Quando si denuncia a gran voce che non c’è un Museo Nazionale della Moda in Italia, i più rimangono sorpresi, stupiti
di Alessandra Carducci
Durante un incontro sulla moda, si è fatto cenno alla prossima mostra che è in programma al Metropolitan. Le città della moda come New York, Londra, Parigi, Kyoto, ma anche le nuove metropoli che si sono aperte a questo mondo, come Anversa, hanno un calendario programmato di eventi ad essa dedicati, ma, soprattutto, si sono dotate di un Museo Nazionale della Moda.
Il Costume Institute presente al Met di New York è stato fondato nel 1937. Il suo originario aspetto, d’un semplice contenitore di costumi, è stato completamente rivoluzionato e reso vivo con la direzione e le mostre di Diana Vreeland. Nel 2014 la presenza della moda è stata definitivamente istituzionalizzata con l’apertura del ‘The Anna Wintour Costume Centre’.
Il Victoria and Albert Museum già dalla fine dell’800 ha dato spazio agli abiti,
ma solo dopo la mostra di Cecil Beaton, A Lady of Fashion, si è arricchito di elementi sempre più contemporanei, con l’attivazione di mostre sia monografiche, sia su fenomeni di stile e cultura.
Parigi ha il Palais Gallerie, Musée de la Mode de la Ville, famoso per la sua attività di diffusione del valore e della conoscenza dei vari couturiers francesi. In Francia la moda è considerata come fondamentale espressione nazionale; per questo motivo vengono organizzate molte mostre, soprattutto dedicate all’haute couture vista come arte e industria al tempo stesso.
Il Kyoto Costume Institute è un altro luogo fondamentale per la cultura e l’esposizione di moda. In Giappone le mostre ad essa dedicate riescono ad arginare i pregiudizi che la stessa, per essere degna dell’appellativo culturale, debba elevarsi ad arte, e che il consumo non abbia a che fare con la cultura.
Infine, anche le nuove realtà che si sono o si stanno aprendo al mondo della moda, hanno un museo e una programmazione di mostre dedicate al fashion. La città belga di Anversa è uno dei centri più importanti per la formazione, e, al Mode Museum si sperimenta la contaminazione con l’industria della moda, si valorizza la creatività e si svolgono mostre ogni sei mesi. Ma non si può parlare di moda senza pensare all’Italia, alle sue varie realtà e al contributo che il nostro Paese ha dato alla costruzione della storia e della cultura del costume e della moda, non solo nazionale ma anche internazionale. È dai tempi del Rinascimento che l’Italia è presente su questo scenario con le sue idee, gusti e influenze. Nonostante ciò, nonostante che sia uno dei settori più importanti della nostra economia, essa continua a non avere quel riconoscimento, quella importanza che invece in altri Paesi ha; questa negativa situazione è dimostrata dal fatto che non c’è un calendario programmato di mostre dedicate al settore, ma soprattutto che non è stato varato ancora un Museo Nazionale della Moda.
Possiamo provare ad immaginare quale siano i motivi di questa grave lacuna: primo tra tutti, la scarsa attenzione prestata dalle Istituzioni. Solo all’86° edizione del Pitti Uomo, una delle fiere più importanti a livello internazionale dedicate alla moda maschile, ha preso parte, per la prima volta, un esponente governativo. Solo un anno fa il Ministro della Cultura ha istituito una commissione di esperti per avviare un’analisi sul settore e individuare un possibile luogo dove poter far nascere il Museo Nazionale. Questo, di per sé, dovrebbe già far capire come le Istituzioni siano state, sostanzialmente, sempre latitanti in merito.
Un’altra ragione si potrebbe ritrovare nella frammentarietà delle diverse realtà che hanno a che fare con la moda. Milano è una delle città della moda: qui è nato il prêt-a-porter, qui si svolgono le fashion week, ed è qui che è concentrata una buona parte della moda italiana. Ma non è solo il capoluogo lombardo ad essere al centro del sistema. Torino è stata la prima capitale della moda italiana, mentre Firenze la città che ha sancito il suo riconoscimento, a livello internazionale, con la storica sfilata realizzata da Giovanni Battista Giorgini. Roma è dove si è affermata l’alta moda, mentre Napoli è uno dei centri principali della produzione che alimenta il settore. A queste entità, vanno poi aggiunte tante altre piccole realtà che danno un loro qualificato ed insostituibile contributo. I distretti industriali dove si concentra soprattutto l’artigianato; dove si realizzano tessuti, scarpe, ricami, borse; dove si lavorano le pelli e altri materiali, sono realtà produttive che non posso essere messe da parte. Tutte queste verità, grandi e piccole che siano, raccontano di quanto la moda sia diffusa e presente sul nostro territorio quale preziosa testimonianza passata e presente della storia e della cultura del nostro Paese. Questa frammentarietà, però, non può essere considerata un problema che impedisce o rende difficile la scelta di un luogo dove poter far nascere un più che indifferibile Museo. Un Museo della Moda Nazionale non è della città che lo ospita, ma di tutte le realtà e luoghi che “parlano” di moda: è per dare loro voce, visibilità, nonché per valorizzare, in tutta la sua unitarietà, la moda italiana.
Reportages (a cura di Alessandra Carducci)
Forse, il vero problema che bisogna affrontare e superare, è il pregiudizio ancora troppo diffuso nel nostro Paese nei suoi confronti e che le impedisce di avere il riconoscimento culturale che merita. Sembra quasi paradossale, eppure in Italia la moda continua ad essere considerata solo in alcuni suoi aspetti superficiali: nel suo essere effimera, spettacolare, frivola, commerciale, e perciò, capace solo di diffondere dei prototipi di bellezza irreali. Contribuendo, così, a veicolare messaggi sbagliati rispetto a quello che la realtà è veramente. Un concetto della moda, questo, molto diffuso, ma del tutto inadeguato.
Numerose opere, di artisti diversi, testimoniano l’importanza che hanno avuto l’abito e le varie mode succedutesi nel corso dei secoli. Attraverso l’osservazione di un abito possiamo riconoscere il periodo storico, le caratteristiche di un posto, di una persona, l’emozione, l’atmosfera esistenziale del momento. In una sfilata, collezione o un réportage, un abito ci mostra il pensiero, il mood, l’idea, di uno stilista/designer. Possiamo leggervi un messaggio e vedere la narrazione di una storia. La moda ricerca e osserva ciò che le accade intorno; si lascia contaminare da quello che vede e che scopre nella realtà e nelle altre forme d’arte. La moda è anche questo, una forma di espressione che non può essere negata, ma deve essere riconosciuta insieme a tutti gli altri suoi aspetti se si vuole imparare a conoscerla. Un Museo Nazionale della Moda serve anche a questo, a mettere in luce tutte le sue sfaccettature.
L’assenza di un Museo, l’impossibilità di avere uno spazio in grado di ospitare alcune esposizioni che vengono svolte all’estero attraverso un dialogo con gli altri musei, e, infine, la mancanza di una programmazione regolare di mostre, ha sempre posto il nostro Paese, a livello internazionale, molto indietro rispetto alle altre città della moda ricordate più sopra. Le Istituzioni deputate, non possono non tener conto di questa grave carenza e non prenderla in considerazione. Se un piccolo passo è stato fatto con la istituzione di una commissione di esperti, con il preciso compito di delineare un quadro sulla situazione della moda in Italia, ora bisogna andare più avanti, facendo il balzo decisivo che consenta l’individuazione di un luogo dove finalmente poter far nascere il Museo Nazionale della Moda.
Solo attraverso un lavoro coordinato tra le Istituzioni ed i soggetti gravitanti attorno all’affascinante mondo-universo della moda, si potrà essere in grado di eliminare questo gap, ch’è soprattutto d’ordine culturale. Magari, cominciando a pensare come la moda sia una cosa “estremamente seria” sotto molteplici aspetti: creativi, economici e occupazionali.
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