Quando nell’estate del 2013 avevamo varato il primo numero di ZRAlt! con l’urlo “La rivista della Zona Rossa” – traendo spunto dal tremendo sisma aquilano di quattro anni prima che aveva assestato un duro colpo all’intero capoluogo abruzzese ed ai numerosi altri centri contigui contraddistinti poi con la denominazione “cratere sismico” – non avevamo messo in conto un particolare squisitamente lessicale. La riduttiva accezione di Zona Rossa, al singolare, di fronte a tutte le altre “Zone Rosse” nel frattempo spuntate come funghi velenosi in tutto il mondo tra guerre, pandemie, carestie, emigrazioni di massa…, s’era dimostrata, alla prova dei fatti, inadeguata a designare ciò che di malefico continuava a crescere in maniera esponenziale su questa dannata Terra.
Terra che, in base al calendario astronomico di ZRAlt!, ha nel frattempo concluso, dopo il primo numero, il suo nono giro intorno al sole. Già. Se questo è, come è, il fosco scenario dipinto di “rosso sangue” e “nero morte” dalla trionfante demenza umana surclassante le tante vendette d’una Natura stuprata, che antidoto può rappresentare il binomio portante di “Catastrofe & Creatività” con cui continua a fregiarsi nell’occhiello la rivista stessa? Secondo noi, l’invito ad insistere nel coltivare un interesse per tutto ciò che concerne la conoscenza e la cultura intese nella loro più larga accezione, può ben contribuire a far sviluppare quei necessari anticorpi individuali e, di riflesso sociali, in grado di alimentare, con l’unificante unguento d’una sottesa ed ecumenica Bellezza, la parolina magica di “resilienza”. A proposito della quale, per chi ne voglia approfondire genesi e senso sotto la predetta angolazione, può utilmente leggere o rileggere il bel testo di Anna Maria Giancarli “Il pendolo di Charpy. Cultura come leva della ragione, del pensiero, dell’utopia e del cambiamento” pubblicato sul n. 2 di questa stessa rivista.
https://zralt.angelus-novus.it/zralt-n2-autunno-2013/il-pendolo-di-charpy/
Ma, che cos’è, alla fin fine, un’ “ecumenica Bellezza”? La risposta l’affidiamo all’acuta intelligenza di Umberto Eco: «La bellezza non è stata mai qualcosa di assoluto e immutabile ma ha assunto volti diversi a seconda del periodo storico e del paese e questo non solo per quanto riguarda la bellezza fisica (dell’uomo, della donna, del paesaggio) ma anche per quanto riguarda la bellezza di Dio o dei santi, o delle Idee…».
Purtroppo questa corretta diagnosi d’ordine anche storico (dell’arte, in particolare), sta cedendo il passo – con l’atroce invasione russa dell’Ucraina e le non larvate minacce dell’utilizzo, nel conflitto, di bombe atomiche a “limitato raggio”– alla sanguinaria Bruttezza posta in essere dal truce quanto impassibile, robotico neo-zar Putin, con i mucchi di cadaveri della resistente-resiliente popolazione civile ucraina e dei combattenti su entrambi i fronti, le annerite macerie di case, scuole, ospedali, centrali elettriche….
Di fronte alle necrofile immagini di irrigiditi e sfigurati corpi, di quelle macerie su macerie filmate al rallentatore mentre rovinano a terra, evocare il sublime, quale affascinante aedo del Brutto, non ha alcun senso, nonostante la giustezza di altre delucidazioni del pensatore bolognese:«Il momento in cui si prende veramente coscienza della centralità del brutto nella storia dell’arte è con l’inizio della sensibilità preromantica del sublime, il sublime è la grandezza dell’orrendo, della tempesta, delle rovine».
Il non-sublime di questo numero 37, affidato come di consueto a collaboratori di comprovata padronanza esegetica e creativa, coniuga l’inestricabile intreccio tra Bellezza & Bruttezza, partendo dal testo di Pino Bertelli È stata la mano di Dio (2021), di Paolo Sorrentino. Con la tagliente scrittura che lo contraddistingue nel dire pane al pane e vino al vino, il reporter sans frontières piombinese nonché critico cinematografico di primo rango, assesta un duro colpo alla vulgata di essere in presenza di un altro capolavoro del regista napoletano. Per Bertelli: «Il film di Sorrentino, appunto… esegue una narratologia confinata nell’alveo della spettacolarità e condannata a rispettare le suggestioni e le articolazioni romantiche dei mercati, sempre intonati sulla ricezione collettiva… la finzione poietica si avvale della triade umanità /sapere/ cultura e colloca i personaggi nei processi storici, sociali, politici del loro tempo… in categorie che poco hanno a che vedere con l’introspezione di sé in rapporto col mondo e molto con la versione del cinema confinato nei suoi margini mercatali».
Sempre in ambito filmico, I miei cortometraggi all’interno del progetto “Specchio Arte” della Fondazione Aria di Dino Viani, sembrano casualmente venire incontro alle evidenziate esigenze narratologiche invocate da Bertelli con i personaggi che devono “ a che vedere con l’introspezione di sé in rapporto col mondo”. Nei suoi docufilm incentrati su artiste ed artisti abruzzesi scrutati psicologicamente nei loro studi con l’amicale complicità di una macchina da presa più che discreta:«Il progetto vuole sdoganare l’artista dagli stereotipi sopra descritti, osservandolo nel quotidiano, attraverso il suo sguardo, le sue riflessioni sulla vita, sul mondo. Per tornare a comprendere quanto sia importante il suo “urlo”, il suo allarme, che a volte viene percepito come “fastidio” e che non è altro che un grido d’amore per un mondo migliore».
Per quanto concerne l’arte contemporanea, i testi di Giuseppe Siano Sull’origine del Trattismo (Una lettera chiarificatrice), di Francesco Guadagnuolo Arte e Trasrealtà (Il mio Memorial sull’invasione russa dell’Ucraina) e di Antonio Gasbarrini Dagli anestetici readymade di Marcel Duchamp ai rammemoranti oggetti ri/tovati di “Seminiamo arte II”, affrontano sia alcune problematiche di carattere storico che di più stringente attualità.
Tra i movimenti della neo-avanguardia italiana, ad emergere in ambito anche relazionale e dell’opera aperta di stampo echiano, è il Trattismo, nel cui Manifesto firmato a Roma il 4 gennaio 1982 dagli artisti Claudio Bianchi, Luciano Cialente, Marco Fioramanti, Adalberto Magrini, Ubaldo Marciani, Sergio Salvatori e dal videomaker Marco Luci, si può tra l’altro leggere: «Vogliamo che l’arte, lo spettacolo, la satira, la commedia, il costume, coincidano in un unico lacerante grido di rivolta, nel quale la miseria affondi le proprie radici e trovi la propria espressività in un rituale primitivo e inconscio, che sconfina nella magia. Nasce così l’amore per ciò che è primitivo». Rileva Siano, nella sua analitica, storicizzante ricostruzione: «Il Movimento Trattista del primo Manifesto ha messo in discussione lo statuto linguistico di un’origine universale dell’arte. Il TRATTO è una emergenza individuale e allo stesso tempo è mediazione e condivisione di un linguaggio sociale appartenente a delle “tribù”; proprio per il rifiuto dei critici d’arte di spiegare con la parola l’impossibile azione di formazione linguistica di un idioletto estetico».
Come si pongono gli artisti visivi di fronte alle orride immagini propinateci dai media on real time sulla tragica invasione russa, o meglio putiniana, dell’Ucraina? Prendendo in mano, come ha fatto il transrealista Francesco Guadaguolo, gli attrezzi del mestiere per denunciare, alla stregua di un Picasso e della sua sublime Guernica, nonché dei tanti altri artisti che si sono misurati creativamente con la parola-incubo guerra, la sua sofferenza personale trascesa nelle 10 opere del suo Memorial qui riproposte nella videoproiezione. Scrive a proposito l’artista: «Di fronte all’orrore della guerra in atto tra Russia e Ucraina con centinaia di migliaia di morti, è stato per me necessario esprimermi e prendere posizione: di carattere prettamente umanistico ed esistenziale. Ho sentito, come artista, il bisogno di esternare – con il linguaggio proprio dell’arte – la crescita esponenziale di un malessere (dell’incivilimento contemporaneo) mostrandone l’intimismo sociale e collettivo, effigiando lo stato d’animo di una dimensione umana in regresso, bisognosa sì di una nuova base ragionatrice».
Che l’arte contemporanea possa con il suo libertario lievito rigeneratore dare ancora molto alla realtà sociale variamente straziata anche a seguito di catastrofi naturali, è il fil rouge legante, nello scritto di Gasbarrini, la stravolta quotidianità di una piccola comunità interamente sfrattata nell’aquilano dal proprio borgo a causa del sisma del 2009. Comunità tuttora residente in un apposito villaggio messo su alla meno peggio, dove si è tenuta la seconda edizione della rassegna interdisciplinare “Seminiamo Arte” (laboratori, mostre, reading, musica, performance): « Il tutto, in una prospettiva temporale in cui la più che abusata parola d’ordine “rigenerazione urbana”, tanto cara ai governanti centrali e periferici, è stata sostituita con questa iniziativa culturale, in quella di “rigenerazione civica”».
Sul versante più squisitamente letterario, sono i testi di Marco Palladini Geoxiana014 (Racconto), di Eva Rachele Grassi Errare… nell’intrico delle ipotesi… o… dell’impensabilità ininterrotta e di Anna Maria Giancarli – Alessandra Di Vincenzo Mahmoud Darwish poeta palestinese, a rimarcare la stretta connessione esistente tra la scrittura neo-sperimentale (Palladini e Grassi) e la poesia civilmente impegnata (Giancarli – Di Vincenzo).
Nel sobbalzante racconto di Palladini, con i suoi repentini cambiamenti di scena e strambi personaggi viventi nella terra incognita di Geoxiana014, ruotanti attorno ai due protagonisti, il regista Giampaolo Di Giovanni e l’artista performativa Isabella Bastiani qui incontrata “dentro un caffeuccio malodorante”, realtà e finzione, oniricamente mescolate, sono smaliziatamente fuse.
Il susseguirsi di azzeccati neologismi e lemmi attinti prevalentemente dal repertorio cinematografico e musicale, portano con mano il lettore ad affiancare i due per esplorare al meglio una surrealtà di non facile decifrazione, come certificano le battute conclusive:«Geoxiana014 è stato… – … il nonluogo che è diventato una nostra, comune, ideale patria o matria… – Già, un effettuale buco bianco, ora chissà ci attende il solito e reale buco nero… – Chi può dirlo? Vedremo, comunque addio… – Addio, sì… addio a noi… – … ma non alla grammatica dell’altrove – … giusto…».
Il monologo “pensante” della Grassi, proposto anche nella sua versione in lingua francese titolato Errer…dans l’enchevêtrement des hypothèses… ou… de l’impensabilité ininterrompue, attinge la sua genesi avanguardista, non solo nell’astrattizzante impaginazione del testo in cui lo spazio bianco di matrice mallarméana – si veda in proposito, del poeta francese, l’incipit del Monologue d’un faune del 1865 – prevale su quello “inchiostrato”, ma alle rizomatiche radici della complessità contemporanea (Edgar Morin docet). Travalicando, inoltre, più di un limite fittizio storicamente interposto tra la tecnica prosastica e quella poetica. Eccone un esempio:
«Mentre, invece, con-fusa, vorrei con-fondermi
In un Vuoto che è interezza
In una Distanza che è ricchezza
…alle soglie delicate del Silenzio…».
L’essenziale profilo umano ed artistico del poeta palestinese Mahmoud Darwish, scomparso nel 2008, proposto a quattro mani da Giancarli e Di Vincenzo, sottolinea come la coscienza identitaria dell’intero popolo palestinese possa continuare ad attingere alle sue taumaturgiche, ecumeniche parole, in quanto:«Dai suoi versi il dramma del suo popolo diviene universale, si innalza a tragedia dell’umanità, raggiunge tutti coloro che lottano per la dignità e la libertà, dando loro coscienza e memoria. Al contempo, nelle sue poesie, condanna la mancata solidarietà di molti regimi arabi e addita l’America come colei che muove veramente i fili di tutta la Storia, invocando il ritorno ai confini del 1967 e la fine dell’occupazione. Questo il sogno del poeta, un sogno di giustizia e di pace».
Indice Binario
Cinema
Pino Bertelli È stata la mano di Dio (2021), di Paolo Sorrentino
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Dino Viani I miei cortometraggi all’interno del progetto “Specchio Arte” della Fondazione Aria
6 links a video
Arte
Antonio Gasbarrini Dagli anestetici readymade di Marcel Duchamp ai rammemoranti oggetti ri/tovati di “Seminiamo arte II”
Slides
Giuseppe Siano Sull’origine del Trattismo (Una lettera chiarificatrice)
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Francesco Guadagnuolo Arte e Trasrealtà (Il mio Memorial sull’invasione russa dell’Ucraina)
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Letteratura
Marco Palladini Geoxiana014 (Racconto)
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Eva Rachele Grassi Errare… nell’intrico delle ipotesi… o… dell’impensabilità ininterrotta
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Anna Maria Giancarli e Alessandra Di Vincenzo Mahmoud Darwish poeta palestinese
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ALCUNI TITOLI DEL PROSSIMO NUMERO 38 DI ZRAlt!
Pino Bertelli Cecilia Mangini. Sulla fotografia della dignità
Antonio Gasbarrini Dialogando con il filosofo Antonio Rainone sul suo ultimo libro “La sartoria di Lacan. Sulle geometrie del desiderio e l’etica del godimento”
Luigi Fabio Mastropietro La società dello spettacolo e l’impero dello sgomento
Cam Lecce e Jörg Christoph Grünert “Revolutianary street puppets”. La creatività partecipata. Report dal 21esimo Janana Summer Encounter. Libano 2022
Francesco Correggia Cultura e natura
Paolo Rico Arte Sacra More geometrico demonstrata?
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