Siamo come gocce dello stesso oceano e le nostre vite sono foglie che volano via al vento per fare spazio ad altre foglie

di Roberta Semeraro

Conexión non è solo un progetto di architettura d’interni realizzato da LiLeón per la chiesa anglicana di St. George’s, ma anche un esempio concreto, dove l’architettura favorisce le condizioni di convivenza tra gli  individui nello spazio comune. Non a caso la chiesa anglicana, è una chiesa di sua natura pluralista, nella quale convivono armonicamente tendenze diverse in materia di culto. In particolare St. George’s, funge da centro spirituale per molte comunità internazionali che vivono a Venezia compresa quella filippina.

Da qualche anno il cappellano della chiesa, reverendo Malcolm Bradshaw, ha intrapreso una politica di apertura culturale verso la città, ospitando nella chiesa i concerti di musica barocca veneziana, dell’associazione Venice Music Project dando così un ulteriore impulso alle attività che si svolgono a St.George’s. Conexión che integra il linguaggio dell’arte nell’architettura d’interni, ha trovato la sua perfetta collocazione nella chiesa anglicana di San Vio, proprio perché quest’ultima si presenta come uno spazio collettivo, vivo e permeabile alle espressioni delle arti. La musica per l’architetto León personaggio poliedrico nei linguaggi creativi (ha scritto anche testi per la musica!) , è un elemento importante per la vita collettiva così come lo è tradizionalmente per gran parte del popolo dominicano.

Secondo la sua visione, la pacifica convivenza tra gli uomini si realizza quando si connettono gli uni agli altri: «Scoprire la correlazione tra scienza, natura e spiritualità, rivelando il legame tra l’intangibile e il visibile. Il mio lavoro ribadisce la consapevolezza di sentirmi il riflesso di una realtà collettiva più ampia rispetto alla personale realtà individuale, rivela che tutti siamo interconnessi come gocce dello stesso oceano…».

Partendo da questa visione, l’architetto ha progettato uno spazio collettivo semplice nella struttura e organico nella forma, uno spazio funzionale e affettivo nel contempo, nel quale tutti coloro che frequentano la chiesa di St. George’s, possano riconoscersi al di là dei loro diversi paesi di provenienza.

L’intervento di interior design, è stato volutamente circoscritto alla navata che è l’area collettiva della chiesa, andando a creare oltre alle due ali laterali con i pannelli (LiLeón’s Garden), due spazi simmetrici e funzionali al deposito degli arredi non fissi e dei materiali che non fanno parte dell’apparato decorativo e che vengono utilizzati per le attività che si svolgono nella chiesa. I pannelli inoltre vanno a coprire i vecchi radiatori in ghisa, che interferivano con l’arredo sacro.

L’interno della chiesa, che nella zona bassa presentava una condizione di luce fioca e disarticolata, dovuta essenzialmente ai punti luce di vecchie appliques vintage perimetrali, distribuite lungo la navata sotto le grandi finestre, grazie alle due ali composte dai pannelli laterali retroilluminati, diviene uno spazio illuminato di luce omogenea e splendente nelle tonalità calde dei pannelli.

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L’attenzione verso l’ideale di bellezza decadente WABI SABI ha portato LiLeón a concepire lo spazio della navata, come se fosse una sorta di giardino autunnale, con foglie cadenti che vanno a ricoprire tutte insieme la terra, vestendola di un morbido manto color oro o che al contrario s’innalzano verso la volta. Le foglie nelle loro tonalità marrone e giallo ocra, si connettono ai colori degli arredi sacri e nello specifico alla preziosa cornice settecentesca della pala dell’altare.

La disposizione longitudinale dei pannelli, si connette con l’impianto della navata nella quale si susseguono le vetrate dedicate ai celebri inglesi residenti a Venezia, tra i quali J. Ruskin che fu il primo a teorizzare nell’architettura un ideale di bellezza decadente.

Il disegno creato sui pannelli semitrasparenti, si compone di molteplici frammenti di foglie di tabacco lasciate ad essiccare dall’architetto León, in alcuni esperimenti dedicati alla trasformazione dei materiali adoperati nei suoi lavori. Le foglie di tabacco stesse, si connettono con il paesaggio caraibico e con le antiche tradizioni di coltivazione e lavorazione del tabacco nella sua terra.

Siamo come gocce dello stesso oceano e le nostre vite sono foglie che volano via al vento per fare spazio ad altre foglie.

Questa visione cosmica dove il movimento ciclico discendente/ascendente delle foglie connette la dimensione terrena a quella spirituale, spinge le comunità ad avere un maggiore senso di responsabilità verso gli spazi collettivi, preservandoli per le generazioni che verranno. E non solo; il disegno organico composto dai frammenti delle foglie che mostrano la trama stessa della materia, rimanda all’idea dell’umanità, come ad un unico organismo vivente di cui gli uomini sono le infinite particelle in perenne moto trasmigratorio. I visitatori e le comunità che svolgono abitualmente le loro attività nella chiesa, ritrovandosi immersi nel giardino di LiLeón, hanno avuto quella fondamentale consapevolezza di essere connessi gli uni agli altri che è alla base di ogni possibile convivenza tra gli individui.

La bellezza salverà il mondo, e l’architettura deve creare bellezza ispirandosi alla natura.

Uno spazio collettivo concepito secondo i criteri della bellezza, continuerà a richiamare a sé gli uomini, li farà sentire e stare bene, alimentando in loro il desiderio di condividere attività creative quali la musica e il canto.

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MANIFESTO

Le domande possono essere risposte…

Il Gruppo Manifesto si è formato all’interno del Collettivo Curatori della Biennale di Venezia 2021 sulla proposta del Padiglione della Repubblica Dominicana e della sua curatrice Roberta Semeraro, di lasciare una testimonianza scritta dei tempi della pandemia e dell’esperienza vissuta dai curatori di questa speciale edizione della Biennale di Venezia, che li ha visti affrontare sfide difficili come il distanziamento sociale e la chiusura dei confini politici.

Invitati a rispondere alla domanda posta nel titolo della Biennale “How will we live together?” i curatori si sono trovati invece, nell’impossibilità di condividere insieme qualsiasi spazio fisico. Ed è così che è diventata sempre più forte in loro, il desiderio di stare insieme incontrandosi periodicamente in zoom.

Il Manifesto che all’inizio doveva essere composto di risposte ad una selezione di domande formulate dai curatori, su iniziativa dei partecipanti coreani ed in via sperimentale, è divenuto un documento composto da domande di diverso genere che spaziano dall’architettura a temi più esistenziali, per evidenziare che in tempi di gravi incertezze come quelli che stiamo vivendo, le domande rispecchiano più fedelmente la realtà delle risposte.

Le numerose domande raccolte dai curatori nell’arco di questi mesi tra i membri del CC e i loro collaboratori e partecipanti alla Biennale, oltre ad aprire diverse e nuove prospettive, sono diventate materia viva che può essere utilizzata, aggiunta, curata o costruita per generare altre forme di manifesti. I lavori fin’ora realizzati con le domande raccolte, sono stati pubblicati in una mostra virtuale nel sito del CC al link http://curatorscollective.org/manifesto/ dove è stata inserita la documentazione

completa di come si è generato ed evoluto il Manifesto.

Il Padiglione della Repubblica Dominicana ha dato forma al manifesto in un disegno intitolato “Scuola di Venezia”, realizzato da Maria Vittoria Salini, che riprende in chiave ironica il celebre dipinto della Scuola di Atene di Raffaello, opera capitale della storia dell’arte poiché considerata il Manifesto del Rinascimento. Nel disegno alcuni dei 58 filosofi rappresentati nel dipinto, sono stati sostituiti con i volti dei curatori di questa Biennale. In particolare nei panni di Platone è rappresentato il curatore Hashmin Sarkis con il dito rivolto verso l’alto che si domanda come vivremo insieme, mentre accanto a lui il presidente Roberto Cicutto nei panni di Aristotele, lo invita a ritornare dal mondo delle idee alla realtà. Nel disegno sono state trascritte alcune delle domande collezionate dai curatori del Gruppo Manifesto. Il disegno è stato donato alla Fondazione della Biennale in ricordo di questa speciale edizione.

Il Gruppo Manifesto Collettivo dei Curatori è composto da: Wael Al Awar / Curatore Emirati Arabi Uniti , Carlos Alberto Maciel / Curatore Brasile, Maurizio Carta / Italia, Manuel Casiano / Perù, Jesus D’Alessandro / Repubblica Dominicana, Felipe Ferrer / Curatore Perù, Lidia Leon Cabral / Repubblica Dominicana, Orisell Medina-Lagrange / Repubblica Dominicana, Mercante di Madehaa / Pakistan, Annie Pedret / Corea, Roberta Semeraro / Curatrice Repubblica Dominicana, Christian Schweitzer / Corea, Ryul Song / Corea, Julia Vicioso / Repubblica Dominicana

Membri in visita: Ji-Yoon Ahn / Corea, Shiren Marcia / Singapore, Alex Martinez Suarez / Repubblica Dominicana, Alessandro Melis / Curatore Italia, Tomohisa Miyauchi / Curatore

Singapore, Mary Ann Ng / Singapore, Iris Peynado / Commissario Repubblica Dominicana, Costanza Salini / Repubblica Dominicana, Haewon Shin / Curatore Corea, Kenichi Teramoto / Curatore Emirati Arabi Uniti.

Con ulteriori contributi di: Svetlana Perovic / Curatrice Montenegro, Bruno Santa Cecilia / Curatore Brasile

Manifesto in evoluzione: Mercante di Madehaa / Pakistan, Felipe Ferrer / Curatore Perù, Manuel Casiano / Perù, Concept di CC Manifesto Group INFO: vb2021cc@gmail.com