Era l’estate del 2013, allorché con la messa online del primo numero di questo trimestrale, nell’Editoriale veniva scritto tra l’altro: «ZRAlt! ovvero “Zona Rossa Alt!” (traducibile con il semi-acronimo RZAlt!, “Red Zone Alt!”). I drammi, anzi le tragedie che stanno dietro quel divieto, sono state amaramente sperimentate in tutto il mondo da milioni e milioni di persone. A causa di catastrofi naturali, ambientali, civili (guerre, fame ed epidemie) e, soprattutto, psichiche.

Paura, smarrimento e la martellante domanda del “quando sarà tolta quella maledetta scritta-icona?” costituiscono gli ingredienti principali di equilibri individuali o collettivi bruscamente interrotti il più delle volte in una manciata di secondi. […] Come reagire, o meglio, come hanno reagito i singoli e intere comunità alla devastazione esistenziale subita con l’inesorabile conta di morti, feriti, distruzione di villaggi, quartieri, se non intere città (Lisbona e Messina nel più lontano passato, L’Aquila nell’aprile del 2009)? Non sarà stato un caso se alcune delle prime medicine somministrate o autosomministrate per lenire almeno, dolori su dolori, siano state e continueranno ad essere di matrice spirituale (religiosa o creativa, in particolare). ZRAlt!: la creatività a 360 gradi versus, contro smarrimento e morte. Quale sorgiva, e perché no, catartica reazione allo sfacelo psichico-fisico da cui singoli e comunità sono attorniati. Per esser più precisi: circondati ed assediati».

Nel festeggiabile giro di boa dell’ottavo anno della sua digitale esistenza, lo scenario catastrofico evocato più sopra, ha nel frattempo dato il peggio del peggio di sé con l’irrefrenabile degenerazione climatica causata dalle crescenti emissioni di CO2 nell’avvelenata atmosfera terrestre e conseguente innalzamento delle mortifere temperature. Il concomitante “avvento” – non già d’una normale “epidemia” com’era stato riduttivamente scritto nella citazione  –  bensì nella “pandemica” deflagrazione cosmica del pestifero Coronavirus e delle sue continue metamorfosi. Tese a garantire la sua sopravvivenza, ma non quella degli umani falcidiati a suon di milioni in tutto il mondo nel giro di un paio d’anni. Mentre la scienza medica sta tentando, con un certo successo, di arginare al meglio l’apocalittica situazione con la scoperta d’immunizzanti vaccini e medicinali ad hoc, stuole di negazionisti-terrapiattisti invocano un loro presunto, sacrale diritto soggettivo a rifiutare qualsiasi imposizione sociale finalizzata a prevenire e contrastare (vaccino, mascherina, distanziamento sociale, green pass) l’irrefrenabile circolazione virale, trasformandosi così in potenziali neo-untori in libera circolazione. Se la dostoevskijana Bellezza dovrebbe riuscire a salvare il mondo, è indubbiamente la creatività fonte della stessa. Con rinfrescante acqua sorgiva, anche se amarissima nell’epoca del reclusorio lockdown. Rintracciamone la valenza nei testi dei firmatari di questo 33esimo numero.

Il beneagurante avvio è affidato alla pungente, irriverente penna di Pino Bertelli nel suo Margaret Bourke-White. Sulla fotografia della tirannia nazista. L’autore, toscanaccio sì – ma ecumenico reporter sans frontières – prima di entrare da par suo nel merito della poetica dipinge, con marcate pennellate situazioniste, lo sfondo ideologico in cui la fotografa americana ha scattato i suoi clic anche nell’inferno d’un campo di sterminio nazista come Buchenwald:«[…]  La Bourke-White estrapola l’essenza della morte, non la compiace… non esagera la sofferenza, l’accoglie nell’indeterminatezza di una fotografia di forte presa del reale, ma la contiene in una finitudine antropologica che ne detta la tragicità […] costruisce una situazione provocatoria, fissa nella fotocamera l’innocenza di un’umanità straziata, che rivendica il giudizio sui suoi assassini».

A riprova di queste puntuali notazioni, si suggerisce di guardare con la dovuta attenzione il portfolio proposto nell’apporto multimediale, ove è presente anche una delle ultime, toccante immagini di Gandhi prima di essere assassinato.

L’intricato “sentiero letterario” è abbordato da Marco Palladini con il racconto La reporter e Eva Rachele Grassi Dai mondi-brane… le eutopie di una nomade quantica proposto anche nella sua versione in lingua francese.

Marco Palladini, aduso a giocare con disinvolte manipolazioni semantiche protese a energizzare questa o quella frase d’una più che scorrevole scrittura dai decisi tratti fabulatori, s’inoltra nel malconcio mondo giornalistico cartaceo, facendo muovere a piacimento dentro la redazione o nei pressi della potenziale inchiesta-scoop, la protagonista Gianna V. Già l’enfasi posta nel titolo declinando al femminile reporter con “la”, preannuncia l’ingombrante presenza di una donna male apostrofata tra gli sboccacciati, invidiosi colleghi d’una professione in forte declino, anche sotto l’angolazione deontologica. Ma Gianna V., pur non ignorando tutte le contraddizioni ed i pericoli corsi personalmente nell’intervistare tipacci mafiosi («si ritrovò le mani dello Scaramuzzi addosso, sul busto, sulle braccia, sulle cosce, sul culo. Temette che stesse per violentarla. Invece, l’uomo si staccò da lei con un sorriso mefistofelico»), non demorde e, nonostante le avversità:« il lavoro di reporter era ciò che voleva e che, per lei, era giusto fare. Si sentì a quel punto rasserenata, quasi completamente rilassata».

Per chi come Eva Rachele Grassi ha convissuto per un trentennio e da protagonista con le ricerche neo-avanguardistiche parigine, la scrittura, fortemente imbevuta di connotati filosofici e scientifici del pensiero contemporaneo, diventa pre/testo, o meglio, spartito testuale. Pagina-spartito su cui distribuire le parole come fossero note musicali, spezzettando spesso la loro compattezza lessicale per moltiplicare il senso ad una prosa metamorfizzata in ritmica, anche se celata poesia:

«Ma… con la certezza dell’im-probabile… la sete di una realtà eccedente, / il soffio di una sottilità immensa…dolci e brutali… / mi preparo a s-rotolare la vertigine disincantata».

Roberta Semeraro, curatrice del Padiglione della Repubblica domenicana alla recente  XVII Biennale di Architettura, descrive la genesi del progetto “Connection” elaborato e realizzato dall’architetto LiLeón per la chiesa anglicana di St. George’s a Venezia. La quale ha rimodulato, con il suo intervento di interior design nella navata: «uno spazio collettivo semplice nella struttura. Il disegno creato sui pannelli semitrasparenti, si compone di molteplici frammenti di foglie di tabacco lasciate ad essiccare dall’architetto León, in alcuni esperimenti dedicati alla trasformazione dei materiali adoperati nei suoi lavori. Le foglie di tabacco stesse, si connettono con il paesaggio caraibico e con le antiche tradizioni di coltivazione e lavorazione del tabacco nella sua terra». Sempre l’autrice, è stata poi parte attiva per la nascita del “Gruppo Manifesto” che «si è formato all’interno del Collettivo Curatori della Biennale di Venezia 2021 sulla proposta del Padiglione della Repubblica Dominicana e della sua curatrice Roberta Semeraro, di lasciare una testimonianza scritta dei tempi della pandemia e dell’esperienza vissuta dai curatori di questa speciale edizione della Biennale di Venezia, che li ha visti affrontare sfide difficili come il distanziamento sociale e la chiusura dei confini politici». Si legga, in proposito, il Manifesto poi redatto ed ora pubblicato a margine del suo testo.

I tre interventi sulle più vitali ricerche d’avanguardia della seconda metà del Novecento e su alcune  Rassegne d’arte contemporanea tenute in Abruzzo queste estate, chiariscono più di un aspetto dei prolungati orizzonti estetici di un’arte che sia ben sintonizzabile con l’accelerato  passo formale-linguistico del proprio tempo. Ci riferiamo a Lunga vita al grande Maestro dell’avanguardia Sylvano Bussotti con le sue Arti Belle di Enrico Sconci, Paso doble di Pietro Gaglianò e Come e dove “Seminare Arte” con le soglie musive dell’antinciampo creativo di Antonio Gasbarrini.

Enrico Sconci, nel ripercorrere gli esaltanti momenti magici vissuti nella città dell’Aquila grazie alla presenza per vari anni  – per il tramite dell’Accademia di Belle Arti dove ha insegnato  –  di un “artistar” ante litteram qual è stato Sylvano Bussotti (appena scomparso), nonché degno compagno di strada di altri docenti che hanno segnato la storia della cultura letteraria, visiva, teatrale …. italiana (Carmelo Bene, Mario Ceroli, Alberto Arbasino, Enrico Castellani, Gino Marotta, Pino Zac, Antonio Calenda e così via), mette ben in evidenza lo stretto rapporto esistito tra la qualità didattica dei vari corsi ed i copiosi frutti raccolti dagli studenti (Sconci compreso):«Con il corso di Sylvano Bussotti nell’Accademia aquilana si stabiliva una connessione con l’avanguardia teatrale musicale, relazionando l’arte con la vita».

Pietro Gaglianò, nella sua duplice veste gianica di curatore e critico d’arte, ha proposto un’originale lettura trasversale della collezione d’arte Fondazione Malvina Menegaz a Castelbasso in provincia  di Teramo – paese natio del suo promotore Osvaldo Menegaz – mediante la trainante metafora del “danzante” Paso doble. Ove la genitrice lotta mortale tra matador e toro è stata trascesa  nell’analoga situazione ingaggiata dall’artista con la propria opera. O, com’è avvenuto proprio a Castelbasso, nello storicizzante riallestimento dell’intera collezione imperniata su opere d’arte moderna e contemporanea coprenti temporalmente le ricerche dell’ultimo secolo. Con in più:«Corpo centrale di Paso doble sono i progetti speciali: a otto tra artisti e artiste, già presenti nella collezione della fondazione con una o più opere, è stato chiesto di avviare un dialogo, un confronto, una danza a due con un’altra persona, da loro invitata, portatrice di una diversa visione creativa».

Antonio Gasbarrini, nel rendere partecipi i lettori della tenuta rassegna interdisciplinare SEMINIAMO ARTE snodata tra le persistenti macerie di un piccolo comune terremotato dell’aquilano (Fossa), sottolinea in modo particolare come l’apparente non comunicabilità d’un’ “arte del tutto incomprensibile” per i comuni mortali, possa essere ben superata con il fattivo coinvolgimento dei fruitori. Com’è  realmente avvenuto gettando i suoi fertili semi a pieni mani tra le casette postsismiche del Borgo di S. Lorenzo. Sia collocandovi sculture e installazioni di una trentina di artisti italiani e stranieri, che proponendo nel Museo dei Bambini (MuBAq) – qui sorto nel 2015 grazie a generosi sostegni solidali – varie iniziative, quali il temporaneo laboratorio di mosaico ove sono state realizzate le progettate dodici soglie dell’ “antinciampo creativo”. Posizionabili, poi, davanti ad altrettante abitazioni a suggello memoriale di quanto avvenuto tra due tragici eventi catastrofici (sisma + pandemia) apparentemente non omologabili, ma sostanzialmente riscattati dall’innocenza di un’arte ch’è sempre da reinventare. Anche dislocando alcune opere nel vicino, quattrocentesco convento di S. Angelo d’Ocre, facendole interagire con un reading di poesie e un concerto con arpa.

Roberto Soldati, in Amarcord: L’officina della luce con Emanuele Piccirilli & Pino Zac ci restituisce, integra, la salubre atmosfera inventiva che contraddistingueva la produzione filmica nei primi decenni della seconda metà del secolo scorso. Personalmente coinvolto in più occasioni da Pino Zac e il suo assistente Emanuele Piccirilli docenti alla frequentata Accademia di Belle Arti dell’Aquila, l’autore ripercorre con una colloquiale prosa, i “passi perduti” di un mondo in cui anche le animazioni e gli effetti speciali erano fortemente condizionati dalla tecnologia analogica disponibile (pellicole incluse). Sicché, per realizzare il lungometraggio animato “Il Cavaliere inesistente” – riproposto nell’apporto multimediale al testo – sull’omonimo libro di Italo Calvino con Zac  regista e Piccirilli direttore della fotografia: «In questo film fu utilizzato, per la prima volta in Italia, l’innovativa tecnica del Front-procession che serviva a far interagire i disegni con gli attori».

INDICE BINARIO

Fotografia

Pino Bertelli  Margaret Bourke-White. Sulla fotografia della tirannia nazista
1 Portfolio

Architettura

Roberta Semeraro Il Padiglione República Dominicana alla XVII Biennale di Architettura di Venezia (Conexión by LiLeón)
Slides + 1 video

Letteratura

Marco Palladini  La reporter (Racconto)
Slides

Eva Rachele Grassi  Dai mondi-brane… le eutopie di una nomade quantica
1 video

Arte

Pietro Gaglianò  Paso doble
Slides + 1 video

Enrico Sconci  Lunga vita al grande Maestro dell’avanguardia Sylvano Bussotti con le sue Arti Belle
Slides + 1 video

Antonio Gasbarrini  Come e dove “Seminare Arte” con le soglie musive dell’antinciampo creativo
Vari  Reportage + 1 video

Cinema

Roberto Soldati  Amarcord: l’ officina della luce, con Emanuele Piccirilli & Pino Zac
Slides + 1 video

ALCUNI  TITOLI DEL PROSSIMO NUMERO 34 DI ZRAlt!

Pino Bertelli  Maledetto Toscani

Antonio Gasbarrini  La teatralizzata avanguardia performativa di Fabio Mauri

Francesco Correggia  Cultura ed etica nell’arte contemporanea

Anna Maria Giancarli  La poeta cilena Carmen Yáñez ospite d’onore della XXesima edizione del

Premio Letterario Internazionale “Laudomia Bonanni”

Antonio Zimarino  L’arte contemporanea e la provincia infinita

Paolo Rico Il doculibro di Gabriele Lucci “Biografia di un desiderio” e l’avvenuto assassinio all’Aquila dell’Accademia dell’Immagine