Giunti sulla sommità di una collina si resero conto che stavano arrivando i Camminanti, suddivisi in due colonne, una che gridava: scappa, ragazzo, scappa! … e l’altra che all’opposto urlava: spacca, ragazzo, spakka! … sinché finivano per confluire in una medesima fiumana di gente scombinata

di Marco Palladini

… non aveva alcun ricordo… sì, non riusciva proprio a ricordarsi come fosse arrivato a Geoxiana014, una terra o, forse, più esattamente un’area della terra considerata per lo più ignota o misteriosa, di cui i pochi che erano tornati indietro non sapevano fornire notizie dettagliate, ma soltanto riferire impressioni fugaci e alquanto vaghe… rammentava soltanto che era partito da casa per fare alcune locations relative al suo prossimo film…

già, perché lui, Giampaolo Di Giovanni, era un regista, forse di non grande lignaggio, ma di sicuro e rispettabile impegno cinematografico, con all’attivo quattro lungometraggi, oltre ad un paio di documentari, che avevano riscosso positive accoglienze presso la critica, pur se assai limitati riscontri economici al box-office… ma Di Giovanni non demordeva, conosceva il mestiere e ribadiva, ogni volta, che non sapeva fare altro… anzi non voleva fare altro…

il cinema sin da bambino era stato il suo mito… ma di che cosa parlava il suo nuovo film? … non lo sapeva, memore dell’insegnamento di Jean-Luc Godard, lui il film prima di scriverlo, ossia di stendere la sceneggiatura, doveva vederlo o intravederlo in una serie di immagini deragliate che si andavano accumulando nella sua testa, sino a sfociare in una ipotetica mappa di scene da girare… stavolta aveva in mente, soltanto, una iniziale flottiglia di pirati che si avvicinava alla costa, c’era subbuglio sui navigli che sventolavano la bandiera nera Jolly Roger, con le due ossa incrociate sotto il teschio… immaginava le ciurme assatanate, un vero vomito antropico dei tanti mari solcati e depredati, che si preparavano a sbarcare… sopra lo sperone di uno scoglio aguzzo vedeva avvicinarsi i pirati, un ragazzino magro e lungagnone che subito con un fischio richiamava il suo cane, Latek, che abbaiava più per paura che per reale volontà aggressiva… Di Giovanni era andato, così, con una videocamera GoPro Hero3+ in mano in cerca di una località marina dove fosse in qualche modo lampante che atro è l’altro da noi, anche atroce quando deietta la sua bile e mostra le sue vere, criminali intenzioni… ma perché era approdato a Geoxiana014, vicino a dei prati melmosi, che non si prestavano alle riprese che aveva in testa? No, questo non riusciva proprio a ricordarlo…

Lungo il cammino dopo un po’ di tempo avvistò una grande pista da cui decollavano ovvero atterravano alcuni convertiplano, aeromobili ibridi che si sollevavano dal suolo e poi atterravano in verticale come un elicottero, ma che nel giro di un minuto, grazie a dei rotori basculanti realizzavano una conversione dell’assetto di volo, diventando dei normali aerei a doppia elica traente capaci di raggiungere una velocità di oltre 500 km orari, sino ad una quota di 8mila metri, e con un raggio d’azione di 1.400 chilometri… tutte informazioni che Di Giovanni ebbe da un tecnico che era uscito dalla torre di controllo della pista… la visione era inedita, quasi da fantaeronautica e il regista se ne era immediatamente innamorato e aveva fatto parecchie riprese, provando ad immaginare come avrebbe potuto includerle nel suo film sulla pirateria… parlò quindi con un ingegnere precocemente canuto che, inizialmente evasivo, infine gli rivelò che tutta l’area geoxianense era sottoposta alla vigilanza del Protonomoteta, in pratica un legislatore primo, che viveva in una bella casa tra gli uliveti, e teneva sotto controllo sia gli Egipani, dei genietti maligni dei boschi, molestatori anzichenò dei visitatori come lui, sia la casta dei dotti dal loro medesimo sapere indotti a commettere ogni genere di nequizie… per non parlare di parascienziati alchemici capaci dai non-corpi di creare dei corpi… il Protonomoteta, soggiunse, aveva inteso che il flagello non veniva da fuori o da lontano, ma si annidava tra noi, nelle cerchie di persone manichee, le quali cercavano di imporsi di brutto al prossimo… oppure nei giri di impasticcati, anche impanicati e survoltati, inclini a commettere atti scellerati… Di Giovanni via via che seguiva il racconto dell’ingegnere, prima con una certa meraviglia e diffidenza, poi sempre meno scetticamente e quasi entusiasta, prese a proiettarsi nella testa un altro film… o meglio il medesimo film, in cui i pirati erano gli abitanti di quella landa supervacanea e infida, e si sferzavano l’un l’altro per approntare dei piani onde sovvertire il dominio del legislatore…

Mentre procedeva dentro più dentro Geoxiana014 cercando efferate locations da riprendere, il regista giunse in un sobborgo diruto, dove dentro un caffeuccio malodorante incontrò Isabella Bastiani, bionda e riccioluta artista visiva, che stava ascoltando da un juke-box d’antan la celebre aria dalla Norma di Vincenzo Bellini: “Casta Diva, che inargenti / Queste sacre antiche piante, / A noi volgi il bel sembiante / … Tempra ancora lo zelo audace, / Spargi in terra quella pace / Che regnar tu fai nel ciel…”. Isabella subito dandogli del tu: “Non pensare che mi interessi soltanto alla lirica ottocentesca… io sono quella bella fica che ha visto Boy George in concerto vestito da cappellaio matto, con gli occhi bistrati e il sorrisetto da camaleonte paravento… poi, se vuoi, ti potrei dire di quel basso pensieroso che mi destabilizzava mentre ascoltavo la ammaliante musica barocca di Dietrich Buxtehude… oppure ancora parlarti del suono palpitante del basso elettrico di Jack Bruce al tempo dei Cream… sì, la musica mi perturba e mi possiede, ma non posso farne a meno, quando progetto i miei lavori visivi, le mie installazioni che ultimamente si basano sui quattro pilastri della mia vita – ‘Amore, Economia Verde, Speranza, Salvezza’ – … ho realizzato dei dirompenti flashmob ecologisti in mezzo al traffico degli automobilisti più scatenati e consumisti… noi artisti della resilienza stiamo acquartierati in luoghi nascosti, per alcuni magici, per altri tragici, ma quando saltiamo fuori, sappiamo farci riconoscere, te l’assicuro… l’arte deve essere leggera, ma si deve basare, come dico io, su un ‘pensiero elefante’, perché il pachiderma non sarà elegante col suo peso anche di sei tonnellate, ma ha una memoria e una intelligenza innata capace di implementare la propriocezione del suo vivente esserci…”.

Frattanto nel caffè era entrata una brunetta tutto pepe, con una gonna aderente, a rombi e ghirigori bianchi e neri, la quale lanciava occhiate maliziose e seduttive in ogni direzione… con Isabella si intese subito, si lanciarono assieme in mosse di danza sinuose e voluttuose e intonavano inni canterini, pure desolatamente pop-trash… ma i corpi delle due giovani donne vibravano, le tette sobbalzavano, le anche si scuotevano in modi sexy come per reclamare più vita e più eros… il regista le guardava e subito puntò, con discrezione, la GoPro sul sembiante delle due ‘dive’, assai verosimilmente non caste… mentre qualcuno al juke-box aveva messo una musica latina tipo ‘salsa’ o macarena…

Con la Bastiani era scattata, quasi d’emblèe, una empatia… Di Giovanni le domandò come fosse capitata in quel di Geoxiana014, ma anche Isabella glissò… si sedettero di fuori ad un tavolino, con un piattino di biscotti cantuccini e due bicchieri di vin santo… la donna prese a leggere l’etichetta sulla bottiglia: “Vin santo nato dall’appassimento sui cannicci delle migliori uve di Malvasia Bianca e Pulcinculo; maturato a lungo in piccoli caratelli, di colore ambrato, ha il profumo molto intenso di frutta secca, miele e spezie, il sapore in bocca è dolce e persistente”… mi sembra perfetto, no? Ti torna?… il regista annuì, mentre la Bastiani gli raccontava di una delle sue ultime installazioni, in cui i visitatori venivano intubati per circa mezz’ora e poi estubati, per fargli provare la vera, terrifica esperienza di finire in terapia intensiva… E dove e quando è successo tutto ciò? … “Lo scorso anno in uno dei musei Macro… un’altra mia performance consisteva nel fare firmare a tutti i visitatori dei grandi fogli… il firmare era anche un fermare il loro transito nella galleria… i più audaci li sottoponevo alla seduta dei corpografemi, che consisteva nel meditare insieme per qualche minuto intrecciando le nostre mani, poi io disegnavo sulla loro pelle le immagini che il contatto epidermico-mentale mi aveva suscitato… ed era spesso un immaginario riplasmato dai loro demoni interiori… la body-art è spesso un casino, sai”… Il regista fumava e prendeva appunti, di fronte alla logorrea dell’artista… che improvvisamente lo guardò negli occhi: c’è un che di inattuale e di abulico in te che mi attira… quindi, accennando alla borsa della videocamera: cos’è di preciso che fai o, meglio, che non fai nella vita? … Sono un regista cinematografico… Ecco, appunto, uno che non fa un cazzo di serio e di utile… Perché tu con le tue scemenze pseudoartistiche, pensi di essere più seria e utile di me?… Presero a litigare per qualche minuto ferocemente… quindi si fermarono, si guardarono e scoppiarono a ridere… In fondo, commentò Di Giovanni, stiamo dalla stessa parte… E cioè? … Dalla parte degli uomini distratti che, al dunque, vengono distrutti… la vera malvagità, per esempio, l’ho vista nelle facce degli adolescenti ambosessi, brufolosi e buzziconi, che vanno al cine il pomeriggio a vedere Manuale scout per l’Apocalisse zombie, un horroraccio di Christopher B. (pure nel senso di b-movie) Landon, sgranocchiando bidoni di pop-corn e scorreggiando come appestati… Isabella però dissentiva e ribatteva: in tutto ciò non ci vedo niente di male, pure io un tempo ero una sfigata che adorava le pellicole horror con un pizzico di hardcore…

Questionando vivacemente e, più spesso, parlandosi addosso, l’artista e il regista decisero di proseguire assieme nell’esplorazione di Geoxiana014… peraltro gli si era messo alle calcagna un tizio errabondo che asseriva di chiamarsi Ingo Marx che li condusse in un casolare dove aveva accumulato un arsenale: almeno dieci pistole Beretta calibro 7,65 con relativi caricatori, altre dieci pistole semi-automatiche Beretta calibro 9 con i caricatori, sette revolver Smith & Wesson calibro 38, cinque fucili semi-automatici da caccia calibro 12, altri otto fucili calibro 12 a canne mozze, quindi dodici fucili mitragliatori AK47 Kalashnikov con oltre cinquecento cartucce di diverso calibro (380 e 9×21), inoltre una ventina di granate da guerra M75. Volendo Ingo aveva anche decine di giubbotti anti-proiettile e, sotto un telo, alcune moto MV Agusta, utili per una rapida fuga… se la malavita impazza, affermava, bisogna essere pronti a difendersi… se volete acquistare, i miei prezzi sono più che competitivi… Isabella e Giampaolo si ritrassero dall’offerta, ma il regista qualche bella scena con sparatorie incrociate se la stava già immaginando… Ripresero a muoversi, anche se Marx non li mollava: guardate che i technosauri abbondano nella Città dello Sviluppo, l’obsolescenza è molto rapida, si finisce fuori produzione in men che non si dica e l’obstupescenza alla fine la vince… Interrogato sulla composizione sociale di Geoxiana014, diventava però assai meno loquace, in pratica non ti diceva niente… Di Giovanni rifletteva: da dove vengo io il tempo sociale è oramai scandito dai cosiddetti influencers, sono oramai loro che manipolano l’intera verbosfera… l’engagement degli artisti e scrittori e intellettuali è un’anticaglia riprovevole, pressoché un nonsense, il reperto di un paleomondo non soltanto finito, ma deprecato e ingiuriato…

La Bastiani si era allontanata e si era fermata in alto su un poggio dove prese a cesellare tramonti e immagini perturbanti su dei grandi fogli avorio… avvertiva un’atmosfera immota ove però serpeggiava una naturale inquietudine… da lungi arrivavano gli echi di schianti e di percussioni sonore, poi placide isole di silenzio, cui succedevano ancora rumori ininterrotti, sorde frequenze elettroniche, una suonosfera, pensava, in cui non si può dormire, ma soltanto impazzire… Isabella che sentiva che il superfluo era diventato il necessario e continuava a disegnare furiosamente, mentre cresceva il flusso bioacustico tra zoofonie, geofonie e antropofonie… era questa la abituale temperatura sonora di Geoxiana014? … Pure lei stava ammattendo? … Si risollevò dopo avere avvistato Di Giovanni che stava sproloquiando a manetta con Ingo: devi sapere che io mi beavo nel praticare lo snorkeling, mentre sbeffeggiavo gli amici che gareggiavano nel curling, persino mio nonno a un certo punto aveva dato addio ai soci della sua antica bocciofila… devi sapere che la cultura-spazzatura oggidiana manca di una sana sprezzatura, roba ormai per aristocrati attardati… devi sapere che temendo le minusvalenze gli affaristi si affollano e si addannano a realizzare le plusvalenze, ovvero le vendite dei beni ad un prezzo superiore al costo di acquisto… devi sapere che in questa ricerca del tutto vi è, costante, un’ombra di lutto… devi sapere che ho quarantacinque anni e quando ero più giovane mi offrirono di girare un porno, rammento che c’era una masnada di attori hard, maschi e femmine su di giri, che alloggiavano in un hotel categoria cinque stelle luxury, senza sapere chi avrebbe saldato l’esorbitante conto, così me la svignai prima che scoppiasse il bordello…

Isabella li aveva raggiunti e parlava dei veli di pitture a sbalzo che si erano incistati nella memoria del suo maestro d’accademia che era rimasto molto deluso quando lei aveva denegato la pittura per l’arte situazionale… vecchie discussioni che riaggallavano ogni volta nel gorgo delle polemiche tra i tradizionali e ammuffiti critici d’abord e i nuovi curatori d’arte sciatti e presuntuosi, ma assai à la page… Il regista stava incominciando a pensare di trasformare il suo progetto di film in un docu-movie proprio su di lei che insisteva: in quest’epoca totalmente anti-epica siamo alle mercè di ogni sorta di opportunisti, perciò dobbiamo fare dell’arte una opportunità per infrangere la corazza di indifferenza delle moltitudini eterodirette…

Slides (a cura di Marco Palladini)

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Dopo qualche giorno di Ingo Marx avevano perso le tracce ma, forse, lo avrebbero ritrovato più in là… mentre non si poteva fare a meno di ascoltare le canzoncine sulle sedicenni dolci e smarrite, oppure incrociare drappelli di obesi in corteo che innalzavano striscioni e cartelli che inveivano contro la grassofobia… capitarono, poi, nell’officina di un meccanico baffuto ed arguto che recuperava i vecchi, gloriosi ciclomotori Ciao della Piaggio e li trasformava in moderne ebike, con un motore elettrico da 250 watt che sulle strade extraurbane pianeggianti garantiva una autonomia di 35/38 chilometri. I Ciao con la pedalata assistita erano stati ridipinti in colori squillanti: rosso papavero, ciclamino, giallo limone, verde foglia etc. … i riciclati Ciao avevano nuovi freni a disco, un display di controllo delle funzioni energetiche sul manubrio, il tappo del serbatoio era stato tramutato in una doppia presa Usb, i fanali avevano le luci a Led e al posto dell’antico cicalino era stato montato un sonoro clacson… I Ciao ebike erano una figata, ma Isabella e Giampaolo declinarono l’acquisto, anche perché sprovvisti di denaro sufficiente… Giampaolo, bisogna dire, con un certo rammarico, perché era tuttora assai legato alla propria adolescenza, mentre la 42enne Isabella la rigettava in toto, in quanto nauseabonda e squallida, oltreché angariata da una madre giunonica che si portava in casa i peggio maschi rimorchiati in giro… Continuando a discutere si avvicinarono ad una specie di autostrada dove videro una bisarca incappare in un terribile incidente toccando un furgone, sbattendo e sradicando un guard-rail, colpendo un pilone in cemento armato e quindi rovesciandosi, andando in fiamme e disseminando la sede stradale di auto nuove ridotte in rottami… il regista non perse tempo a riprendere torno-torno le immagini di quel disastro, immagini che potevano ispirare sia la scena catastrofica di un film, sia un happening artistico nel segno del trionfo e distruzione del culto della macchina… così, anche Isabella scattò varie foto col suo smart-phone, mentre rammentava il suo insegnante all’accademia, scorbutico anzichenò, che diceva ai suoi allievi: vi vedo pigri, indolenti, neghittosi, apatici, apallici, aprassici… mentre lei indomitamente lo sfidava: guardi che le vecchie glorie erano, in fondo, abbastanza ingloriose…

Giunti sulla sommità di una collina si resero conto che stavano arrivando i Camminanti, suddivisi in due colonne, una che gridava: scappa, ragazzo, scappa! … e l’altra che all’opposto urlava: spacca, ragazzo, spakka! … sinché finivano per confluire in una medesima fiumana di gente scombinata, in cui era palese che l’ostentazione di machismo nascondeva una pura libidine di masochismo… i Camminanti presero a montare il carrozzone di un rave-party sotto la direzione di un certo Krasbodaraka Ghiaccio55 che guidava un manipolo di beatmaker-dj provvisti di consolle elettroniche e di megacasse acustiche e pronti a scatenare una tempesta di daltonismi e demonismi musicali, tra freakkettonismi afro-straniati e psichedelico-devianti e arabo-ipnotizzanti… i Camminanti erano soggetti in cammino dal metaverso al multiverso? O al retroverso? … mentre brancolavano nelle sonorità polipercussive apparivano come i coralli che si nutrono di zooplancton, qui suggevano particole di soundplancton che introducevano ad universi paralleli in cui si schiudevano larve mentali da cui si generavano creature teriomorfe e predatrici… quasi in trance il regista prendeva appunti filmici a manetta in questo chaos notturno in cui raccoglieva, persino, le confessioni apocrife di un sedicente attore russo di nome Lebedev che sosteneva di essere stato una spia ai tempi della neo-guerra fredda e vaticinava sulla crisi dei poteri democratici che erano oramai soltanto cadaveri ambulanti che attendevano unicamente un coroner che gli annunciasse il loro decesso… anche Isabella, inebriata, si trovava faccia a faccia con ineguagliabili mutanti risucchiati nelle perversioni di un’epoca incostante… Geoxiana014 era la matrice di nuovi e terrifici miti, di aggrovigliate leggende, di shockanti racconti e di paradossi a pioggia… nel ventre marcio della fiesta Ghiaccio55 citava un’antico supremo istrione che asseriva sarcasticamente: okkio zombi ke stasera vi spakko il cervello!… l’encefalo ha un problema, intuiva la Bastiani, che non riguarda l’essere, bensì il non esserci, lo stare in scena non essendoci, come realizzando un illusionistico esercizio di autosparizione, una magia o forse un mero trucco di ego-evanescenza… il punto d’appoggio del vetero-istrione era nella phoné che dissolveva il sé, il suo pilastro era una phonosferaneuroattiva in cui il suo io consisteva non più essendoci nella scena materiale, se non come epifanico, virtuale supporto dell’altrove della phoné ovvero anche della phoné dell’altrove…

Nella festa incombente e procombente Lebedev rammentava pure di essere diventato molto amico di un attore che si presentava come proletario del porno… ossia come lavoratore del sesso che operava per molte ore al giorno col suo membro lungo 23 cm in piena erezione, sudando e faticando come una bestia e dovendo controllare la pulsione del suo sperma sino all’eiaculazione terminale che veniva comandata dall’operatore-regista, dopo che lui aveva inzeppato tutti i possibili e immaginabili fori di entrata delle porno(prono)star che gli venivano affidate… scopare è un lavoro, puntualizzava, che nella sua meccanica ripetitività non dà alcun vero piacere, assomiglia a un duro dovere a cui si assolve per paghe oramai quasi da fame, vista la competizione che c’è sul mercato pornografico e la sovrabbondanza dell’offerta di chiavatori non professionali impinzati di viagra sino agli occhi… Lebedev si era tatuato sul petto la scritta “perfettamente imperfetto” e filosofeggiava che la vera grandezza non sta nella perfezione, ma nella ritenzione della potenza che si esplica nell’atto che soltanto nell’imperfezione può trovare una perfetta forma… Stentava Di Giovanni a staccare la videocamera da quell’attore magnetico e mefistofelico che non negava di provenire da un terra oppressa che poi era stata pure soppressa… Dove sono nato io, narrava, i capi non erano clementi, direi piuttosto dementi e, inoltre, c’erano parecchie bottegucce di oreficeria che poi, una dopo l’altra, hanno dovuto chiudere… perché in giro non c’è più decoro né décor, ma soltanto cattivo gusto, sciatteria e maleducazione, io lo so perché avevo un nonno che collezionava ex-voto e reliquie ex-carne molto belle che chissà dove sono finite, dopo la rovina della mia famiglia e la dispersione di tutti i componenti… io allora avevo dei parenti burloni che si crogiolavano nel pomeriggio di Walpurga nel vano intento di non arrivare alla notte… e quando annottava se ne andavano in giro a terrorizzare i vecchietti, le vecchiette e pure le fanciulle illibate del villaggio… canaglie erano, epperò simpatiche…

Moins de bruit! … sì, il ‘meno rumore’ era diventato un ironico motto che Di Giovanni e Isabella si rilanciavano parecchi giorni dopo l’assordante avventura del rave che tuttora faticavano a razionalizzare… Sosteneva l’artista che Geoxiana014 nella sua informe rappresentazione irraggiava quasi una vaga armoniosità e confermava anche che, se l’Antropocene va a braccetto con il Capitalocene, bisogna defunzionalizzarsi, deconformizzarsi, delocalizzarsi… magari apprezzando i paleofili che proclamarono uno sciopero del silenzio versus i neofili che stavano facendo un fracasso immondo… Cosa credi, insisteva, che siamo tutti innocenti nella congiura del collasso mondiale? È assolutamente improbabile… Giampaolo sorseggiava vin brûlé e non replicava… ricontrollava sul display della GoPro le immagini del party dei Camminanti, nelle cui fila aveva ripreso vampiri, amorini, strafattoni, madonne oranti, vindici angeli e anche l’amore senza confini tra un vichingo e un’amerindia copulanti sotto una magnolia… Geoxiana014, stava iniziando a sospettare, era una sorta di XR, una realtà estesa dove si poteva immaginare un expanded cinema e una expanded art… Bisogna cercare un santuario, disse all’improvviso, in cui si può entrare soltanto con il lasciapassare di uno starnuto… La Bastiani lo guardava come si guardano i pazzi, ma a lei piacevano i pazzi, quelli i cui sogni rapidamente si tramutavano in incubi… pure lei come artista non dissimulava il proprio essere amente e dichiarava sfrontata: la mia vita si scavezza tra il meretricio e il rito… nel nonluogo di tutti i luoghi in cui si erano incontrati, troppe frottole e angherie circolavano, quello era un sottomondo o un sopramondo in cui gli abitanti si immergevano per precipitare al grado zero, o da cui emergevano rassegnati a fare i trafficanti di qualsiasi cosa…

Il loro viaggiare sembrava ogni volta essere arrivato al termine e, poi, invece, inopinatamente ricominciava all’insegna della concordia discors o della discordia concors… come quella mattina in cui si ritrovarono spettatori di due schiere di combattenti ignudi che si preparavano al sanguinoso cimento su una spianata di cemento… Giampaolo filmava convinto che un pieno di oggettualità fosse la strada giusta per rivelare le autentiche inclinazioni tanto della sua soggettività, quanto di quella altrui… la pugna divampò feroce, con atroci mutilazioni, teste decollate, sangue a fiumi, uccisioni raccapriccianti… al regista sembrava di stare girando un horror dal vero come quello degli ‘snuff movies’… Isabella dal suo canto scattava foto soffermandosi su gesti particolari, cose minimali e, ancora, oggetti o spicchi di oggetti come in una immagine macro o in un quadro efferato di Domenico Gnoli… ictus oculi che tramutavano il dettaglio materiale o corporale apparentemente insignificante in un universo oggettuale compiuto in sé di infiniti, possibili significati e segnificazioni, l’apertura verso mondi altri che abbiamo costantemente sotto gli occhi e che abitualmente ci impediamo di vedere… Così, Di Giovanni e Bastiani, ciascuno per proprio conto, erano arrivati a sfiorare la medesima verità del mondo reale che contiene in sé miliardi di realtà espanse… basta volerle e saperle guardare…

In questo loro andare e sostare, ora convergente ora divergente, Isabella leccava i chupa-chupa al lampone e sfogliava il Kama Shastra, perché affascinata dall’antica scienza induista dell’erotismo… sinché non incontrarono dalle parti di un ostello turrito una gran dama con i boccoli biondo paglierino che diceva di essere la Guardiana del Tempo e li guardava severa e li ammoniva a non andare controtempo… Vai al diavolo! Le gridava un moccioso indemoniato che, quindi, li conduceva al cospetto del titolare del Ministero dell’Ossessione che subito si rivolse colmo di fremiti all’artista: il tuo corpo è una calamita e, assieme, una calamità… con la tua grazia sei la mia disgrazia… il Ministro ossessivo/ossessionato non si peritava di confessare che oscillava tra un permanente feticismo masochistico ed estemporanei impulsi a strangolare e fare a pezzi con una mannaia i corpi oggetto del suo indomabile desiderio… In qualche modo intrigati dall’ambiguo Ministro, Bastiani e Di Giovanni lo seguirono sotto un tendone dove c’erano accoccolati a terra suonatori di tiorba, di oud e ukulele… suoni setosi ed enigmatici, cordofonie esotiche e vagamente erotiche si spandevano in una atmosfera che faceva pensare a certe case d’appuntamento mediorientale arredate con gusto ottomano-pop alquanto vintage… al centro della tenda troneggiava Armulas, un anziano con la barba bianca e l’epidermide color di terracotta, che con voce gutturale e aspra condannava in toto la storia dell’uomo bianco occidentale, in quanto storia di violenza, di violenza sistemica e sistematica, di oppressione e di sterminio verso le altre culture e civiltà… Giampaolo prese a filmarlo come si filma un totem, un’apparizione, una sacra icona… intanto Isabella era uscita e aveva scoperto, dietro la tenda, un grande campo di coproliti, una sorta di museo della merda fossile en plein air… comprese immediatamente che qui c’era la matrice di una sua prossima opera che avrebbe leopardianamente intitolato “sovrumani silenzi”…

Una settimana più tardi ricomparve, con un berretto mimetico in testa, Ingo Marx… che alternava un’aria allegra e, poi, un’espressione scoglionata, come fosse incerto su qual era il suo vero umore del momento… rifiutava anche di farsi filmare, mentre il regista gli domandava: quando si arriva a Geoxiana014 a fare ‘massa critica’? … Marx cercava di spiegargli che quella era una landa epifenomenica connotata dal transito degli escapisti, quelli in fuga dal conformismo dei più… in sottofondo c’era il tedioso frinio delle cicale in una estate che non voleva morire e che, in effetti, era interminabile… Ingo rimembrava pure un manipolo di taikonauti scappati dalla Cina, che asserivano di non potere rivelare quello che avevano realmente visto nello spazio… vaghi accenni a mitologiche strane bestie impegnate nel costante coito notturno/diurno di orbite ellittiche in cui qualcosa si tramava, ma il più si tramutava nel proprio antipode… metamorfosi di sapore kafkiano sempre oscillando in equilibrio precario sul nulla… Bastiani stendeva sui muri ampie campiture di colore rosso cinabro, blu oltremare, verde prato, giallo oro e bianco argento, poi accompagnava Di Giovanni a riprendere dei comizi di non-poesia che radunavano una calca di impoetanti‘impoetenti’ e dove  su un palchetto saliva un energumeno con la camicia a quadretti da boscaiolo che starnazzava: di che colore è il grosso, grasso, nero culo di miss Lina? … Subito rimbeccato da una maestrina con gli occhiali da vista a goccia e la gonna scozzese che così flautava: sofisticati filosofi teoretici socratici io conosco / che finiscono per dire le stesse cose dei beceri squadristi al limite del bosco / come posso, allora, non domandarmi: dove sta lo sbaglio più fosco e losco? … Isabella condusse via il regista per fargli riprendere un desolato paesaggio lunare, timbrato da crateri che sembravano le spaventevoli bocche di vulcani di diversa grandezza e da carcasse animali attorno a cui si aggiravano famelici i saprofagi, c’era in atto una vile contesa tra branchi di iene e nugoli di avvoltoi… Questa, proclamò l’artista, è la terra del Sollievo e dell’Abbattimento… è la nostra più precipua visione metaforica… oltre non c’è niente che ti possa interessare… Giampaolo filmava, ma con un’aria sconsolata, demotivata, avvilita…

Qualche giorno appresso, sulle piste di un Marx di nuovo pimpante, giunsero in un centro abitato in cui, però, non si vedeva alcun abitante, mentre molte abitazioni avevano un aspetto decrepito, pressoché spettrale… sulla via principale apparve comunque un corteo funebre con un carro trascinato da due equini impennacchiati a lutto e una bara su cui era stata deposta una lobbia nera, evidentemente appartenuta al defunto… Ingo li portò, poi, in una piazzetta circolare periferica dove su un palco si svolgeva uno straniato concerto con gli ologrammi di Umberto Bindi e Cliff Richard, stagionati cantanti risalenti a poco oltre la metà del secolo XX, virtualmente riprodotti imbolsiti, con i capelli tinti, ma pertinaci e correttamente vestiti con abiti completi blu scuro e verde ramarro e cravatte regimental… nella piazzetta punteggiata da radi spettatori si aggirava una coppia malassortita – lui con un prominente buzzo e un maglione giallo canarino, lei secca come un chiodo e attuffata in una veste violacea e befanesca. Il regista, come in trance prese a filmarli: il marito lanciava sguardi rapaci, dicendo cose assurde tipo: arriverà un bimbo dagli occhi azzurri, ex coelisoblatus nonché cieco? … era un tizio spiacevole, epperò sembrava pronto a porgerti una mano soccorrevole… secondo la Bastiani incarnava la dialettica del becchino che, tra incantesimi e adorcismi, ti vuole istradare negli antri dell’erebo… La moglie, invece, sorrideva di sbieco con plateali mosse da Apollo Citaredo e ripeteva a tutti quelli che incocciava il tormentone del film DonnieBrasco: ma che ve lo dico a fare? … alternato all’altro di bartlebyana memoria: preferirei di no… Il regista li riprendeva fuggevolmente mentre intanto nella installazione concertistica, che Isabella aveva apprezzato, si era appalesato l’ologramma nientedimenoché di John Lennon che ringhiava la sua vecchia canzone di protesta: “All I wantis the truth / Just give me some truth” … e Bastiani che commentava: ma per noi spiriti irreligiosi, la verità vera, la verità definitiva, semplicemente non c’è… sussistono soltanto verità relative, approssimative come è l’arte…

Sempre al seguito di Ingo entrarono in una casa isolata ricolma di libri, che Marx assicurava essere scapigliatissimi e divertentissimi… era la magione dell’Analista che, annunciato da suoni miserabili, comparve di colpo con un costume da mago ciarlatano… l’Analista sproloquiava su cose disparate di cui neppure lui comprendeva bene il senso… quindi evocò l’immagine di un lontano conoscente che aveva una costante espressione tra il meditativo e il pesantemente depresso: “precisa uguale a quella della figura maschile che campeggia in primo piano, seduta sul bordo di un letto, nel quadro Excursioninto Philosophy di Edward Hopper… dietro l’uomo vestito con camicia bianca e pantaloni neri si profila la figura di una donna, voltata di spalle su un fianco, con una sottoveste rossa che lascia scoperte le gambe e il suo maestoso, callipigio deretano… la domanda è: se hanno appena scopato perché lui è così affranto ed incupito? O forse hanno provato a fare sesso e lui ha fatto cilecca e lei è molto seccata di avere incontrato uno che non regge l’erezione? E la filosofia che c’entra? Perché c’è accanto all’uomo, sull’orlo del giaciglio, un libro aperto? È un libro di filosofia e il pittore ci vuole dire che lo studio della filosofia conduce all’impotenza? Non è inverosimile, vedendo come trombano quelli che non sanno un acca di Platone, Aristotele ed Eraclito, come pure di Bertrand Russell, Hans-Georg Gadamer e Jean-Luc Nancy… non vi pare? Voi che ne pensate?” … Come ipnotizzato dalle parole dell’Analista, Giampaolo stavolta aveva lasciato spenta la GoPro… ma non rispose, rimase silente, al pari dell’artista che aveva fatto un breve schizzo a matita del presunto mago, mentre Ingo sogghignava e versava in quattro bicchieri di cristallo un vino liquoroso, un Porto rosé, per brindare a non si sa che, forse alla conclusione dell’escursione nella filosofia di Geoxiana014…

Ad un passo dall’imbarco per lasciare quella terra, Di Giovanni chiese ad Isabella: ma tu che cosa hai capito? Hai capito perché siamo capitati qua? – Potrei dirti che mi sembra di avere capito qualcosa, ma forse è meno di niente, e in ogni caso non ero venuta per capire, semmai per essere capita, ricevuta, accolta… – Io, personalmente, non ci ho capito nulla, riparto con le idee più confuse di quando sono arrivato, peraltro senza neppure avere compreso come ci sono arrivato… – E l’idea di un film che parte da uno sbarco di pirati predatori in una terra incognita? – Non so, non mi convince più, mi sembra una scemenza, una cosa senza capo né coda… il film che dovevo vedere, prima di scriverlo, non l’ho visto e, sì, che ho fatto un sacco di riprese… ho accumulato ore di girato che in questi giorni mi sono rivisto, ma non c’è nulla lì dentro che assomigli ad un film possibile – E allora che cosa conti di fare?  – Forse un film è meglio immaginarlo, sognarlo, divinarlo, ipotizzarlo, delirarlo che farlo… pensa a Orson Welles, sono molti di più i film che ha progettato senza riuscire a farli, di quelli che ha girato… magari farò un film sulla impossibilità di fare un film… è una idea che mi sta stuzzicando … come Geoxiana014, una terra improbabile, che attesta l’impossibilità di essere tale… non so, ci devo pensare sopra, ma mi pare un buono spunto… e tu? – Io cosa? – Che conti di fare? – Ancora non lo so, io sono sempre alla ricerca delle strade di luce… qui, in ogni caso, ho incamerato tante di quelle suggestioni, visioni, impressioni che possono nutrire le mie imprese artistiche per i prossimi trent’anni… mi conosco, devo soltanto lasciare sedimentare, depositare, fermentare questo materiale psico-emotivo, poi insufflata da opportuni flussi musicali, passerò all’azione… – Allora ciao, credi che ci rivedremo? – Non escludo mai nulla, ma credo di no, nondimeno questo periodo trascorso assieme vale una vita… – Sì, lo penso pure io… Geoxiana014 è stato… – … il nonluogo che è diventato una nostra, comune, ideale patria o matria…  – Già, un effettuale buco bianco, ora chissà ci attende il solito e reale buco nero… – Chi può dirlo? Vedremo, comunque addio… – Addio, sì… addio a noi…  – … ma non alla grammatica dell’altrove  – … giusto…