini opera creando collegamenti per far emergere un’esperienza del sentire dell’umano in uno spazio digitale.

Le immagini prodotte da algoritmi sul computer imprimono, così, una obsolescenza alla “fotografica” o alla “cinematografica” differenza del fotogramma-immagine proposta da Walter Benjamin, la quale era animata ancora da intricati discorsi di marcare i territori tra un’arte costituita da un’aura e un’arte riproducibile.

Sembra proprio che l’opposizione dialettica, nel corso del tempo, abbia ceduto il passo all’organizzazione logica del mondo, tanto che oggi la sequenza determina il punto di vista nel mondo delle immagini cinetiche — dove il fotogramma è ancora una icona (oggetto di una teoria della visione) e non una figura (o immagine, o oggetto ad una teoria dei supporti) —.

L’immagine elettronica prodotta dalla tele-visione (un puro trasferimento di immagini lontane, che può essere o meno soggetto a commento della parola,) è ancora un passo oltre la fotografia ed il cinema su pellicola: è una sagoma che prende forma in uno spazio logico. Fotografia elettronica e immagine dinamiche elettroniche hanno una diversa modalità di prodursi.

Il salto vero è avvenuto quando si è passati dall’immagine analogica o riprovisiva, all’immagine digitale che è fantomatica, in quanto questa è prodotta da un programma software e non si può considerare un oggetto; perché è costruita matematicamente nello spazio logico del computer.

Il pixel della computer graphic non è analizzabile isolatamente con analisi semiologiche, tra iconismo e aniconismo, in quanto è il picture element che va analizzato come funzione nel contesto del programma.

Ogni elemento determina una presenza — o funzione —, e costruisce interrelazioni col far passare o col bloccare l’informazione.

Si sa che tutti i picture element (meno correttamente in italiano picture elements) sono presenti nell’insieme; ed è dalla funzione e dalla loro relazione che si calcola in che modo agiscono sulle strutture, modificando gli stati e i fatti dell’organizzazione delle informazioni.

È, infatti, il tipo di osservazione assunta che determina la “qualità” di un racconto teleologico.

I racconti di Marco Cardini, infatti, sono teleologici; finalizzati a raccontare e a configurare percettivamente un evento.

Si è restituito, così, il sentire estetico direttamente al riconoscimento logico di una teleologia; al racconto di un’organizzazione tra finito-infinito relativo a uno spazio-tempo.

L’evento che si produce in uno spazio-tempo non è più esportabile in modo generalistico; esso oscilla tra stati e fatti di una struttura, ed è determinato dalle relazioni che si instaurano, o emergono, nel campo percettivo di un osservatore.

L’osservatore è parte integrante dell’osservazione.

Questo permette di trasferire e definire le circonvoluzioni spazio-temporali di Cardini con una nuova categoria percettiva, dettata da una nuova organizzazione del linguaggio, che promuove un sentire logico delle configurazioni in evoluzione, e che è percepibile solo attraverso un programma elaborato per il computer.

Le sagome-immagini acquisiscono significato per un approdo finalistico.

Cardini nelle sue performance, infatti, non s’interessa di dare riferimenti per costruire un racconto che possa richiamare l’adozione — ad esempio — dei principî della fenomenologia delle forme che abbiamo precedentemente ricordato.

Egli non dà allo spettatore i soliti strumenti individuativi che permettono di esercitare le relazioni logiche usuali; ovvero, nell’analisi delle sue opere, non si possono tracciare solo nessi tra l’azione e la percezione delle forme presenti in un ambiente, ma dobbiamo ad essi aggiungere l’intervento della nostra struttura mentale che in quel momento riconosce, individua e connette le relazioni tra le forme, sia in modo statico che dinamico.

Sappiamo, infatti, che oggi la forma fenomenologica può essere organizzata in un racconto anche attraverso segni o tracciati in uno spazio geometrico non euclideo, seguendo, pertanto, altre procedure relazionali e altre tipologie di “funzioni” costituitesi in procedure cognitive.

D’altra parte, è molto diffuso nell’arte coeva comporre un racconto attraverso varie modalità di nessi — specie per l’assunzione dell’estetica logica in modo diretto o indiretto —.

Qualsiasi racconto, infatti, oggi, rientra nell’ambito definito come estetico, sia pubblico che privato, sia oggettivo che soggettivo, o ultra o iper … o di “atmosfere”.

Ogni parte di una narrazione concorre sempre a «strutturare» un modo di «sentire», che, nel riferire l’accadere attraverso forme linguistiche, si avvale di un organizzare che fa riferimento sempre a un “già sentito”.

Il riconoscimento del nuovo racconto è applicato, così, a dismisura, e coinvolge qualsiasi azione, e qualsiasi struttura che si muove (o sta ferma), in un racconto estetico (e/o artistico) rispetto ad un osservatore.

Tutto, pertanto, può essere ricondotto nella sfera antropologica delle narrazioni, come un modello o una modalità di sentire; in quanto l’osservatore è parte integrante del proprio  “sentire” l’osservazione sia in scienza sia nell’arte.

Ogni racconto, infatti, riferisce (o traduce) in un linguaggio umano comprensibile i nessi di un fatto, in modo da narrarne un evento dinamico; e l’informazione può essere trasmessa anche se è organizzata in un linguaggio «inusuale», o con regole grammaticali e sintattiche fuori dal comune.

Per tradurre questi elementi nel linguaggio cosiddetto “umano” spesso ricorriamo a dei decodificatori di codici che abbiamo chiamato dispositivi, e che oggi ci permettono di tradurre le informazioni che essi (dispositivi) raccolgono come variazioni di energie e che noi possiamo tradurre nel nostro linguaggio in fatti ed eventi.

È fatto acclarato, infatti, che l’azione, è anche alla base di qualsiasi racconto che modifica stati o che narra di stati.

La grammatica e la sintassi relazionale pongono l’argomento, stabiliscono la funzione all’interno di un campo e il valore della funzione, sia questa di “reale” puro che di “immaginario” puro, creando un nesso con la struttura di riferimento per stabilire se vi è una variazione o evoluzione dei rapporti.

Anche per il sentire cibernetico, si possono distinguere le varie forme fenomenologiche algoritmiche che organizzano un racconto attraverso un “già sentito”.

Cardini induce, col suo intervento performativo, a una riflessione sulla organizzazione del messaggio logico-formale; ed entra a pieno titolo tra coloro che si riconoscono nella produzione artistico-estetica della cibernetica.

Le forme, considerate strutture informative nel mondo cibernetico, hanno rapporto con l’ambiente e si muovono dinamicamente creando un linguaggio che mette in relazione un qualsiasi ambiente topologico, che può essere determinato sia da un segno originario, che da un organismo semplice o complesso dinamico che imprime forza o movimento.

Il mondo della cibernetica è costituito dalle mappe di relazioni energetiche che spostano energie e forme verso direzioni e approdi.

L’oggetto e il soggetto sono oggi considerati strutture informi, «liquide», e vanno trattati come luoghi che si connettono o ad una sorta di spazio-tempo relativo, o ad uno stato quantistico.

L’elemento soggettivo e quello oggettivo sono diventati o “luoghi” o “modelli relazionali”, pertanto “sagome” entro cui lavorano forze dinamiche.

Questi luoghi  o modelli ora sono analizzati da una teoria alla volta (o relativistica, o quantistica), e confluite entrambe da tempo nella teoria dell’informazione.

Essi ora ogni volta appaiono sullo schermo del computer, e in una continuità temporale nascono, si relazionano, si trasformano e spariscono dall’ambiente determinati dall’emergenza e dal “sentire” di un osservatore.

Un soggetto ed un oggetto sono importanti da questo punto di vista, non per se stessi, cioè, per il loro essere un io che agisce, ma per le informazioni e le relazioni che producono in un ambiente topologico rispetto a un osservatore che li percepisce e racconta.

Tutti (soggetto, oggetto ed osservatore) sono diventati strutture che muovono altre organizzazioni e informazioni producendo da un probabile evento una molteplicità di storie relazionali.

La topologia del configurare relazioni sopravanza il mondo rappresentativo del simbolico e dei segni statici.

Ogni storia percepita e emergente in un osservatore pone e determina un linguaggio ed un sistema con cui comporre relazioni.

Ecco che tutto concorre a rendere palese in che modo l’organizzazione dei prodotti artistici coevi, ottenuti attraverso o una performance o un oggetto artistico, tendono a far rilevare agli osservatori i principî relazionali o i dispositivi attraverso cui transitano i messaggi.

I messaggi sono caratterizzati, oggi, più dalla struttura di riferimento che dall’uso concettuale di una forma linguistica espressiva.

Questa induce i frequentatori dell’arte a chiedersi: qual è la struttura più produttiva per la decodifica di un messaggio?, o quante strutture di decodifica possono essere coinvolte nella decodifica di un messaggio?

Il seguente modo di osservare l’azione (specie di uno stato o di uno spazio-tempo in continua espansione) induce innanzitutto ad interrogarsi sempre sulla forma-struttura dell’informazione; segue, poi, il punto di vista, che dà all’agire la caratteristica di una ricerca che racconta di un immediato riconoscimento dell’organizzazione nel linguaggio comune, e, infine, si è indotti a rilevare, attraverso l’analisi linguistico-relazionale, come si individuano e connettono quelle procedure all’azione; e per rilevare poi da quale spazio-tempo è emersa l’osservazione di quel “sentire”.

In questo modo si giunge ad affermare che, ormai, è l’organizzazione il centro della informazione, non più l’uomo.

Il «sentire» di quest’uomo è individuabile attraverso una struttura che reitera una risposta da un punto di vista.

Se ci si interroga su come quella struttura «sente», o su come è organizzato il suo apparato sensoriale, ci verrebbe risposto oggi dai cibernetici che «il sentire» è calcolabile attraverso algoritmi.

L’organismo umano è un tramite (medium direbbe Marshall McLuhan), uno dei tanti, attraverso cui l’informazione energetica passa.

L’uomo, oggi, si connette e cerca quell’apparato che gli permette più di ogni altro la nuova estensione sensoriale del suo cervello, la macchina-computer.

Con questa macchina al suo servizio egli ha una maggiore possibilità di punti di vista per decodificare un messaggio, o per un’eventuale risposta da dare nel nostro ambiente spazio-temporale.

Nel caso di Cardini, egli fa espresso riferimento alla comunicazione, o sovrapposizione interattiva d’informazioni tra uomo e macchina, per promuovere questa nuova forma di organizzazione cibernetica della vita e dell’ambiente.

Marco Cardini, nelle sue performance, fa muovere forme geometriche e forme irregolari  nello spazio del computer (la cui unità minima, ricordiamo, è il bit), creando connessioni con la nuova psicologia di Marvin Minsky (uno dei fondatori della ricerca sulla AI [Artificial Intelligence]) che ha determinato che l’unità minima d’informazione è il frame.

Come interpretare le forme che appaiono sul computer?

Le immagini in movimento nelle opere di Cardini costituiscono relazioni topologiche in un ambiente proiettato su un grande schermo.

La sovrapposizione e l’intrusione nello spazio virtuale [qui inteso come simulazione algoritmica, alias simulazione di procedure] dei movimenti dell’artista performer, attraverso le riprese di una telecamera, mette in relazione le sue forme-movimenti con il riconoscimento di strutture o dati elaborati dal programma del computer.

Interagiscono, così, su uno schermo, i movimenti di Cardini con i dati che individuano alcuni sviluppi logici organizzati in altre forme già predisposte nel programma della macchina calcolatrice.

La traduzione di gesti, attraverso la ripresa di una telecamera, fatta da un programma grafico nello spazio del computer, ci rivela in che modo sono tradotti, in una nuova relazione linguistica e in una nuova storia di percezione “fisiologica”, i racconti logici coevi.

I movimenti si traducono in tracciati di figure-sfondo attraverso un programma, che, nel caso specifico, si avvale dell’infinitesimale energetica della luce per far emergere l’emozione che proviene da un mondo quantico da cui emergono delle coordinate sul modo di organizzare e di trasmettere le informazioni; e questi modelli improvvisamente nello spettatore producono un “sentire” energetico che si compone in nuovo modo di costruire le metafore del mondo.

Le metafore nella cibernetica hanno assunto principalmente un carattere topologico, che ampliano o restringono confini, dopo gli sconfinamenti.

L’artista Marco produce emozioni elaborando suoni ed immagini di sintesi, prendendo spunto da un corpo-sostegno «che ci aiuta a classificare le nostre conoscenze» utilizzate in modo finalistico.

Cardini mostra, considerando l’interfaccia che c’è tra il sistema percettivo dell’uomo e quello della macchina, come le sue costruzioni possano essere seguite attraverso un misuratore in angstrom, — come si potrebbe considerare la telecamera a positrone, che consente la registrazione delle attività delle aree cerebrali, — con cui si “riprende” come si costruiscono nella nostra mente delle informazioni emotive attraverso la variabilità dell’intensità della luce, usando: sia il bit, — elemento infinitesimale che trasporta l’informazione nel computer — con cui è tradotto il processo logico in immagine-tropo nella macchina; e, sia il frame — unità minima che trasporta informazione dai terminali del corpo (tessuti, occhio, orecchio, ecc.) al cervello-mente.

Tutto è in continuo spostamento e induce a configurare relazioni tra topologie in movimento fisiologiche umane e logiche della macchina computer.

Vi è poi il transfert visivo che in uno spazio-tempo produce una equivalenza tra energetica della materia (luce) e ottica, attraverso la presenza di vettori (dell’elettronica e della fotonica) che si muovono nel transfert mentale o logico del computer, generando e producendo una fusione/con-fusione di ciò che si considerava il “reale” e della sua “rappresentazione”.

Marco Cardini con le sue performance dà di questo evento il suo punto di vista di osservatore, col dare continuità al suo messaggio artistico anche attraverso il computer. Reale, immaginario, psichico, logico, forme viventi sagome energetiche costituiscono un insieme nel racconto di un osservatore.

Del resto ciò è confermato da quanto accade anche nel transfert psichico: quando, con esso, è posta l’analogia fra illusione ottica e quella motrice, la quale introduce anche l’equivalenza tra lunghezza e velocità, che immediatamente diventano un dato della percezione.

Il dato percettivo, perciò, è sempre relativo a una soglia e a un osservatore posto in un luogo dello “spazio-tempo”.

Dato, questo, immediato, da non sottovalutare, perché è in relazione con una coscienza di confini sempre più labili; in quanto con lungimiranza così rilevava una duplicità nella coscienza Paul Virilio: «Non solo la velocità non è più sublimata, ma è essa stessa a dar forma alle immagini: immagini della coscienza  (immagini mentali ed oculari) e coscienza delle immagini (ottiche ed opto-elettroniche)».

L’importante è comprendere che, nella nuova filosofia ed estetica della macchina fisica e di quella computerizzata, è la funzione che determina la struttura.

Il mondo è diventato — sia per l’uomo che per la macchina — una metafora (o immagine-tropo) delle relazioni spazio-tempo; queste sono utili all’osservatore non solo per determinare un campo cognitivo e percettivo, ma anche per individuare o vedere emergere un percorso che giunge ad un fine (teleologia).

Le relazioni che si costruiscono negli ambienti della metafora sono poste da nuove forme di analisi linguistiche e di apprendimento, che non si avvalgono dei vecchi modelli di classificazione delle cose; in quanto, ad esempio, si è scoperto oggi che le proprietà delle cose sono organizzate in modo diverso dalle filosofie ed estetiche del passato, ancora influenzate da concetti come spazio euclideo, tempo oggettivo, “realtà”, ontologia, fenomenologia, etc., e da una fisiologia della percezione ormai “da rottamare” perché non trova spazio nel nuovo modo di intendere il “corpo fisico” e il “corpo linguistico” del “sentire”.

Moltissimi sono, ad esempio, la classificazione dei tipi di qualità, che interagiscono in vari modi — e ancor più complicati — con la nostra struttura analitica; in ogni contesto di pertinenza, infatti, vanno calcolate molte più variabili; pertanto, si deve tener conto di una più ampia varietà di probabili situazioni contemporaneamente.

Si devono, poi, cogliere delle sfumature e delle gradazioni più sottili — con strutture che non possono più indicare e classificare una genealogia dei concetti —.

Va compresa l’emergenza di uno stimolo-cognizione in un osservatore, oggi, mentre egli disegna una topologia a partire da un luogo dello spazio-tempo e nel mentre utilizza e organizza le informazioni in un “sentire”.

La direzione assunta dalle osservazioni  potrebbero alla fine modificare il giudizio su tutta l’organizzazione, o richiedere una diversa risposta da assumere, e un diverso atteggiamento rispetto a quanto è veicolato dall’ambiente quotidiano, o artistico, o scientifico, o del letterario in genere.

La differenza nei riferimenti, dovuta ad agenti ricevitori e riconoscitori diversamente organizzati, introducono la diversità anche tra il modo di sentire (con l’emozionare e l’apprendere) e di raccontare gli eventi (spazio-tempo irreversibili), e gli stati (quantici reversibili) dei sistemi biologici viventi umani.

Tutto è rilevabile durante il passaggio dell’informazione energetica.

Essa (informazione) è l’unità di misura non solo del sistema logico della macchina-computer, ma è anche l’unità di misura del sistema biologico umano.

I sistemi logici, tradotti in programmi per il computer, propongono la nuova estetica logica dell’informazione, comune all’uomo ed alla macchina.

Questo sistema comune fa emergere anche quello che è stato individuato come il sentire logico del mondo, e che Marco Cardini persegue con le sue performance topologiche.

L’azione performativa di Marco segue uno schema di racconto interattivo topologico che nasce proprio dalla reciprocità di traduzioni di informazioni che diventa un racconto elaborato dall’uomo e tradotto nel codice del sistema-macchina.

Alcune domande: In che modo «si sente» o si esplora il topologico nello spazio-tempo di una macchina da calcolo? Quali semplici impressioni si possono generare in uno spettatore che guarda nello spazio logico del computer?, o in chi fa esperienza di eventi della nuova logica formale sorta con il calcolo della geometria frattale?, o quali variabili nasconde un programma che segue la logica fuzzy (o dell’indistinto, o lanuginosa, costruita sempre con le strutture operative del «se… allora…»),? o di quali emozioni logiche può essere investito chi si avventura nell’uso delle procedure nel computer per scoprire un nuovo mondo logico tradotto nel linguaggio degli algoritmi?, nel nostro specifico, se colui che fa questa esperienza lo si può considerare artista, che, a sua volta, cerca di emozionare col raccontare agli altri gli eventi percepiti attraverso la nuova natura della composizione, in forme-strutture?

Ecco perché ci si chiede, ora, attraverso l’arte cibernetica di Cardini, non solo come per mezzo del computer si trasformano in algoritmi la dinamicità dei movimenti, ma anche come questi possono essere utilizzati per un linguaggio che produce stimoli energetici tali da colpire l’osservatore come se fossero emozioni.

Beh, è il sentire che provoca l’esperienza del gusto estetico soggettivo, prima di quello logico concettuale o oggettivo, ci ricorda Kant.

L’esperienza estetica oggi, con la cibernetica, è alla giusta equidistanza tra il soggettivo e l’oggettivo, perché è presentata come informazione (o messaggio).

Essa, esperienza, è organizzata secondo un modo (o modello) di contemplare e di agire emerso in un osservatore presente in un luogo dello spazio-tempo; e questo modello si costituisce in un codice topologico per il configurarsi dinamico di determinate strutture linguistiche in un osservatore.

In questo modo possiamo affermare in modo palese che solo così è possibile individuare le nuove forme d’arte dinamiche ottenute attraverso la strumentazione cibernetica.

Dobbiamo comprendere che le strutture biologiche viventi sono non solo organismi energetici ma concorrono a far emergere una topologia relazionare in un luogo dello spazio-tempo, e producono coi loro spostamenti una mappa finalistica secondo i vari osservatori dislocati nei nodi dove passa o si ferma l’energetica dell’informazione.

Sono proprio queste opere “estetiche” di Marco che testimoniano il nostro passaggio ad un ampliamento del sentire estetico attraverso l’esperienza cibernetica.

Specifichiamo meglio alcune coordinate.

Il campo dove si svolge un racconto topologico è determinato dalle strutture ambientali; ovvero da un’unione che collega l’energia-informazione all’ambiente. Sia l’informazione-energia che le sagome-organismi sono topologicamente connessi a uno spazio-tempo organizzato e determinato da un osservatore, il quale partecipa e influenza con le sue scelte la costituzione di una mappa cognitiva in espansione-evoluzione.

Questi elementi (ambiente e spazio-tempo dinamico — o anche stati —) diventano, per Marco, principî che influenzano solo la psiche e riguardano l’organizzazione linguistica della persona-osservatore, ovvero il suo modello percettivo-cognitivo, non la persona-osservatore nella sua interezza.

Ponendo l’accento sulla informazione, poi, l’artista attraversa la psicologia della forma della Gestalt.

Egli ha dato valore all’attenzione sulla persona-osservatore solo per la sua organizzazione sensoriale, che fino a poco fa procedeva ad ordinare spazî e forme per mezzo del suo “essere”, il quale si credeva che “usasse” la struttura percettiva.

Quell’essere della forma, o persona, ora è diventata una struttura-sagoma che interagisce topologicamente con lo spazio-tempo, e l’informazione si organizza e si elabora nell’ambiente della “mente” -computer ed è trasmessa o tradotta in un linguaggio elettrico o luminoso-sonoro da dispositivi posti fuori dal corpo umano.

Solo attraverso questo nuovo strumento — il dispositivo —, il quale può tradurre la luce il calore l’elettricità etc. in configurazioni dinamico-sensoriali, si possono tracciare quelle corrispondenze tra i movimenti umani ed il linguaggio di calcolo della macchina. (Non dimentichiamoci dello scienziato e filosofo Kurt Gödel che nel 1931 formalizzò e tradusse il linguaggio umano in linguaggio energetico). I dispositivi traducono le energie informazioni in mappe cognitive di stimoli. Lo spazio-tempo relativo emergente dallo stimolo che colpisce un osservatore — e che permette di analizzare anche gli stati — permette la formazione della configurazione dinamica e relazionale di una nuova emozione e di un nuovo racconto che amplia il «sentire dell’umano», riconducendolo alla struttura analitica di un punto di vista e del luogo da cui si è originato.

Ogni punto di vista può adottare una probabile logica formale tra le tante.

I meccanismi topos-logici sono utili a comprendere le procedure (o meccanismi) dell’azione di una persona, non la persona nella sua interezza; l’accadimento (o la previsione) è probabile ma non è certamente determinato.

Di nuovo, ciò che è importante è l’organizzazione dell’informazione.

Essa è il nucleo dell’azione, non la persona che emette il messaggio.

Non si pensi, poi, che il campo topologico è tutto centrato sull’ambiente, perché allora potrebbe diventare un luogo dove regna il determinismo, sia per la persona che per il suo comportamento.

Cardini, quando trasmette i suoi gesti sullo schermo-ambiente della macchina computerizzata, mostra come si mette in relazione l’azione umana con la traduzione che ne coglie la macchina da calcolo; la quale genera sempre una nuova struttura conoscitiva dell’ambiente, un nuovo punto di vista, dove, i comportamenti interagiscono come strutture, e s’influenzano, producendo così ogni volta un nuovo modo di presentarsi delle informazioni.

Le immagini formali dinamiche in questo modo si muovono l’una dentro l’altra e scaturiscono l’una dall’altra.

Il comportamento diventa, così, la funzione della persona che coinvolge un ambiente ulteriore, in cui s’incontrano le interattività dell’uomo e della macchina: l’uomo e la macchina logica, ripeto, s’incontrano e finalmente iniziano un racconto scritto in comune, le cui azioni sono tradotte in algoritmi [procedure] dalla macchina logica.

Solo quando una procedura è riconosciuta con una grammatica ed una logica, gli studiosi vedono la possibilità di determinare una filosofia, un’estetica e un’arte.

Il principio generale è che tutto, in un qualsiasi racconto, concorre al riconoscimento del dramma [dal greco, azione, storia].

La macchina logica computer oggi riconosce i movimenti, li decodifica per mezzo di alcuni suoi algoritmi di calcolo; nonostante si pensi che essa non abbia ancora una organizzazione che attribuisca una sensibilità al suo processo logico-formale. Eppure sensibilità calcolo e azione sono messaggi, e si possono  trasmettere come informazioni.

Gli uomini, grazie ai computer, stanno traducendo il loro linguaggio in algoritmi. Questi linguaggi sono divenuti programmi con cui si può apprendere e sentire, attraverso calcoli automatici sempre più veloci e precisi.

Sono questi calcoli che permettono di organizzare tracciati e procedure in forme visibili su di uno schermo, e di cui ora gli uomini possono fare esperienza percettiva e iniziare a determinare i canoni per l’esperienza di una nuova forma di sensitività.

I messaggi elaborati del carbonio (materia intelligente costitutiva dell’«essere umano») incontrano i messaggi elaborati dal silicio (materia intelligente costitutiva della macchina logica del computer), e formano un mondo dove avvengono scambi d’informazione comune.

Questo nuovo universo logico è un universo ibrido.

Da quando è subentrato questo riconoscimento, alcuni studiosi hanno compreso ed affermato che esiste una filosofia, un’estetica e un’arte cibernetica, o delle neo-tecnologie dell’informazione.

La persona nuova, che ha un carattere topologico e che s’incontra nel computer, non la ritroviamo delimitata in uno spazio astratto cartesiano o come una forma presente in uno spazio prospettico dell’arte figurativa e della rappresentazione.

Nella nuova psicologia topologica ci troviamo “into life space” (nello spazio di vita).

La geometria di Benoît Mandelbrot, che anch’essa si collega direttamente alle forme della Natura, calcola un oggetto senza ricorrere alle astrazioni di linee, triangoli, quadrati, cerchi e sezioni, ma entra nelle irregolarità frattali che ogni oggetto unico ha.

Dal 1975, infatti, possiamo dire che anche la Natura fisica è stata compresa nel racconto della nuova geometria naturale da Benôit Mandelbrot.

La matematica e la geometria possono scrivere trattati di filosofia della Natura coi propri linguaggi, e, pertanto, anche di estetica e d’arte.

Lo spazio di Kant, determinato solo da quella geometria astrattamente concettuale, preesistente al nostro equipaggiamento mentale, è oggi superato, sia dalla su citata «eresia» della geometria frattale di Mandelbrot che dalle tante geometrie non euclidee — a partire dalla geometria iperbolica del 1830 di Nicolaj Lobacevskij.

La persona, contrariamente a quanti altri possono credere, nello spazio di vita costituito dalla geometria frattale e dalle strutture informative è molto più di un semplice individuo. Ella si sente avvolta e coinvolta nelle relazioni con l’ambiente, e, così, diventa un organismo storico unico tra miliardi.

«Ogni parte dipende da ogni altra parte», in questa affermazione frattale è contenuta la continuità della psicologia della forma e, inoltre, in essa si riconosce un fondamento della psicologia topologica.

Introduco, qui, la definizione di spazio topologico, attraverso cui si può comprendere come Marco Cardini nelle sue performance organizza il suo un racconto.

Questo è costituito da spazi interni, che si muovono costruendo rapporti e relazioni fino a dei confini.

In questo modo la natura fisica sociale concettuale è indotta a disegnare e ad interagire con regioni (lo spazio interno ad un confine), con frontiere (le barriere dentro la regione) e segue gli impulsi, le forze e i movimenti che costruiscono continue relazioni interattive, attraverso gli spostamenti.

In questo modo si determina l’interazione tra l’ambiente umano e quello del programma della macchina, e si crea il nuovo racconto estetico topologico che scaturisce proprio da questo incontro relazionale.

Marco Cardini usa spesso nelle sue performance le curve di Jordan.

Altro concetto fondamentale della psicologia e matematica topologica è infatti la connessione; che è una linea che collega due punti dello spazio (essa può essere interna o esterna, o intercettare la frontiera di  due regioni).

Basta una configurazione circolare di due cerchi uno nell’altro, che, questi, diventano cerchi di Jordan, per mezzo di una semplice connessione.

Marco con i suoi movimenti tra le regioni crea connessioni.

I movimenti delle sue mani si traducono in procedure che si organizzano attraverso il riconoscimento del linguaggio matematico presente nel programma del computer.

Sullo schermo si proietta il nuovo racconto fatto da raccordi di ambienti topologici; e, poi, attraverso la percezione di serie o di sequenze di forme astratte si può costruire una storia estetico-geometrica astratta.

Si può dire che la topologia oggi si propone come la scienza delle relazioni spaziali; ovvero, essa è la scienza che tratta ciò che lega le parti col tutto, ed è basata sul concetto di inclusione: di una parte che viene inclusa nell’insieme.

Ecco qui codificato il nuovo modo di fare, o di “essere” una struttura d’informazione: l’inclusione nell’azione del soggetto dell’oggetto e dell’osservatore di un evento.

Il racconto topologico, così come lo configura Cardini, implica la relazione tra A e B e non importa se sia A parte di B, o viceversa; importante invece è l’operazione che definisce la relazione spaziale parte-tutto (di ciò che sta intorno, o dei cosiddetti ambiti spaziali), che è la somma intesa come intersezioni di regioni o campi spaziali. Molte opere di territorializzazione e deterritorializzazione, o sul confine, di Gilles Deleuze fanno riferimento proprio a queste procedure topologiche.

Nel racconto, ad esempio,  con l’avvento di un procedere per sovrapposizioni di sequenze continue si può porre l’accento o sul rovesciamento lineare dei segni, o su alcune forme di progressioni che creano accordi; mentre le sonorità segnano i passaggi o di un modo di cogliere i transiti in un organizzarsi di relazioni (anche le note vanno considerate come “luoghi” in una sorta di spazio-tempo per la musica frattale).

Le parti sonore e visive e il loro insieme concorrono nella codifica delle informazioni e, con esse, il loro reiterarsi nel tema.

Marco Cardini dà impulso, così, a dei rapporti spaziali in movimento, e li connette a un insieme di messaggi-forma sviluppati dall’organizzazione di un programma del computer.

Quando i rapporti spaziali in movimento interagiscono con i movimenti della sua performance, l’intento è quello di far percepire allo spettatore  un’emozione del tutto nuova, che ha la caratteristica di essere topologica.

Questa emozione va ora raccontata attraverso una grammatica e una sintassi.

Essa, però, è già presente nella formulazione del letterario.

La topologia, infatti, è stata più volte usata, come già accennato, da Gilles Deleuze per spiegare una nostra forma di percezione estetica.

Il concetto spaziale fondamentale della percezione estetica è la regione linguistica; questa è ogni insieme delimitato da un contorno (Deleuze, come i topologi, lo chiama territorio).

Il contorno può essere, indifferentemente, un qualsiasi organismo semplice o complesso che si muove in un qualsiasi ambiente. Sul territorio si stabiliscono le regioni, che possono essere formate da uno o più organismi; in quanto i moduli psicologici sono uguali ai moduli spaziali (ogni modulo è correlato ed equiparato ad altri moduli, come per esempio potrebbero essere quelli letterari; ma, ripeto, qualsiasi modulo è estendibile a qualsiasi altra organizzazione dei viventi, ricordando, però, che i moduli possono essere applicati anche ad altre forme non viventi, se toccate da relazioni spaziali).

La persona e il proprio ambito di vita (come le piante e gli animali) producono, frequentemente, gli stessi moduli relazionali.

Il rapporto 2 a 1, o 3 a 2 o da 1 a 3 nella topologia sono equivalenti; perché per questa scienza non è importante la distanza metrica ma la connessione all’interno di una regione spaziale, o fisica, o sociale, o concettuale.

In una configurazione spaziale possiamo avere regioni chiuse, regioni aperte (o illimitate) e regioni limitate; inoltre possiamo avere regioni semplicemente o molteplicemente connesse, a seconda che vi sia un solo collegamento interno tra due punti del confine, o più collegamenti che dividono la regione o più regioni interne del confine.

La psicologia topologica di una regione è coordinata quando ogni spazio di vita si muove seguendo un insieme o gruppo sociale.

In questo spazio-ambiente determinato, il gruppo che si muove o compie locomozioni si connette ad altri ambienti creando relazioni interattive e, pertanto, comunicazioni.

La psicologia topologica, pertanto, dà informazioni sulle proprie connessioni e relazioni d’ambiente. È così che la topologia si connette alla geometria frattale, nel cui campo operativo più si divide più si restringono gli spazi, mentre i rapporti rimangono gli stessi… fino al punto d’inclusione, direbbe Deleuze.

Le performance di Marco Cardini, con le sue sonorità — altrove trattate —, si muovono in questa direzione, e i suoi transiti in un ambiente topologico-formale costruito dal programma del computer, fanno assistere a come le diverse nostre regioni, psicologiche e spaziali, interagiscono.

Le regioni, che crea Marco, si muovono per connessioni; ecco perché, ripeto, nello stesso ambiente della macchina, assistiamo al muoversi in simbiosi di gesti creati dall’uomo e di procedimenti algoritmici tradotti in frequenze dalla macchina.

Siamo al primo stadio emozionale, progettato e realizzato da un artista della nuova informazione topologica, in uno spazio logico nuovo organizzato da geometrie frattali e costruito per un ambiente di calcolo trans-umano, con il quale ci si può connettere attraverso dispositivi.

Possiamo dire, perciò, che si stanno cercando anche le prime connessioni per una interazione comunicativa tra il medium [mezzo] uomo ed il medium [mezzo] macchina logica, per creare un ambiente emozionale comune condivisibile dall’uomo e dalla macchina.

Cardini, pertanto, è da considerarsi nelle performance un artista cibernetico, alla ricerca di un nuovo spazio-tempo che sembrerebbe senza luogo, o u-topico, se non ci fosse un osservatore. Comunque con le sue interazioni dà nuova linfa alle conquiste del racconto.

Egli è un esploratore della nuova sensibilità artistica che cerca di segnalare alcune nuove coordinate all’ambiente del letterario.

Un letterario di ricerca che si muove oggi tra la configurazione di forme-strutture d’informazione, tra le organizzazioni di comunicazioni logico-formali e tra i tanti punti di vista di osservazione, — questi ultimi sono tanti quante sono le organizzazioni linguistiche o i punti di osservazione dell’azione[dramma-rappresentazione] umano, — attraverso elementi è un linguaggio topologico che trova corrispondenze e traduzioni nel linguaggio degli algoritmi del computer.

Le opere tratte dalle sue performance, inoltre, sembrano proprio ripercorrere gli esperimenti che ci indicano quali sono i nuovi meccanismi del cervello: nel frammento vi è l’unità del racconto.

Faccio riferimento qui a quei meccanismi d’integrazione nel sistema talamocorticale, con cui si ottengono indicazioni sul modo con cui si forma uno stato di coscienza, selezionato tra tre miliardi possibili, e che produce differenti effetti sul comportamento e sul modo di organizzare l’evento percepito.

Oggi uno stato di coscienza è considerato altamente informativo, «nel senso specifico di informazione come riduzione dell’incertezza tra diverse alternative».

Gli esperimenti hanno evidenziato come l’integrazione neurale, con la quale si designa il processo di trasporto delle informazioni dalla periferia degli organi di percezione al talamo — nel cui organo si forma una rappresentazione dell’azione attraverso l’integrazione della coscienza —, è già un sottoinsieme che organizza l’informazione prima dell’intervento della coscienza.

Questa prima integrazione, identificata come sottoinsieme di elementi dalle forti interazioni, è funzionalmente demarcata dal resto del sistema.

Solo con l’intervento “integrativo” successivo della coscienza, si può affermare che l’aggregato ottenuto, inteso qui nell’accezione statistica di coesione interna e di isolamento esterno, diviene una “rappresentazione” o “punto di vista” sul mondo o sui fenomeni presenti in esso.

Sembra proprio che Cardini, da artista, si pone ad immaginare come questo processo di aggregare informazioni avviene nel nostro cervello modulare, prima dell’intervento di una unitarietà della coscienza, con la presenza o con l’assenza dei rumori, che introducono altre variabili nel canale d’informazione. Sì, concordo con Marco, quando rilevo nelle sue opere, la “metafora” di questo processo: l’informazione è la struttura di un’aggregazione topologica variabile e configurabile in modo dinamico, che determina un modello di conoscenza cognitiva prima che sopraggiunga la traduzione nei linguaggi simbolici o dei segni della comunicazione, i quali (linguaggi simbolici e segni) le sono secondi.