Non tornano più a posto il Nero e il Giallo, il Bianco e il Rosso, l’Azzurro e il Verde, l’Arancione e il Viola, il Marrone e il Grigio, l’Ocra e il Magenta… si scombinano i colori transeunti di un arcobaleno ideale e non si ricombinano più… come la pace perduta e mai ritrovata…

di Marco Palladini

N.A.D. (Nuclei Armati Drammaturgici): … siamo una minoranza, ma combattiva… siamo per un teatro di guerriglia… né vecchi né nuovi ghiribizzi nei nostri copioni… sosteniamo una scena con tanta voglia di polemizzare con chi gode di un superficiale, facile successo… conosciamo bene quelli che in pubblico, sul palco si scambiano sorrisi, abbracci e complimenti e poi nel retroscena, in quinta si ruggiscono reciprocamente offese e insulti, appellandosi “pezzo di merda!” “vanitosa zoccola!” … deneghiamo quelli che istruiscono commedie piene di parolacce o con dialoghi di questo tenore: “Mio figlio non beve, non fuma, non si droga”

“E che vuole dire?” “Vuole dire che quella sera era lucido e mi ha parlato” “Per dirle che cosa?” “Che secondo lui è impossibile che quelle due ragazze siano state violentate” “Ci sono vari testimoni” “I ragazzi si volevano divertire ed è quello che hanno fatto” “Dunque lo stupro è un divertimento?” “Anche le ragazze avevano bevuto a iosa e fumato erba, erano su di giri, credo che non si debba giudicare nessuno” “Così, per lei è normale che si vada ad una festa e si finisca costrette a fare sesso contro la propria volontà?” “Mio figlio non ha visto nulla di tutto ciò, ma ribadisco che a diciott’anni è normale farsi e strafarsi, poi c’è anche chi è rimasto sobrio, maschi e femmine, e non gli è successo nulla” “Perciò la colpa sarebbe di avere ecceduto in alcol e droghe?” “Parliamoci chiaramente, quando sei fatto, quando sei ‘stoned’ come dicono in Inghilterra, fai cose che diversamente non faresti, la linea tra essere o non essere consenziente è impalpabile, dopotutto una scopata è una scopata, mica è stato ammazzato qualcuno” “Allora, insisto, una scopata estorta va sempre bene, non è stupro?” “è facile cianciare dopo, fare la morale sul bene e il male, bisogna trovarcisi nelle situazioni incasinate dove il caso e il chaos facilmente coincidono, dove senti la libido che cresce e ti indurisce il membro e non capisci più un kazzo, il sesso occasionale non è una cosa gentile e beneducata…” “Lei sta dicendo: stupro ergo sum” “è lei che è fuori strada, credo che non ci intenderemo mai” “Lo penso anch’io, intanto le annuncio che lei è in arresto, sono una poliziotta…”

Collettivo Mark’o : … ce ne andavamo per i sentieri della brughiera, mentre attorno a noi sibilavano suoni occulti… qualcuno abbracciava e baciava gli alberi, qualcun altro diceva “fiat voluntas tua” volgendo gli occhi al cielo… i più si scambiavano consigli su come attastare le parole con le mani verboarrappate… sì, c’erano questi nuovi rapper insolenti e con la piega malvagia sul volto che era pure una inattesa piaga musicale… molti inclinavano al sabotaggio delle culture contemporanee, ma al contempo non si opponevano a chi si sottoponeva allo xenotrapianto del cuore preso da un suino geneticamente modificato… cose da Frankenstein o da pazzi che, però, avevano libero corso sociale e venivano amabilmente commentate nei bistrots dove si beveva il pastis o nei pub dove si trangugiavano spritz a go-go… qualcuno ricordava i bambinetti anglosassoni verso la fine degli anni Sessanta che giocavano a calcio come indemoniati, alcuni giocavano direttamente a calci sfogando un’aggressività rabbiosa con colpi proibiti e pressing precoce e feroce, talché alla fine della partitella, rammentava, “ci hanno preso a pallate, vincendo 7 a 2”… Per alcuni si doveva cercare la frase sbagliata, epperò idonea a descrivere la fase giusta della nostra strategia espressiva… ché bisognava trovare nel dire la potenza del non dire (è una parola!)… così pure si doveva esserci e insieme non esserci, per non parere affetti da esibizionismo coatto… alcuni sottolineavano che se c’era un senso nella permanente finzione della vita, è che essa non prevede bis o tris… ma non tutti concordavano: la funzione della vita è riprodursi, pertanto è un bis continuo, più si cerca di essere unici ed originali e più non ci si accorge che stiamo ripetendo per la milionesima o miliardesima volta le medesime frasi e fasi e gesti e comportamenti di innumeri altri prima di noi… e com’è sconfortante tutto ciò, si diceva, ridendo e/o piangendo…

Fronte dei Dissòi Lógoi : … ciaoneee! Hanno dismesso la carrozza d’oro che recava sulle fiancate simboli razzisti e scene dipinte di sottomissione schiavista… eppure era sontuosamente bella la carrozza foggiata in stile rinascimentale con doppio tiro di cavalli, costruita ad arte in legno di teak ricoperto di foglia d’oro… certo era la macroscopica rappresentazione della ricchezza, del lusso di regnanti che avevano eretto il loro potere sul più bieco e sanguinoso sfruttamento colonialista, ma che vuole dire?… quel che fatto è fatto, la storia non la puoi cambiare, il passato non lo puoi rimuovere, le scuse odierne, gli atti di pentimento non servono sostanzialmente a un tubo, sono gesti retorici in obbedienza al politicamente corretto… abolendo la carrozza d’oro colpisci un simbolo di violenza e di sopraffazione, ma anche un simbolo onusto di bellezza e di maestà, le due cose sono strettamente interfacciate… ora chi cancella le immagini dei servi di colore inginocchiati davanti ai bianchi dominanti, a sua volta si inchina al plebeismo che insorge dai bassifondi della terra… chi riscrive le vicende di ieri finisce per rottamare pure se stesso, ma era un se stesso augusto e nobile ed esteticamente splendido che non viene risarcito dal pessimo gusto, dalla rozzezza, dalla trivialità nauseabonda dei servi-padroni oggidiani… non è detto che ciò che si guadagna sia più importante di ciò che si perde, è una questione di punti di vista…

Sul terreno si confrontano le bande assassine… per quanti equivoci vengano alimentati, è palese che siamo tutti sotto tiro… si giuoca al buio e ogni mossa può rivelarsi fatale… le guerre segrete non fanno prigionieri, bisogna attaccare di sorpresa, annientare e ritirarsi di corsa… inutile sgolarsi, chi comanda veramente in genere bisbiglia ordini tassativi… la pace per ora è congelata, fioccano le fake news, i mercenari si muovono felpatamente, conducono raid sanguinosi, promuovono sabotaggi dietro le linee nemiche e, insieme, istruiscono cyber-assalti che accecano l’intelligence avversaria… i contractors non li assoldi per meno di 5-6mila dollari al mese, è gente specializzata e fredda, killer di professione, cecchini spaventosamente precisi, dinamitardi che quando li intercetti è troppo tardi, hanno già fatto saltare in aria il quartier generale… gli smanettoni militari sono capaci di aggirare le più munite difese elettroniche… il dark web è casa loro, il traffico delle armi è massiccio, coi mortai da 120 si può fare molto male e, comunque, provocare quegli incidenti bellici molto funzionali alle trame politiche… non sono stratagemmi, ma precise strategie per le quali ci si è addestrati a lungo… i mercenari si sollazzano nei bordelli dove poi si ubriacano di whisky, rum e vodka e si esibiscono nelle salette adibite al karaoke, con le spogliarelliste che si fanno infilare le banconote persino nella vagina… lo stratega capo ogni sera cambia puttana, e ad ognuna gli racconta sempre la stessa tiritera delle sue peripezie e prodezze armate in Africa e in Sudamerica… i soldati di ventura, reclutati da compagnie private e agenzie, sul terreno sono migliaia e migliaia, come nei secoli passati le guerre si conducono per procura, le si fanno fare alle legioni straniere di professionisti della morte, sulla cui eventuale, infausta sorte nessuno sprecherà una lagrima… nessuno gli intimerà mai di cessare il fuoco, perché ufficialmente loro non esistono, e quindi il fuoco possono riattizzarlo in permanenza, stando dall’una o dall’altra parte, a volte cambiando tranquillamente fronte, a seconda di chi paga di più, nessun ideale, l’unica fedeltà è al dio quattrino… essere mercenari è semplicemente un modo di vivere disvivendo, ossia di guadagnarsi e di perdere la vita…

Gli amici di Ripon Ripary : … siamo convergenti nel reclamare un piano urgente di vendetta per il nostro amico taglieggiato e colpito vilmente e mortalmente alle spalle… ma qui in città non si batte chiodo e non si sta progettando alcun assalto frontale, semmai strategiche ritirate… come quelle dei maschi-machos islamici fieramente alfieri della poligamia che, turbati, arretrano di fronte alla richiesta pressante delle donne di una uguaglianza che sfoci persino nella poliandria… c’è tra di noi una linea di faglia che divide la ricerca di una felicità comunque raggiunta, pure con compromessi al ribasso, dalla coscienza che soltanto esplorando radicali forme di libertà di pensiero e di azione potremo raggiungere quella allegrezza che è il riflesso di un pieno benessere… che poi erano gli altri ad asseverare che non c’è pienezza che tenga se non si pratica il “No Pusher, No Party”… e noi non ci accontentiamo, da questo punto di vista, di risposte sibilline, vogliamo chiarezza, la medesima che chiedeva Ripon Ripary, commerciante ambulante di carabattole e ferrivecchi, che col sorriso sulle labbra ti guardava e diceva: è tanta roba… anche davanti alle minutaglie della vita e del valore di scambio… l’altro giorno in città si formò una processione di figure in perizoma, secondo un cristologico corteo diretto verso un suo peculiare o fantasmatico monte Calvo o Calvario che dir piaccia… con i figuranti che si schiaffeggiavano e si frustavano da soli il petto e le spalle… e noi, per evitare ulteriori figuracce, li incitavamo e li eccitavamo, assicurando loro che eravamo al corrente che ‘ebreo’ viene da “ivri”, participio del verbo “avar” che vuole dire ‘passare’, l’ebreo abramitico è colui che è passato e che, forse, è proprio il passato stesso fatta persona… così, i figuranti in corteo e sanguinanti passavano dando voce a urla e cori persino sguaiati e noi sapevamo che la sola intesa che sussisteva tra di noi era un grave malinteso… così, si accendeva una mischia chiassosa e paurosa con botte da orbi tra passatori e passanti… e il nostro desiderio di vendetta sembrava una cosa marginale e inopportuna, sprigionata dalla nostra assunzione di alcolici pesanti e dal nostro ‘calarci’ pillole psicotrope mercè le quali davamo di fuori come davanzali… ma Ripon Ripary era un’artista dell’esistenza che proveniva, amava ripetere, dal Pianeta Fame e non avremmo permesso a nessuno di offendere la sua memoria e di andarsene in giro impunito dopo averlo ammazzato come un cane…

Banda di Radio Lorna :… c’era Braccioforte che guidava sparato sull’Autosole, tanto non gli importava un tubo di arrivare da qualche parte… al suo compare Christian interessava soltanto stare dietro alle varie camarille per poterle controllare, tanto gli spiegoni, le ciarlatanerie a vuoto, i commenti infiniti non approdano mai a nulla… i politicanti rispondevano più o meno tutti alle classiche tre L anglosassoni: “Lawyer, Leader, Liar”, anche quando si mettevano i lustrini e i costumi con gli strass e sculettavano davanti alle telecamere per fare i simpatici e i marpioni acchiappaconsensi… Nicolino il Cugino lo sapeva che quelli ti fottevano regolarmente e sistematicamente, lui strascinava faccende con le scarpe vecchie e la giacca sdrucita per non dare nell’occhio, la camicia bianca aveva macchie di caffellatte e gli occhiali gli scivolavano sulla punta del naso carnoso e con voce cavernosa litigava con Renzo Minchiasciolta, pensa te, discutendo sull’antropocene, ovvero se fosse incominciato al principio dell’Ottocento con la prima rivoluzione industriale oppure alla fine della seconda guerra mondiale dopo le bombe atomiche a Hiroshima e Nagasaki che avevano definitivamente chiarito essere pronto l’homo sapiens a distruggere completamente il pianeta… Pongo Kid si masturbava regolarmente visionando il “Mondo Topless” russmeyeriano e consumava etti di gelato ai mirtilli o al lampone o ai frutti di bosco e nel suo giardinetto coltivava tanto il corbezzolo quanto il cardamomo, e faceva persino il galante donando mazzi di rose tea e cesti di margherite e gerbere gialle, rosse e arancioni… il dottor GG (Gigi Gorlini) rispondeva “fuck off!” a tutti quelli che gli suggerivano stratagemmi per svoltare nella carriera di perdigiorno… lui si muoveva offrendo composizioni di un vivace pop d’ambiente per arredare case musicali, altrimenti depresse e tristanzuole secondo vedove appassite… il dottor GG si rivolgeva pure ai summenzionati politicanti, scarroccianti e delibatori di sauté di cozze (e vongole), che vanamente cercavano di inerpicarsi sulle spalle di defunti giganti, strateghi e teorici, quando poi arrancavano sulle piste di accordicchi ed inciuci sempre più squallidi e avvilenti… le loro donne portavano il tacco 12 a spillo tutto il giorno con disinvoltura e alla sera, con la schiena a pezzi, dovevano pure farsi montare dai loro pretesi stalloni… il dottor GG si indirizzava al democratico alias demagogo di turno, sottolineando l’extravaganza di quell’andare restando perennemente immobili e gli diceva: Frate’ ti voglio recitare Peppe Belli “Sti teolichi e st’antre ggente dotte / Sta somaraja che che sa sscrive e legge / E sarìa mejo che s’annassino a ffa fotte / Co’ li su’ libbri a ssòno de scorregge”… Sì, sto scorreggiume umanoide presso cui ci rivoltoliamo noi,banditeschi gelatari, cozzicanti & affini abituati ad ascoltare a palla i Ragazzi Bestiali e Jello Biafra con il suo hardcore punk, è fatto apposta per generare due intransigenze l’una contro l’altra armate, sul filo del nulla, scevre di valori, epperò lo stesso coinvolte in un moto di aspra, letale inimicizia…

N.A.D. (Nuclei Armati Drammaturgici): … siamo per un teatro che ferisca gli occhi e le orecchie degli spettatori… siamo per un teatro che rifiuti l’haplosis, ossia la riduzione del numero diploide di cromosomi durante la meiosis, ovvero anche una semplificazione aploide ed accetti invece le complessificazioni della dynamis in quantità innumeri di trame e sottotrame sceniche… siamo per un teatro in cui non ci si rispecchi, ma in cui ci si ri-conosca, ossia in cui si conosca la sostanza oscura del nostro essere, i vizi capziosi che ritmano il passo del nostro esserci… siamo per un teatro che rifiuti i drammetti criminaloidi in cui si ascoltano i delinquenti protagonisti dialogare alla bruta e alla macchia: “Hai mai ucciso uno sbirro?” “Guarda che capace che c’hanno la scorta…” “E io lo voglio uccidere lo stesso. Gli sparo fuori dal commissariato” “Sono kazzate trite e ritrite… piuttosto lunedì prossimo è la festa mia, che mi fai per regalo? So che c’hai trenta chili di coca già pronti per lo spaccio” “Sì, ma ci sta il boss di quegli altri, lo Spartacone, che me li ha chiesti prima” “E tu fottigli i soldi e dagli la roba maltagliata” “Non hai proprio capito con chi abbiamo a che fare… lui è il reggente di tutte le piazze di spaccio della zona est” “E allora? Lo andiamo a pigliare,lo buttiamo da qualche parte, che so, in un canalone, e sto infame non lo facciamo più ritrovare” “Tu mi vuoi vedere morto, ma io non ci sto, a matto!” “Tu dammi l’ok, che ci penso io, lo faccio tremare, me lo porto in mezzo a un prato, gli ficco il ferro in bocca e lo faccio pisciare sotto dal terrore, lo faccio piangere come un pischello, mi diverto e alla fine gli faccio un buco in testa” “Ma chi sei? A infamone, mi vuoi compromettere? Sei una spia? Un Giuda? Non c’ho più alcuna sicurezza. Chi ti manda? Che cazzo mi vuoi far dire?” “Ma chi sei tu che ti caghi sotto. Quello se non ci dà i quattrini e pure tanti, lo apriamo come un vitello sgozzato, e ai suoi scagnozzi gli mandiamo pure la foto” “Tu sei pazzo” “No, io sono la potenza del crimine, come quando Antonello il Burattino voleva distruggere la cerchia nostra, te lo ricordi?” “Vagamente…” “Quello girava con la macchina blindata eppure lo abbiamo tritato, lo abbiamo fatto saltare in aria con la dinamite” “Guarda, secondo me a Spartacone per fargli male, più che sparargli, lo devi tenere per le palle” “Che vuoi dire?” “Che ne so, che giri un video compromettente con lui che s’incula un ragazzino o che viene fottuto da uno stallone, perché sappiamo che coltiva sti vizietti, e lo ricatti… gli dici che lo fai girare in rete” “Sì, è un’idea… forse una bella idea, ma mica facile da realizzare” “Ma tu che giri con la baiaffa e il fucile mitragliatore, un mignottone kazzuto lo trovi per sputtanarlo…” “Sì, certo, ma prima devo fare un’altra cosa” “Cioè” “Devo mandare sti vocali a Spartacone, che così capisce chi è il suo piazzista spacciatore… t’ho registrato… era una trappola, coglione… adesso sei fritto!” “Mortacci tuoi! Infame infamissimo!… Ti uccido!” “Fatto!… Inviati!… Troppo tardi per te spararmi per sperare… ah, ah, ah, ah, ah!”

Collettivo Mark’o : … in quei giorni viaggiavamo pigramente a piedi o in bicicletta sul lungofiume, senza sapere minimamente dove il corso d’acqua sarebbe sfociato… ché da una parte c’era l’anziano ideologo che ciarlava su una New Left introvabile, mentre dall’altra parte ci sollazzava lui, il nostro amico-nemico, svociato e insolente, che stonava canzonacce oscene e putride, col coro dei fringuelli svolitanti attorno… raggiungemmo una chiesa dalla brutta architettura tardomoderna, al cui interno prese avvio un ‘autosacramental’… era una rappresentazione religiosa di fervide masse ora in movimento, ora in preghiera, che talora rasentava il delirio mistico, e talora sfiorava la blasfemia quasi demoniaca… noi non ci ritrovavamo né nell’una né nell’altra dimensione autosacramentale… così il viaggio riprese sino ad un centro di “high performance computing” che era come un sacrario tecnologico che ospitava un supercomputer capace di cinque milioni di miliardi di operazioni ‘in virgola mobile’ al secondo… una potenza di calcolo a dir poco spaventosa in cui ogni unità di calcolo si interconnetteva a tutte le altre mercè una rete a prestazioni iperveloci dove ogni singola connessione possedeva una banda di cento gigabyte al secondo… ci perdevamo dietro alle meraviglie di questo supercomputer che concentrava un insieme e un sottoinsieme di tecnologie di analisi e di calcolo atte a consentire a più processori di elaborare dati in parallelo, ovvero a lavorare in contemporanea, sviluppando una superpotenza algoritmica capace di estrapolare informazioni e di determinare nuovi modelli da enormi quantità di dati, strutturati e non… il supercomputer si avvaleva di acceleratori di ultima generazione che davano luogo a un ‘cloud computing’ concepito appunto per sfruttare la più gigantesca mole di dati, quantità di calcolo, modelli numerici, intelligenza artificiale, in modo sempre più integrato e sinergico… il master del supercomputer parlava secondo un guru ispirato: questa macchina eccezionale mi permette di sviluppare l’arco delle nostre tecnologie, continuamente implementandole di funzioni digitali e intelligenti, e anche migliorando i livelli di controllo, efficienza e affidabilità… la macchina lavora su molti algoritmi dal deep learning all’intelligenza artificiale e riesce a personalizzarli per ogni singola piattaforma tecnologica, riuscendo a calcolare le innumeri interazioni tra i data-analysis e i big data… la macchina ha una architettura operativa che è un autentico gioiello, con uno storage ad alte prestazioni che conta su una capacità di memorizzazione pari a 20Pbyte, cioè 20 milioni di gigabyte al secondo… come si può facilmente intendere l’high performance computing è un passo in avanti fondamentale verso il dominio digitale del mondo… terminata la visita nel mirifico o terrifico (a seconda dei punti di vista) tecnosacrario, riprese il nostro ramingo viaggio sulla sponda del fluido fiume che scorreva, forse, verso il nulla… nel collettivo si accendevano vivaci discussioni sul peso del digital-postumanesimo che gravava sul nostro cammino… finché incrociavamo ragazzi abbandonati a se stessi ovvero abbindolati dal miraggio di successi o di facili vincite alla lotteria milionaria… le ricadute della macchina-totem non consolavano davanti alle cadute dei piccoli uomini che non sapevano che cosa fare della propria esistenza… intelligentemente reale, non artificiale…

Fronte dei Dissòi Lógoi : … ciaoneee! Non tornano più a posto il Nero e il Giallo, il Bianco e il Rosso, l’Azzurro e il Verde, l’Arancione e il Viola, il Marrone e il Grigio, l’Ocra e il Magenta… si scombinano i colori transeunti di un arcobaleno ideale e non si ricombinano più… come la pace perduta e mai ritrovata… da una parte raffiche di domande da parte di una stampa sull’orlo di una crisi di nervi, dall’altra parte raffiche di pallottole che decimavano i manifestanti in piazza… sì, va tutto bene, anzi benissimo, è soltanto la libertà e la democrazia che non sono più tollerabili, che producono solamente confusione… ad un certo punto occorre scegliere tra l’ordine del potere e il baratro del contropotere… la contestazione del monopolio della forza è inaccettabile, anche se non si è il comandante in capo delle forze armate… ci sono comportamenti inconsulti e irrazionali che vanno subito repressi per evitare una epidemia di violenza selvaggia e distruttiva… le linee di azione in questo caso sono linee di coazione, niente follie, ma anche niente kazzate, senso di responsabilità per un patto giurato in difesa dell’integrità dello stato… tutto questo casino, si diceva, conduce anche involontariamente al chaos e all’avvento di un ‘Dettatore Maximo’… i media alimentano le voci e le false notizie e le accuse verso chi regge la cosa pubblica, verso l’incompiutezza e l’irresolutezza della politica, ossia dei politici pasticcioni e vili… sì, è così, un manipolo di vigliacchi che accumula sconfitte e scambia l’andare avanti tirando a campare per un videogame in cui sono i più imbecilli che prevalgono… col sovrammercato, comunque, di quelli che obiettano: ma è simpatica o antipatica la cricca dell’antipolitica?… insomma, non si riesce a trovare nessuno che sia all’altezza ovvero pure alla bassura dei tempi: ci sono scatti di furore seguiti da dimostrazioni di vera fifa… tra il provare terrore e, quindi, rapidamente darsi al terrorismo talora è un passo, a volte un passaggio obbligato per disfarsi di istituzioni obsolete incapaci di costituire un baluardo verso i nemici esterni ed interni… nei rispetti degli alti lai dei metalmeccanici che lavorano alla fresa e degli operai che si ammazzano di fatica nei cantieri edili, il nostro Fronte sarebbe pronto a conquistarsi il futuro, è che la strategia latita, proliferano così meschinità, sospetti, cattiverie, manipolazioni, manovrine antisistema, sterili tatticismi, scarsa autostima e si rimane sempre al palo di partenza, fomentando frustrazione e generale malanimo… gli avversari, intanto, pronunciano il nostro affrettato necrologio, ma lo fanno soprattutto perché sentono di essere, intimamente, fottuti… nessuno può sapere se, alla fine, sopravviverà e tale situazione di incertezza porta all’isteria, alla debolezza, ai nervi che saltano, talora alla follia… gli outsiders cospirano contro i presidenti, i governi sbandano e agiscono contro le vecchie tradizioni, c’è un clima di anarchia che ora conduce all’oscurità, all’ottenebramento delle menti, ora induce una cospicua noia verso il permanente incubo della dissoluzione… come il gridare “Al lupo! Al lupo!” a cui, al dunque, nessuno più crede… chi esclamò “Vincere! E vinceremo!” fu poi travolto e impiccato a testa in giù… taluno opina nel nostro Fronte che invece di sognare epoche epiche e straordinarie, sarebbe meglio accontentarsi dell’ordinario tran-tran, di una normale nebbia, cioè dell’annebbiamento di ideali e ideologie che concede l’illusione di una opaca, sfumata, possibile armonia…

Gli amici di Ripon Ripary : … nella nostra cerchia amicale del caro estinto qualcuno pratica la scrittura che si abbuia, quanto più ambisce ad illuminare circa i misteri, i segreti, gli infami delitti, le luride trame che assediano il reale… quando si stava assieme a Ripon ci sentivamo felicemente tristi o tristemente felici, i sentimenti avevano sempre un doppio passo, un doppio legame col destino assassino che incombeva sul suo capo… Ripon aveva un cugino, Reenesh, che era un cervellone che operava nel campo dei software avanzati, che trafficava con le blockchain e speculava alla grande con le criptovalute… Reenesh amava domandare ai suoi interlocutori: non dovremmo chiederci, a questo punto, in che metaverso gira il mondo? … così, lui aveva creato un’agenzia che organizzava matrimoni nel metaverso, istruendo scenografie artificiali in cui comparivano gli avatar non soltanto degli sposi, ma pure degli invitati, sia i viventi, sia i defunti… c’era inoltre, con un buon supplemento di costo, la possibilità di far esibire anche gli avatar di celebri musicisti sia pop-rock e jazz – da Frank Sinatra a Elvis Presley, da Aretha Franklin a John Lennon, da Ella Fitzgerald a Frank Zappa etc. – sia classici – da Mozart a Liszt, da Beethoven a Brahms, da Debussy a Mahler etc. – insomma, una vera figata, da sbroccare… Reenesh spiegava che come wedding planner 4.0 aveva costituito una piattaforma per meta-party, in cui ciascuno attraverso il suo pc poteva muoversi con il mouse o con una applicazione da touchscreen e interagire con gli altri invitati… era possibile persino creare situazioni porcellone, in cui due partecipanti virtuali si appartavano e consumavano sesso digitale a go-go… benvenute erano le donazioni in criptovaluta ai neosposi o ad enti di beneficenza regolarmente indicati… Reenesh col metaverso si era fatto ricco e incitava Ripon ad abbandonare il suo commercio di minutaglie e frattaglie e vecchiume ed entrare nel nuovo, meraviglioso mondo dell’immateriale… ma Ripon rimaneva un ostinato materialista e, forse, questo lo fece entrare in rotta di collisione con i capoccia del racket che impazzava nel suo quartiere, così condannandolo a morte… ma adesso ci siamo noi, sebbene nel mirino di chi alimenta le guerricciole di sopravvivenza sul territorio, a portare avanti il suo commercio di cordoncini dorati ed alamari, di parrucche voluminose e di spille e spilloni, di kimono con le frange e orecchini-pendant a gocciola, di copricapi lucenti e di piume di struzzo, di peonie di stoffa e di papillons a pois, di copriunghie argentati e di scialli dipinti, di perle e diamanti finti e di braccialetti di giada da bigiotteria, di lunghi guanti neri di raso e di en-têtes regali… tutta una trouvaille da mercatino delle pulci affiancata da vecchi manifesti, affiches, poster d’epoca, vetusti rotocalchi, foto di tenniste russe e cofanetti di classici greci e latini piratati… un piccolo-grande mondo antico che era il mondo di Ripon, il suo luogo del cuore… che non cesseremo di proteggere e perpetuare pur nel gelo dei tempi odierni… e con la dolorosa consapevolezza che chi l’ha fatto fuori è ancora in giro a piede libero…

Slides (a cura di Marco Palladini)

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Banda di Radio Lorna : … telefonano in continuazione voci esasperate, prive di misura, sbracate e aggressive… selvaggi che urlano: porka troja! Fankulo a tutti voi! … non c’è pace ormai nel mestiere del radiofonico… arrivano anche avvertimenti, minacce vaghe, ma non meno insidiose e pericolose… poi voci anonime che spifferano di locali dove si spacciano a fiumi le droghe pesanti… di piazze della prostituzione di ragazze dell’est-Europa con i papponi che le pestano di brutto se non incassano abbastanza… chiamano anche gole profonde che denunciano i giri di scommesse clandestine all’ippodromo, con gli equini dopati e i fantini corrotti… altre voci da altre stanze narrano di fiabe familiari atroci, di storie disumane, riferiscono di situazioni scabrose, di solitudini angosciose, accennano a relazioni amorose spaventose… ed è pressoché un giallo la notizia del ritrovamento del corpo senza vita di una curatrice d’arte quarantenne che abitava in un residence… la donna, avevano riferito alcuni testimoni, era stata vista per l’ultima volta cinque giorni prima di morire in un’altra città in cui era stata presente ad un vernissage… un amico della curatrice, forse il suo fidanzato o amante, non è chiaro, sosteneva invece di sapere con certezza che era stata avvistata ventiquattro ore prima del decesso a cento chilometri da casa in un locale notturno sul mare… un guazzabuglio indiziario, insomma, aggravato dall’autopsia che parlava di tracce di un possibile avvelenamento, non si sa, però, se volontario o indotto… abbiamo anche i corrispondenti tanto improvvisati quanto entusiasti che ci informano sui nuovi epifenomeni… come, per esempio, la diffusione delle palestre dove si praticano le MMA, acronimo che sta per Mixed Martial Arts, una disciplina votata allo scontro fisico acerrimo con colpi e mosse derivanti da un rimescolamento di pugilato e karate, di boxe thailandese e jujitsu, di lotta greco-romana e taekwondo, di judo e capoeira… ne nascono match efferati e brutali in cui ci si aggredisce con le mani e con i piedi, con i pugni e con le ginocchia, con i gomiti e con le spalle… i contendenti hanno dei guanti per proteggere le nocche, ma lasciano libere le dita, e possono ricorrere pure a modalità di strangolamento e di dolorosi blocchi articolari… attacchi ossessivi, offensive assatanate,violenza estrema e i corpi dei ‘marziali artisti’ alla fine degli incontri che grondano sangue come in un filmaccio splatter… MMA = Malmenare Massacrare Annientare… ci sta dentro il fascino del fascismo più guerresco e truculento… i fighters sono macchine da battaglia che si sfidano in un gabbia ottagonale circondata da un’alta rete metallica, per lungo cinque round di almeno cinque minuti, chi sopraffa e sopravvive in tali barbari cimenti è pressoché un eroe… i nostri reporter volontari stanno in fissa con lo spettacolo della sottocultura machista esasperata, ciò che la dice lunga sull’inconscio malato degli ometti-cimice che affollano le arene delle MMA godendo, ejaculando e trasfigurandosi nel risarcimento dello spietato superomismo altrui… ci risuona pure la voce chioccia del critico che ci parla di “The Rock” che sarebbe una performance, anch’essa superomistica, dell’artista californiano Michael Heizer capace nel 2012 di scovare nel deserto un masso granitico di 340 tonnellate: una pietra geologica di molti milioni di anni fa, e riuscire a farla trasportare, con costi altissimi, sopra un mega-Tir di 90 metri con oltre duecento pneumatici, sino al Los Angeles County Museum of Art (LACMA) e colà sistemarla en plein air, in bilico su un corridoio-piattaforma di cemento armato e possente acciaio… “Levitated Mass” viene appellata l’opera, un gigantesco masso levitato e come sempre nelle intraprese di arte concettuale, qui ibridata con la Land Art, non ci si può non domandare: è una stupefacente genialata o una emerita, mastodontica stronzata? … a noi radiofonici e radiofili fa più piacere ascoltare la voce di un’altra artista, in vero una stilista, di nome Monique, che si dichiara tetracromatica… e cioè, chiediamo? Vuole dire che una persona tetracromatica ha nella retina un recettore in più che gli consente di vedere sino a cento milioni di colori diversi, ovvero ha una potenza di capacità visiva all’incirca cento volte più elevata rispetto a un soggetto normodotato… così, Monique disegna abiti dalle linee favolose, principesche, orientaleggianti, connotati da una esplosione pluricromatica ultrapsichedelica… dove gli altri vedono soltanto un rosso, un blu, un bianco, un giallo, un nero, un viola etc., lei vede milioni di tonalità e sfumature differenti, la sua ipervista le dischiude un mondo tetracromatico di pura poesia, di cangiante fantasia… e non è uno stratagemma, è la sola strategia per immaginarsi un’altra (non impossibile) vita…