Ed è ancora l’arte come esercizio alla disubbidienza e al contempo possibilità di bellezza inesausta che possiamo comprendere il senso delle cose, di quelle visibili e di quelle invisibili
di Francesco Correggia
Siamo dominati non solo dal consumismo ma dal denaro e del farlo come se ciò potesse condurci all’immortalità. Abbiamo bandito il pensiero, la spiritualità, la concentrazione interiore, la libertà d’essere con l’altro. Abbiamo contraffatto la stessa esistenza ad un mercimonio, se per esistenza intendiamo quel movimento che porta verso il Bene, il che non è, come scrive Levinas:“una trascendenza attraverso la quale l’esistente s’innalza ad un’esistenza superiore”.
Per innalzarsi verso il Bene, non basta superare la nostra condizione finita per accedere a una forma d’esistenza più completa, addirittura infinita. Tale movimento di trascendenza consisterebbe unicamente nel cercare un rifugio in un’altra regione dell’essere, permanendovi. Per questa ragione si deve compiere un gesto più radicale, che Levinas definisce con il neologismo ex-scendenza [excendance]. Con questo termine descrive il movimento che porta al di là dell’essere, verso il Bene, il tempo e la relazione con altri, con la terra, la natura, le altre specie.
La competizione economica, gli apparati multimediali hanno trasformato l’essere umano in un cliente da convincere, da tenere in ostaggio, da sfruttare aumentando la confusione babelica dei saperi individuali e collettivi. Nella dimensione cibernetica contemporanea insieme agli apparati di persuasione di massa, l’uomo non è più in relazione con l’altro, con il volto dell’altro che mi sta davanti e che mi invita a pensare, ma è diventato lui stesso una merce da scambiare, uno schiavo della comunicazione globale, del consenso in rete. Egli è cieco, senza sguardo, pronto all’obbedienza. Come si fa a interrompere questa catena del controllo globale del mondo? Il cambiamento climatico anche se ci sembra paradossale fa parte di questo intreccio nefasto fra sviluppo, mercato finanziario, commercio del visibile, intelligenza artificiale e mercato dello sguardo.
Se vogliamo fermare l’aumento delle temperature nell’atmosfera e cambiare la tendenza distruttiva del clima dobbiamo pensare in maniera differente. Intanto bisogna smettere di discreditare il nemico con false interpretazioni senza ragionare e seminando odio. Poi bisogna cercare di cambiare per prima le nostre abitudini di vita a partire dai nostri gesti quotidiani. Occorre rinunciare al superfluo, all’eccessivo a ciò che non è necessario, fare a meno del lusso e delle nostre ambizioni personali che non tengono conto dell’essenziale. Bisogna fare della disubbidienza un atto che ci fa vivere bene, guardare alla natura come a un bene prezioso e inalienabile e non come a un’occasione per esercitare la nostra vanità sfruttandola a fini meramente turistici.
Slides (a cura di Francesco Correggia)
Continuare a fare infiniti ed inutili selfie sulla nostra vita, nei nostri viaggi e su ciò che accade, continuare a mostrarsi sui social non serve a niente, né alla nostra esistenza né a quella degli altri se non al nostro narcisismo spettacolare. Mentre continuiamo a girare, anche quando non ne abbiamo bisogno, con le nostre automobili, gli smartphone di ultima generazione, non riusciamo ad avere coscienza di dove stiamo e dove stiamo andando. È proprio la coscienza individuale e collettiva che abbiamo perso affidandola ai circuiti dei nostri cellulari, agli schermi di realtà aumentata. Lo sviluppo tecnologico ha messo in campo meccanismi di seduzione e di dominio inimmaginabili. Anche l’intelligenza artificiale non fa che aumentare la distanza fra verità e falsità, essere e natura proponendoci un mondo perfetto e senza errori. Non è forse anche questa una grande menzogna? È difficile sottrarsi all’organizzazione scientifica tecnologica e mediale del mondo dei consumi e della concentrazione delle ricchezze ed è altresì difficile disubbidire a questo dominio.
Non dico che bisogna rinunciare completamente ai consumi, agli algoritmi, all’intelligenza artificiale ma solo che bisogna essere più parchi, più discreti; accompagnare tale sviluppo con scelte etiche, con una morale planetaria che sappia fare bene all’uomo e al pianeta, esercitando l’esercizio e la virtù critica. Senza un registro etico e responsabile, una riconversione dei valori, una finalità rivolta al bene, una cultura non turistica ma che va in fondo alle cose e ai problemi anche criticamente, questa poltiglia di tecnica, pubblicità, divertimento, comunicazione e media televisivi ci porterà al disastro sottomettendoci.
Siamo un mondo votato alla distruzione tanto da non sapere neppure comprendere i messaggi che la natura con la sua forza illimitata continua a offrirci? No, forse non stiamo andando verso la distruzione, o meglio, non ancora. Ci sono ancora dei margini di possibilità, di comprensione vera del problema.
Un discorso sull’arte che parte dall’arte contemporanea stessa può aiutarci a comprendere il mondo in cui viviamo e ad assumere un atteggiamento più critico rispetto all’ubbidienza a cui siamo soggetti. Intanto per prima cosa bisogna saper comprendere dove è andata a finire quella che un tempo si chiamava coscienza, spirito, risveglio etico a partire proprio dal mondo dell’arte. Saper trovare in noi stessi, l’anima di tutte le cose, di quelle animate e di quelle non animate. Ritrovare come dicevano gli antichi il molteplice nell’uno, l’altro in noi stessi e il noi nell’altro, saper rinunciare all’effimero, al superfluo, saper limitare la nostra voglia sconfinata di possesso. Vivere come se la nostra esistenza fosse un’opera che di volta in volta s’interrompe nel suo farsi per poi ricominciare.
Guardare con uno sguardo illuminato e sapiente come se lo sguardo fosse un atto decisivo del nostro modo di essere nella realtà e saperla interpretare. È da un atto di disubbidienza che dovremmo ripartire. Ed è ancora l’arte come esercizio alla disubbidienza e al contempo possibilità di bellezza inesausta che possiamo comprendere il senso delle cose, di quelle visibili e di quelle invisibili.
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