Aver varato il n. 30 di ZRAlt!, mentre la catastrofe pandemica continua a mietere in tutto il mondo milioni di vittime, non è cosa da poco. Sopratutto se si voglia considerare che la malattia da Covid-19 e le  sue varianti, sfociata spesso in atroce morte, pesa minacciosa come una spada di Damocle sulla testa di ognuno di noi. Con le conseguenti cadute negative d’ordine psicologico, aggravate dalle inedite modalità della convivenza familiare e sociale stravolta dalle reclusorie regole del lockdown, nonché mortificata dal separante distanziamento sociale.

Si aggiunga, a questo fosco scenario, la sostanziale imbalsamazione delle pratiche analogiche legate alla fisicità molecolare, atomica e subatomica di persone e cose, con la loro evaporazione e conseguente trasmutazione digitale. Ma quel che è peggio – non se ne dibatte minimamente – è la totale sopraffazione della “lingua infodemica” su quella normale, con conseguente appiattimento sia delle informazioni mediatiche in merito alla dinamica pestifera, che del sostanziale impoverimento della lingua “ex ante virus”.

A fronte di una lingua italiana comprendente nei dizionari circa 160.000 vocaboli, la comunicazione basica, studiata a suo tempo da Tullio De Mauro, è attestata sui 7.000.

L’infodemia in atto sta sovrapponendo alla stessa i suoi monocordi, riduzionisti paradigmi scientifici divulgati dagli addetti ai lavori e per lo più mal rimasticati da molti pappagalli, alla più esuberante “prosa umanistica” a cui eravamo, almeno in buona parte, abituati.

Questo negativo aspetto era stato già sottolineato da George Steiner allorché rilevava, nella sua rilettura della filosofia heideggeriana:« […] Il discorso quotidiano di un’innumerevole quantità di uomini e donne, dei giovani, quello dell’assordante blaterare dei media si traduce in gergo minimalista. Tutto ciò che qui sto tentando di dire è espresso in modo lapidario nell’appello di Celan per una lingua “a nord del futuro”. Benché sentisse anche lui, che aveva forzato il linguaggio fino al preciso limite dell’indicibile, che era ormai forse già troppo tardi. La Sprache, il Logos era degenerata in Prosa che, a sua volta, si era corrotta in Gerede, in chiacchiera».

Chiacchiere parascientifiche diventate il nostro pane quotidiano sia nella fase della ricezione mediatica che della comunicazione intersoggettiva, a cui ZRAlt! cerca di contrapporre la sua barra dritta interdisciplinare puntando almeno ad un avvicinamento all’agognata lingua celaniana posta a quell’irraggiungibile, forse utopico “a nord del futuro”.

Un futuro presentificato anche in questo numero con gli apporti testuali e multimediali intercettanti la salvifica direzione spaziotemporale con i promettenti ed innovativi bagliori creativi riscontrabili in ambito artistico, cinematografico, fotografico e letterario.

A cominciare da Pino Bertelli, il quale nella recensione filmografica Mank (2020) di David Fincher spazia in lungo e in largo – grazie alla sua profonda conoscenza anche storica della “macchina/cinema” – all’interno dei degenerati meccanismi delle produzioni hollywoodiane. “Sistemate”, non solo ideologicamente, con la sua franca prosa pamphlettistica, demolitrice d’uno steoreotipato  universo filmico che poco ha da spartire con una “Settima arte” autentica, così com’è avvenuto per il mitico “Quarto Potere” di Orson Welles. E:«Il film di Fincher è una sorta di mosaico elegiaco… i caimani dell’industria dell’illusione ci sono tutti… […] concorrono alla riuscita di un film improntato sui canoni-Netflix… restituisce bene l’atmosfera d’un tempo dove gli dèi del cinema facevano rimpiangere la Colt 45 di Calamity Jane…».

Roberta Semeraro, nella sua intelligente intervista La fotografia umanistica di Costanza Salini, ci aggiorna sulle emergenti modalità espressive del linguaggio visivo contemporaneo. Molto attento, nella Salini, alle sue implicazioni non solo estetiche, ma socio-antropologiche, dato il suo strettissimo rapporto empatico instaurato con il soggetto di volta in volta ritratto: «La mia fotografia è dedicata ai ritratti intimi, alle storie delle persone, ad affermare la diversità. Non come elemento di separazione, ma come elemento di condivisione. Nei miei progetti ho affrontato temi come la disabilità, la rappresentazione del corpo e la libera espressione di genere, temi a me molto cari, poiché questi argomenti necessitano ancora di essere ampiamente discussi, per promuovere l’accettazione e la normalizzazione».

Qual è la via praticabile per la ricerca d’avanguardia che in questi ultimi decenni ha dimostrato di avere,  a parte qualche perdurante legittimazione, il fiato corto? A questa più che legittima domanda risponde in lingua francese e con relativa traduzione ..Éléments de Dé/com/position… (Elementi di De/composizione), un ampio saggio a quattro mani della più che collaudata coppia artistica di Eva Rachele Grassi ed Ermanno Senatore operante da un paio di decenni nel milieu propulsore della neo-avanguardia parigina. Fondatori del gruppo Extrême Jonction, dalla forte accentuazione neo-situazionista, la cui attività si è contraddistinta, sia sotto l’aspetto espositivo che editoriale (Cahiers Cyberdada), per l’incrocio etico-estetico intermediale e interdisciplinare sotto l’egida dell’emergente lemma “complessità” abbordabile con la pratica della “transdisciplinarità”.

La visionaria, avvolgente scrittura transreale di Luigi Fabio Mastropietro autore del teatralizzabile racconto Ama il demone tuo come te stesso (Atto I) – organicamente meticciato con la colonna sonora originale  God and Demons  di Mari de Jesús Correa e la videoproiezione di alcuni dipinti di Nicola Macolino – ci scaraventa tra le arroventate spire d’un eros bruciacchiato da un maniacale ed inappagato desiderio sessuale sfociato nel miraggio di Lei che «Ora è a un passo da Lui ma la sua immagine fluttuante sembra soffrire di una perdita di segnale, si scompone e si ricompone in frazioni di colore sempre più instabili».

Proprio il “colore digitale”, se vogliamo, è il protagonista indiscusso dei due testi Frammenti estetici nei piani immaginari del tempo di Luciano Romoli e La Digital art, la Kripto art  e la brutta fine di quasi tutte le opere  dematerializzate di Antonio Gasbarrini. Per capire al meglio l’abisso esistente tra la “vulgata” facilona di quella che viene spacciata per “Digital Art”, ma che tale non è, si scorrano le immagini di autentiche opere digitali, quali sono le varie versioni delle Radiazioni cosmiche di fondo, Schiuma quantistica e le altre straordinarie compenetrazioni volumetriche e dinamizzate trasparenze cromatiche ben apprezzabili nella loro videoproiezione, nonché i due suoi video ispirati all’entropia e ad un viaggio immaginario nel tempospazio iperdimensionale. Si rimanda all’attenta lettura del suo chiarificatore testo sui rapporti intercorrenti tra arte e scienza, nonché sulle infinite possibilità creative offerte, qualora si abbia una specifica e non orecchiata competenza, dalle tecnologie informatiche con «la sperimentazione di “algoritmi compositivi”, che ho chiamato eidoalgoritmi».

Quasi a fare da cornice cronachistica sugli esiti più recenti dell’“arte digitale-digitalizzata”, nonché sui suoi riflessi fruitivi della cosiddetta realtà aumentata ed alcune aberranti quotazioni di pseudo opere nell’emergente, criptico mercato dell’arte, Antonio Gasbarrini ripropone un suo saggio teoretico sull’arte digitale scritto più o meno ai suoi albori, rilevando che «Il rivoluzionamento nel frattempo verificatosi nell’etereo universo digitale, in cui i computer quantistici faranno fare un ulteriore balzo in avanti all’attuale velocità di elaborazione dei dati, non dovrebbe inficiare più di tanto la tesi di fondo qui sostenuta: non confondere, cioè, l’Arte analogica con l’A maiuscola, con la tanta “similarte” digitale in circolazione. A parte le debite eccezioni».

Sono poi i due interventi  Scrittura e azione: l’alchimia epigenetica nella poesia performativa di Giovanni Fontana e “LEI”. Realtà, sogno, ricordo di Marco Fioramanti, ad annodare molteplici suggestioni performative sia in ambito poetico-visuale (Fontana) che teatrale-installativo (Fioramanti).

Gesto, voce, tecnologia informatica sono perfettamente fusi nella modernizzata poesia epigenetica  “altra” fontaniana. Non solo ripercorsa, nel suo rigoroso testo,  attraverso la rivisitazione storiografica ermeneutica dei principali protagonisti e Movimenti che nel Novecento hanno sovvertito i canoni della muta poesia scritta su una superficie bidimensionale, ma indicando le principali caratteristiche delle modalità performative in cui la voce è sostanzialmente il medium principale di ogni esibizione poliartistica:«È la voce che sostiene il testo, ma che può anche abbandonarlo temporaneamente, dissolverlo nello spazio, zittirlo, o scomporlo in gruppi di fonemi, in frammenti infinitesimali di corpi sonori, in “particulae” volanti, in germi temporali, in pure vibrazioni capaci di riorganizzarsi attorno a un concetto, un’idea, con un gesto poetico supplementare, in una sorta di corpo glorioso, che diventa corpo di poesia».

Anche le modalità drammaturgiche di Marco Fioramanti – sperimentate personalmente con la regia  dello spettacolo teatrale “LEI”, Realtà, sogno,  ricordo, tratto dal romanzo paterno LEI. Leggenda d’amore e di Guerra – travalicano i canoni tradizionali recitativi d’un sipario tradizionale mandato ora in soffitta: «L’impianto drammaturgico, che ha come perno centrale il ruolo di Lei, è stato da me progettato – ed equamente diviso – in sei differenti chiavi interpretative, di cui tre attoriali e tre performative. Nelle mie drammaturgie le varie discipline si fondono con il teatro recitativo: gli attori interagiscono con il pubblico (spesso seduto tutt’intorno alla scena) e questa scelta sinestetica permette a quest’ultimo di condividere e percepire ogni singola emozione». Le foto di scena di Paola Spinelli e  la video-intervista a Fioramanti sulla sua installazione dell’abbattuto aereo da combattimento CR42 “Falco” riproposta con l’immagine inserita nel paginone, ne rendono ben conto

INDICE BINARIO

Cinema 

Pino Bertelli  Mank (2020) di David Fincher
Slides

Letteratura

Luigi Fabio Mastropietro Ama il demone tuo come te stesso (Atto I)
1 Portfolio + 1 soundtrack

Fotografia

Roberta Semeraro La fotografia umanistica di Costanza Salini (intervista)
1 Portfolio + 2 video

Arte

Luciano Romoli Frammenti estetici nei piani immaginari del tempo
1 Portfolio + 2 video

Giovanni Fontana Scrittura e azione: l’alchimia epigenetica nella poesia performativa
1 Porfolio + 1 video

Marco Fioramanti “LEI”,  Realtà, sogno, ricordo
1 Portfolio + 2 links video

Eva Rachele Grassi – Ermanno Senatore …Éléments de Dé/com/position… À la recherche du réel caché…
2 video

Antonio Gasbarrini La Digital art, la Kripto art  e la brutta fine di quasi tutte le opere de materializzate
Slides + 2 video

I  TITOLI DEL PROSSIMO NUMERO 31 DI ZRAlt!

Pino Bertelli  Francesca Grispello. Sulle fotoscritture del corpo come anima in amore e  l’iconografia della seduzione come fragilità della bellezza

 Matteo D’Ambrosio Note per il poema parolibero Piedigrotta di Francesco Cangiullo

Giuseppe Siano  Le avanguardie storiche dell’arte e il nuovo racconto del “rappresentare”.                             Tra storia e post-storia

Francesco Correggia  Il linguaggio e l’altro nell’era digitale

Anna Maria Giancarli  Segreta  poesia di lotta / fiorisce tra donne afgane in ribellione

Luigi Fabio Mastropietro Ama il demone tuo come te stesso (Seconda parte)

Marco Palladini Dialogo senza certezze su “l’amor che move il sole e l’altre stelle”

Antonio Gasbarrini Per un IDENTIkit della visionarietà transrealista