In questo saltare avanti e indietro nella storia della percezione estetico-scientifica con le avanguardie, ES a sua volta con-fonde e sovrappone i piani percettivi e cognitivi in una performance “senza senso” o decostruita nel suo messaggio
di Giuseppe Siano
In un’intervista del 1990 Angelo Ermanno Senatore (il cui acronimo scelto per firmare le sue opere visive è ES, con un chiaro riferimento, all’Es, o inconscio, o istinto pulsionale, o anche energia pulsionale di Sigmund Freud) rievoca il tempo della sua formazione, quando alcuni intellettuali impegnati degli anni ’60-’70 del secolo scorso furono da lui considerati i suoi «maestri di gioventù». Sono essi che gli hanno trasmesso quello che ha definito il suo «amore» per la cultura e la letteratura francese: Jean Noël Schifano ex direttore del Centro Culturale Francese di Napoli, il quale aveva lavorato per le Edizioni Gallimard di Parigi, Renzo Paris scrittore della generazione del ’68, e in particolare il suo docente di francese dell’Università di Salerno Michele Rago, che era stato collaboratore sotto la guida di Elio Vittorini di una delle riviste della rinascita culturale nell’Italia del cosiddetto “secondo dopoguerra” del ’900, Il Politecnico.
Questa rivista fin dalla sua prima uscita, il 29 settembre 1945, riunì nella redazione di Milano l’intellighenzia antifascista di varie estrazioni politiche e culturali affinché si affermasse nella costituenda Repubblica italiana il nuovo modello di confronto democratico.
Era il tempo della convivenza e del raffronto ideologico. Le scelte dovevano avvenire mediando tra lo studio delle idee nuove e l’eredità culturale, e mai più dovevano essere affermate con le armi. Nelle decisioni andavano preservate sempre, col compromesso, alcune esigenze sociali ed individuali irrinunciabili dalle minoranze. Il dialogo democratico andava esercitato, perciò, nel rispetto dei modelli culturali delle minoranze.
La cultura divenne il principale strumento attraverso cui si dialogava e si comprendeva nelle scelte anche l’altro. In questo modo si poterono tracciare quei limiti imposti dalla democrazia attraverso cui un gruppo non potesse mai decidere di affermare solo la propria volontà prevaricando le altre componenti sociali. Il coltivare la cultura e la conoscenza, perciò, dovevano diventare gli strumenti più importanti per la crescita e la consapevolezza individuale nonché favorire il dialogo sociale di tutto il popolo repubblicano italiano. Per i padri costituendi le leggi avrebbero dovuto essere frutto di mediazione della cultura democratica del rispetto.
L’intento della rivista fu quello di avvicinare e di affratellare gli uomini e i popoli con la conoscenza e col dialogo. Il fine era quello di aiutare col dibattito il superamento delle divergenze ideologiche e di favorire la promozione di leggi giuste che fossero utili a eliminare lo sfruttamento e la schiavitù oltre che promuovere un lavoro dignitoso per tutti. La rivista, nei quasi due anni e mezzo di vita, aprì un confronto tra gli intellettuali di ogni tendenza politica. Si cercò in modo schietto di approfondire le condizioni reali degli italiani e di proporre nel confronto alcune soluzioni ai problemi politici e sociali, nonché fu rivolto quell’invito ai giovani affinché si aprissero a tutte le forme d’arte, specie a quei movimenti delle avanguardie artistiche e culturali.
Da queste linee guida gli studi di Angelo Ermanno Senatore (da ora in poi ES) nel periodo della sua formazione furono indirizzati specialmente alla storia e alla critica dell’arte moderna e contemporanea.
Sono queste frequentazioni artistico-letterarie, come egli ha affermato in più occasioni, che «affineranno la mia passione per l’arte e fortificheranno il mio talento di artista-critico interdisciplinare, impegnato, e contro corrente, ribelle, amante delle avanguardie e dei movimenti storici dell’arte contemporanea».
In quegli anni si sentì ispirato dallo studio di Marcel Duchamp tanto da affermare che fu questo artista, più di ogni altro, che ha indotto «le scelte successive della mia vita di artista internazionale, sempre in equilibrio tra underground ed overground; condizionando poi quel percorso puro ed idealista che prima confluirà nelle posizioni post/trans/situazioniste, e che hanno poi animato anche il successivo movimento di ‘retroguardia’ cyber dada».
Fu nella sua città di Salerno che egli in quegli anni ha esplorato altri campi dell’esperienza creativa, specie per le frequentazioni e gli studi del teatro totale di Antonin Artaud, oltre che lo studio per diletto della batteria.
Non a caso Ermanno esordisce come attore sulla scena teatrale della città capoluogo della regione Campania prima di partire per il nord.
La prima sua tappa fu Roma, dove egli ha vissuto quel suo periodo di «performer/plasticien», e dove incontra il gruppo dei trattisti del movimento Olduvai prima ancora dei firmatari del Manifesto trattista del 1982: Claudio Bianchi, Luciano Cialente, Marco Fioramanti, Adalberto Magrini, Ubaldo Marciani, Sergio Salvatori (pittori) e Marco Luci (video maker).
Dal 1982 al 1993 è professore di ruolo del Ministero della Pubblica Istruzione, ed insegna la lingua, l’arte e la letteratura francese nelle scuole superiori in provincia di Roma.
Pittore, performer, giornalista culturale, poeta, attore, regista di teatro sonoro-visivo, ha scritto e interpretato in quel periodo lo spettacolo inter/média Totò le Métro nel 1981, che è stato in tournée a Brescia, Milano, Salerno, Napoli e Roma.
Ha pubblicato poi libri di poesia sonoro-visiva: una raccolta di poesie-jazz dal titolo Fragile, ed. Poligraf e Calore/Pallore ed. Ripostes, con le prefazioni di Rubina Giorgi e di Eva Rachele Grassi, poetesse e filosofe del linguaggio.
Ha collaborato poi alle riviste culturali, Proiezioni 84 – ed. Alba Ferrara; Percorsi ed Salerno; e la rivista‘Sorbo Rosso’. È stato, inoltre, redattore, critico d’arte visivo e della cultura del quotidiano Brescia Oggi, della rivista Punto e Virgola e di Radio Popolare.
Spostatosi a Brescia con l’insegnamento, in quegli anni organizza festival e reading di poesia tra Milano e Brescia con la poetessa di avanguardia Milli Graffi.
ES in quegli anni residente al nord Italia venne citato anche nel libro Chi è?, che elencava le attività di personaggi notevoli che erano allora presenti nella vita culturale e sociale della Lombardia.
Nel 1983 nasce anche l’intesa di arte e di vita con la poetessa Eva Rachele Grassi, questa già allieva di Rubina Giorgi. Insieme costituiscono un sodalizio che è tuttora attivo come Gruppo artistico e di vita denominato Extrême Jonction che da allora ha realizzato innumerevoli manifestazioni culturali, oltre ad aver aperto sei gallerie-laboratori di ricerca da solo e/o con altri artisti e critici complici: a Salerno, Atene, Parigi e Le Mans.
Dal 1984 al 1987 ES e Eva Rachele Grassi sono stati impegnati nella progettazione e nella realizzazione di tre edizioni del festival internazionale di arte elettronica Semi di Luce, in collaborazione con France Telecom e l’ambasciata di Francia in Italia.
Il gruppo Extrême Jonction ha anche partecipato all’edizione Europa elettronica all’università di Napoli, dove sono stati invitati tra gli altri gli studiosi Paul Virilio e Jean Baudrillard.
Questo sodalizio Extrême Jonction si recherà poi in Romania nel 1989 insieme al musicista David Thompson prima del 20 dicembre, giorno della caduta del leader Nicolae Ceaușescu.
A questo primo viaggio fanno seguito altri a Berlino, Stoccolma, Atene, Londra, Barcellona, Algeri, Dakar.
ES in quegli anni è anche invitato da Università, Ministeri della Cultura, Istituti di cultura italiana e francese.
A Parigi nel 1996 ES sempre assieme ad ERG (acronimo di Eva Rachele Grassi ndr), nella cui città si erano nel frattempo trasferiti, si trova a fondare il “movimento/non movimento Cyber/dada dal quale nasceranno una serie di scritti confluiti negli “aleatori” Cahiers Cyberdada.
In questi taccuini è raccolto e sintetizzato il significato dell’espressione scritta del gruppo cyberdada “Extrême Jonction”, il suo modo di fare arte sull’onda delle più originali trans/avanguardie neo/situ/dada/futuriste.
L’intento, in breve, è stato sempre quello di unire la cultura professionale ed artistica alla cultura del quotidiano e del sociale, in flussi continui senza differenza o interruzione.
Il fine era sempre quello: fare della propria vita un’opera d’arte, come Duchamp. Il politico, il sociale, l’individuale, il culturale si alternavano e si sovrapponevano nelle scelte artistiche.
ES partecipa con questi intenti alle molteplici manifestazioni di attività e di militanza-testimonianza di allora: Forum sulla disobbedienza, Copy left Attitude; performance alla festa Internet tenutasi al Web Bar Gallery nel Marais di Parigi, luogo della prima web art internazionale; presenzia poi alle tre edizioni di «Expo-vente» che furono organizzate dalla Galleria Yvon Lambert al profitto dell’associazione AIDES…
Il gruppo Extrême Jonction in tutte queste manifestazioni assume la seguente posizione: «Insottomesso a tutte le etichette, gli ‘ismi’ contemporanei e soprattutto contro la definizione stessa di artista…».
Dopo il soggiorno a Parigi ES cambia dimora e si sposta a Le Mans, dove insieme a ERG inaugura un altro atelier di esposizione dopo quello aperto a Créteil.
Nella nuova abitazione Extrême Jonction promuove serate con artisti performer e organizza mostre secondo le regole delle gallerie d’appartamento diventate famose negli anni’50 a New York, ma attribuendo a questo luogo un termine improprio ma pieno di suggestione Ghostart Gallery . La loro Ghostart Gallery era diventato il luogo fantasma, o misterioso, a scomparsa, dove si svolgeva l’evento artistico, ma anche un dibattito sull’arte o si presentava una mostra. Il luogo dove si producevano eventi d’arte o si dibatteva d’arte era diventata il luogo della loro Galleria fantasma, dove “si cospirava” contro tutta quell’arte cosiddetta commerciale.
Non a caso si sapeva che la prima autentica Ghostart Gallery era nata nel Montana e fin dal 1974 promuoveva artisti che dipingevano nel distretto minerario di Helena, I dipinti di questi artisti avevano come soggetto luoghi o edifici delle città dismesse e, pertanto, ormai divenute località “fantasme” per quel territorio minerario.
Gli eventi e le mostre si svolgevano di solito a Le Mans nell’appartamento del sodalizio Extrême Jonction erano per invitati selezionati, che erano contattati o vi si recavano per appuntamento, erano a numero chiuso. L’invito era a cura della Ghostart Gallery di Le Mans.
È chiaro che la galleria di ES era classificabile come arte d’appartamento e che era più vicino ai mitici incontri di arte pop di Andy Warhol che teneva nei suoi appartamenti prima che non istituisse la sua The Factory (1962-68) a New York, poi estesa agli altri suoi successivi appartamenti. Ricordiamo anche la frequentazione di Warhol alla famosa discoteca di Manhattan, lo studio 54 frequentato da letterati, artisti, musicisti per lo più rock, da gay e lesbiche con stilisti di moda nel cui spazio veniva promossa la disco music e frequentata dalla maggioranza del jet set mondiale, specie nel periodo della nascita dal 1977 fino al 1980. Anche ES e Erg dagli anni ’80 non avevano mai abbandonato l’idea di fare della propria abitazione un luogo dove si producevano eventi di arte di appartamento. Del resto l’arte di appartamento delle Factory di Warhol, si avvaleva di inviti esclusivi a riviste, a direttori di musei, di giornali, o di galleristi, di critici. Di direttori di banche e di altri artisti che in quel periodo negli USA avevano successo anche perché l’arte che veniva prodotta e rigorosamente selezionata iniziò ad essere considerata un prodotto esclusivamente soggetto alle leggi del mercato, per cui doveva essere pubblicizzata. Del resto l’arte impropriamente definita da molti critici americani postmodernista aveva il fine di essere “consumata” come un qualsiasi altro prodotto commerciale.
Le serate promosse dalla Ghostart di Le Mans erano organizzate solo esclusivamente per i cultori dell’arte, o della performance e dell’arte visiva nella casa-galleria del gruppo Extrême Jonction ma era diventata per gli artisti un luogo di incontro, di dibattito e di confronto; in quanto in seguito a ogni serata si apriva una discussione sull’evento artistico a cui si era assistito.
La vendita e la pubblicità al grande pubblico era considerato un atto fortuito.
ES si è definito in quegli anni «personaggio contro corrente»; e, con ironia, si è raccontato come «l’ultimo Pittore- poeta dei movimenti artistici d’avanguardia, un po’ filosofo e un po’ performer».
Si descriveva fin dagli anni ’90 del secolo scorso anche «come un interdisciplinare della retró-guardia (o meglio dell’arrière-garde de l’avant-garde artistique) (degli allora ndr) prossimi anni 2000».
Con onestà intellettuale concentra la sua ricerca sui possibili linguaggi del fine millennio, epoca chiamata in filosofia da Jean-François Lyotard del post-modern nell’opera La Condition postmoderne: rapport sur le savoir pubblicata nel 1979, e da ES poi ripresa negli anni ’90 come evento anticipatore della nascita della nuova era del post modem.
L’artista si ripropone in quegli anni di organizzare messaggi e un sapere senza «raccattare certezze, ma, anzi, seminando dubbi incertezze e spaesamenti supportato dall’esercizio culturale e dalle neotecnologie dell’informazione», utilizzando spesso l’assurdità, l’ironia il nonsense della scienza ‘Patafisica, che trova nelle risoluzioni immaginarie autoreferenziali – spesso tra il grottesco e il fraintendimento – l’esercizio di questa disciplina che Alfred Jarry agli inizi del secolo scorso fa risalire a Ibicrate il Geometra, pseudonimo di Ippocrate di Chio.
Per questo motivo ES afferma che l’uomo a lui coevo può sentirsi veramente «libero solo nella con-fusione, nell’interferenza di tutte le espressioni dell’immaginario» che coinvolgono i vari media compreso quello tecnotronico che si veicola e si propaga in internet grazie al modem.
Paragona, inoltre «l’A dell’Arte alla A dell’Anarchia»; ed è in questa connessione che egli ritrova «la piena libertà del pensiero».
Crede in un’azione creativa, che è uno dei fondamenti della filosofia di Henri Bergson, specie quando questi ripropone la sua evoluzione creatrice col considerare la «vita» quale «corrente di coscienza», flusso di energia.
L’energia e l’azione sono importanti per ES, come lo sono state per la filosofia di Bergson e poi anche per la psicoanalisi di Sigmund Freud con l’energia pulsionale che assume in quest’ultimo un carattere erotico, chiamata nel tempo dall’autore anche inconscio o Es.
L’impulso energetico, che è incontrollato e incontrollabile, è posto comunque a fondamento del movimento che genera la vita nel mondo, delle avanguardie artistiche per ES.
Esso si propaga nell’ambiente dei viventi prendendo varie direzioni: alcune energie sono interrotte da ostacoli che ne impediscono la propagazione, altre sono andate avanti dando luogo a varie nuove organizzazioni dei viventi. Così vanno intese le sue opere pittoriche.
L’artista ES si muove in un ambito di un evoluzionismo (Charles Darwin) prodotto da energie creative (Henri Bergson) e da pulsioni (Sigmund Freud).
Possiamo definire questo come periodo bergsoniano di ES, nel quale insieme a ERG, è convinto che le forme vadano considerate come organismi energetici, o ammassi eterei di materia-energia che si muovono organizzando gli ambienti secondo la funzione della struttura assunta dalle singole tipologie dei viventi di cui egli si sente osservatore.
Il rapporto tra ambiente e organismo vivente diventa importante perché genera una simbiotica tra i viventi e il contesto con cui sussistono. La loro relazione produce “l’intelligenza” o l’istinto di sopravvivenza.
Infatti, per qualsiasi specie vivente se una energia di un organismo non incontra ostacoli si forma un modello d’intelligenza, che collega e riconosce i fatti; se invece incontra degli ostacoli “incontrollabili” ma non “insuperabili” allora si forma ciò che chiamiamo “istinto”, (qui paragonabile più all’“Instinkt” freudiano, istinto regolato dalle leggi della natura in un ambiente, che si differenzia dalla “Tribe”, che lo stesso Freud attribuisce invece a una “spinta” irrefrenabile di una pulsione che rende “manifesto” la spinta del desiderio irrefrenabile dell’Es). L’Es rompe qualsiasi rapporto con la costruzione razionale, producendo uno stato di spaesamento, prima che non si manifesti o un nuovo ordine o una nevrosi.
È il periodo in cui ES produce opere tra arte pop, art brut, informale con qualche incursione concettuale..
Nell’uomo, come in tutti gli altri organismi viventi, si pensa che convivono sia l’istinto che l’intelligenza; questa nel sociale sarebbe la pratica del voler dominare sull’istinto, sull’inconscio, che genera le nevrosi per Sigmund Freud.
Nell’arte e nello studio delle funzioni dei modelli di conoscenza del ’900 l’intelligenza assume principalmente la funzione di rinvenire e attribuire ai fatti e alle relazioni che si formano coi nessi (Ludwig Wittgenstein). Le funzioni linguistiche all’interno della propria organizzazione mostrano sempre dei limiti, che per superarli si ha bisogno sempre di nuovi modelli di organizzazione, che produrranno altri limiti. Solo analizzando queste relazioni si può risalire poi all’uso autoreferenziale del linguaggio in un contesto («i limiti del mio linguaggio sono i limiti del mio mondo» riportava Wittgenstetin nel suo Tractatus logico-philosophicus). Con le relazioni appaiono anche quei nuovi modelli fatti di reticoli nella organizzazione sociale. ES vuole rompere tutti questi nessi e far apparire l’energia dirompente.
Dall’altra parte si è anche dato il libero sfogo agli istinti irrefrenabili nell’arte con l’interpretazione simbolica dei sogni. I nessi in questo caso andavano ricercati nei segnali che invogliavano alla liberazione della sessualità, con cui si sono analizzate le motivazioni dei desideri a partire in modo palese dagli autori surrealisti, a cominciare da André Breton e Georges Bataille.
L’azione creativa dell’artista ES si presenta sempre come naturale, spontanea, col diritto allo scandalo, volta a scompaginare qualsiasi regola convenzionale, e a vivere di contraddizioni; anche se l’azione è corredata da uno studio rigoroso la cui intelligenza induce però a collegamenti, sempre arbitrari, tra i campi più differenti del sapere. In qualsiasi ordine irrompe l’Es di ES.
In questo consiste per chi scrive l’azione creativa di ES, che qui presenta questo artista come una specificità aggiornata dell’evoluzione creatrice di Bergson, mista alla visione della scienza ‘Patafisica che fonda sulle eccezioni le sue regole linguistiche e la psicanalisi che fa riferimento all’istinto delle pulsioni che nel sociale spesso travestono di simbolici ragionamenti il desiderio sessuale; questo può essere superato secondo Freud o con la sublimazione dell’energia o si cade nella malattia della nevrosi.
Tutta l’azione che si produce nella vita è rielaborata dalla propria memoria creatrice, che non è solo quella dell’artista ma è propria anche degli altri viventi. Questi organismi in un determinato momento della vita utilizzano la propria memoria per raccontare e agire secondo un proprio modello che in quel momento gli fa collegare i fatti e determina le probabili relazioni nel presente.
Non esiste perciò una verità oggettiva dei fatti fisici o una sola interpretazione del “vissuto”: ciò che rimane è sempre e solo un messaggio proveniente dall’elaborazione ultima di una interpretazione degli eventi da parte di una memoria creatrice. In questo modo ES legge Bergson.
La sua memoria creatrice può emergere dalle note disordinate di un viaggio reale sprofondato nelle tracce lasciate non solo dalle testimonianze di ricordi, ma anche dalle proprie fantasie, allucinazioni, che implicano anche il proprio traudire, travedere, ecc. sensoriale con cui s’interpretano in quel momento i fatti. Allora come ancora oggi una qualsiasi percezione energetica può concorrere alla formazione di un evento, di un’esperienza che si può rivestire di logica, ma che è anche pervasa sempre dalle leggi dell’“Instinkt” e della “Tribe”.
Sembra che ES, identificandosi nel mondo come energia pulsionale, abbia tracciato anche una contiguità tra l’ordito filosofico di Bergson, la sua “identità” di forza inconscia psicoanalitica che frantuma ogni costruzione razionale, facendo affiorare quei legami con l’allora più recente esperienza situazionista del détournement.
Come vi era una contiguità tra le avanguardie storiche del primo Novecento e Bergson, compresi i tanti nessi con le opere letterarie di Marcel Proust e James Joyce, così vi è contiguità tra il concetto di détournement e il modo di organizzare le performance di Angelo Ermano Senatore.
Il détournement è stato teorizzato per la prima volta da Guy Debord nel 1957 e indica un metodo che permette di utilizzare filmati, foto, oggetti, segni, musiche, poesie, eventi o qualsiasi altra struttura – o mezzo – disponibile operando uno straniamento dal contesto in cui questi prodotti umani sono comunemente inseriti per indurre una riflessione critica sul comune modo di creare le relazioni.
Il détournement dura per un contesto, per una situazione, poi non è più valido.
Del resto situazionista si potrebbe considerare Marcel Duchamp con i ready made o Joseph Beyus con gli happening straneanti. Allo stesso modo si potrebbe dire di come operavano i futuristi con la pubblicità o le parolibere, confrontando come i situazionisti poi utilizzarono la cultura popolare, i fumetti per decostruire una velata funzione ideologica di un racconto.
In questo saltare avanti e indietro nella storia della percezione estetico-scientifica con le avanguardie ES a sua volta con-fonde e sovrappone i piani percettivi e cognitivi in una performance “senza senso” o decostruita nel suo messaggio.
Egli utilizza gli stessi schemi delle avanguardie storiche dell’arte (Futurismo, Dadaismo e Surrealismo), in cui l’azione e il ricordo sono interconnessi nel movimento destabilizzante prodotto dal racconto, tra linguaggio e opera visuale, attraverso un lessico di una testimonianza/opera d’arte decostruita che si ricrea nel tempo.
La sua azione ̶ come nelle avanguardie artistiche del primo novecento ̶ è di “con-fusione”, generata dal piano linguistico della parola e dall’azione prodotta dalla percezione del movimento che si è trasformata nel tempo in un’esperienza di un non più certo obbiettivo ricordo, ma ogni volta viene evocato, o meglio “ricreato”, come vero per dimostrare altro: la forza dirompente dell’inconscio.
Il vissuto del resto si presenta come un continuo rimando “del sentire” che trova un proprio senso nella commistione arbitraria tra quei piani dei significanti/significati generati dalla parola e quei piani costruiti sulle immagini simboliche o su quelle in movimento che acquistano senso personale con la scrittura/pittura. Ma tutti i ricordi… non sono altro che sogni dietro i quali si nascondono i desideri attuali.
Ogni tanto l’osservatore scientifico e l’artista creativo ES possono tra loro rinvenire o far coincidere e condividere un messaggio, dopo aver tracciato un percorso di una geografia senza confini tra il reale e l’immaginario che coinvolge i continui flussi energetici tra i vari piani di relazioni di coscienza e l’energia dell’inconscio commissionati ai propri percorsi tra le parole risonanti e la scrittura-pittura del sentire o percepire estetico.
Qualsiasi percorso energetico si traduce ed esprime quella geografia personale ed autoreferenziale che fa manifestare una mappa o un itinerario linguistico. Qualsiasi azione può essere percepita come messaggio che si muove tra segno parlato, traccia e movimento visuale. Ogni evento è passato al vaglio di una memoria creatrice che ne individua nessi, percorsi energetici, significanti e significati… ma che saranno pur sempre arbitrari nell’interpretazione autoreferenziale di un desiderio presente travestito di ricordo.
Le mappe da ES abbozzate si compongono e emergono dai frammenti, come se fossero delle brevi annotazioni presenti su un diario ritrovato.
Alla rilettura a se stesso di quei flussi energetici ogni mappa si presenta come una delle sue lontane «pagine appassionate/calpestate dalla rapidità del tempo».
Qualsiasi immagine coeva o del passato, o frase, o suono, o rumore, o profumo… si fa memoria e rinasce come nuova azione desiderante, scavando e rinvenendo nuovi suoi nessi emergenti «dalle alchimie della pittura antica e dalle pitture post-industriali della post-Action Painting» alla vita che per ora scorre energetica e ricompone un senso (o un modello di sentire precario un desiderio) qui ed ora rivelato o nascosto agli osservatori (viventi) che si avvicendano.
Il suo flusso energetico scorre mentre compone e ricompone i “sensi” della mente creatrice nella scrittura del letterario artistico e visuale delle sue opere declamanti l’irruzione destabilizzante del desiderio.
Le informazioni che emergono dal passato, infatti, vengono riorganizzate nel simbolico e nell’azione presente che, come ES chiaramente afferma, «il tempo ha inciso scolpisce e rinnova».
Si deduce che solo con il fluire energetico dell’intelligenza che produce nessi, egli lascia intravedere la possibilità di riconoscere una nuova momentanea testimonianza impressa nella materia e nelle relazioni umane che coniugano altri desideri. Per farlo bisogna essere in grado di seguire le percezioni prodotte da una memoria creatrice, o meglio nella sua capacità fisico-scientifica di costruire nessi momentanei e collegarli tra loro: tra Instinkt e Tribe. Ma si può anche decostruire con la Tribe, specie quando la forza pulsionale agisce e rompe un castello razionale costruito su automatismi tra connessioni e relazioni. Ma cosa succede quando il granello di sabbia del dubbio s’insinua tra i nostri meccanismi mentali o sociali costruiti su logiche certezze e percezioni?
Così a chi ora appunta i dati di questa biografia appare l’azione filosofica di “decostruzione” del linguaggio parlato e scritto di ES.
Il suo agire sull’interpretazione del linguaggio mostra la disconnessione e la frattura tra un significante e un significato (Ferdinand de Saussure) convenzionale. Ogni interpretazione allora andrebbe ricercata specie in quei flussi energetici di messaggi in movimento, che nascondono i desideri inconsci degli uomini. Questi messaggi di ES apparentemente appaiono senza senso, in quanto l’artista con una struttura linguistica altra, smozzicata decostruita e autoreferenziale invia continuamente a coloro che come viventi sono interessati a decodificare ricostruire e interpretare i suoi messaggi di desiderio volutamente, ma anche inconsciamente, criptici.
Credo che se qualsiasi gesto significa, a questi suoi messaggi non si possa non dare che un palese “senso” altro, probabilistico, che sarà anch’esso ovviamente frutto di un’interpretazione autoreferenziale fino a quando non si rinviene il desiderio che lo ha generato. (ma sarà vero questo desiderio o è solo un controtransfert, ovvero un desiderio dell’osservatore che si trasferisce e sovrappone all’azione di colui che ha nascosto il suo desiderio?). Comunque ciò implicherà un’ulteriore azione di decostruzione del messaggio. che si manifesta nell’analisi probabile di un’esperienza che vale per una interpretazione dei fatti secondo un’analisi che vuole ricostruire una storia rispetto alle interpretazioni autoreferenziali di un individuo. Ogni evento però può essere interpretato sempre come falso e vero, pertanto diventa più probabile o meno probabile a seconda di quale modello di decodifica si adotta nel tradurre e nel credere come vero un qualsiasi messaggio autoreferenziale.
Ecco perché ogni volta che si cerca un proprio procedimento artistico autoreferenziale può emergere e può essere condiviso quell’itinerario che permette di creare nessi con «l’evocazione di un viaggio tra l’antico e il futuro», come ha affermato ES.
Si presenta così anche il tentativo dell’artista di voler celebrare quel matrimonio che attraverso il connettere messaggi ogni volta, come vivente, può ricostruire, destrutturare e riorganizzare a proprio piacimento un percorso creativo comune nella differenza.
Da questa continua “azione” della memoria e del “vissuto” sulla “realtà” appare anche l’origine pulsionale del mondo dell’artista ES. Specie quando egli prova a decostruire l’azione, a riflettere, a un tratto, in un attimo, quell’azione si disconnette e riconnette «a un altro vero e sfuggente pensiero», nonostante che egli poco prima avesse attraversato il tempo con quella certezza. Egli ancora oggi crede «in questa azione di détournement» che muove e rinnova ricreando senza sosta il senso di questo fluire nel raccontare e raccordare continuamente la propria esistenza tra «passato e futuro». Oltre al desiderio e all’azione dirompente dell’inconscio nel linguaggio si rinviene anche l’azione del détournement momentaneo che continuamente sposta l’accento e i significati nel linguaggio che produce conoscenza.
Nel movimento continuo della vita energetica, come azione creatrice sotto l’influsso dellEs (dell’inconscio, della forza pulsionale,), emerge ora il rapporto come “scommessa” di ES con «l’arte della conoscenza»; o meglio, come egli afferma, evocando i suoi interessi che mettono prima di ogni cosa la propria evoluzione continua «in quell’altra inafferrabile e instabilmente fisica» azione, che a noi si presenta continuamente con «le vesti sempre nuove», e che egli chiama per la sua ricerca «la conoscenza dell’arte».
Egli ora crede che la conoscenza dell’arte si reiteri come «differenza» («differance» perché è intesa qui come in Jacques Derrida «decostruzione») del racconto verbale e dell’azione visiva. Che sia questo movimento che abbia generato in ES quel suo essere ricercatore/ricreatore? Con questo senso leggo la sua autodefinizione di artista che è sempre «assetato, ardente d’azione», e che gli permette di riconoscersi in «un manipolatore ispirato da un incondizionato ‘situazionista’».
La ricerca dell’azione nell’arte resterà per sempre il messaggio dell’esercizio di vita di ES che a tratti richiama la poetica di Arthur Rimbaud quando “annoda l’alba di due eternità”; quando, cioè, in verità, solo nel presente quotidiano il poeta scrittore e lettore può percepire e condividere quell’azione che si manifesta come un significante/significato linguistico (Ferdinand de Saussure) della parola, che si organizza oggi in un messaggio autoreferenziale del proprio “sentire” nel tentativo di connettersi all’azione dell’altro.
Ciò è percepibile quando con ES si entra in una descrizione dei suoi vari scorrere energetici, nel mentre si autodefinisce «trampoliere che si pone indefinitamente in equilibrio instabile tra albe e tramonti, con incursioni di suoni-rumori, che scandiscono intervalli mediati da tempi altri: altro tempo…, fuori tempo…, troppo a tempo…,» o senza tempo aggiungo.
Tutte queste azioni sono descrizioni che evocano flussi energetici di intervalli temporali che solo i viventi possono commisurare o interpretare o determinare. La loro memoria creatrice ha assunto ora l’ordine della misura, mi riferisco a quella molteplicità relativa delle relazioni fisiche del tempo.
Il periodo delle Video-Krono Pitture, veramente mai abbandonato, segna l’interesse di ES per le nuove tecnologie con cui egli risponde «“liricamente” alle interminabili “querelle” sulla ‘fine dell’arte’ » dopo l’avvento della rivoluzione telematica.
Le sue ultime opere prima delle performance sono caratterizzate dal dripping e dall’espressionismo astratto, che richiamano gli altri suoi messaggi d’azione su tele di sacco.
Tutte le azioni artistiche di ES si possono considerare come libere autoreferenziali rappresentazioni, anche quelle con la presenza di specchi che, come egli afferma, «rimandano immagini interne/esterne dell’opera».
Qualsiasi suo rappresentare riferisce sempre di azioni emergenti da differenti messaggi generati, decostruiti e ricostruiti ogni volta arbitrariamente in significanti/significati linguistici dalla parola e dal “sentire” degli osservatori viventi che si avvalgono di una propria mente creatrice fondata sul desiderio ma anche dalla volontà di produrre détournement nel linguaggio da parte dell’artista.
Le sue opere sono sempre caratterizzate e fanno riferimento comunque a una vita d’azione di un linguaggio verbale autonomo, anche se generato da un intrinseco o esplicito movimento emozionale, che riferisce anche degli spostamenti energetici dell’ Instinkt” e della “Tribe” che sono comunque utilizzati nel campo linguistico come decostruzione dei significati.
Non a caso le opere-d’azione rappresentano per l’artista quello che egli definisce «il video dell’esistenza», al quale, aggiungo, che è manipolabile continuamente come per i situazionisti.
Tutte le opere sono diventate lo schermo dell’eterno dilemma della vita che viene riproposto anche nel racconto attuale: come ad esempio si possa immaginare oggi di «un elettrone libero, imprigionato nella dinamica farsa di un unico riconoscimento attribuito attraverso la storia?».
Ed è per questa ragione che ES è indotto ad affermare di essere «Spinto dal vento di un talento in trappola, in un teatro che esige la sclerotica fissità di un ruolo» ( questo ruolo poi è definito dallo stesso artista anche una «maligna contraddizione della creatività ‘fraintesa’»).
Da tempo nelle sue ‘pitture’ egli insinua frasi poetiche e brani di free-jazz, che diventano preziosi ‘a-solo’ nelle performance recenti che accompagnano quasi immancabilmente la presentazione dei suoi lavori.
L’azione nel teatro presente ̶ quale maschera dell’esistenza, che fa emergere il “sentire” ̶ si collega attraverso la memoria all’azione del passato per mezzo del “vissuto”, divenuto sogno, e che induce a raccontare di ciò che spinge l’uomo alla vita d’azione: il desiderio (questo è l’elemento fondamentale per innescare la pulsione dell’Es per la psicoanalisi freudiana).
Del resto nell’arte come nella vita finché c’è energia, c’è azione c’è desiderio e c’è estasi creativa che si rinnova; fino a quando anche nel racconto non viene introdotto l’azione di détournement.
Da questi “transiti” segnati dagli impulsi vitali rinasce, rievocato nel moderno, quanto affermato già nella “Poetica” di Aristotele con quel “dramma” [inteso secondo la radice greca drán= fare, agire] della vita e dell’arte nel teatro.
Il punto riferimento di ES anche nel teatro rimane innanzitutto l’azione. Si accenna solo al fatto che già nel 1916 Hugo Ball, fondatore e grande ispiratore del Cabaret Voltaire e dello stesso Movimento Dada a Zurigo pensò di «riportare il gesto provocatorio direttamente là dove esso ha avuto origine», ovvero spostare l’azione teatrale dal palcoscenico alla città.
Il riferimento di ES è anche a qualche altro autore del teatro d’avanguardia che nel Novecento prima Antonin Artaud e poi con Luigi Pirandello (di questi in particolare l’opera Questa sera si recita a soggetto) hanno portato in scena mescolando realtà e finzione. Fino poi a raccontare la vita così com’è; trasformando la pièce teatrale, in quest’ultimo caso, in evento, happening, dove la crescita rivoluzionaria permanente deve essere compiuta con un atto di liberazione personale al pari di quella professata nelle opere del Living Theatre di Julian Beck e Judith Malina.
Le teorie del pensiero psicologico e psicoanalitico di Wilhem Reich e quelle socio-politiche di Herbert Marcuse furono fonte d’ispirazione negli USA per la ricerca di una liberazione personale dal desiderio consumistico, che concorsero al divulgarsi della cosiddetta controcultura underground.
Queste teorie trovarono terreno fertile presso quel centro innovativo che è stata la scuola d’arte di New York del Black Mountain College, allora diretta da John Cage.
Era lì che i giovani artisti in quegli anni per la prima volta affrontarono il teatro come un evento (rimase famoso nel 1952 quello a cui John Cage, Merce Cunningham e Robert Rauschenberg diedero vita nella rappresentazione Theater Piece No.1; uno dei progetti più significativi per il teatro americano d’avanguardia e l’ultimo importante della scuola prima della sua chiusura Questa azione teatrale per la sua singolarità in seguito fu denominata The Event.
In quegli anni fu mostrato come il teatro potesse diventare “living”, nonché trasformarsi attraverso un musicista e uno scenografo in messaggi capaci di coinvolgere l’intero mondo sensoriale umano. Nella pièce teatrale The Event la musica, la danza, la pittura e la poesia coesistevano nella stessa dimensione espressiva e emozionale senza porre separazione tra spettatori e pubblico. Il palcoscenico non esisteva più. (Nel 1972 poi il teatro di guerriglia rivoluzionario fa il suo ingresso nelle piazze)
Il teorema Arte = Vita proposto dai ready made duchampiani fu dopo anni ripreso specie nella celebre opera “Paradise Now” del Living Theater (scritta tra il 1967-1970) insieme all’assunzione come viatico personale guidato dagli esagrammi del più antico e celebre libro cinese in occidente Il Libro dei mutamenti dell’I Ching (o I King come riportato nel titolo della versione del libro edita dalla casa Astrolabio dove era presente l’introduzione di Carl Gustav Jung).
Il teatro rivoluzionario d’avanguardia dopo il Living Theater, fondato nel 1947, diventò manifestazione, provocazione e azione nella vita. Era una testimonianza interiore e sociale della già avvenuta (o in atto) rivoluzione artistica, anarchica e pacifista della vita, le cui risonanze del recente passato giungono ancora fino a noi oggi. Qui ed ora! Insieme a quel teatro di guerriglia del 1972 che portò la contestazione del teatro nelle piazze.
Come per Duchamp che aveva fatto per primo di se stesso, nella sua vita, la propria opera d’arte, e come per Julian Beck, pittore dell’espressionismo astratto e frequentatore e amico di Paul Jackson Pollock, la cui vita di poeta e di scrittore teatrale anarchico e rivoluzionario fu segnato dall’incontro di Judith Malina facendo del palcoscenico dapprima la narrazione della vita quotidiana con la quale poi ha portato il teatro nelle strade della vita quotidiana, così per ES l’azione è diventata testimonianza di un ultimo e sempre vivo messaggio critico verso la società, anche se proviene da terre lontane, oggi nell’era del postmodernismo imperante che falsamente ha profetizzato la fine della storia con la supremazia e la vittoria tout court del capitalismo finanziario.
L’azione e la vita sono oggi da ES presentate come evocazione di un rumore di fondo di quegli anni eroici, ma che permangono ancora nella sua testimonianza di artista che si richiama a un passato che doveva essere liberatorio per tutti, e il cui messaggio sempre presente ogni tanto si rivela a qualcuno durante i suoi attuali happening.
Credo perciò che la sua arte si ponga ora anche in continuità con le origini del primo novecento coi nessi (Ludwig Wittgenstein) che mettono in collegamento atti e fatti durante la propria evoluzione creatrice (Henri Bergson) mentre l’agire umano si muove sempre tra Instinkt” e “Tribe” (Sigmund Freud) e poi non va dimenticata, tra le altre, la ricerca tra natura e cultura che hanno suscitato i primitivi dell’Amazzonia o quella sulla nuova materia artistica della società consumistica e post-consumistica utilizzata dagli artisti del nuovo espressionismo astratto o della corrente new dada o del Nouveau réalisme (Pierre Restany) o dell’arte che emerge dalle antiche popolazioni del centro e sud America che ha richiesto anche un nuovo approccio teorico all’analisi dell’arte (George Kubler).
E anche se l’arte fosse ancora evocata o è apparsa come esperienza contemporanea (John Dewey), bisogna comprendere che un attimo dopo potrebbe essere invalidata, se è soppiantata da un altro modello teorico con cui organizzare, catalogare e interpretare le esperienze nell’artistico.
Le differenze diventano abissali quando si tratta di analizzare e separare quanto l’arte contemporanea del mercato produce e si differenzia da un altro tipo di arte contemporanea che vaglia in modo altro lo sviluppo delle produzioni artistiche. Mi riferisco qui alla ricerca di un’arte significativa che indaga la materia e lo sviluppo del fare, del comunicare e del sentire in una data epoca.
Le relazioni tra arte presente e quella del passato sono sempre collegate da possibili o probabili e relative interpretazioni delle azioni o degli eventi. Il giudizio sul contemporaneo e qualche volta anche sul passato resta sospeso per generazioni, e riprende dopo le rivisitazioni teoriche rispetto ai cambiamenti di pensiero e di organizzazione sociale nel futuro.
Tutte le interpretazioni oggi vanno considerate come “variabili” dei modelli esplicativi e cognitivi di un’esperienza relativa, specie quando subentrano o s’introducono altri significati più funzionali nelle relazioni e connessioni linguistiche tra gli ambienti, compresi quelli che si veicolano e si rilevano oggi coi messaggi artistici.
L’artistico si ritiene attualmente che consista ancora nel mettere in relazione, o meglio coniugare, l’esperienza, il manipolare la materia, il “sentire” cognitivo ed estetico, le motivazioni personali e sociali espresse attraverso quelle variabili e quella relatività nell’uso ibrido dei modelli e dei significati veicolati per mezzo delle lingue e delle loro contaminazioni.
Eppure da tempo si è messo in discussione il concetto e la percezione della “materia” se non viene ora legata indissolubilmente all’energia.
(Ciò pone un altro problema all’artistico su come dover considerare altri autori che producono messaggi e modelli del sentire estetico utilizzando la cosiddetta materia-energia prodotta di solito da algoritmi; o secondo quali parametri e criteri si dovrebbe classificare la più vicina video-arte? Purtroppo il sistema dell’arte postmoderna ha sposato, pur se spesso avvalorata da una critica ambigua prodotta da una gran parte di critici allestitori, il modello economico storico-sociale capitalistico-liberista americano. Ma questo sistema costruito su filosofie e relazioni umane che sta spingendo alla guerra nel volgere massimo della prima metà di questo secolo modificherà i valori e i modelli artistici ai sopravvissuti. E allora mi chiedo quale altra rivoluzione del sentire si presenterà a quella parte dei cultori dell’arte che riflettono sul modo di organizzare il linguaggio delle produzioni umane insieme all’ambiente dei viventi? Quali altri messaggi e valori della vita e dell’arte si trasmetteranno? Quali saranno i nuovi autori che si affermeranno contro quei modelli culturali che saranno sconfitti? Come evolverà il nuovo linguaggio tecnotronico e biologico e il nuovo modo di trattare la materia, a cui spesso viene collegato anche un nuovo messaggio dell’artistico? Quale altro modello economico e storico-sociale si affermerà, o come si modificherà quello esistente? Il compito dei teorici ma anche degli storici o degli esperti allestitori d’arte consiste nel registrare come un autore “sente” qui ed ora; di quali supporti teorici e di quali materie si avvale un artista per costruire i propri messaggi di malessere o soddisfazione, di meraviglia o di sdegno che percepisce e trasmette durante la vita nel proprio tempo/ambiente relativo. La nostra funzione è quella di interrogarci su ciò che si trasmette oggi, su ciò che si sente attraversando le teorie presenti e passate, il resto, ovvero il giudizio su quest’epoca, lo lasciamo ad altri).
Noi sappiamo dal passato che altri uomini scriveranno la storia di questo tempo artistico del sentire il postmoderno. La nostra testimonianza ha solo la funzione di redigere una cronaca,
Nel nostro caso, perciò, pur avendo fatto un viaggio a ritroso tra teorie e proclamazioni di intenti, il motivo fondamentale, a mio giudizio, consiste nel comprendere, più che vagliare e giudicare, come la visione dell’arte di Duchamp, di Artaud, del Living Theatre e del Situazionismo sembrano che insieme ancora oggi muovano quell’istintualità e quell’esperienza del “sentire” che interviene sul linguaggio, sulla conoscenza e in generale sul fare della vita la propria opera d’arte, come del resto è stato affermato e stabilito anche nelle dichiarazioni poi tradotte in produzioni artistiche visive e in performance da ES, autore contemporaneo.
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