L’intreccio metaforico-metonimico tra quelle schegge ceramiche, pentole e padelle ammaccate, maniglie e chiavi inservibili, macinini da caffè senza più profumo, pietre e mattoni scheggiati, cavalli a dondolo paralizzati, spade arrugginite, rami di quercia fossilizzati, foto ingiallite, gabbiette per uccelli…. rimanda dritto dritto alle case distrutte o danneggiate di un intero paese («il paese dell’anima» avrebbe scritto Ignazio Silone), ancora imbalsamato a distanza di oltre 13 anni dalle fatidiche scosse delle 3.32 (6 aprile 2009).
di Antonio Gasbarrini
C‘è un punto che voglio definire molto chiaramente:
la scelta di questi readymade non mi fu mi dettata da qualche diletto estetico.
La scelta era fondata su una reazione d’indifferenza visiva,
unita a una totale assenza di buono o cattivo gusto… dunque un’anestesia completa.
Marcel Duchamp, 1961
Le opere saranno concordate con gli abitanti del Villaggio che consegneranno
al “proprio” artista un oggetto recuperato a Fossa tra le macerie
della propria casa distrutta o danneggiata dal terremoto.
Una pietra, un mattone, un piccolo utensile, una chiave… che ricordino
la casa, l’orto, la stalla, il luogo amato e perduto da ben 13 anni,
all’insegna memoriale del proustiano “Tempo perduto” e “Tempo ritrovato”.
Dal progetto della Rassegna interdisciplinare “Seminiamo Arte II”
Si riferiva Marcel Duchamp, nel breve intervento effettuato nel 1961 al Museum of Modern Art di New York, alle motivazioni che lo indussero ad “inventare” i suoi celeberrimi readymade (Roue de bicyclette, Porte-bouteilles, Fountain … (1913-1917…).
Tutt’altra valenza, non solo d’ordine estetico, quanto esistenziale – com’è ben rilevabile dall’esergo – è da attribuire ad uno dei comparti della Rassegna interdisciplinare (laboratori, arte, reading, performance, musica) “Seminiamo Arte II” tenuta nel Villaggio di S. Lorenzo del piccolo Comune di Fossa nell’aquilano. Qui un’intera comunità continua a vivere nelle casette prefabbricate (Musp) dopo oltre 13 anni dal sisma del 2009, mentre l’intero paese è sigillato e perciò inagibile. In tale contesto, sempre nel Villaggio di S. Lorenzo, sorgeva nel 2015, per volontà e determinazione dell’artista Lea Contestabile, un Museo d’arte contemporanea dedicato ai bambini (MuBAq), che vanta oltre cento opere di artisti italiani e stranieri esposte al suo interno in permanenza, mentre un Parco di sculture in progress contrassegna esteticamente, en plein air, la vasta area attigua museale.
Nella prima edizione dello scorso anno https://zralt.angelus-novus.it/?s=seminiamo+arte le “Soglie dell’anticiampo creativo” realizzate in mosaico dai bambini nell’attività laboratoriale (per essere posizionate poi all’ingresso di singole abitazioni quale contrappunto creativo alla tragedia che ha colpito i singoli fossolani), riannodavano i fili spezzati di memorie turbate.
In quella appena chiusa, svoltasi dall’8 al 31 agosto del 2022, l’irraggiamento del Museo dei Bambini in una ventina di giardini antistanti i Musp e in altri spazi comunitari dove sono state poste tutte le premesse per la realizzazione di un Museo diffuso nell’intero Villaggio, è concretamente avvenuto grazie all’apporto fattivo degli artisti invitati nell’apposita sezione “SEMINIAMO memoria -Arte con gli abitanti di Fossa”, con la collaudata forma di una breve residenza in loco.
Il tutto, in una prospettiva temporale in cui la più che abusata parola d’ordine “rigenerazione urbana”, tanto cara ai governanti centrali e periferici, è stata sostituita con questa iniziativa culturale, in quella di “rigenerazione civica”. Per sottolineare, innanzitutto, l’indifferibile urgenza del ripristino del precedente, plurisecolare legame intergenerazionale la cui genesi comunitaria è ben visibile nella Necropoli o nelle emergenze religiose della chiesa di S. Maria ad Cryptas e nel Convento di S. Angelo d’Ocre. “Rigenerazione civica” dispiegante la sua completa energia solamente con il ritorno dei fossolani nel loro borgo e con il Villaggio di S. Lorenzo trasformabile contestualmente in una cittadella dell’Arte e della Scienza, concedendo i Map in uso gratuito agli studenti universitari presenti in città: questo l’obiettivo delle due edizioni, curate da Lea Contestabile e Antonio Gasbarrini.
Entriamo adesso nel vivo della manifestazione sulla falsariga dell’ordine cronologico in cui si sono tenuti i quattro eventi di: “SEMINIAMO sogni – Arte con i bambini”; “SEMINIAMO amicizia – Arte per l’amico Raul Rodriguez”; “SEMINIAMO memoria – Arte con gli abitanti di Fossa”; “SEMI BLU – Giulia Napoleone semina Bellezza a favore del MuBAq”.
1. SEMINIAMO sogni – Arte con i bambini
L’obiettivo di “SEMINIAMO sogni – Arte con i bambini”, con l’attività laboratoriale svoltasi nel MuBAQ, era quello di «esprimersi e raccontare liberamente, attraverso le immagini, il mondo in cui vorrebbero vivere. Potranno ridisegnare l’idea del “loro mondo” in base alle proprie prospettive non solo di carattere ludico. Un “luogo mondo”, quindi, di rinascita a dimensione delle esigenze di ogni bambino dove desideri, sogni, aspettative possano concretizzare all’insegna dell’armonia e della condivisione».
Nelle intense tre giornate, svoltesi dall’8 al 10 agosto – sia all’esterno del Museo che al suo interno – i bambini oltre a praticare tre percorsi creativi tematici (autoritratti, fiori, animali) usando prevalentemente carte, cartoni, colle e colori, hanno respirato a pieni polmoni il linguaggio dell’arte contemporanea disponibile nelle opere esposte a “metri zero”, o nelle sculture e installazioni presenti nel Parco, con cui molto spesso hanno interloquito mediante un approccio prettamente ludico.
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2. SEMINIAMO amicizia – Arte per l’amico Raul
Il fine progettuale di “SEMINIAMO amicizia – Arte per l’amico Raul”, perfettamente conseguito, consisteva nella esposizione di «sculture e installazioni per ricordare l’amico artista italo-argentino Raul Rodriguez ad un anno dalla sua scomparsa. Avvenuta mentre la sua installazione site-specific Pachamama – riproposta in questa occasione in forma graficizzata – era ancora esposta in uno dei giardini dei MAP del Borgo di S. Lorenzo. La riproduzione fotografica di Pachamama verrà posizionata, anche simbolicamente, al centro del Giardino della contemplazione. Suoi amici artisti, saranno invitati a circondare l’opera con i propri lavori, a mo’ di un empatico grande abbraccio a testimonianza del fraterno legame e della stima avuta per il caro Raul. Caldo abbraccio rafforzato da un reading e da un contestuale concerto».
Le due immagini graficizzate sulla bifacciale superficie in plexiglass ritraevano, così, da un lato il Raul effigiato nel bel Ritratto fotografico di Raul Rodriguez scattato da Francesca Speranza, mentre dall’altro lato campeggiava (non poteva esse altrimenti), l’ultima sua opera terrena Pachamama.
Le sculture e le installazioni realizzate ad hoc (ad eccezione dell’impattante gruppo scultoreo dei tre vistosi corvi in cartapesta e vetroresina dell’artista Silvano Servillo, strettissimo collaboratore del MuBAq, invitato a partecipare nonostante le precarie condizioni di salute, sfociate poi nella sua prematura scomparsa), si sono ispirate, anche emotivamente, al vissuto creativo ed alla poetica poverista, civilmente impegnata, di Rodriguez.
Ricorrendo a citazioni di alcune sue opere, come dichiaratamente fanno Lea Contestabile con Una scala di luce per Raul e Duilio Chilante Dalle orme di Piazza Tienanmen all’infinito. La prima, con una primaverile installazione in cui le silhouttes di due bambine accennano ad un passo di danza e a un dondolio su un’altalena sfiorante L’aquilone di Raul inerpicato su un muro; il secondo riproponendo, con alcuni lacerti grafici stampati sulle due facce di un foglio di alluminio, anche alcuni brani visivi delle installazioni rodrigueziane Piazza Tienanmen (1990) e Borderland-Mediterraneo (2018).
Connotati installativi possono riscontrarsi nell’Anello di Moebius di Sergio Nannicola e L’uomo universo di Massimo Piunti, artisti che hanno in più occasioni partecipato a varie mostre tenute insieme a lui. Conoscendo molto da vicino la sua poetica pauperistica, ne hanno interpretato, con l’uso di materiali fragili rispetto alle prevedibili intemperie (quasi a sfidarle), il tragico destino. Racchiuso, per Nannicola in una scala dipinta con bitume su una longilinea plastica trasparente srotolata lungo il viottolo, mentre Piunti dissemina su un biancastro panno, “qualche legnetto”, fili di ferro, sassi… insieme alla trascrizione autografa di una poesia di Andrade.
Opere scultorizzate, invece, hanno proposto l’artista italo-iraniano Rezakhan, Valter Battiloro e Lorenzo Bruno. Nel ligneo e curvilineo Albero RA, mi chiarisce il suo portato simbolico, Reza: «Si tratta della fusione di due lettere in calligrafia persiana “ ! ,” Dio Egizio del sole di mezzogiorno ed accompagnatore dello spirito nell’attraversamento della soglia da uno stato di coscienza terrena a quello di coscienza celeste». La lievitante organicità di Cornucopia, “la forma nel tempo” ( anch’essa lignea) di Battiloro, rimanda, invece, ad una possibile metamorfosi zoomorfa in atto, mentre il “finto”, screziato, candido masso in cartapesta Frattale di Lorenzo Bruno, è quasi adagiato a tu per tu con il fusto di un vitale albero del Giardino della Contemplazione.
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3. L’intermezzo performativo duchampiano “Ciao Raul sei qui con noi”, il reading a due voci e il concerto dei giovani orchestrali dell’ensamble Officina Musicale
Presentare all’atto dell’inaugurazione nel Giardino della Contemplazione del Convento di S. Angelo d’Ocre “SEMINIAMO amicizia”, con la consueta dissertazione sulle motivazioni dell’Omaggio dedicato ad un giovane emigrato argentino arrivato a L’Aquila con l’intera famiglia agli inizi degli anni Settanta, non avrebbe reso conto nel modo dovuto, della sua poetica impregnata di un lacerante vissuto cresciuto all’ombra di una feroce dittatura. Da qui l’idea, dell’estensore di questa nota, di ricorrere alla modalità avanguardista – può ben dirsi – con cui ha plagiato, secondo i dettami del détournement situazionista di Guy Debord e C., la performance, di volta in volta messa in atto da Marcel Duchamp, con La boite-en-valise (Scatola in valigia) intorno ai primi anni Quaranta del secolo scorso: «Invece di dipingere qualcosa di nuovo, decisi di riprodurre questi quadri, che amavo profondamente, in miniatura. Ma non sapevo come fare. Inizialmente pensai ad un libro, ma la soluzione non mi piacque. Mi venne allora l’idea di una scatola in cui raccogliere tutte le mie opere come in un museo a scala ridotta, un museo portatile». Scatola inserita in una valigetta da viaggio in pelle, estratta quindi dalla stessa, con la successiva apertura di una serie di spazi ottenuti con pannelli scorrevoli e ad incastro, ove era allestita la sua mostra personale.
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Pensato e fatto: inserendo in una borsa anch’essa in pelle, cataloghi e riviste con cui – sempre l’estensore – aveva curato mostre personali o di gruppo di e con Raul Rodriguez, insieme ad altri documenti quali alcune foto. Poggiata a terra, li estraeva mostrandoli al pubblico, con un telegrafico commento, riponendoli poi nella borsa.
Nella performance “Ciao Raul sei qui con noi”, ecco alcuni dei passi letti (per le mostre personali), mentre per quelle collettive veniva semplicemente esibito il catalogo con l’apertura delle pagine in cui erano riprodotte le opere dell’artista:
– «Porta e finestra, interno ed esterno, ombra e luce, silenzio e parola, barbarie e poesia: con l’intreccio di queste ‘coppie dialettiche’ l’argentino Raul Rodriguez installa la mise en scêne di una Violenza ora annullata liricamente, ora visivamente amplificata dalla crudeltà di quella luce al neon sparata sul guardante. L’opera e la sua negazione estetica, l’anti-opera di Raul Rodriguez» – [Arte contra la violencia, L’Aquila, aprile 1988].
– «Per restituire a Piazza Tienanmen il suo emblematico valore etico-antropologico, Raul Rodriguez obbliga il fruitore – con la disadorna impalcatura di “lavori in corso” – (sempre e solo nelle coscienze – a ripercorrere quella Piazza lateralmente. Nell’unico punto di accesso c’è subito l’impatto con una tela-muro posta in verticale, su cui s’inerpicano, o meglio, volano, le gialle silhouettes di giottesche masse angeliche risucchiate forse, nei successivi avvallamenti, dal cinetismo fluviale, dall’inferno di peccati mai commessi» – [Piazza Tienanmen, L’Aquila, Angelus Novus e Castello cinquecentesco, 1990].
– «Nell’installazione, sono quattro opere lignee, anch’esse screziate dai tarli, già presenti nella precedente mostra personale “Tarli & Tarli” di un paio d’anni fa, a certificare la continuità espressivo-poetica di Rodriguez sul fronte operativo di un artista impegnato full-time, nella sua trentennale ricerca, sui diritti negati, sul pacifismo senza se e senza ma, sulla solidarietà universale e non pelosa verso i più deboli e reietti di una società in cui dittature e tirannie d’ogni tipo o pseudo democrazie taroccate continuano a farla da padrone sotto la regia occulta delle multinazionali e della criminalità organizzata» – [Borderland – Mediterraneo, L’Aquila, Sharky Art Gallery, 2018].
Altri libri, riviste e cataloghi concernenti recensioni o mostre di gruppo – in ordine cronologico ed a firma sempre dell’estensore – venivano tolti e rimessi nella borsa con un lento ritmo sacrale, mostrando ai presenti la copertina e le pagine interessate all’arte rodrigueziana.
Eccoli:
– PerdonanzArte. Arte per la Pace, «News Arte Contemporanea», n. 3, Sett-Ott. L’Aquila 1988.
– A.G., Sessanta righe quarantacinque battute, Angelus Novus Edizioni, L’Aquila 1993.
– A.G., Katalogos. Scritti d’arte su cataloghi, Angelus Novus Edizioni, L’Aquila 1994 (con relativa omonima Rassegna d’arte contemporanea al Castello cinquecentesco).
– A.G., Artisti &venti a L’Aquila, 1944-1999, Angelus Novus Edizioni, L’Aquila 1999 (con relativa Rassegna contemporanea al Castello cinquecentesco).
– La corda civile. Immagini e parole di libertà, L’Aquila, 2006.
L’ultima parte della performance era conclusa con i seguenti link cliccati sul telefonino (anch’esso preso dalla borsa) e mostrati al pubblico nella videata interessata a Raul Rodriguez per le rassegne:
Dalle 3.31 alle 3.33. Il prima e il poi degli artisti aquilani, Acquario di Genova 2009
https://zralt.angelus-novus.it/zralt-n1-estate-2013/dalle-3-31-alle-3-33/
La deriva debordiana alle 99 Cannelle, L’Aquila 2010
https://zralt.angelus-novus.it/zralt-n2-autunno-2013/la-deriva-debordiana-alle-99-cannelle/
Come e dove “Seminare Arte” con le soglie musive dell’antinciampo creativo, Fossa (Aq) 2021
https://zralt.angelus-novus.it/zralt-n-33-estate-2021/come-e-dove-seminare-arte-con-le-soglie-musive-dellantinciampo-creativo/
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Subito dopo, sarà la volta del reading a due voci di Anna Maria Giancarli e Stevka Smitran incentrato sulla rammemorante Mnemosine. La Giancarli interpretando alcuni versi del suo poemetto “I Quipus della memoria”, ispirati agli Incas. I quali, non disponendo di alcuna forma di scrittura, fissavano gli eventi storici nel tempo con la creazione d’un calendario formato da cordicelle colorate e nodi che conservavano la memoria fino a 400 anni.
La Smitran, d’origine bosniaca, con l’evocazione di struggenti ricordi legati alla sua terra e agli affetti familiari. Ritratto poetico delicato, il suo, denso di rimandi esistenziali come quello dedicato alla madre che l’autrice, con una fine tessitura di parole, eterna nel suo animo.
A chiudere l’intensa mattinata sono state le note diffuse nel Giardino della Contemplazione dai giovani orchestrali dell’ensamble Officina Musicale diretta dal Maestro Orazio Tuccella. Il quale, nel 1990, in occasione dell’inaugurazione all’Angelus Novus dell’installazione site-specific di Raul Rodriguez Piazza Tienanmen aveva diretto il concerto Drumming di Steve Reich, prima esecuzione in Italia.
4. SEMINIAMO memoria -Arte con gli abitanti di Fossa
L’obiettivo programmatico per questa sezione, anch’esso pienamente raggiunto, consisteva nella: «realizzazione di sculture e installazioni da lasciare in dotazione nei giardini privati dei Map del Villaggio San Lorenzo. Le opere saranno concordate con gli abitanti del Villaggio che consegneranno al “proprio” artista un oggetto recuperato a Fossa tra le macerie della propria casa distrutta o danneggiata dal terremoto. Una pietra, un mattone, un piccolo utensile, una chiave… che ricordino la casa, l’orto, la stalla, il luogo amato e perduto da ben 13 anni, all’insegna memoriale del proustiano “Tempo perduto” e “Tempo ritrovato”. L’artista nel breve periodo di residenza nel Borgo di S. Lorenzo trasformerà o ingloberà “l’oggetto d’affezione”, trasfigurato creativamente in opera d’arte. Le opere, impastate pertanto di ricordi, di affetti, di sentimenti, resteranno installate nei giardini del Villaggio, continuando così a dar vita ad un vero Museo diffuso, inaugurato nella prima edizione di “Seminiamo Arte”, con alcune delle “Soglie dell’antinciampo creativo” realizzate in mosaico nel corso laboratoriale».
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Gli oltre 20 artisti invitati, hanno dato prova della loro sensibilità creativa, guardando intensamente l’oggetto affidato alla loro temporanea custodia, accarezzandolo prima e riportandolo alla primigenia vita molecolare mediante la sua vitale metamorfosi estetica.
L’intreccio metaforico-metonimico tra quelle schegge ceramiche, pentole e padelle ammaccate, maniglie e chiavi inservibili, macinini da caffè senza più profumo, pietre e mattoni scheggiati, cavalli a dondolo paralizzati, spade arrugginite, rami di quercia fossilizzati, foto ingiallite, gabbiette per uccelli…. rimanda dritto dritto alle case distrutte o danneggiate di un intero paese («il paese dell’anima» avrebbe scritto Ignazio Silone), ancora imbalsamato a distanza di oltre 13 anni dalle fatidiche scosse delle 3.32 (6 aprile 2009).
E, protagonista principale di questa rivisitazione memoriale, non poteva non essere che il Tempo: quello dei ricordi, senz’altro, ma anche del nuovo vissuto nel Villaggio di S. Lorenzo.
Da qui il riconoscibilissimo segno socio-culturale delle due rassegne di “Seminiamo Arte” (2021-2022), ove il linguaggio dell’arte contemporanea – da anni irraggiato dal MuBAq con la sua intensa attività museale ed espositiva – è diventato più che familiare non solo ai fossolani (e sopratutto ai bambini qui nati o nel frattempo cresciuti tra un Map e l’altro), ma all’intera area dei Comuni ricadenti territorialmente nel così detto “Cratere sismico”, la città dell’Aquila inclusa).
Entriamo ora nel merito dei vari stili espressivi e poetiche messe in campo dai singoli partecipanti. Zigzagando tra un giardinetto esterno e l’altro o in alcuni altri spazi comunitari, le assemblate sculture ed installazioni create ad hoc, oltre a due performance, rivelano subito la matrice esperienziale di chi, in fatto di storia e cronaca dell’arte moderna e contemporanea, è non solo edotto, ma convinto aedo di messaggi dalla valenza socio-antropologica, sia essa d’ordine concettuale o semplicemente ludica, anche quando l’opera realizzata è Senza titolo, come avviene nella totemica installazione di Monica Scafati, ove colorate ed irregolari masse-massi ispirate alla poetica delle “Pietre in equilibrio” (Stones Balance) sono disposti uno sopra l’altro emulando il più che instabile equilibrio antigravitazionale, e, perché no?, esistenziale.
Le installazioni Ritorno a casa di Lea Contestabile, Il cuore della memoria è rosso di Paola Babini e Aperi di Donatella Giagnacovo, sono declinate al femminile: con la silhouette metallica di una ragazzina che esibisce con malcelato orgoglio la chiave della casa perduta (Contestabile); il colore rosso – del sangue su tutto – amalgamante il cavalluccio a dondolo, un paio di scarpe da donna ed un libro (Babini); una maniglia sovrapposta al punto vita del bianco busto di un manichino a simboleggiare la praticabile apertura di una porta spalancata al futuro (Giagnacovo).
Tra i tanti oggetti raccolti amorevolmente dai fossolani dopo le assopite scosse sismiche, non potevano mancare in questa rassegna una padella, sulla quale Angiola Bonanni ha incastonato uno specchio recante la scritta La esperanza me sostiene e la pentola in alluminio de I tempi di cottura di Gianluca Esposito, su cui svetta, in versione post pop, un impettito galletto in ceramica.
Il divorzio con la Natura, violentata dal sisma, lentamente riagganciata con il benefico filtro di una rappacificante memoria, è ben evocato dai rami e foglie di quercia su cemento Persistenza di un ricordo di Alessandro Antonucci e il Fiore di Gianni Colangelo sbocciato come per incanto da pale arrugginite, mentre Monica Longhi, con il suo miele colato sulla roccia di Do You Care?, ben evidenzia il rovescio della medaglia di quella stessa Natura oltraggiata dall’intensivo sfruttamento antropico.
Ben altra valenza metaforica ha La Cura del vecchio catino smaltato di Massimo Ruio, le cui arrugginite cicatrici sono rivitalizzate sovrapponendovi dell’oro e dipingendovi poi, uccelli “metallici” o variamente colorati.
La piccola, vecchia gabbia di Volo apribile nuovamente con la lenitiva immaginazione di Primarosa Cesarini Sforza, dopo l’assemblaggio al suo interno di una salsiera attorno a cui volteggiano farfalle realizzate con rete metallica trattata poi con gesso, fa in un certo qual modo da pendant alla scultorea installazione di un grande nido plasmato da Giampiero Gigliozzi con ramoscelli intrecciati, al cui interno sono collocate con la sincretica scritta di EARTH – impressa, lettera per lettera, alle cinque fecondabili uova –, neologismo che sta per terra, mangiare (eat) e art.
Frammenti ceramici frammisti a piccole pietre ed a fantasmatiche figurine di animali riemersi dall’arca, ne La scatola di Noè di Franco Cenci, fanno il paio, quanto ai material utilizzati, con l’installazione Ora sono sulla via del ritorno di Emanuela Lena, via punteggiata dalle schegge di una piccola brocca dis/seminate su una solida e protettrice sedia in ferro.
È la casa distrutta o danneggiata dal sisma, pensata architettonicamente come teca custodente ricordi su ricordi, ad essere chiamata in causa nelle opere Reliquiae di Patrizia Urbani, Scrigno spirituale di Stefano Trappolini e Le vestigia del giovane artista cinese Yongxu Wang. Una svettante teca contenente un sampietrino e un frammento di canovaccio dipinto ad olio (Urbani), una caraffa incapsulata dentro un rosseggiante cubo in plexiglass su ognuna delle quattro superfici ove s’intravvede la sagoma di un uomo in cammino (Trappolini) e una sorta di tempietto greco dalla cui modernizzante vetrata è possibile scorgere una enigmatica figura (Wang), fanno da tramite tra interno psichico ed esterno fisico.
L’ossuta scultura in ferro Senza titolo di Antonio Quaranta, dal riconoscibilissimo lessico avanguardista, con la sua ovoidale foto d’epoca ritraente un gruppo familiare-amicale di sorridenti fossolani sovrapposta alla superficie circolare, immette nel cortocircuito temporale passato- presente-futuro, una dolente e malinconica nota.
Anche le installazioni La Direzione di Fabio Maria Alecci, Excalibur di Valter Battiloro, Siamo tempo di Caterina Ciuffetelli e Memoria di un retrogusto di Antonio Rauco, si pongono, simbolicamente, nei tanti interstizi, o meglio crepe psichiche, inevitabilmente generate dalle schizofreniche scosse sismiche.
Il macinino da caffè (Alecci), che ha inevitabilmente perso il suo antico odore aromatico, punta ora, con la sua banderuola segna vento e la bianca freccia, dritto dritto verso un ravvicinato futuro impregnato dei sapori memoriali dell’antico paese di Fossa; sapore dal retrogusto amaro, invece, in quella raddoppiata tavola imbandita, con le sue posate da dessert pronte per tagliare la vistosa e ipercolorata torta, quasi controcanto visuale dell’esangue volumetria geometrica di biancastre macerie.
La precarietà e l’instabilità formale di un’inclinata installazione dove in superficie affiora ancora una tavola, apparecchiata questa volta con oggetti-reperti congelati e imbalsamati in una frazione di secondo da polvere su polvere (Ciuffetelli), trova un contrapposto rifugio energetico nella mitica, possente, anche se arrugginita spada, infilzata in una malleabile roccia (Battiloro).
Non poteva mancare, in una rassegna che sia in sintonia con l’interdisciplinare linguaggio dell’arte visiva contemporanea, la componente espressiva performativa. Nel caso specifico garantita dalle azioni Perdonare è dimenticare di Rossella Piergallini e Remembering a beginning di Cervo Zoppo. Impostate dai due performer su modelli relazionali posti agli antipodi: recitativo e dinamico quello della prima, con il reading tratto da Il grande conflitto di Bert Hellinger e la sincronica realizzazione di un dittico a rilievo generato da un “collage aereo”; silente e ritualizzato l’altro, con un’ancóra profumata pagnotta recante la sovrascritta “memoria”. Calata poi in una buca dove i presenti avevano gettato – prima di esser ricoperta con terra – i pezzetti di altro pane distribuito dall’officiante seduto su uno sgabello.
d. SEMI BLU – Giulia Napoleone semina Bellezza a favore del MuBAq: la mostra personale e la contestuale presentazione del post-catalogo della I Edizione di Seminiamo Arte (2021)
A volte, anche una sola opera d’arte degna di tal nome ed allorché venga esposta al pubblico, può costituire una “mostra personale”. Mostra di gran rilievo culturale qual è stata quella allestita all’interno del MuBAq, con i suoi dipinti Semi blu donati allo stesso dalla storicizzata artista Giulia Napoleone. Abruzzese per nascita, ma di formazione italiana ed europea, in queste opere continua a scandagliare senza sosta – con la calviniana leggerezza della sua astraente inventiva – le infinite gamme cromatiche di oceanici azzurri e di cieli senza fine, spesso traforati spazialmente da una costellazione di piccolissimi buchi, dentro ognuno dei quali possono riporsi, a mo’ di un prezioso scrigno, sogni su sogni e speranze su speranze.
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La contestuale presentazione del voluminoso post-catalogo della I edizione di “Seminiamo Arte” (garantita dal sostegno finanziario del Comune di Ravenna opportunamente sensibilizzato dall’Accademia di Belle Arti della stessa città), evidenziava, grazie anche alla riportata documentazione dei nomi e delle foto riguardanti le famiglie ospitanti nel loro giardino le opere esposte, la strettissima “intesa esistenziale” instauratasi tra gli artisti, gli altri protagonisti ed i terremotati fossolani, bambini e ragazzini inclusi, molti dei quali “germogliati” nel Villaggio di S. Lorenzo.
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